Giuseppe Bonghi

Introduzione

Canti
di
Giacomo Leopardi

 La presente introduzione è in fase di allestimento.
Per ora contiene una serie di
notizie intorno ai singoli Canti

Cronologia dei Canti

ordine cronologico titolo definitivo luogo e data di composizione numero d'ordine definitivo
I Frammento: "Spento il diurno raggio..." Recanati, novembre-dicembre 1816 XXXIX
II Il primo amore Recanati, 1817-1818 x
III All'Italia Recanati, settembre 1818 I
IV Sopra il monumento di Dante che si preparava a Firenze Recanati, settembre-ottobre 1818 II
V Frammento: "Io qui vagando..." Recanati, fine del 1818 XXXVIII
VI L'infinito Recanati, primavera-autunno 1819 XII
VII Alla luna Recanati, 1819 XIV
VIII Frammento: "Odi, Melisso" Recanati, 1819 XXVII
IX Ad Angelo Mai quand'ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica Recanati, gennaio 1820 III
X La sera del dì di festa Recanati, primavera o estate-autunno 1820 XIII
XI Il sogno Recanati, dicembre 1820 o ottobre 1821 XV
XII La vita solitaria Recanati, estate-autunno 1821 XVI
XIII Nelle nozze della sorella Paolina Recanati, ottobre-novembre 1821 IV
XIV A un vincitore nel pallone Recanati, terminato il 30 novembre 1821 V
XV Bruto minore Recanati, dicembre 1821 VI
XVI Alla primavera,
o delle favole antiche
Recanati, gennaio 1822 VII
XVII Ultimo canto di Saffo Recanati, 13-19 maggio 1822 IX
XVIII Inno ai Patriarchi
o de' princìpii del genere umano
Recanati, luglio 1822 VIII
XIX Alla sua donna Recanati, settembre 1823 XVIII
XX Frammento «Ogni mondano evento» (Dal greco Simonide) Recanati, 1823-24 XL
XXI Frammento «Umana cosa» (Dallo stesso) Recanati, 1823-24 XLI
XXII Al Conte Carlo Pepoli Bologna, marzo 1826 XIX
XXIII Imitazione Recanati, primavera 1827 (o 1828 o 1829-30) XXXV
XXIV Scherzo Pisa, 15 febbraio 1828 XXXVI
XXV Il risorgimento Pisa, 7-13 aprile 1828 XX
XXVI A Silvia Pisa, 19-20 aprile 1828 XXI
XXVII Il passero solitario Recanati, 1829 (?) XI
XXVIII Le ricordanze Recanati, 26 agosto - 12 settembre 1829 XXII
XXIX La quiete dopo la tempesta Recanati, 17-20 settembre 1829 XXIV
XXX Il sabato del villaggio Recanati, terminato il 29 settembre 1829 XXV
XXXI Canto notturno di un pastore errante dell'Asia Recanati, 22 ottobre 1829 - 9 aprile 1830 XXIII
XXXII Il pensiero dominante Firenze, tarda primavera 1831 (?) XXVI
XXXIII Amore e morte Firenze, estate 1832 (?) XXVII
XXXIV Consalvo Firenze, autunno 1832 (?) XVII
XXXV A se stesso Firenze, estate 1833 XXVIII
XXXVI Aspasia Napoli, prinavera-estate 1834 XXIX
XXXVII Sopra un basso rilievo antico sepolcrale, dove una giovane morta è rappresentata in atto di partire, accomiatandosi dai suoi Firenze aprile 1831 - Napoli settembre 1835 (o Napoli, inverno 1834-1835) XXX
XXXVIII Sopra il ritratto di una bella donna
scolpito nel monumento sepolcrale della medesima
Firenze aprile 1831 - Napoli settembre 1835 (o Napoli, inverno 1834-1835) XXXI
XXXIX Palinodia al Marchese Gino Capponi Napoli, tra la fine del 1834 e l'inizio del 1835 XXXII
XL La ginestra o il fiore del deserto Torre del Greco, Villa Ferrigni, primavera 1836 XXXIV
XLI Il tramonto della luna Torre del Greco, Villa Ferrigni, primavera 1836 XXXIII

Alcune date di composizione sono congetturali, tuttora oggetto di discussione fra gli studiosi; pertanto l'ordine cronologico in alcuni punti è ipotetico; le date precise, con l'indicazione dei giorni, sono quelle indicate dal Leopardi stesso

Edizione elettronica: Giuseppe Bonghi
Trascrizione da: Giacomo Leopardi, Canti, a cura di Giuseppe e Domenico De Robertis, ed. A. Mondadori, serie Oscar studio, Milano 1978
"Il testo è quello costituito da Francesco Moroncini nella sua edizione critica   pubblicato da Cappelli, Bologna 1927, sulla base della copia dell'edizione Starita del 1835 corretta di mano del Leopardi e di Antonio Ranieri e ora alla Biblioteca nazionale di Napoli (N35c), e sulle testimonianze manoscritte dell'autografo(salvo gli ultimi 6 vv. di mano del Ranieri) del Tramonto della luna e di uno dei tre apografi, pure di mano del Ranieri, della Ginestra, l'uno e l'altro annessi, e il primo col numeo XXXIII (sempre autografo) corrispondente all'attuale sua collocazione, alla citata copia N35c: in sostanza il testo stabilito dal Ranieri stesso per l'edizione lemonnieriana del 1845, con la quale questi ultimi due canti vennero per la prima volta in luce (Opere di G.L., edizione accresciuta, ordinata e corretta secondo l'ultimo desiderio dellautore da A.R., Firenze, Le Monnier, 1845, vol. I), ma già rivisto sui detti originali da Giovanni Mestica per l'edizione (postuma) delle Opere di di G.L. da lui approvate, Firenze, Le Monnier, 1906, dalla quale dipende quella di Alessandro Donati per la collana degli "Scrittori d'Italia".

Bibliografia:

Giacomo Leopardi, Canti, a cura di Giuseppe e Domenico De Robertis, Oscar Studio Mondadori, Milano 1978
Giacomo Leopardi, Tutte le opere, con introduzione e a cura di Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Sansoni, Milano 1969
Giacomo Leopardi, canti (Canti, Argomenti e Abbozzi, Memorie, Puerili, Prose e poesie varie), a cura di Lucio Felici, paperbacks poeti 30, Newton Compton editori, Roma 1974, stampato da Grafica di Perugia
Giacomo Leopardi, Canti, Introduzione e note di Franco Brioschi, Rizzoli Milano 1949, R.C.S. Milano 1994, Fabbri Milano 1997

Edizioni dei Canti 

sigla titolo luogo anno editore
R18 Canzoni Roma MDCCCXVIII presso Francesco Bourlié
B20 Canzone ad Angelo Mai Bologna MDCCCXX Per le stampe di Jacopo Marsigli
B24 Canzoni Bologna 1824 per i tipi del Nobili e Comp.°
Nr25 Nuovo Ricoglitore n. 9, 10, 11 e 12 Milano 1825 (sul n. 12 è stampato L'Infinito)
Cp Notizie teatrali bibliografiche e urbane, ossia il Caffè di Petronio (rivista redatta dal Brighenti - n. 33 (Il sogno, Elegia) Bologna 13 agosto 1825  
Nr26 Nuovo Ricoglitore  n. 1 gennaio Milano 1826  
B26 Versi Bologna 1826 Stamperia delle Muse
F Canti Firenze 1831 presso Guglielmo Piatti
N Canti Napoli 1835 Starita
F45 Opere   a cura di Antonio Ranieri Firenze 1845 Felice Le Monnier

 

I

All'Italia
(1818)

Creazione: La canzone è stata composta a Recanati nel settembre del 1818 e pubblicata a Roma l'anno stesso insieme con la canzone Sopra il monumento di Dante e con una lettera dedicatoria a Vincenzo Monti, posta in testa alle dieci Canzoni nell'edizione del 1824.

Metro: sette strofe di 20 versi ciascuna:
schema delle strofe dispari: ABcdABCeFGeFHGhlMiM (quarto e quart'ultimo verso liberi),
schema delle strofe pari:     AbCDaBDEFgEfHgIHLMiM (terzo e quart'ultimo verso liberi)


II

Sopra il monumento di Dante
che si preparava a Firenze

Creazione: canzone composta a Recanati tra il settembre e l'ottobre del 1818 [in "10 o 12 giorni"], pubblicata in Roma l'anno stesso.

Metro: dodici strofe, le prime undici di 17 versi ciascuna, l'ultima di 13 versi.
         schema delle strofe dispari:    aBcADBeFDGEFGHIhI
         schema delle strofe pari:        ABcADbEfDGEfGHIhI
         schema ultima strofa:              AbACbDEDeFGfG


 III

Ad Angelo Mai,
quand'ebbe trovato i libri
di Cicerone della Repubblica

Creazione: canzone composta a Recanati nel gennaio 1820, pronta per la stampa il 4 febbraio, pubblicata a Bologna nel mese di Luglio con lettera dedicatoria al conte Leonardo Trissino.

Metro: dodici strofe di 15 versi ciascuna con lo schema: AbCBCDeFGDeFGHH


 IV

Nelle nozze della sorella Paolina

Creazione: canzone composta a Recanati tra l'ottobre e il novembre 1821 in occasione delle progettate nozze, poi sfumate, della sorella Paolina con un benestante di Sant'Angelo in Vado; pubblicata per la prima volta in Bologna nel 1824

Metro: sette strofe di 15 versi ciascuna, con lo schema aBCACBDefGFEghH (il settimo verso libero) eccettuata la quarta che per i primi sei versi ha la variante aBCBAC.


 V

A un vincitore nel pallone

Creazione: Canzone composta a Recanati nel novembre 1821, anno in cui si comincia a costruire a Macerata un grande sferisterio; pubblicata in Bologna nel 1824

Metro: cinque strofe di 13 versi ciascuna con lo schema AbCBACDEFDGgG


 VI

Bruto Minore

Creazione: canto composto a Recanati nel dicembre 1821 ("opera di 20 giorni"), pubblicato in Bologna nel 1824, preceduta dalla Comparazione delle sentenze di Bruto Minore e Teofrasto vicini a morte [del marzo 1822, che sarà destinata a trovar posto fra le prose]

Metro: otto strofe di 15 versi ciascuna, con lo schema AbCDCEfGhILHmnN (solo 6 versi rimati a due a due e 9 versi sciolti)


VII

Alla primavera
o delle favole antiche

Creazione: Composta a Recanati nel gennaio 1822 ("opera in 12 giorni") pubblicata per la prima volta in Bologna nel 1822. Il primo spunto per questa canzone sembra fornito da uno spunto per lo Zibaldone del 1819 (pp. 63-64)

Metro: cinque strofe di 19 versi ciascuna, con lo schema aBCDbEFGHGiKlMNoMPP ( solo 8 versi rimati due a due, e 11 versi sciolti)


VIII

Inno ai Patriarchi
o de' principii del genere umano

Creazione: Composto a Recanati nel luglio 1822 in 17 giorni e pubblicato a Bologna nel 1824, ultima delle canzoni scritte nel 1822

Metro: endecasillabi sciolti


IX

Ultimo canto di Saffo

Creazione: canzone composta a Recanati in sette giorni fra il 13 e il 19 maggio del 1822 [secondo la ricostruzione del Moroncini], pubblicato in Bologna nel 1824

Metro: quattro strofe di diciotto versi ciascuna, con lo schema ABCDEFGHILMNOPQRsS [ossia una sequenza di endecasillabi sciolti chiusa da una coppia di versi a rima baciata settenario+endecasillabo]

- Il motivo generatore della canzone sembra essere la pagina 718-719 dello Zibaldone:

"L'uomo d'immaginazione di sentimento e di entusiasmo, privo della bellezza del corpo, è verso la natura appresso a poco quello ch'è verso l'amata un amante ardentissimo e sincerissimo, non corrisposto nell'amore. Egli si slancia fervidamente verso la natura, ne sente profondissimamente tutta la forza, tutto l'incanto, tutte le attrattive, tutta la bellezza, l'ama con ogni trasporto, ma quasi che egli non fosse punto corrisposto, sente ch'egli non è partecipe di questo bello che ama ed ammira, si vede fuor della sfera della bellezza, come l'amante [719] escluso dal cuore, dalle tenerezze, dalle compagnie dell'amata. Nella considerazione e nel sentimento della natura e del bello, il ritorno sopra se stesso gli è sempre penoso. Egli sente subito e continuamente che quel bello, quella cosa ch'egli ammira ed ama e sente, non gli appartiene. Egli prova quello stesso dolore che si prova nel considerare o nel vedere l'amata nelle braccia di un altro, o innamorata di un altro, e del tutto noncurante di voi. Egli sente quasi che il bello e la natura non è fatta per lui, ma per altri (e questi, cosa molto più acerba a considerare, meno degni di lui, anzi indegnissimi del godimento del bello e della natura, incapaci di sentirla e di conoscerla ec.): e prova quello stesso disgusto e finissimo dolore di un povero affamato, che vede altri cibarsi dilicatamente, largamente, e saporitamente, senza speranza nessuna di poter mai gustare altrettanto."


X

Il primo amore

Creazione: canto composto tra il 14 e il 16 dicembre del 1817 a Recanati ed è il primo canto che Leopardi scrisse e accettò intero, ispirato alla situazione descritta nel Diario, cioè all'incontro con la cugina Geltrude Cassi ospite dall'11 al 14 dicembre

Metro: terza rima.


XI

Il passero solitario

Creazione: pubblicato per la prima volta nel 1835; di data incerta (i critici lo pongono tra il 1828 e il 1835), quasi certamente fra la fine del 1831 e il 1834.

Metro: strofe libere con rime al mezzo


XII

L'infinito

Creazione: Composto a Recanati forse nella primavera del 1820.

Metro: endecasillabi sciolti.

        È un idillio, come direbbe Domenico De Robertis, che nasce "dalla rinuncia a pensare e a riflettere", che con poche immagini esprime da un lato la solitudine mista a una infelicità ancora inconsapevole, e dall’altro il superamento della stessa attraverso un lasciarsi andare alla contemplazione della natura e della sua bellezza, a quel confuso e sensibilissimo alternarsi di sensazioni dominate dalla storia umana, di cui non restano più vestigia (in cui si presumeva che l’uomo vivesse una vita serena e tranquilla, sicuramente non affaticata spiritualmente da norme di comportamento che ne limitavano l’agire materiale e spirituale) e dalla stagione presente e viva, spesso vissuta tanto dolorosamente. È un idillio che nasce da quel senso di inappagamento, di separazione e di esclusione dal mondo (è questa la funzione della siepe, che non è un’immagine di tipo naturalistico ma un simbolo esistenziale), di una vitale mancanza di partecipazione alla vita sociale quotidiana, che provocherà col passare del tempo la sua stessa incpacità di vivere, dalla quale lo esclude la sua stessa condizione di appartenente alla classe nobile.
         Ma superando la siepe e la sua condizione, lo spirito del poeta può percorrere gli interminati spazi e l’eterno tempo delle "morte stagioni" e della stagione presente e, in cui può finalmente placarsi rinunciando alla ricerca stessa di un possibile modo diverso di vivere. Il naufragio nel mare dell’immensità è tuttavia non definitivo, anche perché il Nulla resta lontano, anche se provoca profondissime quieti, e la ragione tiene desti i sentimenti.
         "Questo breve idillio", scrive Giovanni Macchia sul Corriere della Sera del 16 dic. 1980, "venuto da una terra lontana, scritto da un giovane provinciale di ventun anni, sperduto in un "borgo selvaggio" era un testo capitale in cui veniva fissata la condizione stessa della vita moderna. Era quasi un messaggio spedito ai quattro venti, quasi un manifesto sufficientemente oscuro, come sono i messaggi della poesia. La storia della poesia moderna è la grande vittoriosa storia di un naufragio nell’attesa del ‘nuovo’. Ed è retta sulla ‘corrispondenza’: corrispondenza fra il cielo e la terra, tra il silenzio degli altri e la voce della natura, tra l’inaccessibile e ciò che si vede, tra il contingente e l’eterno, tra le stagioni morte ‘e la presente e viva’. Non si può far poesia del silenzio. Si può far poesia se quel silenzio lo si aggancia alle immagini della terra. E non sarà la conquista di una certezza."

Breve analisi

Dividiamo la poesia in quattro segmenti, facilmente individuabili attraverso gli elementi: 1) Sempre, 2) 3) E come, 4) Così. Già attarverso la successione di queste quattro parole possiamo individuare la struttura globale della poesia formata da un’idea di partenza (Sempre) che trova subito un’idea oppositiva (Ma), seguita da una similitudine (E come) che conserva le sue opposizioni precedenti (Così). La poesia è quindi fondata su una struttura binaria, che rappresenta il mondo reale (che si trova al di qua della siepe e rappresenta ciò che quotidianamente si vive) e il mondo ultrareale (o surreale, o Nulla, o interminato spazio e sovrumano solenzio, o profondissima quiete, o immensità, ecc., e rappresenta ciò che si vorrebbe vivere: l’ultrarealtà non è ciò che non esiste ma ciò che esiste e che non può essere colto normalmente con la sensibilità di cui l’uomo dispone) nella quale le due parti sono contrassegnate dagli aggettivi dimostrativi ‘questo’, che rappresenta la realtà vicina, e ‘quello’, che rappresenta la realtà lontana.

 

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura.

mondo della realtà

Il poeta è legato alla realtà contingente, che rappresenta la sua esistenza quotidiana, ma immagin una realtà diversa col pensiero, nel quale si allargano a dismisura gli orizzonti tanto che il il cuore per poco non resta impaurito di fornte all’infinito che si spalanca davanti alla mente

                                  E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

mondo dell’ultrarealtà: il Nulla

scambio tra le due realtà: il mondo reale diventa lontano e quello ultrareale e immenso diventa vicino, e in questa immensità la mente si può serenamente perdersi ritrovando quel piacere e quella felicità negata nel mondo reale ed esistenziale che si trova al di qua della siepe.

         Il simbolo più evidente è rappresentato dalla siepe, che rappresenta non solo l’elemento separatore tra la realtà e la ultrarealtà, ma soprattutto il senso di esclusione (rafforzata dall’uso dell’aggettivo "ermo") che il poeta vive nei confronti della quotidianità esistenziale, che cerca di proiettare lontano da sé: proprio questa volontà di rigettare lontano la realtà è rappresentata dall’uso del passato remoto "fu": questa realtà gli fu sempre cara: ed ora? Ora il poeta cerca qualcosa di diverso, immagina un mondo diverso e di fronte a questo mondo immaginato per un attimo il cuore e la mente si spaventano perché oscillano tra le sicurezze, anche se intrise di infelicità di questo mondo reale, e la non conoscenza del mondo ultrareale.
         In entrambi i mondi l’uomo è il centro di se stesso: potremmo parlare di solitudine, intendendo con questo il semplice senso di esclusione di Leopardi dal mondo sociale vissuto insieme ad altri uomini; ma potremmo parlare anche di fusione con un mondo divino in cui l’individuo si realizza indipendentemente dall’esistenza di un mondo sociale: il "paesaggio" interminato ed eterno potrebbe rappresentare nell’immaginario poetico la divinità universale che è madre benigna della immensità nella quale ogni elemento vivente naufraga in modo dolce.
         Al rifiuto della realtà contingente, posta in relazione con l’ultrarealtà attraverso la similitudine, fa da contrappeso il desiderio di una realtà diversa: la guida verso questa nuova realtà è rappresentata dalla voce del vento fra le piante, simile alla voce dell’infinito sovrumano silenzio degli interminati spazi in cui si può raggiungere la profondissima quiete. L’immensità si trasforma in realtà assoluta nella quale affondare ogni pensiero.
         La voce del vento porta la corrispondenza tra le morte stagioni e la presente, tra un passato che avrebbe potuto essere fonte di vita ma in fondo si è rivelato inutile e improduttivo, e un presente che è comunque vivo e il solo in grado di produrre sensazioni prima di cadere inesorabilmente nel pasato e perdere comunque vitalità.


XIII

La sera del dì di festa

Creazione: Composto a Recanati forse nella primavera del 1820.

Metro: endecasillabi sciolti.


XIV

Alla luna

Creazione: Composto a Recanati probabilmente nel 1819 e pubblicato per la prima volta nel numero di gennaio 1826 del "Nuovo Ricoglitore". Qualche anno dopo verrano aggiunti i versi 13-14.

Metro: endecasillabi sciolti.


XV

Il sogno

Creazione: Composta a Recanati nel dicembre del 1820 o nei primi del '21; pubblicato, col titolo Elegia il 13 agosto 1825 nel giornaletto bolognese del Brighenti Notizie teatrali bibliografiche e urbane, ossia il Caffè di Petronio, poi nel "Nuovo Ricoglitore" e a Bologna nel 1826 tra gli Idilli

Metro: endecasillabi sciolti.


XVI

La vita solitaria

Creazione: Composto a Recanati forse nell'estate del 1821 (secondo alcuni addirittura ispirato dalla villeggiatura estiva nella campagna di S. Leopardo.  Pubblicato per la prima volta nel numero di gennaio del 1826 del "Nuovo Ricoglitore" come ultimo degli idilli

Metro: endecasillabi sciolti.


XVII

Consalvo

Creazione: canto composto a Firenze probabilmente fra l'autunno del 1832 e la primavera del '33: appartiene al gruppo di canti ispirati dall'amore per Fanny Targioni Tozzetti, cioè al cosiddetto "ciclo di Aspasia", pubblicata per la prima volta a Napoli nell'edizione Starita del 1835.

Metro: endecasillabi sciolti.


XVIII

Alla sua donna

Creazione: canto composto a Recanati in sei giorni nel settembre del 1823; pubblicato per la prima volta a Bologna nel 1824 come ultima nell'edizione delle Canzoni.

Metro: cinque strofe di 11 versi ciascuna, tutte comincianti con un settenario e chiuse da una coppia di endecasillabi a rima baciata.


XIX

Al Conte Carlo Pepoli

Creazione: canto composto a Bologna nel marzo 1826, letto dal Leopardi il lunedì di Pasqua dello stesso anno nel Casino dei Nobili, presso l'Accademia dei Felsinei di cui era vicepresidente appunto Carlo Pepoli, col quale Leopardi aveva stretto amicizia l'anno prima e col quale resterà in corrispondenza fino al 1830.

Metro: endecasillabi sciolti.


XX

Il risorgimento

Creazione: canto composto a Pisa, come annota il poeta, nei giorni "7 (lunedì di Pasqua)- 13 aprile, 1828 e prelude alla grande poesie degli anni seguenti

Metro: 20 strofe di 8 settenari con rima abbc-dffc, con i versi 1 e 5 sdruccioli e 4 e 8 tronchi, strofa adoperata anche da Parini nel Brindisi


XXI

A Silvia

Creazione: Composta a Pisa il 19 e 20 aprile 1828 pochi giorni dopo Il risorgimento; alle due poesie Leopardi allude nella lettera alla sorella Paolina del 2 maggio dello stesso anno. Silvia è il nome della protagonista dell'Aminta del Tasso e nel suo nome spesso i critici hanno adombrato la presenza di teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi il 30 settembre 1818: ma l'accostamento è privo di fondamento.

Metro: Canzone libera di sei strofe di endecasillabi e settenari, con rime alternate e baciate

Il canto della fanciulla

Canto di verginella, assiduo canto,
che da chiuso ricetto errando vieni
per le quiete vie; come sì tristo
suoni agli occhi miei? perché mi stringi
sì forte il cor, che a lagrimar m’induci? (Dante?)

E pur lieto sei tu; voce festiva
de la speranza: ogni tua nota il tempo
aspettato risuona. Or, così lieto,
al pensier mio sembri un lamento, e l’alma
mi pungi di pietà. Cagion d’affanno
torna il pensier de la speranza istessa
a chi per prova la conobbe.

(poesia dello stesso anno, in cui Leopardi tenta di dar voce alla speranza, quella voce che veniva intepretata fuor d’ogni prospettiva di memoria, era un’immagine e un’intuizione attuale, la prima intuizione del canto di Silvia non ancora divenuto "immagine fanciullesca" e non ancora risofferto in tutta la propria vita, ma solo nell’immediata commozione della sua percezione; per cui, nonostante l’inusitata intensità dell’individuazione, Il canto della fanciulla è solo un nuovo idillio).

Una donna di venti, venticinque o trenta anni ha forse più d'attraits, più d'illecebre, ed è più atta a ispirare, e maggiormente a mantenere, una passione. Così almeno è paruto a me sempre, anche nella primissima gioventù: così anche ad altri che se ne intendono (M. Merle). Ma veramente una giovane dai 16 ai 18 anni ha nel suo viso, ne' suoi moti, nelle sue voci, salti ec. un non so che di divino, che niente può agguagliare. Qualunque sia il suo carattere, il suo gusto; allegra o malinconica, capricciosa o grave, vivace o modesta; quel fiore purissimo, intatto, freschissimo di gioventù, quella speranza vergine, incolume che gli si legge nel viso e negli atti, o che voi nel guardarla concepite in lei e per lei; quell'aria d'innocenza, d'ignoranza completa del male, delle sventure, de' patimenti; quel fiore insomma, quel primissimo fior della vita; tutte queste cose, anche senza innamorarvi, anche senza interessarvi, fanno in voi un'impressione così viva, così profonda, così ineffabile, che voi non vi saziate di guardar quel viso, ed io non conosco cosa che più di questa sia capace di elevarci l'anima, di trasportarci in un altro mondo, di darci un'idea d'angeli, di paradiso, di divinità, di felicità. [4311] Tutto questo, ripeto, senza innamorarci, cioè senza muoverci desiderio di posseder quell'oggetto. La stessa divinità che noi vi scorgiamo, ce ne rende in certo modo alieni, ce lo fa riguardar come di una sfera diversa e superiore alla nostra, a cui non possiamo aspirare. Laddove in quelle altre donne troviamo più umanità, più somiglianza con noi; quindi più inclinazione in noi verso loro, e più ardire di desiderare una corrispondenza seco. Del resto se a quel che ho detto, nel vedere e contemplare una giovane di 16 o 18 anni, si aggiunga il pensiero dei patimenti che l'aspettano, delle sventure che vanno ad oscurare e a spegner ben tosto quella pura gioia, della vanità di quelle care speranze, della indicibile fugacità di quel fiore, di quello stato, di quelle bellezze; si aggiunga il ritorno sopra noi medesimi; e quindi un sentimento di compassione per quell'angelo di felicità, per noi medesimi, per la sorte umana, per la vita, (tutte cose che non possono mancar di venire alla mente), ne segue un affetto il più vago e il più sublime che possa immaginarsi. (Firenze, 30. Giugno, 1828.).


XXII

Le ricordanze

Creazione: canto composto a Recanati dal 26 agosto al 12 settembre 1829, fu pubblicato per la prima volta in Firenze nel 1831.

Metro: endecasillabi sciolti, divisi in stanze (o meglio "lasse narrative") di varia misura.


XXIII

Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

Creazione:  canzone composta, come annota lo stesso Leopardi, nel periodo "1829. 22 Ottob.-1830. 9 aprile" e fu pubblicata prima in Firenze nel 1831 (col titolo Canto notturno di un pastore vagante dell'Asia), poi nell'edizione Starita

Metro: sei strofe libere di endecasillabi e settenari variamente alternati; tutte le strofe presentano rime al mezzo (soprattutto la quarta) e si chiudono con la medesima rima in -ale.


XXIV

La quiete dopo la tempesta

Creazione: canzone composta a Recanati, come annotò Leopardi sul manoscritto, nei giorni "17-120 Sett. 1829"; fu   pubblicata prima in Firenze nel 1831, poi nell'edizione Starita del 1835.

Metro: tre strofe libere (l'ultimo verso di ciascuna strofa sempre in rima con uno dei versi precedenti. Il primo verso dell'ultima strofa rima col penultimo della precedente).


XXV

Il sabato del villaggio

Creazione:  canzone composta a Recanati nel settembre del 1829 (iniziata dopo il giorno 20 e terminata il giorno 29); fu    pubblicata prima in Firenze nel 1831, poi nell'edizione Starita del 1835.

Metro: canzone libera di quattro strofe con qualche rima al mezzo (l'ultimo verso della terza e quarta strofa  rima con uno dei versi precedenti, nella terza, brevissima, col primo verso della strofa.


XXVI

Il pensiero dominante

Creazione: canzone di datazione incerta; la data più probabile è l'estate del 1832 a Firenze; meno probabili le ipotesi che la collocano nella primavera-estate 1831 o fra l'estate 1833 e la primavera del '35 secondo Umberto Bosco, quando ormai era venuto a cadere l'elemento ispiratore. Venne pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita. Questa è la sola, tra quelle che appartengono al "ciclo di Aspasia" e all'amore per Fanny Targioni Tozzetti, che nasce non tanto da un momento particolare ma dalla passione che gli riporta alla memoria alcune sensazioni che aveva provato per Geltrude Cassi.

Metro: strofe libere con rime al mezzo.


XXVII

Amore e morte

Creazione:  Composto a Firenze nel 1832, forse prima della fine dell'estate; pubblicato per la prima volta nell'edizione Starita .

Metro: strofe libere (95 versi su 124 sono rimati - 2 rime al mezzo.


XXVIII

A se stesso

Creazione: Composto a Firenze anteriormente al settembre 1833 (secondo Umberto Bosco nella primavera del 1835), pubblicato per la prima volta nell'edizione Starita.

Metro: strofa libera.


XXIX

Aspasia

Creazione: canzone composta a Napoli nella primavera del 1834 o del 1835 e pubblicata per la prima vola nell'edizione Starita; non se ne conserva alcun autografo; Aspasia è il nome dell'etera amata da Pericle e questo nome assume per Leopardi Fanny Targioni Tozzetti: l'identificazione è testimoniata da Antonio Ranieri in una lettera alla stessa Fanny.

Metro: endecasillabi sciolti.


XXX

Sopra un basso rilievo antico sepolcrale,
dove una giovane morta
è rappresentata in atto di partire,
accomiatandosi dai suoi

Creazione: canzone composta probabilmente a Napoli nell'inverno 1834-1835 e pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita del 1835. Secondo A. Giuliani (G.L., Carlotta Lenzoni, Pietro Tenerani, articolo pubblicato in "Paragone" alle pp. 87-94 del 1966) il bossorilievo è quello scolpito da Pietro Tenerani nel 1825 per la tomba di Clelia Severini, scultura che Leopardi avrebbe visto a Roma nell'ottobre 1831. Da rilevare che il tema del canto si ricollega alle ultime pagine del Dialogo di Plotino e di Porfirio.

Metro: Strofe libere con rime al mezzo - Il verso finale di ciascuna strofa è sempre in rima baciata nelle strofe 1-2-3-5.


XXXI

Sopra il ritratto di una bella donna
scolpito nel monumento sepolcrale della medesima

Creazione: canzone composta probabilmente a Napoli nell'inverno 1834-1835 e pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita del 1835. Strettamente legata alla precedente per l'argomento svolge il tema della caducità della vita e del distacco. Secondo A. Giuliani (G.L., Carlotta Lenzoni, Pietro Tenerani, articolo pubblicato in "Paragone" alle pp. 87-94 del 1966), Leopardi probabilmente trasse ispirazione da alcuni bozzetti del Tenerani per il monumento a Margherita Canton che forse era già avviato nel 1831 e che fu teminato nel 1833.

Metro: strofe libere con rime al mezzo


XXXII

Palinodia
al Marchese Gino Capponi

Creazione: canzone composta a Napoli nel 1835 e pubblicate nell'edizione Starita dello stesso anno (sulla quale furono apportate ulteriori correzioni a mano dallo stesso Laopardi e dal Ranieri

Metro: endecasillabi sciolti.


XXXIII

Il tramonto della luna

Creazione: Composta dopo La ginestra a Villa Ferrigni (in Torre del Greco) nella primavera del 1836, pubblicata per la prima volta da Ranieri nell'edizione del 1845

Metro: Strofe libere con rime al mezzo.


XXXIV

La ginestra
o il fiore del deserto

Creazione: Canto composto nella villa Ferrigni, presso Torre del Greco, alle falde del Vesuvio, nel 1836, conservato in tre copie non identiche, verosimilmente rispecchianti diverse fasi redazionali, scritte da Antonio Ranieri, che la pubblicò nell'edizione fiorentina del 1845.

Metro: strofe libere con rime al mezzo.


 XXXV

Imitazione

Creazione: La poesia è stata pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita del 1835 e si presume scritta negli anni fra il 1828 e 1835;

Metro: strofa libera

Qualche studioso (fra cui Carducci) l'ha datata al 1818 perché in quell'anno fu pubblicata anonima e senza titolo la favola La feuille di Antoine-Vincent Arnault,   sullo Spettatore straniero (vol. XI, n. 12, p. 55) in epigrafe ad un articolo intitolato La malinconia:

La feuille

         De ta tige détachée,
Pauvre feuille desséchée,
Où vas-tu? - Je n'en sais rien.
L'orage a brisé le chêne
Qui seul était mon soutien.
De son inconstante haleine,
Le zéphir ou l'aquilon
Depuis ce jour me promène
De la forêt à la plaine,
De la montagne au vallon;
Je vais où le vent me mène
Sans me plaindre ou m'effrayer;
Je vais où va toute chose,
Où va la feuille de rose
Et la feuille de laurier.


XXXVI

Scherzo

Creazione: Composto a Pisa, come risulta dall'autografo, conservato fra le carte napoletane, il 15 febbraio 1828, due mesi prima del Risorgimento e di A Silvia; pubblicato nell'edizione napoletana del 1835.

Metro: strofa libera, con frequenti rime, spesso baciate.


XXXVII

"Odi Melisso..."

Creazione: composto a Recanati forse nel 1819, pubblicato nel Nuovo ricoglitore col titolo Lo spavento notturno, troverà una definitiva collocazione tra i frammenti.

Metro: endecasillabi sciolti


XXXVIII

"Io qui vagando..."

Creazione: frammento pubblicato col n. XXXVI nell'edizione Starita, tolto dall'Elegia II composta verso la fine del 1818 per un nuovo incontro, seguito da una nuova partenza, con l'ispiratrice dell'Elegia I, che fu Il primo amore, cioè Geltrude Cassi Lazzari.

Metro: terzine


XXXIX

"Spento il diurno raggio..."

Creazione: Composto tra la fine di novembre e i primi di dicembre del 1816 a Recanati col titolo Appressamento della morte, apparve ampiamente ritoccato nell'edizione napoletana del 1835; rispetto alla stesura originaria sostituì alla prima la terza persona, immaginando una fanciulla come protagonista del racconto.

Metro: terzine


XL

Dal greco di Simonide

Creazione: composto a Recanati tra il 1823 e il 1824, è una libera traduzione di un frammento di Simonide di Amorgo, poeta giambico vissuto nel VII secolo a.C. fu pubblicato per la prima volta nell'edizione Starita

Metro: strofa libera con molte rime


XLI

Dallo stesso

Creazione: composto, come il precedente, a Recanati tra il 1823 e il 1824, è una libera traduzione di un frammento di Simonide di Amorgo, poeta giambico vissuto nel VII secolo a.C. fu pubblicato per la prima volta nell'edizione Starita

Metro: strofa libera (endecasillabi e settenari variamente rimati; solo il v. 3 non risulta rimato)

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© luglio 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 18 luglio 1998