Dante Alighieri

LA DIVINA COMMEDIA

PURGATORIO

Introduzione
a cura di Adele Garavaglia
Schema dei problemi
A cura di Giuseppe Bonghi

Indice generale

Canto aprile 1300 Purgatorio personaggi contrappasso

schema generale del Purgatorio
(i riassunti dei canti sono tratti dall'edizione Petrocchi)
Canto 1 domenica 10 aprile, verso le sette del mattino spiaggia solitaria dell'isoletta sulla quale sorge la montagna del Purgatorio, opposta a Gerusalemme. Dante, Virgilio, Catone Virgilio spiega a Catone i motivi del viaggio di Dante; Virgilio lava con la rugiada il viso di Dante, poi, sulla riva deserta del mare, gli cinge i fianchi con un giunco, che rinasce miracolosamente là dove era stato strappato.
Comincia la seconda parte della Cantica, overo Comedia, chiamata Purgatorio, del chiarissimo poeta Dante Alighieri di Firenze. E di quella seconda parte comincia il canto primo. Nel quale l'autore, fatta la sua invocazione, discrive sotto qual parte del cielo sia la regione dove arrivò; e quindi, trovato Catone Uticense e il suo cammin dimostratogli, ne va alla marina, dove Virgilio, secondo il comandamento di Catone, gli lava il viso e cignelo d'un giunco.
Canto 2 domenica 10 aprile, dopo le sette antimeridiane sulla spiaggia dell'Antipurgatorio, tra il mare e il monte del Purgatorio Casella, Catone I due poeti vedono la nave che porta le anime nel Purgatorio, sbarcandole sulla spiaggia; esse, ignare del luogo, chiedono a Dante e Virgilio informazioni e si accorgono che Dante è ancora vivo; fra esse c'è Casella, che Dante cerca inutilmente di abbracciare.
Comincia il canto secondoo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra come, essendo alla marina più spiriti arrivati e smontati in terra, tra essi riconobbe il Casella, ottimo cantatore, al canto del quale, mentre essi stavano tutti attenti, sopravenne Catone, dal quale ripresi, tutti verso il monte cominciarono a fuggire.
Canto 3 domenica 10 aprile; il sole all'orizzonte fiammeggia alle loro spalle Antipurgatorio - balzo I, gruppo I Manfredi scomunicati: avanzano lentamente; devono attendere, prima di iniziare la purificazione, trenta volte il tempo che vissero in stato di scomunica.
Comincia il canto terzo del Purgatoro. Nel quale Virgilio mostra perché egli come Dante non faccia ombra. Appresso, al cominciar dell'erta, truovano il re Manfredi con più altri, della porta del purgatoro schiusi a tempo, percioché morirono scomunicati.
Canto 4 domenica 10 aprile, col sole salito di ben cinquanta gradi: sono poco più delle 9 e sarà mezzogiorno quando il canto si chiude. Antipurgatorio, balzo II, gruppo II, ripido sentiero scavato nella roccia: per salire Dante deve aiutarsi anche con le mani Belacqua pigri tardi a pentirsi: stanno seduti all'ombra di grandi macigni e sono esclusi da Purgatorio per un tempo pari alla durata della vita.
Comincia il canto quarto del Purgatoro. Nel quale Virgilio mostra la ragione all'autore, per che quivi dal sole sieno feriti in su l'ómero destro. Poi truova Belacqua con quegli che insin lo stremo indugiaron la penitenza.
Canto 5 domenica 10 aprile, primo pomeriggio Antipurgatorio, balzo II, gruppo III, Jacopo del Cassero, Buonconte da Montefeltro, Pia dei Tolomei morti di morte violenta: sono gli spiriti di coloro che, morendo di morte violenta, si sono pentiti in punto di morte; camminano lentamente cantando in coro il Miserere; devono attendere fuori da Purgatorio per un periodo forse pari al tempo della loro vita (periodo desunto dai commentatori, perché Dante non lo dice espressamente).
Comincia il canto quinto del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra di avere trovato Bonconte di Monte Feltro e altri assai, stati per forza uccisi e indugiatisi ad pentere infino a l'ultima ora.
Canto 6 domenica 10 aprile, prime ore pomeridiane Antipurgatorio, balzo II, gruppo III Sordello negligenti, morti di morte violenta: sono gli spiriti di coloro che, morendo di morte violenta, si sono pentiti in punto di morte; camminano lentamente cantando in coro il Miserere; devono attendere fuori da Purgatorio per un periodo forse pari al tempo della loro vita (periodo desunto dai commentatori, perché Dante non lo dice espressamente).
Comincia il canto sesto del Purgatoro. Nel quale Virgilio solve a l'autore un dubbio mossogli del pregare che gli spiriti faceano che per lor si pregasse. Poi truova Sordello da Mantova, e appresso l'autore parla contro ad Italia e ultimamente contro a Fiorenza
Canto 7 domenica 10 aprile, mentre dichina il giorno Antipurgatorio, balzo II, gruppo IV, valletta fiorita Sordello, Rodolfo imp., Ottocaro II di Boemia, Filippo II di Francia, Enrico I di Navarra, Pietro II e Alfonso III d'Aragona, Carlo d'Angiò, Arrigo III d'Inghilterra, Guglielmo di Monferrato. principi negligenti: (regnanti presi più dalle cure terrene che da quelle dello spirito) si trovano in una valletta amena e siedono su un prato verdissimo, pieno di fiori profumati e di vari colori; devono restare in Purgatorio un tempo pari alla durata della loro vita e sono sottoposti al tramonto alla tentazione del serpente.
Comincia il canto settimo del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, poi s'ebber fatta festa insieme Virgilio e Sordello, che Sordello gli menasse in un grembo del monte, dove vide Ridolfo imperadore e più altri magnifici spiriti.
Canto 8 domenica 10 aprile, al tramonto (v. 49: temp'era già che l'aere s'annerava) Antipurgatorio, balzo II, gruppo IV, valletta fiorita Sordello, Nino Visconti, Currado Malaspina, due angeli (custodi della valletta) principi negligenti: (regnanti presi più dalle cure terrene che da quelle dello spirito) si trovano in una valletta amena e siedono su un prato verdissimo, pieno di fiori profumati e di vari colori; devono restare in Purgatorio un tempo pari alla durata della loro vita e sono sottoposti al tramonto alla tentazione del serpente.
Comincia il canto ottavo del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come due angeli discesero da cielo a guardia del luogo dove erano; e appresso come truova giudice Nino e Curado marchese Malaspina, con li quali alquanto parla.
Canto 9 domenica 10 aprile, notte; lunedì 11 aprile: fino a due ore dopo la levata del sole dalla valletta dei principi negligenti alla porta del Purgatorio Lucia, Angelo guardiano Dante s'addormenta nella valletta fiorita e sogna un'aquila con penne d'oro che lo rapisce: si sveglia con l'impressione di bruciare nella sfera del fuoco. Richiama il lettore sull'innalzarsi della materia; si trova davanti a tre gradini di diverso colore (bianco, quasi nero, rosso), sul più alto si trova l'angelo guardiano, che gli incide sette P sulla fronte ed apre la porta: si sente cantare il Te Deum.
Comincia il canto nono del Purgatoro. Nel qual l'autor dimostra come, addormentatosi, gli parve da un'aquila esser portato infino al fuoco; per che destatosi, si trovò presso alla porta del purgatoro, dove, secondo che Virgilio gli dice, l'avea portato una donna. E quindi dice sé essere andato alla detta porta, la quale discrive come fatta sia, e similmente uno angelo sopra quella stava, e come gli scrivesse sette P nella fronte e dentro il mettesse.
Canto 10 lunedì 11 aprile, verso le dieci del mattino cornice I, sentiero stretto e tortuoso in salita; parete interna del monte intagliata di bassorilievi con esempi di umiltà; il suolo è effigiato con esempi di superbia punita; ripiano deserto. schiera dei superbi superbi: avanzano lentamente battendosi il petto sotto un pesante fardello, chi più chi meno rannicchiato sotto il peso; chi sopportava un peso maggiore piangendo parea dicer: "Più non posso".
Comincia il canto decimo del Purgatoro. Nel quale l'autore dimostra che, entrato dentro a quello, vedesse intagliate nella ripa del monte certe istorie d'umiltà, e poi vedesse anime chinate sotto gravi pesi andare dintorno.
Canto 11 lunedì 11 aprile, fra le dieci e mezzogiorno cornice I, sentiero stretto e tortuoso in salita; parete interna del monte intagliata di bassorilievi con esempi di umiltà; il suolo è effigiato con esempi di superbia punita; ripiano deserto. Omberto Aldobrandeschi, Oderisi da Gubbio, Provenzan Salvani superbi: avanzano lentamente battendosi il petto sotto un pesante fardello, chi più chi meno rannicchiato sotto il peso; chi sopportava un peso maggiore piangendo parea dicer: "Più non posso". Il canto comincia con la recita del Padre nostro (vv. 1-24)
Comincia il canto decimoprimo del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, trovati spiriti che sotto gravi pesi purgavano il peccato della superbia, parla con Uberto Aldobrandesco e con Odorigi da Gobbio; e alquanto grida contro alla vanagloria umana.
Canto 12 lunedì 11 aprile, verso mezzogiorno cornice I: Dante osserva il pavimento della cornice (caduta di Lucifero, Briareo, sconfitta dei Giganti, Nembrot e la torre di Babele, Niobe, Saul, Aracne, Roboamo, Erifile, Ciro, Sennacherib, l'incendio di Troia);
scala che porta alla cornice II
Oderisi da Gubbio, angelo dell'umiltà superbi: avanzano lentamente battendosi il petto sotto un pesante fardello, chi più chi meno rannicchiato sotto il peso; chi sopportava un peso maggiore piangendo parea dicer: "Più non posso". L'Angelo toglie una P dalla fronte di Dante;
canto: Beati pauperes spiritu.
Comincia il canto decimosecondo del Purgatoro. Nel quale l'autore dimostra l'abbattimento di molti superbi essergli apparito scolpito nel pavimento; e appresso, invitati a salire nel secondo girone da un angelo, gli è uno de' sette P levato dalla fronte.
Canto 13 lunedì 11 aprile, primo pomeriggio cornice II: la ripa e il sentiero sono di pietra liscia Sapia invidiosi: coperti di cilicio, hanno gli occhi cuciti con fil di ferro: stanno seduti con le spalle poggiate contro la parete del monte e si reggono a vicenda, ascoltando esempi di umiltà e di invidia e recitando le litanie dei santi.
Comincia il canto decimoterzo del Purgatoro. Nel quale l'autore, venuto nel secondo girone dove si purga il peccato della 'nvidia, ode certe voci, mosse da carità; poi truova spiriti a sedere, vestiti tutti di ciliccio, e con gli occhi cigliati, tra' quali Sapia gli favella.
Canto 14 lunedì 11 aprile cornice II: la ripa e il sentiero sono di pietra liscia Guido del Duca, Rinieri da Calboli invidiosi: coperti di cilicio, hanno gli occhi cuciti con fil di ferro: stanno seduti con le spalle poggiate contro la parete del monte e si reggono a vicenda, ascoltando esempi di umiltà e di invidia e recitando le litanie dei santi.
Comincia il canto decimoquarto del Purgatoro. Nel quale l'autore nel predetto girone parla con Guido del Duca, il quale, abbominata la valle d'Arno, predice alcune cose del nepote di Rinier da Calvoli; e poi si duole di più valenti uomini romagnuoli, venuti meno; poi ode voci in destazion della 'nvidia.
Canto 15 lunedì 11 aprile, ora del vespero (tra le tre e le sei del pomeriggio) passaggio dalla II alla III cornice: fumo oscuro Virgilio, Dante, Angelo della misericordia canto: Beati i misericordiosi, inno: Godi tu che vinci; tre visioni di mansuetudine: Maria ritrova Gesù, il perdono di Pisistrato, santo Stefano chiede perdono per i suoi lapidatori
Comincia il canto decimoquinto del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, invitati da un agnolo a salir nel terzo girone, Virgilio gli solve un dubbio, natogli per parole di Guido del Duca; poi mostra se avere per vision vedute certe cose dimostranti mansuetudine, e, nel giron pervenuti, dice cominciarsi lor sopra un gran fummo.
Canto 16 lunedì 11 aprile, verso le sei del pomeriggio: vespero cornice III, il fumo avvolge ogni cosa Marco Lombardo (nominati: Corrado da Palazzo, Gherardo da Camino e Guido da Castello) iracondi avvolti da un denso fumo, che lo soffoca e acceca (come in vita si lasciarono accecare e soffocare dall'ira).
canto: Agnus Dei
Comincia il canto decimosesto del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, entrato nel fummo del terzo girone, dove si purga il peccato dell'ira, truova Marco Lombardo, il quale ragiona con lui del mondo ch'è guasto e della cagione.
Canto 17 lunedì 11 aprile, verso il tramonto (le sei del pomeriggio) cornice III
scala che porta alla cornice IV
Angelo della pace iracondi avvolti da un denso fumo, che lo soffoca e acceca (come in vita si lasciarono accecare e soffocare dall'ira);
accidiosi: devono correre frettolosamente per la cornice, gridando esempi di sollecitudine e di accidia punita.
L'Angelo gli toglie la terza P.
canto: Beati i pacifici
Comincia il canto decimosettimo del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, vedute certe cose in visione, le quali sono in detestazion dell'ira, Virgilio gli aperse che cosa è amore e di quante spezie, essendo essi pervenuti nel quarto girone, dove si purga l'amore del bene scemo.
Canto 18 notte fra lunedì 11 e martedì 12 aprile cornice IV Abate di san Zeno; schiera di anime precedute da Maria (che si affretta a visitare Elisabetta) e Cesare (che rapidamente assediò Marsiglia e corse in Spagna) accidiosi: devono correre frettolosamente per la cornice, gridando esempi di sollecitudine e di accidia punita.
Dante cade in un sonno profondo.
Comincia il canto decimottavo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra ancora come amore in noi si crea. E appresso ode cose ad incitare la sollecitudine; e poi parla con l'abate di San Zeno da Verona, e ultimamente ode cose in vitupèro della pigrizia.
Canto 19 martedì 12 aprile, all'alba cornice IV
una scala porta alla cornice V
Adriano V (parla anche della nipote Alagia) Poco prima dell'alba appare in sogno a Dante una femmina balbuziente, guercia, pallida e deforme che si trasforma in una bellissima donna senza difetti.
accidiosi: devono correre frettolosamente per la cornice, gridando esempi di sollecitudine e di accidia punita.
L'Angelo cancella la quarta P.
Avari e prodighi: giacciono bocconi con il viso rivolto a terra, con mani e piedi legati e piangono ripetendo un versetto del Salmo 118 e gridando del loro vizio e della virtù premiata.
Comincia il canto decimonono del Purgatoro. Nel quale l'autore discrive una vision d'una femina contrafatta, veduta da lui; e appresso come perviene nel quinto girone, ove si purga il peccato dell'avarizia; e quivi truova peccatori a giacere vòlti in giù e legati, e parla con un papa di que' dal Fiesco.
Canto 20 martedì 12 aprile, prime ore del mattino cornice V Ugo Capeto Avari e prodighi: giacciono bocconi con il viso rivolto a terra, con mani e piedi legati e piangono ripetendo un versetto del Salmo 118 e gridando del loro vizio e della virtù premiata.
canto: Gloria in excelsis Deo.
Trema la montagna del Purgatorio.
Comincia il canto vigesimo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra d'aver parlato tra gli avari con Ugo Ciappetta, il quale gli dice come di lui son discesi li presenti reali di Francia e, oltre a ciò, alcune vituperevoli opere fatte e che far debbono, e, oltre a ciò, gli mostra come il dì cantano laudevoli cose della povertà, e la notte vituperevoli dell'avarizia; e ultimamente come sentì tutto tremare il monte.
Canto 21 martedì 12 aprile, mattina cornice V Stazio Avari e prodighi: giacciono bocconi con il viso rivolto a terra, con mani e piedi legati e piangono ripetendo un versetto del Salmo 118 e gridando del loro vizio e della virtù premiata.
Dubbio di Dante sul terremoto che ha fatto tremare la montagna del Purgatorio
Comincia il canto vigesimoprimo del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come Stazio, apparito tra loro, dice la cagion del tremar del monte, e poi se medesimo manifesta, e conosce Virgilio.
Canto 22 martedì 12 aprile, fra le 10 e le 11 antimeridiane cornice VI, uno strano albero dai frutti dolci e profumati, dalla forma di un abete rovesciato; dalla parete della roccia sgorga un'acqua limpida che si spande sulle foglie. Stazio, Angelo della giustizia l'angelo della V cornice toglia la quinta P dalla fronte di Dante.
golosi: orribilmente smagriti, passano sotto alberi carichi di frutta profumata e fresca d'acqua, senza poterla toccare, soffrendo la fame e la sete, mentre in vita si abbandonarono ai piaceri raffinati del bere e del mangiare.
Comincia il canto vigesimosecondo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra come, venuti nel sesto girone, e andando Virgilio e Stazio ragionando di varie cose trovarono uno albero nella strada, del quale sentiro certe voci venire verso di loro, le quali sonavano in laude della sobrietà.
Canto 23 martedì 12 aprile, dopo mezzogiorno cornice VI, uno strano albero dai frutti dolci e profumati, dalla forma di un abete rovesciato; dalla parete della roccia sgorga un'acqua limpida che si spande sulle foglie. Stazio, Forese Donati golosi: orribilmente smagriti, passano sotto alberi carichi di frutta profumata e fresca d'acqua, senza poterla toccare, soffrendo la fame e la sete, mentre in vita si abbandonarono ai piaceri raffinati del bere e del mangiare.
canto: «Labia mea, Domine».
- L'ombra di Stazio abbandona il Purgatorio.
Comincia il canto vigesimo terzoo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra purgarsi il vizio della gola; e, trovato Forese Donati, ode da lui certe cose, e, tra l'altre, alcune cose future, contra la disonestà delle donne fiorentine.
Canto 24 martedì 12 aprile, prime due ore pomeridiane cornice VI Stazio, Forese Donati, Bonagiunta Orbicciani, Martino IV, Ubaldino degli Ubaldini, Bonifazio Fieschi, Marchese degli Argogliosi;

Angelo dell'astinenza
golosi: orribilmente smagriti, passano sotto alberi carichi di frutta profumata e fresca d'acqua, senza poterla toccare, soffrendo la fame e la sete, mentre in vita si abbandonarono ai piaceri raffinati del bere e del mangiare.
Comincia il canto vigesimoquarto del Purgatoro. Nel quale l'autore, continuando il suo ragionar con Forese, ode nominare più altri spiriti che quivi erano, tra' quali Bonagiunta Orbicciani gli predice lui doversi innamorare in Lucca, e similmente Forese il disfacimento d'alcun fiorentino. Poi truova un altro albero, e ode cose in vitupèro della gola, e da un agnolo sono inviati al girone superiore.
Canto 25 martedì 12 aprile, dalle 2 alle 4 del pomeriggio passaggio dalla VI alla VII cornice
cornice VII
Stazio lussuriosi: camminano tra le fiamme, elevando il loro canto al Signore e gridando "esempi" di virtù contraria al loro peccato.
canto: Summae Deus clementiae
Comincia il canto vigesimoquinto del Purgatoro. Nel quale l'autore scrive come Stazio, per dichiarargli come si dimagri dove non è uopo di nudrimento, gli disegna come generati siamo, e come dopo la morte i nostri spirti piglin corpo dell'aere. E appresso dice l'autore come nel settimo giron pervennero, nel quale in fiamme dice si purga il peccato della lussuria.
Canto 26 martedì 12 aprile, verso le quattro pomeridiane Cornice VI Stazio, Guido Guinizzelli, Arnaut (Arnaldo Daniello) lussuriosi: divisi in due schiere (ermafroditi e sodomiti), camminano tra le fiamme in senso opposto, e si baciano fraternamente in silenzio, piangendo ed elevando il loro canto al Signore, gridando "esempi" di virtù contraria al loro peccato.
canto: Summae Deus clementiae
Comincia il canto vigesimosesto del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra nelle fiamme aver più spiriti veduti, e tra gli altri riconosciuto Guido Guinizzelli e Arnaldo, e parlato con loro.
Canto 27 tramonto di martedì 12; la notte; l'alba di mercoledì 13. cornice VII, poi, dopo l'attraversamento del muro di fuoco, Dante trova la scala per salire sulla cima del sacro monte Stazio, Angelo della castità, angelo guardiano dell'Eden Dante passa la notte sui primi gradini della scala; all'alba ha la visione onirica di Lia e Rachele, la prima immagine della vita attiva (coglie fiori per farne una ghirlanda e specchiarsi), la seconda della vita contemplativa. Sulla cima della scala: orazione di commiato di Virgilio.
canto: Beati mundo corde
Comincia il canto vigesimosettimo del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, passato un fuoco, e veduta la notte una visione, pervenne in su la sommità del monte, dove Virgilio in suo arbitrio rimise che quel facesse che più gli aggradisse.
Canto 28 mercoledì 13 aprile, prime ore del mattino bosco, percorso da un fiumicello dalle acque limpide e trasparenti Matelda, Stazio Matelda personifica la felicità perfetta anteriore al peccato originale. - I fiumi Letè (le cui acque cancellano dalla memoria i peccati commessi) ed Eunoè (le cui acque cancellano dalla memoria i peccati commessi) sono alimentati solo dal volere divino.
Comincia il cantovigesimottavo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra come, pervenuto nel paradiso delle delizie, truova il fiume di Letè; e, parlando con una donna che dall'altra parte del fiume gli apparve, ode da lei la cagione che fa muovere le fronde degli alberi di quel luogo; e mostragli l'origine di Letè e d'Eunoè (le cui acque cancellano dalla memoria i peccati commessi).
Canto 29 mercoledì 13 aprile, prime ore del mattino. Paradiso terrestre, lungo le sponde del fiume Letè Matelda, Stazio Matelda intona il canto
processione celeste: sfilano 7 candelabri (i 7 doni dello Spirito Santo), 24 seniori (i 24 libri dell'Antico Testamento), 4 animali (4 Evangelisti), il carro trionfale della Chiesa trainato da un Grifone (simbolo di Cristo), tre donne alla destra del carro (le 3 virtù teologali), 4 donne alla sinistra (le 4 virtù cardinali), 2 vecchi (s. Luca e s. Paolo), 4 uomini (Pietro, Giovanni, Giacomo e Giuda)infine un vecchio solo (s. Giovanni autore dell'Apocalisse)
Comincia il canto vigesimonono del Purgatoro. Nel quale l'autor disegna come venir vedesse il celestial triunfo.
Canto 30 mercoledì 13 aprile, mattina Paradiso terrestre, lungo il fiume Letè Stazio, Matelda La processione si ferma davanti a Dante: appare Beatrice coronata di ramoscelli d'ulivo. Dante è solo e si sente smarrito: dal suo fianco è sparito Virgilio. Beatrice allora lo rimprovera aspramente.
Comincia il canto trigesimo del Purgatoro. Nel quale l'autore dimostra come Beatrice sopra il triunfal carro gli apparì, e come, essendo Virgilio partito, ella il chiamò per nome e gravemente il riprese, mostrando poi alle sante creature, che dintorno al carro erano, perché degno era di riprensione.
Canto 31 mercoledì 13 aprile, mattina Paradiso terrestre, sulle sponde del fiume Letè Matelda, Stazio Rimproveri di Beatrice e pentimento di Dante, che cade privo di sensi: quando rinviene si trova immerso nelle acque del Letè, che eliminano le tracce dei suoi peccati. Solo allora può vedere Beatrice.
canto: Asperges me.
Comincia il canto vigesimoprimo del Purgatoro. Nel quale l'autore distesamente discrive la grave riprension fattagli da Beatrice, e il dolore che per quella sentì; e appresso come, fuor di sé essendo e risentendosi, si trovò tirato dalla donna, che prima trovata avea, nel fiume, e in quello da lei tuffato; e avendo dell'acqua bevuta, fu dalle quattro donne presentato a Beatrice, e come lei, levato dal viso il velo, apertamente vide.
Canto 32 mercoledì 13 aprile, circa un'ora prima di mezzogiorno foresta del Paradiso terrestre Matelda, Stazio Agli occhi di Dante si presenta lo spettacolo allegorico della storia della Chiesa in sette quadri
Comincia il canto trigesimosecondo del Purgatoro. Nel quale l'autore discrive come il triunfo celeste si volse a tornare indietro, e come, ad un albero senza foglie smontata Beatrice del carro, esso fu legato dal grifone; e appresso come s'addormentò, e, svegliato, vide il grifone esser partito e Beatrice rimasa, la quale gli fa rimirare il carro, sopra 'l quale per figura vede certe cose alla Chiesa di dio avvenute e che doveano avvenire.
Canto 33 mercoledì 13 aprile, mezzogiorno Paradiso terrestre Matelda, Stazio Le sette donne intonano il canto Deus, venerunt gentes. Beatrice esorta Dante a ricordare ciò che ha visto e sentito. A mezzogiorno Matelda conduce Dante nel fiume Eunoè, che procura in lui un totale rinnovamento.
Comincia il canto trigesimoterzo del Purgatoro. Nel quale l'autore significa certe cose future a lui da Beatrice predette, e come da Matelda bagnato in Eunoè, puro tornò a Beatrice. Qui finisce la seconda parte della Cantica, overo Commedia di Dante Alighieri chiamata Purgatoro

TRATTO da:
Dante Alighieri, La Divina Commedia
EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 12 Ottobre 1994 Alla edizione elettronica hanno contribuito: Vittorio Dell'Aiuto, Marco Calvo - Progetto MANUZIO: http://www.liberliber.it
REVISIONE - EDIZIONE HTML: Giuseppe Bonghi
Testi consultati:
Dante Alighieri, La Divina Commedia
a cura di S. Jacomuzzi, A. Dughera, G. Ioli, V. Jacomuzzi, S.E.I., Torino 1990
(Da questa edizione, che riproduce quella di G. Petrocchi, edizione fondamentale dell'opera dantesca, abbiamo tratto i riassunti dei canti presenti nel precedente schema)
Dante Alighieri, La Divina Commedia
a cura di Tommaso di Salvo, Zanichelli, Bologna 1985
Dante Alighieri, La Divina Commedia
a cura di Natalino Sapegno, 14 ristampa, La Nuova Italia editrice, Firenze1967
Dante Alighieri, La Divina Commedia
a cura di Giovanni Bosco e Giovanni Reggio, Le Monnier, Firenze 1988


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© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@fausernet.novara.it
ultimo aggiornamento: 28 dicembre 1999