Maria Adele Garavaglia
Introduzione
al
PURGATORIO
di
Dante Alighieri
Introduzione
La concezione del purgatorio
L'idea di purgatorio
piuttosto recente nella storia del pensiero occidentale. Infatti
il mondo antico aveva immaginato un regno dei morti in cui i rei,
relegati nel Tartaro, fossero distinti dai suicidi o dalle anime
dei beati queste, nei Campi Elisi, attendevano di reincarnarsi in
una nuova vita, mentre le anime di coloro che non avessero avuto
esequie, si raccoglievano nel vestibolo. Il VI libro dell'Eneide
virgiliana ci offre un quadro esauriente dell'oltemondo pagano.
L'idea di un focum
purgatorium compare nei primi secoli dell'era cristiana: il
filosofo Beda il Venerabile (672-735) per primo immagina un luogo
di purgazione. Il concetto si definisce dopo il XII secolo,
grazie ai contributi di san Bernardo di Chiaravalle, Pier
Lombardo (Sentenze, 1155-1157), papa Innocenzo III,
Tommaso di Chobhan (Somma dei confessori, 1215 ca), il
monaco cistercense H (Purgatorio di sa Patrizio,
XII sec.), Guglielmo d'Alvernia (1180-1249). Nel XIII secolo
grandi teologi come sant'Alberto Magno, san Tommaso d'Aquino, san
Bonaventura da Bagnoregio sanciscono la credenza di un luogo dove
le anime, non più vagabonde, possano purificarsi dei peccati e
ascendere ai cieli perfettamente riconciliate con Dio. Il
Concilio di Lione del 1274 ne è la registrazione ufficiale della
Chiesa, mentre il giubileo del 1300, indetto da papa Bonifacio
VIII, diffonde presso tutta la comunità cristiana la conoscenza
del valore dei suffragi.
Storicamente possiamo
collegare la nascita dell'idea di purgatorio, come nota lo
studioso Jacques Le Goff (La nascita del Purgatorio,Torino,
1982), all'affermazione della borghesia come classe sociale
intermedia fra i potenti (chierici e cavalieri) e la massa dei
contadini e della plebe: essa, infatti, introduce nella
mentalità occidentale una nuova prospettiva che sfuma il divario
fra nobili e plebe, mediando fra coloro che alla ricchezza
assommano il potere e quanti si vedano negate entrambi.
La struttura del purgatorio dantesco
La seconda Cantica
della Commedia può essere considerata la conclusione del
lungo processo di gestazione che ha portato all'dea di purgatorio:
Dante ne dà la raffigurazione con toni potentemente ralistici,
interpretando la transitorietà di questo mondo con la
raffigurazione dei caratteri che ancora lo legano alla terra.
La montagna
purgatoriale simmetrica alla voragine infernale: la caduta di
Lucifero ha causato il ritrarsi delle terre che sono sbucate
nell'emisfero australe, generando il monte dell'espiazione che
sorge circondato dal mare. Il purgatorio finirà con il
giudizio universale, quando il mondo terreno, scomparendo, non
genererà più peccatori.
Ai nove cerchi in cui
è diviso l'inferno, corrispondono le nove «zone
purgatoriali»:
- l'antipurgatorio, dove sono relegati i negligenti che tardarono a pentirsi: sono i pigri, coloro che morirono di morte violenta, i principi troppo indaffarati; | |
- le sette cornici, dove sono puniti i sette vizi capitali di superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria in senso inverso da quello infernale, ossia dalla colpa più grave a quella più lieve | |
il paradiso terrestre, luogo dell'innocenza primitiva dove, bevendo alle acque dei fiumi Letè ed Eunoè, le anime dimenticano il peccato e acquistano la beatitudine. | |
- al vestibolo infernale, poi, corrisponde la spiaggia del purgatorio in cui stanno gli scomunicati che si pentirono in extremis. Qui approdano gli espianti, sotto la sorveglianza di Catone Uticense, simbolo del desiderio umano di libertà dal peccato. |
Come i dannati sono divisi nelle tre categorie degli incontinenti, violenti e fraudolenti, così i peccati degli espianti sono originati da tre cause fondamentali:
- amore rivolto al
male,
- amore troppo debole
per Dio,
- amore troppo forte
per i beni terreni.
Anche le cornici
purgatoriali hanno i loro guardiani: gli angeli della virtù
contrapposta al peccato, disposti al passo del perdono: ognuno di
essi cancella una delle sette P, incise sulla fronte di
Dante dall'angelo guardiano della porta del purgatorio.
Come le anime entrano
all'inferno dopo aver attraversato l'Acheronte, sulla barca del
demone Caronte, così le anime giungono alla montagna del
purgatorio, dalla foce del Tevere, su un vascello mosso dalle ali
dell'angelo nocchiero.
Gli espianti, a
differenza dei dannati che restano fissati per leternità
al luogo in cui devono pagare la loro colpa, percorrono tutte le
cornici purgatoriali, fermandosi in ciascuna a seconda
dell'intensità delle colpe. L'espiazione implica, oltre alla
pena fisica che risponde alla legge del contrappasso, anche
momenti di riflessione e di pentimento: perciò le anime sentono
voci o vedono scene che ricordano episodi di virtù premiata o di
colpa punita.
L'ingresso in
purgatorio è consentito solo dall'angelo guardiano che
apre una pesante porta con due chiavi, secondo un rito che
configura la confessione: tutto l'itinerario di Dante costellato
di riti, preghiere, gesti di espiazione che sottolineano i
momenti più importanti della liturgia cristiana e il
procedimento spirituale che conduce alla coscienza di sé.
L'atmosfera purgatoriale e i personaggi
Dante,
configurazione dell'umanità che espia le proprie colpe, svolge
anche nella seconda Cantica il duplice ruolo di autore e
personaggio. Virgilio, simbolo della ragione, lo guida sino al
paradiso terrestre: poi lo affida a Beatrice (la fede) che
scende per aiutarlo a sostenere il momento culminante
dell'espiazione.
Il viaggio dura in
tutto tre giorni: dal mattino della domenica di Pasqua
(10 aprile 1300) al mezzogiorno del mercoledì successivo
(13 aprile 1300). Nell'ultima fase del percorso si affianca il
poeta latino Stazio, che Dante immagina si sia convertito
segretamente: egli configura il valore della poesia
illuminata dalla fede.
Meno scavati
psicologicamente rispetto a quelli dell'Inferno, i personaggi del
Purgatorio ripropongono tuttavia alcune caratteristiche
importanti dell'uomo comune nella sua vita quotidiana, quali la
solidarietà e l'amicizia, un tema che funge da leit-motiv nella
Cantica: Casella, Belacqua, Nino Visconti, Forese Donati, Oderisi
da Gubbio, Bonagiunta Orbicciani sono richiami alla giovinezza
del poeta, a luoghi, interessi, passioni, scelte compiute negli
anni prima dell'esilio.
Non mancano,
naturalmente, figure di sovrani, di pontefici, di grandi
intellettual del passato che introducono un tema assai caro a
Dante: la condizione politica del suo tempo. In
particolare, nel Canto VI del Purgatorio, emerge quella dell'Italia.
Frequenti, poi,
sono le profezie e i richiami al bando subito da Dante,
appropriati in un contesto che viene sentito come esilio dalla
beatitudine. Un mondo che collega la terra al cielo viene
rappresentato con paesaggi liricamente mediati da quelli su cui
si svolgono le azioni degli uomini: la terra viene così
recuperata nella sua spazialità e temporalità. Il sole segna la
scansione delle ore, il cielo si colora delle albe e dei
tramonti, le stelle rimandano alle virtù che consentono agli
uomini di condurre una vita retta e raggiungere Dio. Prati
bagnati di rugiada, valli fiorite, pietraie livide, stretti
passaggi montani, selve misteriose, scale ripide, rocce
inaccessibili ricreano ambienti diversi e variegati che
sottolineano simbolicamente il carattere della pena: non mancano,
comunque, elementi miracolosi come alberi capovolti, giunchi che
ricrescono immediatamente, voci nell'aria, a restituire al
purgatorio il carattere di misterioso regno oltremondano
eccezionalmente concesso a Dante di visitare.
La "medietà" linguistica
La cifra stilistica del Purgatorio è una "medietà" che, senza implicare uniformità, accosta il linguaggio a quello d'uso quotidiano: in tal modo evidenzia la misura, il senso del limite, l'autocoscienza illuminata che sono fondamentali per un vero rinnovamento nelle anime espianti. Così, anche se non mancano spunti di registro comico o termini" forti" (assai pi frequenti nell'Inferno) come il «bordello» italiano del Canto VI o la «femmina balba» del Canto XIX o la «puttana sciolta» del XXXII, per lo più le espressioni propendono per una misura vagamente impregnata di elegia o di nostalgia. Solo in taluni punti di eccezionale solennità il registro elevato compare a sottolineare un'ardita metafora astronomica (Canto II) o a proporre quei "neologismi danteschi" che appariranno frequenti in Paradiso.
- TRATTO da: Dante Alighieri,
La Divina Commedia (edizione non segnalata)
- PROGETTO MANUZIO: http://www.liberliber.it
- EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 12 Ottobre 1994 Alla edizione
elettronica hanno contribuito: Vittorio Dell'Aiuto, Marco Calvo
- REVISIONE - EDIZIONE HTML: Giuseppe
Bonghi
- Testi consultati:
- Dante
Alighieri, La Divina Commedia, a cura di S.
Jacomuzzi, A. Dughera, G. Ioli, V. Jacomuzzi, S.E.I., Torino 1990
- Dante
Alighieri, La Divina Commedia, a cura di
Tommaso Di Salvo, Zanichelli, Bologna 1985
- Dante
Alighieri, La Divina Commedia, a cura di
Natalino Sapegno, 14 ristampa, La Nuova Italia editrice,
Firenze1967
- Dante
Alighieri, La Divina Commedia, a cura di
Giovanni Bosco e Giovanni Reggio, Le Monnier, Firenze 1988
© aprile 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi - E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 05 febbraio 1998