Giovanni Boccaccio
Elegia di Madonna Fiammetta
Capitolo IV.
Nel quale questa donna dimostra quali pensieri e che vita fosse la sua, essendo iì termine venuto, e Panfilo suo non veniva.
Così, o pietose donne, sollecita, come
udito avete, non solamente al molto disiderato e con fatica aspettato termine pervenni, ma
ancora di molti dì il passai; e meco medesima incerta se ancora il dovessi biasimare, o
no, allentata alquanto la speranza, lasciai in parte i lieti pensieri, ne' quali forse
troppo allargandomi era rientrata, e nuove cose ancora non istatevi mi si cominciarono a
volgere per lo capo. E fermando la mente a volere, s'io potessi, conoscere qual fosse o
essere potesse la cagione della sua più lunga dimora che la impromessa, cominciai a
pensare, e innanzi all'altre cose in iscusa di lui tanti modi truovo, quanti esso
medesimo, se presente fosse, potrebbe trovare, e forse più. Io dicea alcuna volta: «O
Fiammetta, deh, credi tu il tuo Panfilo dimorare senza tornare a te, se non perché egli
non puote? Gli affari inoppinati opprimono sovente altrui, né è possibile così preciso
termine dare alle cose future come altri crede. Or chi dubita ancora che la presente
pietà non istringa più assai che la lontana? Io son ben certa che egli me sommamente
ama, e ora pensa alla mia amara vita e di quella ha compassione e, da amore sospinto, più
volte n'è voluto venire; ma forse il vecchio padre con lagrime e con prieghi ha alquanto
il termine prolungato e, opponendosi a' suoi voleri, l'ha ritenuto; egli verrà quando
potrà».
Da così fatti ragionamenti e scuse mi sospignevano sovente
i pensieri ad imaginare più gravi cose. Io alcuna volta dicea:
«Chi sa se egli, volonteroso più che il dovere di
rivedermi e pervenire al posto termine, posposta ogni pietà di padre e lasciato ogni
altro affare, si mosse e forse, senza aspettare la pace del turbato mare, credendo a'
marinari bugiardi e arrischievoli per voglia di guadagnare, sopra alcuno legno si mise, il
quale venuto in ira a' venti e all'onde, in quelle è forse perito? Niuna altra cagione
tolse Leandro ad Ero. Or chi puote ancora sapere se esso, da fortuna sospinto ad alcuno
inabitato scoglio, quivi la morte fuggendo dell'acqua, quella della fame o delle rapaci
bestie ha acquistata? O in su quelli come Achemenide, forse per dimenticanza lasciato,
aspetta chi qua nel rechi? Chi non sa ancora che il mare è pieno d'insidie? Forse è esso
da inimiche mani preso, o da pirate, e nell'altrui prigioni con ferri stretto è ritenuto.
Tutte queste cose essere possono, e molte volte già le vedemmo avvenire».
Dall'altra parte poi mi si parava nella mente non essere
per terra più sicuro il suo camino, e in quello similmente mille accidenti possibili a
ritenerlo vedea. Io, subitamente correndo con l'animo pure alle piggiori cose, estimando a
lui più giusta scusa trovare quanto più grave la cosa poneva, alcuna volta pensava:
«Ecco, il sole, più che l'usato caldo, dissolve le nevi
negli alti monti, onde i fiumi furiosi e con onde torbide corrono; de' quali egli non
pochi ha a passare. Or se egli in alcuno, volonteroso di trapassare, s'è messo, e in
quello caduto e col cavallo insieme tirato e ravvolto ha renduto lo spirito, come può
egli venire? Li fiumi non apparano ora di nuovo a fare queste ingiurie a' caminanti, né a
tranghiottire gli uomini. Ma se pur da questo è campato, forse negli agguati de' ladroni
è incappato, e rubato e ritenuto è da loro; o forse nel camino infermato in alcuna parte
ora dimora e, ricuperata la sanità, senza fallo qui ne verrà».
Ohimè! che qualora cotali imaginazioni mi teneano, un
freddo sudore m'occupava tutta, e sì di ciò divenia paurosa, che sovente in prieghi a
Dio che ciò cessasse rivolgea il pensiero, né più né meno, come se egli davanti agli
occhi in quello pericolo mi fosse presente. E alcuna volta mi ricorda che io piansi, quasi
come con ferma fede in alcuno de' pensati mali il vedessi. Ma poi fra me diceva:
«Ohimè! che cose sono queste, che i miseri pensieri mi
porgono davanti? Cessi Iddio che alcuna di queste sia! Innanzi dimori quanto gli piace, o
non torni, che, per contentarmi, a caso si metta che alcuna di queste cose avvenga. Le
quali ora veramente m'ingannano; però che, posto che possibili siano, impossibili sono ad
essere occulte, e molto credibile è la morte di cotale giovine non potere essere nascosa,
e massimamente a me, la quale, sollecita, continuamente di lui fo dimandare con
investigazioni non poco sottili. E chi dubita ancora che, se le cose male da me pensate
alcuna ne fosse vera, che la fama, velocissima rapportatrice de' mali, già qui non
l'avesse condotta? Alla quale la fortuna, in ciò ora poco mia amica, avrebbe data
apertissima via per farmi tristissima. Certo io credo piuttosto che egli in gravissimo
affanno, come io sono se egli non viene, ora a forza ritenuto dimori, e tosto verrà, o
della dimora in mia consolazione, scusandosi, scriverà la cagione".
Certo li già detti pensieri, ancora che fierissimi
m'assalissero, pure assai lievemente erano vinti, e la speranza, che per lo passato
termine da me di fuggire si sforzava, con ogni mio potere ritenea, ponendole innanzi il
lungo amore da me a lui e da lui a me portato, la data fede, i giurati iddii, e le
infinite lagrime; le quali cose io affermava essere impossibile che inganno coprissero. Ma
io non poteva fare che essa, così ritenuta, non desse luogo alli lasciati pensieri, i
quali con lento passo e tacitamente lei a poco a poco pignendo fuori del mio cuore,
s'ingegnavano di tornare nel loro primo luogo, a mente riducendomi e li malvagi agurii e
l'altre cose; né quasi me n'avvidi prima, che io e la speranza quasi cacciata e loro
potentissimi vi sentia.
Ma tra gli altri che me più forte gravava, niuna cosa in
processo di più giorni udendo della tornata di Panfilo, era gelosia. Questa più che io
non voleva mi spronava; questa ogni scusa che meco di lui faceva, quasi consapevole de'
suoi fatti, annullava; questa spesso ne' ragionamenti per addietro da me dannati mi
rimetteva dicendo:
«Deh, come se' tu così stolta, che pietà di padre, o
altro qualunque stretto affare o diletto, ora potesse Panfilo soprattenere, se così
t'amasse come diceva? Non sai tu che Amore vince tutte le cose? Egli fermamente,
d'un'altra innamorato, t'avrà dimenticata, il cui piacere, molto possente sì come nuovo,
là ora il ritiene, come il tuo qua il teneva. Quelle donne, sì come tu già dicesti, per
ogni cosa atte ad amare, ed egli altresì naturalmente a ciò disposto e degno per
ciascuna cosa da essere amato, conformatesi al suo piacere ed egli al loro, di nuovo
l'avranno innamorato. Non credi tu che l'altre donne abbiano occhi in capo, sì come tu, e
conoscano in queste cose quanto tu conosci? Sì fanno bene. E a lui altresì non credi tu
che ne possa più che una piacere? Certo io credo che, se potesse te vedere, malagevole
gli sarebbe alcuna altra amarne; ma egli non ti può ora vedere, né ti vide già sono
cotanti mesi passati. Tu dei sapere che niuno mondano accidente è etterno; così come
egli s'innamorò di te, e come tu gli piacesti, così è possibile che un'altra ne gli sia
piaciuta, e che egli, avendo il tuo amore abandonato, n'ami un'altra. Le cose nuove
piacciono con più forza che le molto vedute, e sempre quello che l'uomo non ha, si suole
con maggiore affezione disiderare che quello che l'uomo possiede, e niuna cosa è tanto
dilettevole, che per lungo uso non rincresca. E chi non amerà più volontieri a casa sua
una nuova donna, che una antica nell'altrui contrade? Egli altresì forse non t'amava con
così fervente amore come mostrava, e alle sue lagrime né a quelle d'alcuno altro non è
da credere così caro pegno come è cotanto amore, quanto tu forse estimi che egli ti
portasse.
Eziandio gli uomini alcuna volta, non avendosi mai
più veduti che alcuno giorno, sono crucciosi e piangono spartendosi; e molte cose
similemente si giurano e impromettono, le quali altri ha fermo intendimento di fare; ma
poi, nuovo caso sopravvegnendo, fa quelli giuramenti uscire di mente. Le lagrime e'
giuramenti e le promessioni de' giovini non sono ora di nuovo arra di inganno futuro alle
donne. Essi generalmente sanno prima fare queste cose che amare: la loro volontà
vagabunda li tira a questo; niuno n'è che non volesse piuttosto ogni mese mutare dieci
donne che essere dieci dì d'una. Essi continuamente credono e costumi nuovi e nuove forme
trovare, e gloriansi d'avere avuto l'amore di molte. Dunque che speri? Perché vanamente
ti lasci menare alla vana credenza? Tu non se' in atto da poterlo da ciò ritrarre:
rimanti d'amarlo, e dimostra che con quell'arte che egli ha te ingannata tu abbi ingannato
lui».
E dietro a queste parole con molte altre séguito a me
dicendo, e in esse accendevami di fiera ira, la quale con tumorosissimo caldo sì
m'infiammava l'animo, che quasi ad atti rabbiosissimi m'induceva. Né prima il concreato
furore trapassava, che le lagrime abondevolissimamente per gli occhi uscissero, con le
quali, molto alcuna volta duranti, esso del petto m'usciva; nel quale per conforto di me
medesima, dannando ciò che l'indovina anima mi diceva, quasi a forza la già fuggita
speranza con ragioni vanissime rivocava. E in cotal guisa, quasi ogni ripresa allegrezza
lasciata, stetti sperando e disperando molto spesso più giorni, sempre sollecita
oltremodo a potere acconciamente sapere che di lui fosse, che non veniva.
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 06 febbraio 1998