SCELTA 

La misura dell'ideale: il Cardinale e don Abbondio

Francesco De Sanctis: "Il senso del reale e della vita" nei "Promessi sposi

Il Seicento "protagonista vero e immanente" del romanzo

"Promessi sposi": dalla "morale cattolica" al romanzo

"Fermo e Lucia" e "Promessi sposi" due libri diversi

La lingua del Manzoni

Scott e Manzoni

La novità dei "Promessi sposi"

La struttura ideologica dei "Promessi sposi"

Pessimismo mondano e ottimismo provvidenziale nei "Promessi sposi"

Alessandro Manzoni e il romanticismo

"Promessi sposi" il romanzo dei rapporti di forza

Fu Manzoni un cattolico liberale?

Fermo e Lucia

La tecnica manzoniana del dialogo

Il rifiuto dell'idillio

Il paesaggio nei "Promessi sposi"

Guerra, fame, peste

Don Abbondio, "un vinto perpetuo"

Agnese, "vedova scaltra"

La "malvagità animale" del conte Attilio

Azzeccagarbugli e il peccato della parola

Il cardinale, un' "immagine essenziale" del romanzo

Due "personaggi d'autorità": il conte zio e il padre provinciale

Fra Cristoforo "uomo fra gli uomini"

Don Ferrante, "l'erudito del Seicento"

Donna Prassede, "caricatura della pratica cristiana"

La "psicologia proibita" della monaca di Monza

La conversione in atto dell'innominato

Lucia   Renzo  Il conte zio

La "verità spirituale" di Perpetua

Don Rodrigo, "malvagio" o "ragazzaccio" ?

Fra Galdino   Griso   Il sarto

L'illuminismo lombardo

Il valore patriottico e civile, il valore nazionale 

Il pessimismo e la fiducia nel romanzo 

Caratteri dell'arte manzoniana

Reale e ideale
(De Sanctis, saggi, Rizzoli)

Ideologia e pubblico

Umanità di Lucia  Il dolore

Il popolo, gli umili, la storia

La misura dell'ideale: il cardinale e don Abbondio

Immanenza di Dio

Poesia e storia

Valori e aspetti dell'arte manzoniana nel romanzo

 

 



Russo: "Il cardinale fraintende sempre don Abbondio, lo fraintende generosamente: in questa sua sublime ottusità di magnanimo, che non riesce a rendersi conto dei piccoli pensieri del piccolo uomo, sta tutta la sua più vera grandezza di personaggio... Il Manzoni non ha voluto assoggettare ad alcuna critica la personalità del grande gerarca della Chiesa, ma nella sua stessa grandezza il cardinale trova il suo limite umano, la sua debolezza; egli, eroe della grande ragione, non capisce mai l’eroe della piccola ragione, ed in questa sua debolezza scompare il simbolo oratorio e subentra l’umano." "...don Abbondio avvicinato al cardinale ed il cardinale visto dalla piccola mente di don Abbondio vogliono rappresentare come una specie di equilibrio, di impasto, il chiaroscuro dell’ideale e del reale accostati insieme. Nella figura di don Abbondio avviene come un riscatto artistico del cardinale." [Aggiungerei che don Abbondio, ogni volta che compare, e specie dopo esser comparso petto a petto col cardinale, sta a ricordare ai lettori che, al di là della conclusione del romanzo, apparentemente rugiadosa, i don Abbondio non saranno mai convertiti al vangelo: e se non ci riesce un Federigo! Anche in questo io vedo la misura dell’ideale. Noto oggi, 3 gennaio 1992, che quando scrivevo queste note, negli anni 80, non avevo ancora letto Raimondi e il suo Romanzo senza idillio, ma ne presentivo le conclusioni.] Russo prosegue: "E forse, appunto, questo colloquio del cardinale e di don Abbondio è l’episodio più significativo, per definire il particolare cristianesimo del Manzoni: un cristianesimo rigoristico, apostolico, combattivo, intransigente da una parte e dall’altra parte un cristianesimo un po’ doloroso e sorridente, consapevole della limitatezza della natura umana, e per la quale ragione l’artista discende dal suo cielo a mescolarsi di terreno e di umano, a compatire, ad indulgere, dopo aver rigorosamente condannato. Ciò che a me sembra…

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