IL SETTECENTO
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I)
Nasce
nel 1707 a Venezia da famiglia borghese
(il padre è medico). Ha un interesse
molto precoce per il teatro. Abbandona
gli studi di filosofia per unirsi a una
compagnia itinerante di comici. Nel '23,
assecondando il desiderio dei familiari,
frequenta la facoltà di legge a Pavia,
ma nel '25 ne viene espulso per aver
scritto una satira contro le donne della
città. Nel '28-'29 è impiegato presso
il coadiutore del cancelliere criminale
di Chioggia. Dopo la morte del padre
(1731) si laurea in legge a Padova.
Esercita l'avvocatura. II)
Nel '33 per sfuggire a un'avventata
promessa di matrimonio, abbandona
Venezia e trova occupazione a Milano
presso l'ambasciatore veneziano. Nel '34
torna a Venezia e assume l'incarico di
poeta ufficiale di una compagnia
teatrale. Dopo una breve e poco felice
esperienza diplomatica come console
della repubblica di Genova a Venezia, si
allontana di nuovo da Venezia nel '43,
dirigendosi a Modena, ma per evitare gli
eserciti in armi per la guerra di
successione austriaca, ripara a Pisa,
dove riprende la professione di
avvocato. Ma nel '48 è di nuovo a
Venezia dove lavora attivamente pre un
capocomico. Fino al '62 lavorerà
nell'ambito del teatro, stabile e
itinerante, componendo e facendo
rappresentare 158 commedie, tragedie e
tragicommedie. III)
Consegue numerosi successi, ma gli si
oppongono strenuamente l'abate Chiari,
che lo accusa di aver distrutto la
commedia a soggetto in maschera, e
soprattutto Carlo Gozzi, che gli
rimprovera uno scarso rispetto della
tradizione linguistica e lo accusa di
diffondere un senso di sovversione
sociale, sulla scia delle idee
illuministiche francesi, mettendo alla
berlina la classe dirigente
aristocratica; inoltre lo accusava
d'impoverire i soggetti producendo
"antieroi". Oltre a ciò il
governo veneziano rifiuta di concedergli
una pensione in riconoscimento dei suoi
meriti. IV)
Così, nel 62, accogliendo un invito
della "Commedia italiana" di
Parigi, parte per la Francia, scrivendo
soggetti per quel teatro. I francesi
tuttavia preferiscono le commedie
improvvisate. Nel '65 si trasferisce
alla corte di Versailles come maestro di
lingua italiana delle figlie del re
Luigi XV. Nel '75 è insegnante
d'italiano delle sorelle di Luigi XVI.
Negli anni successivi scrive le sue
Memorie. Dopo lo scoppio della
Rivoluzione si vede revocare la pensione
ottenuta anni prima dal re. Muore nel
1793, pochi giorni prima che la
Convenzione decreti la restituzione di
questo riconoscimento. V)
Goldoni s'inserisce fra l'Arcadia e
l'Illuminismo. Dell'Arcadia eredita la
reazione al formalismo del marinismo, in
nome della natura, semplicità e
spontaneità. Però dell'Arcadia rifiuta
la trattazione di argomenti
superficiali, privi di vero aggancio con
la vita. In effetti, se il mondo poetico
del Goldoni può sembrare idillico come
quello arcadico (tutte le sue commedie
hanno un lieto fine), i suoi personaggi
appartengono ad una classe sociale
determinata, la piccola-borghesia, ed in
questo senso Goldoni è già un
illuminista. VI)
Goldoni si pose come compito quello di
riformare la commedia, senza drammatiche
rotture, al fine di realizzare col
pubblico, che non è più soltanto
letterato, un nuovo rapporto, più
immediato e personale. La riforma
consiste nel sostituire la commedia
dell'arte o "a soggetto"
(improvvisata su una traccia-canovaccio
dagli attori, ciascuno dei quali
rappresentava una maschera, ad es.
Brighella, Pantalone...), con la
commedia scritta, fondata sulla
psicologia dei caratteri. Goldoni scrive
tragedie, tragicommedie, melodrammi e
commedie, ma è soprattutto a
quest'ultime che deve la sua fama. VII)
Nella commedia tradizionale gli attori
sul palcoscenico si nascondevano dietro
le maschere, le quali rappresentavano
dei personaggi standardizzati, fissi. La
personalità dell'attore era del tutto
irrilevante e la trama veniva costruita
di volta in volta, nel rispetto di
alcune regole fondamentali. Questo
genere teatrale era entrato in grave
decadenza. Per ottenere gli applausi del
pubblico spesso si usavano forme di
comicità grossolana e si costruiva la
vicenda su trame piuttosto superficiali,
che comunque rientravano in schemi
facilmente prevedibili, in quanto più o
meno collaudati. Non erano più le
vicende della vita reale che venivano
rappresentate, ma pure e semplici
allegorie (favole romanzate) anche se a
volte presentate con intrecci abbastanza
complicati. Notevole era il fatto che il
dialogo aderiva al linguaggio quotidiano
(cosa che Goldoni ereditò
perfezionandolo). VIII)
Goldoni sostituisce la maschera con
l'attore, che rappresenta una persona
concreta e soprattutto una situazione
concreta. L'intreccio è basato sul
carattere del protagonista, che ha una
sua storia da comunicare, semplice ma
genuina e quindi interessante. L'attore
non deve adeguarsi alle trame, ma
recitare se stesso sulla base di una
trama scelta dal commediografo. Non era
cosa facile, sia perchè al pubblico
piaceva l'improvvisazione, sia perchè
all'attore non piaceva recitare parole
altrui. In questa necessità di fondare
la commedia sulla descrizione del
carattere, Goldoni si rifà
completamente a Molière. IX)
La commedia dell'arte, non avendo più
un legame diretto con la realtà,
cercava di colpire lo spettatore con le
sorprese e le improvvisazioni, ma queste
forme restavano piuttosto forzate,
astratte e intellettualistiche: quando
non erano prevedibili diventavano
assurde o ridicole. Si trattava solo di
un artificio manieristico utile alla
nobiltà decadente per mascherare lo
stato reale delle cose. Goldoni non ha
bisogno di questi espedienti perchè
parte dalla realtà che il nobile
rifiuta, quella del piccolo-borghese. E'
la realtà stessa che gli offre la
ricchezza degli argomenti da trattare.
Di qui la valorizzazione del semplice,
del naturale, del vero... Ecco perchè
Goldoni è anti-barocco,
anti-manierista, anti-scolastico,
benché ignori dell'Illuminismo gli
ideali politici veri e propri. X)
Il piccolo mondo della borghesia in
ascesa nella Venezia pur decadente è un
mondo che nell'opera del Goldoni ha una
morale sobria, moderata, arguta, non
bigotta, priva di eccessi e di
ipocrisia. Venezia, dopo essere stata
sconfitta dai turchi (1718) aveva
assistito alle invasioni delle sue terre
da parte degli eserciti spagnoli,
austriaci e francesi e si era rassegnata
a questo, sperperando i capitali
accumulati in precedenza. La situazione
dei contadini e dei popolani era
diventata molto difficile. XI)
Il popolo è visto dal Goldoni con
simpatia, poiché lo ritiene capace di
istintivo buon senso. Sulle scena delle
sue commedie passano mercanti operosi,
piccoli artigiani, studenti, servette,
gondolieri, pescatori, comari pettegole,
e molti sono semplici
caricature-macchiette. Ma nessuno giunge
mai a desiderare uno scontro netto con
le contraddizioni del feudalesimo: al
massimo ironizzano sull'atteggiamento e
sulle concezioni di vita dei nobili,
oppure criticano quei borghesi che
cercano di ottenere i favori della
nobiltà o che manifestano una
particolare predilezione per i modi di
vita patriarcali. Ciò che meglio
caratterizza i personaggi goldoniani è
il fatto ch'essi deridono lo sperpero,
la dissolutezza e l'ozio della nobiltà;
essi sanno mettere in luce l'esigenza
della sana operosità, l'intraprendenza
e le virtù familiari, anche se alla
fine, nel loro rapporto con la nobiltà,
prevale quasi sempre il sano buon senso,
i toni concilianti e la cautela. Goldoni
quindi, per conservando il genere
tradizionale della commedia, che di per
sé era comico, introduce
progressivamente degli elementi nuovi,
colti dalle vicende quotidiana delle
classi medie in ascesa: elementi
virtuosi, patetici e sentimentali. I
vizi e le virtù dei suoi personaggi
sono realistici non fantastici. Di qui
peraltro l'uso del dialetto veneziano.
Le sue commedie migliori: La
Locandiera, La casa nova, I
Rusteghi e Baruffe Chiozzotte. XII) La Locandiera. I personaggi: una donna avvenente e spiritosa, locandiera a Firenze; un marchese con molta boria e poco denaro; un conte che ostenta denaro e crede il mondo ai suoi piedi; un cavaliere zotico e introverso che fa il misogino; il cameriere della locanda, mite, rassegnato e fedele alla padrona che gli si è promessa. I fatti: dei tre nobili alloggiati nella locanda, il marchese e il conte sono attratti dalla locandiera (Mirandolina), il cavaliere invece la tratta sgarbatamente, deridendo gli altri due. Mirandolina progetta una vendetta sul rozzo antifemminista: si finge d'accordo con lui nel disprezzo delle donne e di chi s'innamora di loro, e comincia a guadagnarsi la sua stima. Ma così il cavaliere s'innamora di lei, la quale però, sotto gli occhi di lui, si concederà in sposa al cameriere. Mirandolina rappresenta il carattere di una donna civetta ma non corrotta, scaltra ma non perversa, giocatrice d'azzardo ma moglie fedele. http://scuolaitalia.com/zibaldone/ |