Giovanni Boccaccio
Decameron
Settima Giornata
Novella ottava
Un diviene geloso della moglie, ed ella, legandosi uno spago al dito la notte, sente il suo amante venire a lei. Il marito se n'accorge, e mentre seguita l'amante, la donna mette in luogo di sé nel letto un'altra femina, la quale il marito batte e tagliale le trecce, e poi va per li fratelli di lei, li quali, trovando ciò non esser vero, gli dicono villania.
Stranamente pareva a tutti madonna Beatrice essere stata
maliziosa in beffare il suo marito, e ciascuno affermava dovere essere stata la paura
d'Anichino grandissima, quando, tenuto forte dalla donna, l'udì dire che egli d'amore
l'aveva richesta; ma poi che il re vide Filomena tacersi, verso Neifile voltosi, disse: -
Dite voi -. La qual, sorridendo prima un poco, cominciò:
Belle donne, gran peso mi resta se io vorrò con una bella
novella contentarvi, come quelle che davanti hanno detto contentate v'hanno; del quale con
l'aiuto di Dio io spero assai bene scaricarmi. Dovete dunque sapere che nella nostra
città fu già un ricchissimo mercatante chiamato Arriguccio Berlinghieri, il quale
scioccamente, sì come ancora oggi fanno tutto 'l dì i mercatanti pensò di volere
ingentilire per moglie, e prese una giovane gentil donna male a lui convenientesi, il cui
nome fu monna Sismonda. La quale, per ciò che egli, sì come i mercatanti fanno, andava
molto dattorno e poco con lei dimorava, s'innamorò d'un giovane chiamato Ruberto, il
quale lungamente vagheggiata l'avea.
E avendo presa sua dimestichezza e quella forse men
discretamente usando, per ciò che sommamente le dilettava, avvenne o che Arriguccio
alcuna cosa ne sentisse, o come che s'andasse, egli ne diventò il più geloso uom del
mondo, e lascionne stare l'andar dattorno e ogni altro suo fatto, e quasi tutta la sua
sollicitudine aveva posta in guardar ben costei; né mai addormentato si sarebbe, se lei
primieramente non avesse sentita entrar nel letto; per la qual cosa la donna sentiva
gravissimo dolore, per ciò che in guisa niuna col suo Ruberto esser poteva. Or pure,
avendo molti pensieri avuti a dover trovare alcun modo d'esser con essolui, e molto ancora
da lui essendone sollicitata, le venne pensato di tenere questa maniera: che, con ciò
fosse cosa che la sua camera fosse lungo la via, ed ella si fosse molte volte accorta che
Arriguccio assai ad addormentarsi penasse, ma poi dormiva saldissimo, avvisò di dover far
venire Ruberto in su la mezza notte all'uscio della casa sua e d'andargli ad aprire e a
starsi alquanto con essolui mentre il marito dormiva forte. E a fare che ella il sentisse
quando venuto fosse, in guisa che persona non se ne accorgesse, divisò di mandare uno
spaghetto fuori della finestra della camera, il quale con l'un de' capi vicino alla terra
aggiugnesse, e l'altro capo mandatol basso infin sopra 'l palco e conducendolo al letto
suo, quello sotto i panni mettere, e quando essa nel letto fosse, legarlosi al dito grosso
del piede. E appresso, mandato questo a dire a Ruberto, gl'impose che, quando venisse,
dovesse lo spago tirare, ed ella, se il marito dormisse, il lascerebbe andare e
andrebbegli ad aprire; e s'egli non dormisse, ella il terrebbe fermo e tirerebbelo a sé,
acciò che egli non aspettasse: la qual cosa piacque a Ruberto, e assai volte andatovi,
alcuna gli venne fatto d'esser con lei, e alcuna no.
Ultimamente, continuando costoro questo artificio così
fatto, avvenne una notte che, dormendo la donna e Arriguccio stendendo il piè per lo
letto, gli venne questo spago trovato; per che, postavi la mano e trovatolo al dito della
donna legato, disse seco stesso: - Per certo questo dee essere qualche inganno -. E
avvedutosi poi che lo spago usciva fuori per la finestra, l'ebbe per fermo; per che,
pianamente tagliatolo dal dito della donna, al suo il legò, e stette attento per vedere
quel che questo volesse dire. Né stette guari che Ruberto venne, e tirato lo spago, come
usato era, Arriguccio si sentì, e non avendoselo ben saputo legare, e Ruberto avendo
tirato forte ed essendogli lo spago in man venuto, intese di doversi aspettare, e così
fece. Arriguccio, levatosi prestamente e prese sue armi, corse all'uscio, per dover vedere
chi fosse costui, e per fargli male. Ora era Arriguccio, con tutto che fosse mercatante,
un fiero e un forte uomo; e giunto all'uscio e non aprendolo soavemente come soleva far la
donna, e Ruberto che aspettava sentendolo, s'avvisò esser quello che era, cioè che colui
che l'uscio apriva fosse Arriguccio; per che prestamente cominciò a fuggire, e Arriguccio
a seguitarlo. Ultimamente, avendo Ruberto un gran pezzo fuggito e colui non cessando di
seguitarlo, essendo altressì Ruberto armato, tirò fuori la spada e rivolsesi, e
incominciarono l'uno a volere offendere e l'altro a difendersi.
La donna, come Arriguccio aprì la camera, svegliatasi e
trovatosi tagliato lo spago dal dito, incontanente s'accorse che 'l suo inganno era
scoperto; e sentendo Arriguccio esser corso dietro a Ruberto, prestamente levatasi,
avvisandosi ciò che doveva potere avvenire, chiamò la fante sua, la quale ogni cosa
sapeva, e tanto la predicò, che ella in persona di sé nel suo letto la mise, pregandola
che, senza farsi conoscere, quel le busse pazientemente ricevesse che Arriguccio le desse,
per ciò che ella ne le renderebbe sì fatto merito, che ella non avrebbe cagione donde
dolersi. E spento il lume che nella camera ardeva, di quella s'uscì, e nascosa in una
parte della casa cominciò ad aspettare quello che dovesse avvenire.
Essendo tra Arriguccio e Ruberto la zuffa, i vicini della
contrada, sentendola e levatisi, cominciarono loro a dir male; e Arriguccio, per tema di
non esser conosciuto, senza aver potuto sapere chi il giovane si fosse o d'alcuna cosa
offenderlo, adirato e di mal talento, lasciatolo stare, se ne tornò verso la casa sua; e
pervenuto nella camera adiratamente cominciò a dire: - Ove se'tu, rea femina? Tu hai
spento il lume perché io non ti truovi, ma tu l'hai fallita -.
E andatosene al letto, credendosi la moglie pigliare, prese
la fante, e quanto egli potè menare le mani e'piedi, tante pugna e tanti calci le diede,
che tutto il viso l'ammaccò; e ultimamente le tagliò i capegli, sempre dicendole la
maggior villania che mai a cattiva femina si dicesse. La fante piagneva forte, come colei
che aveva di che; e ancora che ella alcuna volta dicesse: - Ohimè, mercé per Dio; oh,
non più - ; era sì la voce dal pianto rotta, e Arriguccio impedito dal suo furore, che
discerner non poteva più quella esser d'un'altra femina che della moglie.
Battutala adunque di santa ragione e tagliatile i capegli,
come dicemmo, disse: - Malvagia femina, io non intendo di toccarti altramenti, ma io
andrò per li tuoi fratelli e dirò loro le tue buone opere; e appresso che essi vengan
per te e faccianne quello che essi credono che loro onor sia, e menintene; ché per certo
in questa casa non starai tu mai più -. E così detto, uscito della camera, la serrò di
fuori e andò tutto sol via.
Come monna Sismonda, che ogni cosa udita aveva, sentì il
marito essere andato via, così, aperta la camera e racceso il lume, trovò la fante sua
tutta pesta che piagneva forte; la quale, come poté il meglio, racconsolò, e nella
camera di lei la rimise, dove poi chetamente fattala servire e governare, sì di quello
d'Arriguccio medesimo la sovvenne che ella si chiamò per contenta. E come la fante nella
sua camera rimessa ebbe, così prestamente il letto della sua rifece, e quella tutta
racconciò e rimise in ordine, come se quella notte niuna persona giaciuta vi fosse, e
raccese la lampana e sé rivestì e racconciò, come se ancora al letto non si fosse
andata; e accesa una lucerna e presi suoi panni, in capo della scala si pose a sedere, e
cominciò a cucire e ad aspettare quello a che il fatto dovesse riuscire.
Arriguccio, uscito di casa sua, quanto più tosto potè
n'andò alla casa de' fratelli della moglie, e quivi tanto picchiò che fu sentito e fugli
aperto. Li fratelli della donna, che eran tre, e la madre di lei, sentendo che Arriguccio
era, tutti si levarono, e fatto accendere de' lumi vennero a lui e domandaronlo quello che
egli a quella ora e così solo andasse cercando. A' quali Arriguccio, cominciandosi dallo
spago che trovato aveva legato al dito del piè di monna Sismonda, infino all'ultimo di
ciò che trovato e fatto avea, narrò loro; e per fare loro intera testimonianza di ciò
che fatto avesse, i capelli che alla moglie tagliati aver credeva lor pose in mano,
aggiugnendo che per lei venissero e quel ne facessero che essi credessero che al loro
onore appartenesse, per ciò che egli non intendeva di mai più in casa tenerla. I
fratelli della donna, crucciati forte di ciò che udito avevano e per fermo tenendolo,
contro a lei inanimati, fatti accender de' torchi, con intenzione di farle un mal giuoco,
con Arriguccio si misero in via e andaronne a casa sua. Il che veggendo la madre di loro,
piagnendo gl'incominciò a seguitare, or l'uno e or l'altro pregando che non dovessero
queste cose così subitamente credere, senza vederne altro o saperne; per ciò che il
marito poteva per altra cagione esser crucciato con lei e averle fatto male, e ora apporle
questo per iscusa di sé; dicendo ancora che ella si maravigliava forte come ciò potesse
essere avvenuto, per ciò che ella conosceva ben la sua figliuola, sì come colei che
infino da piccolina l'aveva allevata; e molte altre parole simiglianti.
Pervenuti adunque a casa d'Arriguccio ed entrati dentro,
cominciarono a salir le scale. Li quali monna Sismonda sentendo venire, disse: - Chi è
là?
Alla quale l'un de' fratelli rispose: - Tu il saprai bene,
rea femina, chi è.
Disse allora monna Sismonda: - Ora che vorrà dir questo?
Domine, aiutaci. - E levatasi in piè disse: - Fratelli miei, voi siate i benvenuti; che
andate voi cercando a questa ora quincentro tutti e tre?
Costoro, avendola veduta a sedere e cucire e senza alcuna
vista nel viso d'essere stata battuta, dove Arriguccio aveva detto che tutta l'aveva
pesta, alquanto nella prima giunta si maravigliarono e rifrenarono l'impeto della loro
ira, e domandaronla come stato fosse quello di che Arriguccio di lei si doleva,
minacciandola forte se ogni cosa non dicesse loro.
La donna disse: - Io non so ciò che io mi vi debba dire,
né di che Arriguccio di me vi si debba esser doluto. Arriguccio, vedendola, la guatava
come smemorato, ricordandosi che egli l'aveva dati forse mille punzoni per lo viso e
graffiatogliele e fattole tutti i mali del mondo, e ora la vedeva come se di ciò niente
fosse stato.
In brieve i fratelli le dissero ciò che Arriguccio loro
aveva detto, e dello spago e delle battiture e di tutto.
La donna, rivolta ad Arriguccio, disse: - Ohimè,
marito mio, che è quel ch'io odo? Perché fai tu tener me rea femina con tua gran
vergogna, dove io non sono, e te malvagio uomo e crudele di quello che tu non se'? E
quando fostù questa notte più in questa casa, non che con meco? O quando mi battesti tu?
Io per me non me ne ricordo.
Arriguccio cominciò a dire: - Come, rea femina, non ci
andammo noi iersera al letto insieme? Non ci tornai io, avendo corso dietro all'amante
tuo? Non ti diedi io di molte busse, e taglia'ti i capegli?
La donna rispose:- In questa casa non ti coricasti tu
iersera. Ma lasciamo stare di questo, ché non ne posso altra testimonianza fare che le
mie vere parole, e veniamo a quello che tu di', che mi battesti e tagliasti i capegli. Me
non battestù mai, e quanti n'ha qui e tu altressì mi ponete mente se io ho segno alcuno
per tutta la persona di battitura; né ti consiglierei che tu fossi tanto ardito che tu
mano addosso mi ponessi, ché, alla croce di Dio, io ti sviserei. Né i capegli altressì
mi tagliasti, che io sentissi o vedessi; ma forse il facesti che io non me n'avvidi:
lasciami vedere se io gli ho tagliati o no.
E, levatisi suoi veli di testa, mostrò che tagliati non
gli avea, ma interi.
Le quali cose e vedendo e udendo i fratelli e la madre,
cominciarono verso d'Arriguccio a dire: - Che vuoi tu dire, Arriguccio? Questo non è già
quello che tu ne venisti a dire che avevi fatto; e non sappiam noi come tu ti proverrai il
rimanente.
Arriguccio stava come trasognato e voleva pur dire; ma,
veggendo che quello ch'egli credea poter mostrare non era così, non s'attentava di dir
nulla.
La donna, rivolta verso i fratelli, disse: - Fratei miei,
io veggio che egli è andato cercando che io faccia quello che io non volli mai fare,
cioè ch'io vi racconti le miserie e le cattività sue, e io il farò. Io credo fermamente
che ciò che egli v'ha detto gli sia intervenuto e abbial fatto; e udite come.
Questo valente uomo, al qual voi nella mia mala ora per
moglie mi deste, che si chiama mercatante e che vuole esser creduto e che dovrebbe esser
più temperato che uno religioso e più onesto che una donzella, son poche sere che egli
non si vada inebbriando per le taverne, e or con questa cattiva femina e or con quella
rimescolando; e a me si fa infino a mezza notte e talora infino a matutino aspettare,
nella maniera che mi trovaste. Son certa che, essendo bene ebbro, si mise a giacere con
alcuna sua trista, e a lei destandosi trovò lo spago al piede e poi fece tutte quelle sue
gagliardie che egli dice, e ultimamente tornò a lei e battella e tagliolle i capegli; e
non essendo ancora ben tornato in sé, si credette, e son certa che egli crede ancora,
queste cose aver fatte a me; e se voi il porrete ben mente nel viso, egli è ancora mezzo
ebbro. Ma tuttavia, che che egli s'abbia di me detto, io non voglio che voi il vi rechiate
se non come da uno ubriaco; e poscia che io gli perdono io, gli perdonate voi altressì.
La madre di lei, udendo queste cose, cominciò a fare
romore e a dire: - Alla croce di Dio, figliuola mia, cotesto non si votrebbe fare; anzi si
vorrebbe uccidere questo can fastidioso e sconoscente, ché egli non ne fu degno d'avere
una figliuola fatta come se' tu. Frate, bene sta!; Basterebbe se egli t'avesse ricolta del
fango. Col malanno possa egli essere oggimai, se tu dei stare al fracidume delle parole di
un mercantuzzo di feccia d'asino, che venutici di contado e usciti delle troiate, vestiti
di romagnuolo, con le calze a campanile e con la penna in culo, come egli hanno tre soldi,
vogliono le figliuole de'gentili uomini e delle buone donne per moglie, e fanno arme e
dicono: - I' son de' cotali - e - quei di casa mia fecer così. - Ben vorrei che'miei
figliuoli n'avesser seguito il mio consiglio, ché ti potevano così orrevolmente
acconciare in casa i conti Guidi con un pezzo di pane, ed essi vollon pur darti a questa
bella gioia, che, dove tu se' la miglior figliuola di Firenze e la più onesta, egli non
s'è vergognato di mezza notte di dir che tu sii puttana, quasi noi non ti conoscessimo;
ma, alla fè di Dio, se me ne fosse creduto, se ne gli darebbe sì fatta gastigatoia che
gli putirebbe.
E, rivolta a' figliuoli, disse: - Figliuoli miei, io il vi
dicea bene che questo non doveva potere essere. Avete voi udito come il buono vostro
cognato tratta la sirocchia vostra? Mercatantuolo di quattro denari che egli è! Ché, se
io fossi come voi, avendo detto quello che egli ha di lei e faccendo quello che egli fa,
io non mi terrei mai né contenta né appagata, se io nollo levassi di terra; e se io
fossi uomo come io son femina, io non vorrei che altri ch'io se ne 'mpacciasse. Domine,
fallo tristo: ubriaco doloroso che non si vergogna!
I giovani, vedute e udite queste cose, rivoltisi ad
Arriguccio, gli dissero la maggior villania che mai a niun cattivo uom si dicesse; e
ultimamente dissero: - Noi ti perdoniam questa si come ad ebbro; ma guarda che per la vita
tua da quinci innanzi simili novelle noi non sentiamo più, ché per certo, se più nulla
ce ne viene agli orecchi, noi ti pagheremo di questa e di quella - ; e così detto, se
n'andarono.
Arriguccio, rimaso come uno smemorato, seco stesso non
sappiendo se quello che fatto avea era stato vero o s'egli aveva sognato, senza più farne
parola, lasciò la moglie in pace. La qual, non solamente colla sua sagacità fuggì il
pericol sopra stante ma s'aperse la via a poter fare nel tempo avvenire ogni suo piacere,
senza paura alcuna più aver del marito.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della settima giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998