Giuseppe Bonghi
Introduzione
a
La Vita Nuova
di
Dante Alighieri
Introduzione
Riportiamo il testo pubblicato da Tommaso Casini nel 1885 con i tipi della Sansoni di Firenze, tratto dal Codice Chiggiano L. VIII. 305, che contiene la Vita nova dal foglio 7 al foglio 27, indicato col nome di Codice A dal Casini stesso nella sua tabella dei codici. Questo manoscritto è il codice segnato A, che appartiene alla seconda metà del secolo XIV, di provenienza toscana e già appartenuto a un figlio di Coluccio Salutati; è stato certamente ordinato e forse anche scritto da una persona colta di lettere e di poesia; e la V.N. si trova in mezzo a una ricca antologia di rime antiche, la quale, pur accogliendo saggi di poeti meridionali, incomincia dal Guinizelli e finisce col Petrarca. Questa raccolta di poesie, che è il più ampio monumento dello stil nuovo, fu pubblicata da E. Monaci e E. Molteni in Bologna, Fava e Garagnani 1877.
Elenco dei
manoscritti della Vita Nova secondo Tommaso Casini |
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A - chigiano L. VIII. 305 B - magliabechiano VI. 143 C - Codice della famiglia Martelli (Firenze) |
secolo XIV |
D - laurenziano XC sup., 136 E - riccardiano 1050 |
fine XIV inizio XV |
F - laurenziano XL, 31 G - laurenziano XL, 42 H - magliabechiano VII. 187 I - magliabechiano VII. 1103 J - laurenziano, fondo Ashburnham 679 K - laurenziano, fondo Ashburnham843 L - magliabechiano, SS. Annunziata 1267 M - marciano cl. X, 26 N - vaticano, capponiano 262 O - corsiniano, 1085 P - chigiano L. V. 176 Q - trivulziano 1058 R - trivulziano 1050 S - veronese, capitolare 445 T - palatino 204 U - palatino 119 V - ambrosiano R. 95 sup. 13 W - bidleiano, canoniciano 114 X - braidense, AG. XI. 5 Y - napoletano XIII. C. 9 Z - Codice della famiglia Nobili (Pesaro) a - codice del Witte, ora di Strassburg c - laurenziano XC. sup., 137 d - marciano cl. IX, 191 e - codice della famiglia Cavalieri (Milano) |
secolo XV inizio secolo XVI |
Per quanto riguarda la divisione in capitoli e la numerazione degli stessi, bisogna notare che il Casini differisce in qualche punto dalla numerazione del Barbi, accettata ormai da quasi tutti i commentatori della V.N. - Il Codice Chiggiano L. VIII. 305 viene indicato col nome di codice K dal Monaci (in Il canzoniere Chigiano L. VIII. 305, a cura di E. Molteni ed E. Monaci, 1877, Bologna, coi tipi di Fava e Garagnani).
Sui criteri seguiti per la trascrizione del testo del codice A, scrive il Casini: (pag. 211):
"Ho già avvertito che fondamento alla presente edizione fu il testo del cod. A, seguito scrupolosamente: non sí per altro che dove era manifesto errore del copista non si ricorresse ad altri testi e specialmente alla lezione de' codd. BC. Per altro alcune particolarità del cod. A non furono riprodotte, e ne darò notizie in queste note, perché gli studiosi a' quali potesse importare abbiano maniera di ricostruirsi, per dir cosí, la sembianza del codice. E prima dirò che a' passi latini, che troviamo sparsi nella V.N., s'accompagna in A ne' margini una versione, quasi sempre letterale, che non può esser di Dante, sarà ma forse del copista, dimostratosi a più indizî persona cólta di lettere. Raccoglierò qui coteste versioni, rimandando ai testi latini della V.N.:
I | Ecco idio più forte di me che mmi uiene a signoreggiare |
I | Apparue già la beatitudine vostra |
I | Guai a me misero imperò c' aspramente sarò impedito da quinci innançi |
III | Io singnore tuo |
VII | O uoi tutti che passate per la uia attendete e uedete s' egli è dolore similiante al mio |
XII | Figluolo mio egl' è tempo d' abandonare gl'idoli nostri |
XII | I' sono né più né meno come 'l meçço del cerchio che ssimilgliantemente le parti si congiunghono insieme e tu non se' cosí |
XIII | I nomi sono quelli che seguitano le cose |
XXIV | Io sono boce che grido nel diserto, apparecchiate la uia di dio |
XXV | O tu Eole |
XXV | O reina che pensi, la tua fatica è di piangere che cose di comandamenti mi conuiene a piglare |
XXV | Tu Roma dèi molto usare le cittadine armi |
XXV | O sciençia dimmi l'uomo |
XXV | Io ueggio le battalglie che ssi apparecchiano contra me |
XXVIII | De come siede sola la cittade piena di popolo donna di genti facta quasi uedoua |
Ancora: il codice ha certe particolarità ortografiche comuni ad ogni scrittura del sec. XIV, inutili a riprodurre in una stampa che non abbia intendimento speciale filologico: tanto più che coteste particolarità non sono molte né molto osservabili. Per es. il cod. A, mentre ne' più dei casi tiene distinta la preposizione dall'articolo determinato, qualche volta usa la prep. articolata (es. della, nelli o innelli ecc.), che io risolsi sempre ne' suoi due elementi. Spesso congiungendosi due parole, avviene un raddoppiamento nella consonante iniziale della seconda, come che-ssi, si-mmi, che-ssiano, a-llui ecc.; o un'assimilazione: illoro (in loro). Non di rado le forme dei verbi composti con ad-, in-, ecc. non presentano il raddoppiamento: es. aterzate, aparue, inamora; l'esito del gruppo dj seguito da voc. è per lo più rappresentato da c: es. meço; e quello di nj tra voc. da ngn- es. auengna, insengna, sengnor- ecc.; per i gruppi -ct, pl- qualche volta non si procede all'assimilazione o alla digradazione e perciò si ha decta, exemplo ecc. Tutte queste forme che non rappresentano caratteri proprî della lingua di Dante ridussi alle comuni, e fuor che in questa riduzione mi attenni sempre al codice.
Cenni su La
vita nova
notizie
bibliografiche
Della Vita Nuova, come del resto di tutte le altre opere dell'Alighieri, a noi non è rimasto alcun esemplare di mano dell'autore: essa invece ci è stata conservata da non pochi manoscritti, i più antichi dei quali risalgono alla seconda metà del Trecento. A giudicare dal numero delle copie manoscritte prima dell'avvento della stampa, il libretto di Dante non deve aver avuto nei secoli XIV e XV una grande diffusione: pochi biografi e commentatori del Poema lo ricordano; nessuno scrittore lo imitò; e forse fuori dalla Toscana fu letto da pochissimi, sia perché assai presto cominciarono a circolare copie contenenti solo le poesie, sia perché la gloria della Commedia oscurò e fece dimenticare le altre scritture di Dante, delle quali la Vita Nuova fu l'ultima a venir pubblicata a stampa per la prima volta:
1490 Convivio
1529 De
Vulgari eloquentia
1559 De
Monarchia
1576 Vita
Nuova
Il titolo della prima edizione fu: Vita Nuova di Dante Alighieri con XV canzoni del medesimo e la vita di esso Dante scritta da Giovanni Boccaccio. In Firenze, nella stamperia di Bartolomeo Sermartelli MDLXXVI. Precede una lettera del Sermartelli, del 26 marzo 1576, a Bartolomeo Panciatichi, cui il libro è dedicato; nella quale l'editore dichiara d'aver avuto la V.N. dal Carducci. Nel testo mancano le divisioni e tutte le espressioni che accennano a cose sacre sono omesse o cambiate.
Dopo un secolo e mezzo, durante il quale gli scrittore del Trecento in genere non ebbero molta fortuna, venne fuori la seconda edizione della V.N., curata da Anton Maria Biscioni, che affermò di aver consultato sette manoscritti (B,D,E,F,G,M), e, sebbene trascegliesse a caso le varietà di lezione e non sapesse ricavarne tutto il possibile vantaggio, corresse molti errori e colmò le lacune della prima stampa. Il testo, quale era stato fermato dal Biscioni, fu riprodotto in tutte le ristampe posteriori della giovanile operetta di Dante; fino a che comparvero due nuove edizioni che segnano l'inizio di un lavoro più metodico intorno alla lezione della V.N., poiché i loro autori si proposero di comunicare il testo di determinati manoscritti, come strumento per ulteriori indagini critiche, che segnano l'inizio di un lavoro più metodico intorno alla lezione della V.N., poiché gli autori si proposero di comunicare il testo di determinati manoscritti come strumento per ulteriori indagini critiche: l'edizione milanese del 1827 e la pesarese del 1829. Nel corso del Novecento numerosi sono gli studi che hanno messo a punto non solo il problema della scrittura, arrivando con sufficiente precisione a una lezione critica che lascia pochi dubbi, ma anche, continuando il lavoro gia affrontato da Casini, Witte e Barbi soprattutto, arrivando a mettere dei punti fermi sul problema dell'interpretazione sia allegorica che biografica dell'operetta dantesca.
edizioni principali fino alla fine dell'Ottocento | |||
1576 | Firenze | Nicolò Carducci | Vita Nuova di Dante Alighieri con XV canzoni del medesimo e la vita di esso Dante scritta da Giovanni Boccaccio. In Firenze, nella stamperia di Bartolomeo Sermartelli MDLXXVI |
1723 | Firenze | Anton Maria Biscioni | Prose di Dante Alighieri e di Messer Gio. Boccacci. In Firenze MDCCXXIII. Per Gio. Gaetano Tartini e Santi Franchi - furono tenuti presenti i codici B,D,E,F,G,M |
1827 | Milano | Gian Giacomo Trivulzio | due manoscritti di sua proprietà (codd. Q,R): Vita Nuova di Dante Alighieri ridotta a lezione migliore. Milano dalla tipografia Pogliani MDCCCXXVII |
1829 | Pesaro | Orlando Machirelli Crisostomo Ferrucci |
manoscritto della famiglia Nobili (cod. Z): Vita Nova di Dante Alighieri secondo la lezione di un codice inedito del secolo XV. Pesaro dalla tipografia Nobili 1829 |
1839 | Firenze | Pietro Fraticelli | edizioni tenute presenti: Sermartelli 1576, Biscioni 1723, Poliani 1827, Nobili 1829, codice C della Famiglia Martelli - I edizione, Allegrini e Mazzoni, dalla II edizione: 1856 Barbera; VII edizione: 1899 |
1843 | Livorno | Alessandro Torri | ed. Vannini |
1863 | Firenze | Giambattista Giuliani | ed. Barbera |
1865 | Venezia | Ludovico Pizzo | edizione condotta sui due manoscritti marciani M-d, con una buona bibliografia - ed. Antonelli |
1872 | Pisa | Pio Rajna | La Vita Nuova di Dante Alighieri, riscontrata su codici e stampe, preceduta da uno studio di A. D'Ancona; Giosue Carducci aveva collaborato al commento, il Rajna aveva allestito il testo - codici tenuti presenti: B,E,H,I,L,P - ed. Nistri |
1876 | Leipzig | Carlo Witte | La Vita Nuova di Dante Alighieri, ricorretta coll'aiuto di testi a penna ed illustrata - ed. Brockhaus |
1896 | München | Fr. Beck | Dantes Vita nova. Kritischer Text unter Benützung von 35 bekannten Handschriften, ed. Piloty & Loehle |
1900 | Firenze | G.L. Passerini | Le opere minori, Firenze, Sansoni, seguendo il codice A di Casini |
1907 | Firenze | Michele Barbi | La Vita Nuova di Dante Alighieri, edizione critica |
Gli studi critici
Sin dal secolo XIV sono fioriti gli studi sulla Vita Nova, con alterni risultati; secondo alcuni è la naturale introduzione alla Divina Commedia. Il primo illustratore riconosciuto resta Anton Maria Biscioni. Importanti nell'Ottocento i commenti di Alessandro d'Ancona, di Giosue Carducci, di Karl Witte e di Pietro Fraticelli e di Pio Rajna
La data di composizione
Nonostante le lunghe
discussioni, il tempo in cui Dante scrisse la Vita Nova, o, meglio, in cui diede
ordine organico alla mescolanza di prose e rime scritte molto probabilmente in tempi
diversi, collegandole in un unico racconto, non è ben accertato. Già il Boccaccio nel
suo Trattatello in laude di Dante scrisse che Dante
primieramente, duranti ancora le lagrime
della morte della sua Beatrice, quasi nel suo ventesimosesto anno compose in un volumetto,
il quale egli intitolò Vita nova, certe operette, sì come sonetti e canzoni, in diversi
tempi davanti in rima fatte da lui, maravigliosamente belle; di sopra da ciascuna
partitamente e ordinatamente scrivendo le cagioni che a quelle fare l'avea[n] mosso, e di
dietro ponendo le divisioni delle precedenti opere. E come che egli d'avere questo
libretto fatto, negli anni più maturi si vergognasse molto, nondimeno, considerata la sua
età, è egli assai bello e piacevole, e massimamente a volgari; così che la
composizione cadrebbe all'incirca nell'anno 1292, opinione seguita, pur con qualche lieve
scostamento da parte di alcuni, dai maggiori critici fino ai giorni nostri.
Un'altra opinione colloca la composizione
dell'opera alla primavera del 1300 (come il D'Ancona), pur ammetendo che alcune parti
erano indubbiamente anteriori alla morte di Beatrice. Il Rajna e il Casini
stesso fanno risalire la composizione della Vita Nova agli anni tra il 1292 e il
1294. Nella tabella (ultima colonna a destra), il Casini riporta l'arco di tempo
dell'esistenza di Dante lungo il quale si svolge la vicenda della Vita Nova, per
cui l'opera non può che essere stata scritta dopo tale data, molto verosimilmente nel
1295.
Riassumendo possiamo dire che la
composizione dell'opera è situabile fra il 1292 e il 1295.
La struttura
La Vita Nova consta di tre elementi:
le rime, scritte per Beatrice e per alcune altre donne,
le narrazioni dei fatti che furono l'occasione esistenziale delle poesie,
le divisioni o partizioni colle quali Dante spiega il
contenuto delle rime.
Questi tre elementi l'autore
collegò così strettamente, tanto da non poter essere separati, in quanto si completano a
vicenda, sebbene le narrazioni non siano in molti casi altro che l'esplicazione
delle rime e non aggiungano alcun nuovo particolare di fatto e le partizioni
siano formulate in maniera che la continuità del racconto non cesserebbe ove esse
mancassero.
Come struttura esteriore occorre notare che sia
nei codici del Quattro-Cinquecento che nelle prime edizioni a stampa non comparte la
divisione in capitoli. Il primo a introdurla fu Alessandro Torri nel 1843, distinguendo 43
paragrafi; da allora tutti gli editori hanno adottato la divisione in paragrafi, pur con
qualche lieve differenza; quella del Casini riduce i paragrafi a 42 intendendo il primo
come un proemio all'operetta, quasi una spiegazione del titolo (non stiamo qui a ricordare
un altro paio di piccole differenze che nulla aggiungono alla comprensione della
numerazione).
Più importante della struttura
esteriore per paragrafi (o capitoli), è importante la struttura del contenuto e dello
svolgimento naturale dei fatti e dei sentimenti. Secondo il Casini, la migliore struttura
è quella fornita da A. D'Ancona, che si basa sulle indagini critiche effettuate per
determinare la cronologia del libro e sulla natura degli avvenimenti che Dante racconta e
dei sentimenti che lo agitano nei vari momenti vissuti.
Questa la partizione del D'Ancona, leggermente
modificata dal Casini per metterla in armonia con le osservazioni fatte a proposito della
data di composizione dell'opera:
1a parte | capitoli I-XVII |
Amori giovanili e prime rime sulla bellezza fisica di Beatrice | 1274-1287 |
2a parte | capitoli XVIII-XXVII |
Lodi della bellezza spirituale di Beatrice | 1287-1290 |
3a parte | capitoli XXVIII-XXXIV |
La morte di Beatrice e le rime dolorose | 1290-1291 |
4a parte | capitoli XXXV-XXXVIII |
L'amore e le rime per la donna gentile | 1291-1293 |
5a parte | capitoli XXXIX-XLII |
Ritorno all'amore e al culto di Beatrice estinta | 1294 |
Restano ancora da dire due
parole sul proemio: quale significato dargli e per conseguenza quale è il
significato del titolo?
1) alcuni hanno inteso che Dante volesse parlare
dei fatti della sua adolescenza, che secondo la teoria dantesca dura fino al 25° anno, ma
i fatti della V.N. vanno oltre l'adolescenza;
2) altri spiegarono Vita nuova per vita
giovanile, appoggiandosi al fatto che tale era il significato di nuovo nel
Trecento;
3) infine c'è un gruppo di critici che,
muovendo dall'idea che il titolo non accenni all'età bensì al modo della vita descritta
dal poeta, intesero che vi fosse inclusa l'idea di una rigenerazione operatasi nel suo
animo per virtù proprio dell'amore, così che Vita Nuova significherebbe che
l'amore per Beatrice fu per il poeta l'inizio di una nuova vita.
Casini propende per la seconda posizione,
affermando che il titolo debba essere spiegato in relazione alle parole del proemio, in
cui Dante distingue nettamente due momenti della sua vita: quello di cui non serba ricordi
e quello di cui nel libro della memoria è segnato l'inizio solenne colle parole incipit
vita nova, e questo implica necessariamente l'idea dell'età, per cui a giusta
ragione il titolo può indicare la gioventù del suo autore.
A questa spiegazione noi possiamo aggiungere
anche la terza posizione, in quanto la nuova età giovanile di Dante è indubbiamente
caratterizzata da un nuovo modo di concepire la vita a causa dell'amore che prova per
Beatrice e dell'effetto che la visione della donna produce nel suo intimo.
Le visioni
Perché Dante usa spesso la forma della
visione e che cosa sono? A quale stato d'animo reale corrispondono e quale funzione hanno
nell'economia dell'opera?
Dice il Bartoli nella sua Storia della
Letteratura italiana (vol. IV, p. 173) che le visioni «non possono essere che un mezzo
poetico adoperato per certi suoi fini dallo scrittore; un mezzo che senza
dubbio nacque spontaneo nell'Alighieri per influenza dei tempi e dell'ingegno suo
individuale, un mezzo ch'egli trovava nella tradizione letteraria della sua età,
e che quindi s'imponeva a lui, senza che egli se ne rendesse conto, senza che potesse
neppur riflettere sulla sua maggiore o minore convenienza artistica.»
Le visioni sono dunque una finzione
poetica formale; e pur non essendo reali, rispondono ad uno stato d'animo o a un
sentimento o a un fatto reale: hanno dunque un fondamento nella realtà esistenziale del
poeta.
Questo lo schema ricavato dal Casini:
capitolo | visione | contenuto | interpretazione |
cap. III | visione 1 | visione d'Amore che pasce Beatrice del cuore di Dante | interpretata già correttamente da Cino da Pistoia come significatrice dell'innamoramento |
cap IX | visione 2 | apparizione d'Amore che trae l'animo di Dante verso un novo piacere | innamorarsi di quella donna, ch'ei volle poi rappresentare come seconda difesa per nascondere il vero affetto |
cap XII | visione 3 | Amore consiglia Dante a scrivere una poesia per giustificarsi innanzi a Beatrice, ricordandole che l'affetto per la donna della difesa è una finzione | pensiero d'abbandonare questi vani amori per darsi tutto a quello più nobile e puro per Beatrice. |
cap. XXIII | visione 4 | spaventosa visione della morte della sua donna | presentimento che Dante ebbe dell'avvicinarsi di questo doloroso avvenimento |
cap. XXXVI | visione 5 | più che una vera visione è l'espressione di quel che Dante pensò quando vide Beatrice insieme alla donna del suo amico Guido Cavalcanti | |
cap. XXXIX | visione 6 | apparizione di Beatrice come l'aveva vista la prima volta nella fanciullezza | l'animo esce vittorioso dalla lotta tra i due affetti, si rivolge all'amore purissimo che l'aveva occupato sin dai primi anni |
cap. XLII | visione 7 | mirabile visione della quale nulla ci dice in modo determinato | concepimento ancora vago e indeterminato di un poema che dicesse di Beatrice quello che non fue detto d'alcuna |
Dopo il capitolo XXVI le visioni non hanno più luogo, nell'oppressione dolorosa per la morte di Beatrice e durante l'episodio dell'amore per la donna gentile (XXXV-XXXVIII). Le vediamo ricomparire nell'esaltazione della lotta tra il novello amore e la memoria dell'antico.
Le visioni i punti più importanti del racconto della Vita Nuova:
1) l'innamoramento di Dante,
2) la perdita del saluto di Beatrice,
3) il desiderio di riacquistarlo,
4) la gioia di averlo nuovamento ottenuto,
5) il doloroso presentimento della morte di
Beatrice,
6) il ritorno al culto di Beatrice dopo i
traviamenti amorosi per altre donne,
7) il proposito di celebrare degnamente
Beatrice.
Per rappresentare questi momenti doveva presentarsi spontanea ad un uomo del medioevo l'uso della visione.
Il numero nove
Il frequente ricorrere del numero nove in
tutte le particolarità di tempo che si riferiscono a Beatrice, ha attirato sempre
l'attenzione degli studiosi. Il massimo riguarda proprio la determinazione della data
della morte di Beatrice (cap. XXIX): Io dico
che, secondo l' usanza d' Arabia, l' anima sua nobilissima si partío ne la prima ora del
nono giorno del mese; e secondo l' usanza di Siria, ella si partío nel nono mese de
l'anno, però che 'l primo mese è ivi Tisirin primo, lo quale a noi è Ottobre. E secondo
l'usanza nostra, ella si partío in quello anno de la nostra indizione, ciò è de li anni
Domini, in cui lo perfetto numero era compiuto nove volte in quello centinaio, nel quale
in questo mondo ella fue posta: ed ella fue de li cristiani del terzodecimo centinaio.
cap. I | primo incontro | Beatrice era quasi dal principio del suo anno nono |
cap. II | secondo incontro | la rivide dopo che fuoro passati tanti dì, che appunto eran compiuti li nove anni dopo il primo incontro |
cap. II | primo saluto | l'ora era fermamente nona di quel giorno |
cap. III | visione di Beatrice | nella prima ora delle nove ultime ore de la notte |
cap. VI | serventese | non sofferse lo nome della sua donna stare, se non in sul nove, tra li nomi di queste donne |
cap. XII | riacquista il saluto di Beatrice | gli apparve ne la nona ora del dìe |
cap. XXIII | visione in cui sente vicina la morte di Beatrice | l'ebbe nel nono giorno della sua malattia |
cap. XXVIII | nella data della morte di Beatrice | il numero nove pare ch'avesse molto luogo: |
cap XXIX | data della morte di Beatrice | - secondo la cronologia arabica: prima
ora del nono giorno del mese, - secondo la cronologia siriaca: nel nono mese de l'anno, - secondo la cronologia cristiana: in quello anno in cui lo perfetto numero era compiuto nove volte in quello centinaio nel quale in questo mondo ella fue posta |
cap. XXXIX | visione di Beatrice che appare giovane in simile etade a quella in cui l'aveva vista per la prima volta | accade quasi ne l'ora nona |
Alcuni hanno affermato che questo
ricorrere del numero nove non corrisponde ad una condizione di fatti reali, ma Dante cerca
di rendere ragione di tutti questi nove, e la spiegazione che più gli piace è quella che
essi significhino che Beatrice è un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile
Trinitade (cap. XXIX). Dante aveva osservato la presenza del numero nove nell'età
propria e in quella di Beatrice al momento del primo incontro; aveva notato la coincidenza
dell'essersi incontrato nuovamente con lei dopo altri nove anni e che il nome di Beatrice
occupava il nono posto nell'elenco delle donne enumerate nel sirventese in onore delle
sessanta donne più belle di Firenze (a noi non pervenuto).
Quando comincia a narrare le vicende del suo
amore, si persuade che il ricorrere del numero nove non può essere fortuito, ma dipende
dalla natura mirabile della donna. Per questo ne cerca la presenza anche in talune
circostanze in cui non c'è, come il nove della prima visione e quelli della data della
morte di Beatrice nel cap. XXIX, non proprio corrispondenti alla realtà, anche se ci
danno la data precisa della morte della donna, avvenuta il 17 giugno 1290.
In tutto Dante si mostra un uomo del suo tempo, profondamente disposto dalle condizioni generali dello spirito all'idealizzazione delle più concrete e determinate realtà dell'essere.
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 05 febbraio 1998