Giovanni Boccaccio
Decameron
Sesta Giornata
Novella settima
Madonna Filippa dal marito con un suo amante trovata, chiamata in giudicio, con una pronta e piacevol risposta sé libera e fa lo statuto modificare.
Già si tacea la Fiammetta, e ciascun rideva ancora del
nuovo argomento dallo Scalza usato a nobilitare sopra ogn'altro i Baronci, quando la reina
ingiunse a Filostrato che novellasse; ed egli a dir cominciò:
Valorose donne, bella cosa è in ogni parte saper ben
parlare, ma io la reputo bellissima quivi saperlo fare dove la necessità il richiede. Il
che sì ben seppe fare una gentil donna, della quale intendo di ragionarvi, che non
solamente festa e riso porse agli uditori, ma sé de'lacci di vituperosa morte
disviluppò, come voi udirete.
Nella terra di Prato fu già uno statuto, nel vero non men
biasimevole che aspro, il quale, senza niuna distinzion fare, comandava che così fosse
arsa quella donna che dal marito fosse con alcuno suo amante trovata in adulterio, come
quella che per denari con qualunque altro uomo stata trovata fosse. E durante questo
statuto avvenne che una gentil donna e bella e oltre ad ogn'altra innamorata, il cui nome
fu madonna Filippa, fu trovata nella sua propria camera una notte da Rinaldo de' Pugliesi
suo marito nelle braccia di Lazzarino de' Guazzagliotri, nobile giovane e bello di quella
terra, il quale ella quanto sé medesima amava, ed era da lui amata. La qual cosa Rinaldo
vedendo, turbato forte, appena del correr loro addosso e di uccidergli si ritenne; e se
non fosse che di sé medesimo dubitava, seguitando l'impeto della sua ira, l'avrebbe
fatto.
Rattemperatosi adunque da questo, non si potè temperar da
voler quello dello statuto pratese, che a lui non era licito di fare, cioè la morte della
sua donna. E per ciò avendo al fallo della donna provare assai convenevole testimonianza,
come il dì fu venuto, senza altro consiglio prendere, accusata la donna, la fece
richiedere. La donna, che di gran cuore era, sì come generalmente esser soglion quelle
che innamorate son da dovero, ancora che sconsigliata da molti suoi amici e parenti ne
fosse, del tutto dispose di comparire e di voler più tosto, la verità confessando, con
forte animo morire, che, vilmente fuggendo, per contumacia in essilio vivere e negarsi
degna di così fatto amante come colui era nelle cui braccia era stata la notte passata. E
assai bene accompagnata di donne e d'uomini, da tutti confortata al negare, davanti al
podestà venuta, domandò con fermo viso e con salda voce quello che egli a lei
domandasse.
Il podestà, riguardando costei e veggendola bellissima e
di maniere laudevoli molto, e, secondo che le sue parole testimoniavano, di grande animo,
cominciò di lei ad aver compassione, dubitando non ella confessasse cosa per la quale a
lui convenisse, volendo il suo onor servare, farla morire. Ma pur, non potendo cessare di
domandarla di quello che apposto l'era, le disse: - Madonna, come voi vedete, qui è
Rinaldo vostro marito, e duolsi di voi, la quale egli dice che ha con altro uomo trovata
in adulterio; e per ciò domanda che io, secondo che uno statuto che ci è vuole,
faccendovi morire di ciò vi punisca; ma ciò far non posso, se voi nol confessate, e per
ciò guardate bene quello che voi rispondete, e ditemi se vero è quello di che vostro
marito v'accusa.
La donna, senza sbigottire punto, con voce assai piacevole
rispose: - Messere, egli è vero che Rinaldo è mio marito, e che egli questa notte
passata mi trovò nelle braccia di Lazzarino, nelle quali io sono, per buono e per
perfetto amore che io gli porto, molte volte stata; né questo negherei mai; ma come io
son certa che voi sapete, le leggi deono esser comuni e fatte con consentimento di coloro
a cui toccano. Le quali cose di questa non avvengono, ché essa solamente le donne
tapinelle costrigne, le quali molto meglio che gli uomini potrebbero a molti sodisfare; e
oltre a questo, non che alcuna donna, quando fatta fu, ci prestasse consentimento, ma
niuna ce ne fu mai chiamata; per le quali cose meritamente malvagia si può chiamare. E se
voi volete, in pregiudicio del mio corpo e della vostra anima, esser di quella esecutore,
a voi sta; ma, avanti che ad alcuna cosa giudicar procediate, vi prego che una piccola
grazia mi facciate, cioè che voi il mio marito domandiate se io ogni volta e quante volte
a lui piaceva, senza dir mai di no, io di me stessa gli concedeva intera copia o no. -
A che Rinaldo, senza aspettare che il podestà il
domandasse, prestamente rispose che senza alcun dubbio la donna ad ogni sua richiesta gli
aveva di sé ogni suo piacer conceduto.
- Adunque,- seguì prestamente la donna - domando io voi,
messer podestà, se egli ha sempre di me preso quello che gli è bisognato e piaciuto, io
che doveva fare o debbo di quel che gli avanza? Debbolo io gittare ai cani? Non è egli
molto meglio servirne un gentile uomo che più che sé m'ama, che lasciarlo perdere o
guastare? -
Eran quivi a così fatta essaminazione, e di tanta e sì
famosa donna, quasi tutti i pratesi concorsi, li quali, udendo così piacevol risposta,
subitamente, dopo molte risa, quasi ad una voce tutti gridarono la donna aver ragione e
dir bene; e prima che di quivi si partissono, a ciò confortandogli il podestà,
modificarono il crudele statuto e lasciarono che egli s'intendesse solamente per quelle
donne le quali per denari a' lor mariti facesser fallo.
Per la qual cosa Rinaldo, rimaso di così matta impresa
confuso, si partì dal giudicio; e la donna lieta e libera, quasi dal fuoco risuscitata,
alla sua casa se ne tornò gloriosa.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della sesta giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998