Giovanni Boccaccio
Decameron
Sesta Giornata
Novella terza
Monna Nonna de' Pulci con una presta risposta al meno che onesto motteggiare del vescovo di Firenze silenzio impone.
Quando Pampinea la sua novella ebbe finita, poi che da
tutte la risposta e la liberalità di Cisti molto fu commendata, piacque alla reina che
Lauretta dicesse appresso, la quale lietamente così a dire cominciò:
Piacevoli donne, prima Pampinea e ora Filomena assai del
vero toccarono della nostra poca virtù e della bellezza de'motti; alla quale per ciò che
tornar non bisogna, oltre a quello che de'motti è stato detto, vi voglio ricordare essere
la natura de'motti cotale, che essi come la pecora morde deono così mordere l'uditore, e
non come '1 cane; per ciò che, se come il cane mordesse il motto, non sarebbe motto ma
villania. La qual cosa ottimamente fecero e le parole di madonna Oretta e la risposta di
Cisti.
E' il vero che, se per risposta si dice, e il risponditore
morda come cane, essendo come da cane prima stato morso, non par da riprendere, come, se
ciò avvenuto non fosse, sarebbe; e per ciò è da guardare e come e quando e con cui e
similmente dove si motteggia. Alle quali cose poco guardando già un nostro prelato, non
minor morso ricevette che '1 desse; il che in una piccola novella vi voglio mostrare.
Essendo vescovo di Firenze messer Antonio d'Orso, valoroso
e savio prelato, venne in Firenze un gentile uom catalano, chiamato messer Dego della
Ratta, maliscalco per lo re Ruberto. Il quale, essendo del corpo bellissimo e vie più che
grande vagheggiatore, avvenne che fra l'altre donne fiorentine una ne gli piacque, la
quale era assai bella donna ed era nepote d'un fratello del detto vescovo. E avendo
sentito che il marito di lei, quantunque di buona famiglia fosse, era avarissimo e
cattivo, con lui compose di dovergli dare cinquecento fiorin d'oro, ed egli una notte con
la moglie il lasciasse giacere; per che, fatti dorare popolini d'ariento, che allora si
spendevano, giaciuto con la moglie, come che contro al piacer di lei fosse, gliele diede.
Il che poi sappiendosi per tutto, rimasero al cattivo uomo il danno e le beffe; e il
vescovo, come savio, s'infinse di queste cose niente sentire.
Per che, usando molto insieme il vescovo e '1 maliscalco,
avvenne che il dì di San Giovanni, cavalcando l'uno allato all'altro, veggendo le donne
per la via onde il palio si corre, il vescovo vide una giovane, la quale questa
pestilenzia presente ci ha tolta donna, il cui nome fu monna Nonna de' Pulci, cugina di
messere Alesso Rinucci, e cui voi tutte doveste conoscere; la quale, essendo allora una
fresca e bella giovane e parlante e di gran cuore, di poco tempo avanti in Porta San Piero
a marito venutane, la mostrò al maliscalco; e poi essendole presso, posta la mano sopra
la spalla del maliscalco, disse: - Nonna, che ti par di costui? Crederrestil vincere? -
Alla Nonna parve che quelle parole alquanto mordessero la
sua onestà, o la dovesser contaminar negli animi di coloro, che molti v'erano, che
l'udirono. Per che, non intendendo a purgar questa contaminazione, ma a render colpo per
colpo, prestamente rispose: - Messere, e' forse non vincerebbe me, ma vorrei buona moneta.
-
La qual parola udita il maliscalco e 'l vescovo, sentendosi
parimente trafitti, l'uno siccome facitore della disonesta cosa nella nepote del fratel
del vescovo, e l'altro sì come ricevitore nella nepote del proprio fratello, senza
guardar l'un l'altro, vergognosi e taciti se n'andarono, senza più quel giorno dirle
alcuna cosa. Così adunque, essendo la giovane stata morsa, non le si disdisse il mordere
altrui motteggiando.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della quinta giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998