Giovanni Boccaccio
Decameron
Quarta Giornata
Introduzione
Incomincia la quarta giornata nella quale, sotto il reggimento di Filostrato, si ragiona di coloro li cui amori ebbero infelice fine.
Carissime donne, sì per le parole de' savi uomini udite
e sì per le cose da me molte volte e vedute e lette, estimava io che lo 'mpetuoso vento e
ardente della invidia non dovesse percuotere se non l'alte torri o le più levate cime
degli alberi; ma io mi truovo dalla mia estimazione ingannato. Per ciò che, fuggendo io e
sempre essendomi di fuggire ingegnato il fiero impeto di questo rabbioso spirito, non
solamente pe'piani, ma ancora per le profondissime valli tacito e nascoso mi sono
ingegnato d'andare. Il che assai manifesto può apparire a chi le presenti novellette
riguarda, le quali, non solamente in fiorentin volgare e in prosa scritte per me sono e
senza titolo, ma ancora in istilo umilissimo e rimesso quanto il più possono. Né per
tutto ciò l'essere da cotal vento fieramente scrollato, anzi presso che diradicato e
tutto da'morsi della invidia esser lacerato, non ho potuto cessare. Per che assai
manifestamente posso comprendere quel lo esser vero che sogliono i savi dire, che sola la
miseria è senza invidia nelle cose presenti.
Sono adunque, discrete donne, stati alcuni che, queste
novellette leggendo, hanno detto che voi mi piacete troppo e che onesta cosa non è che io
tanto diletto prenda di piacervi e di consolarvi, e alcuni han detto peggio, di
commendarvi, come io fo. Altri, più maturamente mostrando di voler dire, hanno detto che
alla mia età non sta bene l'andare omai dietro a queste cose, cioè a ragionar di donne o
a compiacer loro. E molti, molto teneri della mia fama mostrandosi, dicono che io farei
più saviamente a starmi con le Muse in Parnaso che con queste ciance mescolarmi tra voi.
E son di quegli ancora che, più dispettosamente che
saviamente parlando, hanno detto che io farei più discretamente a pensare dond'io dovessi
aver del pane che dietro a queste frasche andarmi pascendo di vento. E certi altri in
altra guisa essere state le cose da me raccontate che come io le vi porgo, s'ingegnano, in
detrimento della mia fatica, di dimostrare.
Adunque da cotanti e da così fatti soffiamenti, da così
atroci denti, da così aguti, valorose donne, mentre io ne'vostri servigi milito, sono
sospinto, molestato e infino nel vivo trafitto. Le quali cose io con piacevole animo,
sallo Iddio, ascolto e intendo; e quantunque a voi in ciò tutta appartenga la mia difesa,
nondimeno io non intendo di risparmiar le mie forze; anzi, senza rispondere quanto si
converrebbe, con alcuna leggiera risposta tormegli dagli orecchi, e questo far senza
indugio. Per ciò che, se già, non essendo io ancora al terzo della lo mia fatica venuto,
essi sono molti e molto presummono, io avviso che avanti che io pervenissi alla fine essi
potrebbono in guisa esser multiplicati, non avendo prima avuta alcuna repulsa, che con
ogni piccola lor fatica mi metterebbono in fondo, né a ciò, quantunque elle sien grandi,
resistere varrebbero le forze vostre.
Ma avanti che io venga a far la risposta ad alcuno, mi
piace in favor di me raccontare non una novella intera (acciò che non paia che io voglia
le mie novelle con quelle di così laudevole compagnia, qual fu quella che dimostrata
v'ho, mescolare), ma parte d'una, acciò che il suo difetto stesso sè mostri non esser di
quelle; e a'miei assalitori favellando, dico che nella nostra città, già è buon tempo
passato, fu un cittadino, il qual fu nominato Filippo Balducci, uomo di condizione assai
leggiere, ma ricco e bene inviato ed esperto nelle cose quanto lo stato suo richiedea; e
aveva una sua donna moglie, la quale egli sommamente amava, ed ella lui, e insieme in
riposata vita si stavano, a niun'altra cosa tanto studio ponendo quanto in piacere
interamente l'uno all'altro.
Ora avvenne, sì come di tutti avviene, che la buona donna
passò di questa vita, né altro di sè a Filippo lasciò che un solo figliuolo di lui
conceputo, il quale forse d'età di due anni era.
Costui per la morte della sua donna tanto sconsolato
rimase, quanto mai alcuno altro amata cosa perdendo rimanesse. E veggendosi di quella
compagnia la quale egli più amava rimaso solo, del tutto si dispose di non volere più
essere al mondo, ma di darsi al servigio di Dio, e il simigliante fare del suo piccol
figliuolo. Per che, data ogni sua cosa per Dio, senza indugio se n'andò sopra Monte
Asinaio, e quivi in una piccola celletta si mise col suo figliuolo, col quale di limosine
in digiuni e in orazioni vivendo, sommamente si guardava di non ragionare là dove egli
fosse d'alcuna temporal cosa né di lasciarnegli alcuna vedere, acciò che esse da così
fatto servigio nol traessero, ma sempre della gloria di vita etterna e di Dio e de'santi
gli ragionava, nulla altro che sante orazioni insegnandoli; e in questa vita molti anni il
tenne, mai della cella non lasciandolo uscire, né alcuna altra cosa che sè
dimostrandogli. Era usato il valente uomo di venire alcuna volta a Firenze, e quivi
secondo le sue opportunità dagli amici di Dio sovvenuto, alla sua cella tornava.
Ora avvenne che, essendo già il garzone d'età di diciotto
anni e Filippo vecchio, un dì il domandò ov'egli andava. Filippo gliele disse. Al quale
il garzon disse: - Padre mio, voi siete oggimai vecchio e potete male durare fatica;
perché non mi menate voi una volta a Firenze, acciò che, faccendomi cognoscere gli amici
e divoti di Dio e vostri, io che son giovane e posso meglio faticar di voi, possa poscia
pe'nostri bisogni a Firenze andare quando vi piacerà, e voi rimanervi qui?
Il valente uomo, pensando che già questo suo figliuolo era
grande, ed era sì abituato al servigio di Dio che malagevolmente le cose del mondo a sè
il dovrebbono omai poter trarre, seco stesso disse: - Costui dice bene - Per che, avendovi
ad andare, seco il menò.
Quivi il giovane veggendo i palagi, le case, le chiese e
tutte l'altre cose delle quali tutta la città piena si vede, sì come colui che mai più
per ricordanza vedute non n'avea, si cominciò forte a maravigliare, e di molte domandava
il padre che fossero e come si chiamassero.
Il padre gliele diceva; ed egli, avendolo udito, rimaneva
contento e domandava d'una altra. E così domandando il figliuolo e il padre rispondendo,
per avventura si scontrarono in una brigata di belle giovani donne e ornate, che da un
paio di nozze venieno; le quali come il giovane vide, così domandò il padre che cosa
quelle fossero.
A cui il padre disse: - Figliuol mio, bassa gli occhi in
terra, non le guatare, ch'elle son mala cosa.
Disse allora il figliuolo: - O come si chiamano?
Il padre, per non destare nel concupiscibile appetito del
giovane alcuno inchinevole disiderio men che utile, non le volle nominare per lo proprio
nome, cioè femine, ma disse: - Elle si chiamano papere.
Maravigliosa cosa a udire! Colui che mai più alcuna veduta
non n'avea, non curatosi de'palagi, non del bue, non del cavallo, non dell'asino, non
de'danari né d'altra cosa che veduta avesse, subitamente disse: - Padre mio, io vi priego
che voi facciate che io abbia una di quelle papere.
- Ohimè, figliuol mio,- disse il padre - taci: elle son
mala cosa.
A cui il giovane domandando disse: - O son così fatte le
male cose?
- Sì - disse il padre.
Ed egli allora disse: - Io non so che voi vi dite,
né perché queste siano mala cosa; quanto è a me, non m'è ancora paruta vedere alcuna
così bella né così piacevole, come queste sono. Elle son più belle che gli agnoli
dipinti che voi m'avete più volte mostrati. Deh! se vi cal di me, fate che noi ce ne
meniamo una colà su di queste papere, e io le darò beccare.
Disse il padre: - Io non voglio; tu non sai donde elle
s'imbeccano -: e sentì incontanente più aver di forza la natura che il suo ingegno; e
pentessi d'averlo menato a Firenze.
Ma avere infino a qui detto della presente novella voglio
che mi basti, e a coloro rivolgermi alli quali l'ho raccontata. Dicono adunque alquanti
de'miei riprensori che io fo male, o giovani donne, troppo ingegnandomi di piacervi, e che
voi troppo piacete a me. Le quali cose io apertissimamente confesso, cioè che voi mi
piacete e che io m'ingegno di piacere a voi; e domandogli se di questo essi si
maravigliano, riguardando, lasciamo stare l'aver conosciuti gli amorosi baciari e i
piacevoli abbracciari e i congiugnimenti dilettevoli che di voi,dolcissime donne, sovente
si prendono; ma solamente ad aver veduto e veder continuamente gli ornati costumi e la
vaga bellezza e l'ornata leggiadria e oltre a ciò la vostra donnesca onestà, quando
colui che nutrito, allevato, accresciuto sopra un monte salvatico e solitario, infra li
termini di una piccola cella, senza altra compagnia che del padre, come vi vide, sole da
lui disiderate foste, sole addomandate, sole con l'affezion seguitate.
Riprenderannomi, morderannomi, lacerrannomi costoro se io,
il corpo del quale il ciel produsse tutto atto ad amarvi, e io dalla mia puerizia l'anima
vi disposi sentendo la virtù della luce degli occhi vostri, la soavità delle parole
melliflue e la fiamma accesa da'pietosi sospiri, se voi mi piacete o se io di piacervi
m'ingegno, e spezialmente guardando che voi prima che altro piaceste ad un romitello, ad
un giovinetto senza sentimento, anzi ad uno animal salvatico? Per certo chi non v'ama, e
da voi non disidera d'essere amato, sì come persona che i piaceri né la virtù della
naturale affezione né sente né conosce, così mi ripiglia, e io poco me ne curo.
E quegli che contro alla mia età parlando vanno, mostra
mal che conoscano che, perché il porro abbia il capo bianco, che la coda sia verde.
A'quali lasciando stare il motteggiare dall'un de' lati, rispondo che io mai a me vergogna
non reputerò infino nello estremo della mia vita di dover compiacere a quelle cose alle
quali Guido Cavalcanti e Dante Alighieri già vecchi, e messer Cino da Pistoia
vecchissimo, onor si tennono e fu lor caro il piacer loro. E se non fosse che uscir
sarebbe del modo usato del ragionare, io producerei le istorie in mezzo, e quelle tutte
piene mosterrei d'antichi uomini e valorosi, ne'loro più maturi anni sommamente avere
studiato di compiacere alle donne: il che se essi non sanno, vadino e sì l'apparino.
Che io con le Muse in Parnaso mi debbia stare, affermo che
è buon consiglio, ma tuttavia né noi possiam dimorare con le Muse né esse con esso noi;
se quando avviene che l'uomo da lor si parte, dilettarsi di veder cosa che le somigli,
questo non è cosa da biasimare. Le Muse son donne, e benché le donne quello che le Muse
vagliono non vagliano, pure esse hanno nel primo aspetto simiglianza di quelle; sì che,
quando per altro non mi piacessero, per quello mi dovrebber piacere. Senza che le donne
già mi fur cagione di comporre mille versi, dove le Muse mai non mi furon di farne alcun
cagione. Aiutaronmi elle bene e mostraronmi comporre que'mille; e forse a queste cose
scrivere, quantunque sieno umilissime, si sono elle venute parecchie volte a starsi meco,
in servigio forse e in onore della simiglianza che le donne hanno ad esse; per che, queste
cose tessendo, né dal monte Parnaso né dalle Muse non mi allontano, quanto molti per
avventura s'avvisano.
Ma che direm noi a coloro che della mia fame hanno tanta
compassione che mi consigliano che io procuri del pane? Certo io non so; se non che,
volendo meco pensare qual sarebbe la loro risposta se io per bisogno loro ne dimandassi,
m'avviso che direbbono: - Va cercane tra le favole - . E già più ne trovarono tra le lor
favole i poeti, che molti ricchi tra'lor tesori. E assai già, dietro alle lor favole
andando, fecero la loro età fiorire, dove in contrario molti nel cercar d'aver più pane
che bisogno non era loro, perirono acerbi. Che più? Caccinmi via questi cotali qualora io
ne domando loro; non che, la Dio mercé, ancora non mi bisogna; e, quando pur sopravenisse
il bisogno, io so, secondo l'Apostolo, abbondare e necessità sofferire; e per ciò a niun
caglia più di me che a me.
Quegli che queste cose così non essere state dicono, avrei
molto caro che essi recassero gli originali, li quali, se a quel che io scrivo discordanti
fossero, giusta direi la loro riprensione e d'amendar me stesso m'ingegnerei; ma infino
che altro che parole non apparisce, io gli lascerò con la loro oppinione, seguitando la
mia, di loro dicendo quello che essi di me dicono. E volendo per questa volta assai aver
risposto, dico che dallo aiuto di Dio e dal vostro, gentilissime donne, nel quale io
spero, armato, e di buona pazienza, con esso procederò avanti, dando le spalle a questo
vento e lasciandol soffiare; per ciò che io non veggio che di me altro possa avvenire,
che quello che della minuta polvere avviene, la quale, spirante turbo, o egli di terra non
la muove, o se la muove, la porta in alto, e spesse volte sopra le teste degli uomini,
sopra le corone dei re e degli imperadori, e talvolta sopra gli alti palagi e sopra le
eccelse torri la lascia; delle quali se ella cade, più giù andar non può che il luogo
onde levata fu.
E se mai con tutta la mia forza a dovervi in cosa alcuna
compiacere mi disposi, ora più che mai mi vi disporrò; per ciò che io conosco che altra
cosa dir non potrà alcuna con ragione, se non che gli altri e io, che vi amiamo,
naturalmente operiamo. Alle cui leggi, cioè della natura, voler contastare, troppe gran
forze bisognano, e spesse volte non solamente in vano ma con grandissimo danno del
faticante s'adoperano. Le quali forze io confesso che io non l'ho né d'averle disidero in
questo; e se io l'avessi, più tosto ad altrui le presterrei che io per me l'adoperassi.
Per che tacciansi i morditori, e se essi riscaldar non si possono, assiderati si vivano, e
ne lori diletti, anzi appetiti corrotti standosi, me nel mio, questa brieve vita che posta
n'è, lascino stare. Ma da ritornare è, per ciò che assai vagati siamo, o belle donne,
là onde ci dipartimmo, e l'ordine cominciato seguire.
Cacciata aveva il sole del cielo già ogni stella e della
terra l'umida ombra della notte, quando Filostrato, levatosi, tutta la sua brigata fece
levare; e nel bel giardino andatisene, quivi s'incominciarono a diportare; e l'ora del
mangiar venuta, quivi desinarono dove la passata sera cenato aveano. E da dormire, essendo
il sole nella sua maggior sommità, levati, nella maniera usata vicini alla bella fonte si
posero a sedere. Là dove Filostrato alla Fiammetta comandò che principio desse alle
novelle; la quale, senza più aspettare che detto le fosse, donnescamente così cominciò.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della quarta giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe Bonghi -
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998