Giuseppe
Bonghi
Introduzione
a
La
Vita Nuova
di
Dante
Alighieri
Introduzione
Riportiamo
il testo pubblicato da Tommaso
Casini nel 1885 con i tipi
della Sansoni di Firenze, tratto dal Codice
Chiggiano L. VIII. 305,
che contiene la Vita
nova dal foglio 7 al foglio 27,
indicato col nome di
Codice A
dal Casini stesso nella sua tabella dei
codici. Questo manoscritto è il codice
segnato A, che appartiene alla
seconda metà del secolo XIV, di
provenienza toscana e già appartenuto a
un figlio di Coluccio Salutati; è stato
certamente ordinato e forse anche
scritto da una persona colta di lettere
e di poesia; e la V.N. si trova
in mezzo a una ricca antologia di rime
antiche, la quale, pur accogliendo saggi
di poeti meridionali, incomincia dal
Guinizelli e finisce col Petrarca.
Questa raccolta di poesie, che è il più
ampio monumento dello stil nuovo,
fu pubblicata da E. Monaci e E. Molteni
in Bologna, Fava e Garagnani 1877.
Elenco
dei manoscritti della Vita
Nova
secondo Tommaso Casini |
A
- chigiano L. VIII. 305
B - magliabechiano VI. 143
C - Codice della famiglia
Martelli (Firenze) |
secolo
XIV |
D
- laurenziano XC sup., 136
E - riccardiano 1050 |
fine
XIV
inizio XV |
F
- laurenziano XL, 31
G - laurenziano XL, 42
H - magliabechiano VII. 187
I - magliabechiano VII. 1103
J - laurenziano, fondo
Ashburnham 679
K - laurenziano, fondo
Ashburnham843
L - magliabechiano, SS.
Annunziata 1267
M - marciano cl. X, 26
N - vaticano, capponiano 262
O - corsiniano, 1085
P - chigiano L. V. 176
Q - trivulziano 1058
R - trivulziano 1050
S - veronese, capitolare 445
T - palatino 204
U - palatino 119
V - ambrosiano R. 95 sup. 13
W - bidleiano, canoniciano 114
X - braidense, AG. XI. 5
Y - napoletano XIII. C. 9
Z - Codice della famiglia
Nobili (Pesaro)
a - codice del Witte, ora di
Strassburg
c - laurenziano XC. sup., 137
d - marciano cl. IX, 191
e - codice della famiglia
Cavalieri (Milano) |
secolo
XV
inizio
secolo XVI |
Per
quanto riguarda la divisione in capitoli
e la numerazione degli stessi, bisogna
notare che il Casini differisce in
qualche punto dalla numerazione del
Barbi, accettata ormai da quasi tutti i
commentatori della V.N. - Il Codice
Chiggiano L. VIII. 305
viene indicato col nome di codice
K dal
Monaci (in Il canzoniere Chigiano L.
VIII. 305, a cura di E. Molteni ed
E. Monaci, 1877, Bologna, coi tipi di
Fava e Garagnani).
Sui
criteri seguiti per la trascrizione del testo
del
codice A, scrive
il Casini: (pag. 211):
"Ho
già avvertito che fondamento alla
presente edizione fu il testo del cod.
A, seguito scrupolosamente: non sí per
altro che dove era manifesto errore del
copista non si ricorresse ad altri testi
e specialmente alla lezione de' codd. BC.
Per altro alcune particolarità del cod.
A non furono riprodotte, e ne darò
notizie in queste note, perché gli
studiosi a' quali potesse importare
abbiano maniera di ricostruirsi, per dir
cosí, la sembianza del codice. E prima
dirò che a' passi latini, che troviamo
sparsi nella V.N., s'accompagna
in A ne' margini una versione, quasi
sempre letterale, che non può esser di
Dante, sarà ma forse del copista,
dimostratosi a più indizî persona cólta
di lettere. Raccoglierò qui coteste
versioni, rimandando ai testi latini
della V.N.:
I |
Ecco
idio più forte di me che mmi
uiene a signoreggiare |
I |
Apparue
già la beatitudine vostra |
I |
Guai
a me misero imperò c'
aspramente sarò impedito da
quinci innançi |
III |
Io
singnore tuo |
VII |
O
uoi tutti che passate per la
uia attendete e uedete s' egli
è dolore similiante al mio |
XII |
Figluolo
mio egl' è tempo d'
abandonare gl'idoli nostri |
XII |
I'
sono né più né meno come 'l
meçço del cerchio che
ssimilgliantemente le parti si
congiunghono insieme e tu non
se' cosí |
XIII |
I
nomi sono quelli che seguitano
le cose |
XXIV |
Io
sono boce che grido nel
diserto, apparecchiate la uia
di dio |
XXV |
O
tu Eole |
XXV |
O
reina che pensi, la tua fatica
è di piangere che cose di
comandamenti mi conuiene a
piglare |
XXV |
Tu
Roma dèi molto usare le
cittadine armi |
XXV |
O
sciençia dimmi l'uomo |
XXV |
Io
ueggio le battalglie che ssi
apparecchiano contra me |
XXVIII |
De
come siede sola la cittade
piena di popolo donna di genti
facta quasi uedoua |
Ancora: il codice ha
certe particolarità ortografiche comuni
ad ogni scrittura del sec. XIV, inutili
a riprodurre in una stampa che non abbia
intendimento speciale filologico: tanto
più che coteste particolarità non sono
molte né molto osservabili. Per es. il
cod. A, mentre ne' più dei casi tiene
distinta la preposizione dall'articolo
determinato, qualche volta usa la prep.
articolata (es. della, nelli
o innelli ecc.), che io risolsi
sempre ne' suoi due elementi. Spesso
congiungendosi due parole, avviene un
raddoppiamento nella consonante iniziale
della seconda, come che-ssi, si-mmi,
che-ssiano, a-llui
ecc.; o un'assimilazione: illoro
(in loro). Non di rado le forme
dei verbi composti con ad-,
in-, ecc. non presentano il
raddoppiamento: es. aterzate, aparue,
inamora; l'esito del gruppo dj
seguito da voc. è per lo più
rappresentato da c: es. meço;
e quello di nj tra voc. da ngn-
es. auengna, insengna,
sengnor- ecc.; per i gruppi -ct,
pl- qualche volta non si
procede all'assimilazione o alla
digradazione e perciò si ha decta,
exemplo ecc. Tutte queste forme
che non rappresentano caratteri proprî
della lingua di Dante ridussi alle
comuni, e fuor che in questa riduzione
mi attenni sempre al codice.
Cenni
su La
vita nova
notizie
bibliografiche
Della Vita Nuova, come del
resto di tutte le altre opere
dell'Alighieri, a noi non è rimasto
alcun esemplare di mano dell'autore:
essa invece ci è stata conservata da
non pochi manoscritti, i più antichi
dei quali risalgono alla seconda metà
del Trecento. A giudicare dal numero
delle copie manoscritte prima
dell'avvento della stampa, il libretto
di Dante non deve aver avuto nei secoli
XIV e XV una grande diffusione: pochi
biografi e commentatori del Poema lo
ricordano; nessuno scrittore lo imitò;
e forse fuori dalla Toscana fu letto da
pochissimi, sia perché assai presto
cominciarono a circolare copie
contenenti solo le poesie, sia perché
la gloria della Commedia oscurò
e fece dimenticare le altre scritture di
Dante, delle quali la Vita Nuova
fu l'ultima a venir pubblicata a stampa
per la prima volta:
1490 Convivio
1529 De
Vulgari eloquentia
1559 De
Monarchia
1576 Vita
Nuova
Il titolo della prima
edizione fu: Vita Nuova di Dante
Alighieri con XV canzoni del medesimo e
la vita di esso Dante scritta da
Giovanni Boccaccio. In Firenze, nella
stamperia di Bartolomeo Sermartelli
MDLXXVI. Precede una lettera del
Sermartelli, del 26 marzo 1576, a
Bartolomeo Panciatichi, cui il libro è
dedicato; nella quale l'editore dichiara
d'aver avuto la V.N. dal
Carducci. Nel testo mancano le divisioni
e tutte le espressioni che accennano a
cose sacre sono omesse o cambiate.
Dopo
un secolo e mezzo, durante il quale gli
scrittore del Trecento in genere non
ebbero molta fortuna, venne fuori la
seconda edizione della V.N.,
curata da Anton Maria Biscioni, che
affermò di aver consultato sette
manoscritti (B,D,E,F,G,M), e, sebbene
trascegliesse a caso le varietà di
lezione e non sapesse ricavarne
tutto il possibile vantaggio, corresse
molti errori e colmò le lacune della
prima stampa. Il testo, quale era stato
fermato dal Biscioni, fu riprodotto in
tutte le ristampe posteriori della
giovanile operetta di Dante; fino a che
comparvero due nuove edizioni che
segnano l'inizio di un lavoro più
metodico intorno alla lezione della V.N.,
poiché i loro autori si proposero di
comunicare il testo di determinati
manoscritti, come strumento per
ulteriori indagini critiche, che segnano
l'inizio di un lavoro più metodico
intorno alla lezione della V.N., poiché
gli autori si proposero di comunicare il
testo di determinati manoscritti come
strumento per ulteriori indagini
critiche: l'edizione milanese del 1827 e
la pesarese del 1829. Nel corso del
Novecento numerosi sono gli studi che
hanno messo a punto non solo il problema
della scrittura, arrivando con
sufficiente precisione a una lezione
critica che lascia pochi dubbi, ma
anche, continuando il lavoro gia
affrontato da Casini, Witte e Barbi
soprattutto, arrivando a mettere dei
punti fermi sul problema
dell'interpretazione sia allegorica che
biografica dell'operetta dantesca.
edizioni
principali fino alla fine
dell'Ottocento |
1576 |
Firenze |
Nicolò Carducci |
Vita
Nuova di Dante Alighieri con
XV canzoni del medesimo e la
vita di esso Dante scritta da
Giovanni Boccaccio. In
Firenze, nella stamperia di
Bartolomeo Sermartelli MDLXXVI |
1723 |
Firenze |
Anton Maria
Biscioni |
Prose
di Dante Alighieri e di Messer
Gio. Boccacci. In Firenze
MDCCXXIII. Per Gio. Gaetano
Tartini e Santi Franchi - furono
tenuti presenti i codici
B,D,E,F,G,M |
1827 |
Milano |
Gian
Giacomo Trivulzio |
due
manoscritti di sua proprietà
(codd. Q,R): Vita Nuova di
Dante Alighieri ridotta a
lezione migliore. Milano dalla
tipografia Pogliani MDCCCXXVII |
1829 |
Pesaro |
Orlando
Machirelli
Crisostomo Ferrucci |
manoscritto
della famiglia Nobili (cod.
Z): Vita Nova di Dante
Alighieri secondo la lezione
di un codice inedito del
secolo XV. Pesaro dalla
tipografia Nobili 1829 |
1839 |
Firenze |
Pietro
Fraticelli |
edizioni
tenute presenti: Sermartelli
1576, Biscioni 1723, Poliani
1827, Nobili 1829, codice C
della Famiglia Martelli - I
edizione, Allegrini e Mazzoni,
dalla II edizione: 1856
Barbera; VII edizione: 1899 |
1843 |
Livorno |
Alessandro
Torri |
ed.
Vannini |
1863 |
Firenze |
Giambattista
Giuliani |
ed.
Barbera |
1865 |
Venezia |
Ludovico
Pizzo |
edizione
condotta sui due manoscritti
marciani M-d, con una buona
bibliografia - ed. Antonelli |
1872 |
Pisa |
Pio
Rajna |
La
Vita Nuova di Dante
Alighieri, riscontrata su
codici e stampe, preceduta da
uno studio di A. D'Ancona;
Giosue Carducci aveva
collaborato al commento, il
Rajna aveva allestito il testo
- codici tenuti presenti:
B,E,H,I,L,P - ed. Nistri |
1876 |
Leipzig |
Carlo Witte |
La
Vita Nuova di Dante
Alighieri, ricorretta coll'aiuto
di testi a penna ed illustrata
- ed. Brockhaus |
1896 |
München |
Fr. Beck |
Dantes
Vita nova. Kritischer
Text unter Benützung von 35
bekannten Handschriften, ed.
Piloty & Loehle |
1900 |
Firenze |
G.L.
Passerini |
Le
opere minori,
Firenze, Sansoni, seguendo il
codice A di Casini |
1907 |
Firenze |
Michele Barbi |
La
Vita Nuova di Dante
Alighieri, edizione critica |
Gli
studi critici
Sin dal secolo XIV
sono fioriti gli studi sulla Vita
Nova, con alterni risultati;
secondo alcuni è la naturale
introduzione alla Divina Commedia.
Il primo illustratore riconosciuto resta
Anton Maria Biscioni. Importanti
nell'Ottocento i commenti di Alessandro
d'Ancona, di Giosue Carducci, di Karl
Witte e di Pietro Fraticelli e di Pio
Rajna
La
data di composizione
Nonostante le lunghe
discussioni, il tempo in cui Dante
scrisse la Vita Nova, o,
meglio, in cui diede ordine organico
alla mescolanza di prose e rime scritte
molto probabilmente in tempi diversi,
collegandole in un unico racconto, non
è ben accertato. Già il Boccaccio nel
suo Trattatello
in laude di Dante scrisse che
Dante primieramente,
duranti ancora le lagrime della morte
della sua Beatrice, quasi nel suo
ventesimosesto anno compose in un
volumetto, il quale egli intitolò Vita
nova, certe operette, sì come sonetti e
canzoni, in diversi tempi davanti in
rima fatte da lui, maravigliosamente
belle; di sopra da ciascuna partitamente
e ordinatamente scrivendo le cagioni che
a quelle fare l'avea[n] mosso, e di
dietro ponendo le divisioni delle
precedenti opere. E come che egli
d'avere questo libretto fatto, negli
anni più maturi si vergognasse molto,
nondimeno, considerata la sua età, è
egli assai bello e piacevole, e
massimamente a’ volgari; così
che la composizione cadrebbe all'incirca
nell'anno 1292, opinione seguita, pur
con qualche lieve scostamento da parte
di alcuni, dai maggiori critici fino ai
giorni nostri.
Un'altra
opinione colloca la composizione
dell'opera alla primavera del 1300 (come
il D'Ancona), pur ammetendo che alcune
parti erano indubbiamente anteriori alla
morte di Beatrice. Il
Rajna e il Casini stesso fanno risalire
la composizione della Vita Nova
agli anni tra il 1292 e il 1294. Nella
tabella (ultima colonna a destra), il
Casini riporta l'arco di tempo
dell'esistenza di Dante lungo il quale
si svolge la vicenda della Vita Nova,
per cui l'opera non può che essere
stata scritta dopo tale data, molto
verosimilmente nel 1295.
Riassumendo
possiamo dire che la composizione
dell'opera è situabile fra il 1292 e il
1295.
La
struttura
La Vita
Nova consta di tre elementi:
le rime,
scritte per Beatrice e per alcune altre
donne,
le narrazioni dei fatti che furono
l'occasione esistenziale delle poesie,
le divisioni o partizioni
colle quali Dante spiega il contenuto
delle rime.
Questi
tre elementi l'autore collegò così
strettamente, tanto da non poter essere
separati, in quanto si completano a
vicenda, sebbene le narrazioni
non siano in molti casi altro che
l'esplicazione delle rime e non
aggiungano alcun nuovo particolare di
fatto e le partizioni siano
formulate in maniera che la continuità
del racconto non cesserebbe ove esse
mancassero.
Come
struttura esteriore occorre notare che
sia nei codici del Quattro-Cinquecento
che nelle prime edizioni a stampa non
comparte la divisione in capitoli. Il
primo a introdurla fu Alessandro Torri
nel 1843, distinguendo 43 paragrafi; da
allora tutti gli editori hanno adottato
la divisione in paragrafi, pur con
qualche lieve differenza; quella del
Casini riduce i paragrafi a 42
intendendo il primo come un proemio
all'operetta, quasi una spiegazione del
titolo (non stiamo qui a ricordare un
altro paio di piccole differenze che
nulla aggiungono alla comprensione della
numerazione).
Più
importante della struttura esteriore per
paragrafi (o capitoli), è importante la
struttura del contenuto e dello
svolgimento naturale dei fatti e dei
sentimenti. Secondo il Casini, la
migliore struttura è quella fornita da
A. D'Ancona, che si basa sulle indagini
critiche effettuate per determinare la
cronologia del libro e sulla natura
degli avvenimenti che Dante racconta e
dei sentimenti che lo agitano nei vari
momenti vissuti.
Questa
la partizione del D'Ancona, leggermente
modificata dal Casini per metterla in
armonia con le osservazioni fatte a
proposito della data di composizione
dell'opera:
1a
parte |
capitoli
I-XVII |
Amori
giovanili e prime rime sulla
bellezza fisica di Beatrice |
1274-1287 |
2a
parte |
capitoli
XVIII-XXVII |
Lodi
della bellezza spirituale di
Beatrice |
1287-1290 |
3a
parte |
capitoli
XXVIII-XXXIV |
La
morte di Beatrice e le rime
dolorose |
1290-1291 |
4a
parte |
capitoli
XXXV-XXXVIII |
L'amore
e le rime per la donna gentile |
1291-1293 |
5a
parte |
capitoli
XXXIX-XLII |
Ritorno
all'amore e al culto di
Beatrice estinta |
1294 |
Restano
ancora da dire due parole sul proemio:
quale significato dargli e per
conseguenza quale è il significato del
titolo?
1)
alcuni hanno inteso che Dante volesse
parlare dei fatti della sua adolescenza,
che secondo la teoria dantesca dura fino
al 25° anno, ma i fatti della V.N.
vanno oltre l'adolescenza;
2)
altri spiegarono Vita nuova per
vita giovanile, appoggiandosi al fatto
che tale era il significato di nuovo
nel Trecento;
3)
infine c'è un gruppo di critici che,
muovendo dall'idea che il titolo non
accenni all'età bensì al modo della
vita descritta dal poeta, intesero che
vi fosse inclusa l'idea di una
rigenerazione operatasi nel suo animo
per virtù proprio dell'amore, così che
Vita Nuova significherebbe che
l'amore per Beatrice fu per il poeta
l'inizio di una nuova vita.
Casini
propende per la seconda posizione,
affermando che il titolo debba essere
spiegato in relazione alle parole del
proemio, in cui Dante distingue
nettamente due momenti della sua vita:
quello di cui non serba ricordi e quello
di cui nel libro della memoria è
segnato l'inizio solenne colle parole incipit
vita nova, e questo implica
necessariamente l'idea dell'età, per
cui a giusta ragione il titolo può
indicare la gioventù del suo autore.
A questa spiegazione noi possiamo
aggiungere anche la terza posizione, in
quanto la nuova età giovanile di Dante
è indubbiamente caratterizzata da un
nuovo modo di concepire la vita a causa
dell'amore che prova per Beatrice e
dell'effetto che la visione della donna
produce nel suo intimo.
Le
visioni
Perché
Dante usa spesso la forma della visione
e che cosa sono? A quale stato d'animo
reale corrispondono e quale funzione
hanno nell'economia dell'opera?
Dice
il Bartoli nella sua Storia della
Letteratura italiana (vol. IV, p.
173) che le visioni «non possono essere
che un mezzo poetico adoperato
per certi suoi fini dallo scrittore; un mezzo
che senza dubbio nacque spontaneo
nell'Alighieri per influenza dei tempi e
dell'ingegno suo individuale, un mezzo
ch'egli trovava nella tradizione
letteraria della sua età, e che quindi
s'imponeva a lui, senza che egli se ne
rendesse conto, senza che potesse neppur
riflettere sulla sua maggiore o minore
convenienza artistica.»
Le
visioni sono dunque una
finzione poetica formale; e pur non
essendo reali, rispondono ad uno stato
d'animo o a un sentimento o a un fatto
reale: hanno dunque un fondamento nella
realtà esistenziale del poeta.
Questo
lo schema ricavato dal Casini:
capitolo |
visione |
contenuto |
interpretazione |
cap.
III |
visione
1 |
visione
d'Amore che pasce Beatrice del
cuore di Dante |
interpretata
già correttamente da Cino da
Pistoia come significatrice
dell'innamoramento |
cap
IX |
visione
2 |
apparizione
d'Amore che trae l'animo di
Dante verso un novo piacere |
innamorarsi
di quella donna, ch'ei volle
poi rappresentare come seconda
difesa per nascondere il vero
affetto |
cap
XII |
visione
3 |
Amore
consiglia Dante a scrivere una
poesia per giustificarsi
innanzi a Beatrice,
ricordandole che l'affetto per
la donna della difesa è una
finzione |
pensiero
d'abbandonare questi vani
amori per darsi tutto a quello
più nobile e puro per
Beatrice. |
cap.
XXIII |
visione
4 |
spaventosa
visione della morte della sua
donna |
presentimento
che Dante ebbe
dell'avvicinarsi di questo
doloroso avvenimento |
cap.
XXXVI |
visione
5 |
più
che una vera visione è
l'espressione di quel che
Dante pensò quando vide
Beatrice insieme alla donna
del suo amico Guido Cavalcanti |
cap. XXXIX |
visione 6 |
apparizione
di Beatrice come l'aveva vista
la prima volta nella
fanciullezza |
l'animo
esce vittorioso dalla lotta
tra i due affetti, si rivolge
all'amore purissimo che
l'aveva occupato sin dai primi
anni |
cap. XLII |
visione 7 |
mirabile
visione della quale nulla ci
dice in modo determinato |
concepimento
ancora vago e indeterminato di
un poema che dicesse di
Beatrice quello che non
fue detto d'alcuna |
Dopo il capitolo XXVI
le visioni non hanno più luogo,
nell'oppressione dolorosa per la morte
di Beatrice e durante l'episodio
dell'amore per la donna gentile (XXXV-XXXVIII).
Le vediamo ricomparire nell'esaltazione
della lotta tra il novello amore e la
memoria dell'antico.
Le
visioni i punti più importanti del
racconto della Vita Nuova:
1)
l'innamoramento di Dante,
2)
la perdita del saluto di Beatrice,
3)
il desiderio di riacquistarlo,
4)
la gioia di averlo nuovamento ottenuto,
5)
il doloroso presentimento della morte di
Beatrice,
6)
il ritorno al culto di Beatrice dopo i
traviamenti amorosi per altre
donne,
7)
il proposito di celebrare degnamente
Beatrice.
Per
rappresentare questi momenti doveva
presentarsi spontanea ad un uomo del
medioevo l'uso della visione.
Il
numero nove
Il frequente
ricorrere del numero nove in tutte le
particolarità di tempo che si
riferiscono a Beatrice, ha attirato
sempre l'attenzione degli studiosi. Il
massimo riguarda proprio la
determinazione della data della morte di
Beatrice (cap.
XXIX): Io dico che, secondo l'
usanza d' Arabia, l' anima sua
nobilissima si partío ne la prima ora
del nono giorno del mese; e secondo l'
usanza di Siria, ella si partío nel
nono mese de l'anno, però che 'l primo
mese è ivi Tisirin primo, lo quale a
noi è Ottobre. E secondo l'usanza
nostra, ella si partío in quello anno
de la nostra indizione, ciò è de li
anni Domini, in cui lo perfetto numero
era compiuto nove volte in quello
centinaio, nel quale in questo mondo
ella fue posta: ed ella fue de li
cristiani del terzodecimo centinaio.
cap. I |
primo incontro |
Beatrice era quasi
dal principio del suo anno
nono |
cap. II |
secondo incontro |
la rivide dopo
che fuoro passati tanti dì,
che appunto eran compiuti li
nove anni dopo il primo
incontro |
cap. II |
primo saluto |
l'ora era
fermamente nona di quel giorno |
cap. III |
visione di
Beatrice |
nella prima
ora delle nove ultime ore de
la notte |
cap. VI |
serventese |
non sofferse
lo nome della sua donna stare,
se non in sul nove, tra li
nomi di queste donne |
cap. XII |
riacquista il
saluto di Beatrice |
gli
apparve ne la nona ora del
dìe |
cap. XXIII |
visione in
cui sente vicina la morte di
Beatrice |
l'ebbe nel
nono giorno della sua
malattia |
cap. XXVIII |
nella data
della morte di Beatrice |
il numero
nove pare ch'avesse molto
luogo: |
cap XXIX |
data della
morte di Beatrice |
- secondo
la cronologia arabica: prima
ora del nono giorno del mese,
- secondo
la cronologia siriaca: nel
nono mese de l'anno,
- secondo
la cronologia cristiana:
in quello anno in cui lo
perfetto numero era compiuto
nove volte in quello centinaio
nel quale in questo mondo ella
fue posta |
cap. XXXIX |
visione di
Beatrice che appare giovane
in simile etade a quella
in cui l'aveva vista per la
prima volta |
accade quasi
ne l'ora nona |
Alcuni hanno
affermato che questo ricorrere del
numero nove non corrisponde ad una
condizione di fatti reali, ma Dante
cerca di rendere ragione di tutti questi
nove, e la spiegazione che più gli
piace è quella che essi significhino
che Beatrice è un miracolo, la cui
radice è solamente la mirabile
Trinitade (cap. XXIX). Dante aveva
osservato la presenza del numero nove
nell'età propria e in quella di
Beatrice al momento del primo incontro;
aveva notato la coincidenza dell'essersi
incontrato nuovamente con lei dopo altri
nove anni e che il nome di Beatrice
occupava il nono posto nell'elenco delle
donne enumerate nel sirventese in onore
delle sessanta donne più belle di
Firenze (a noi non pervenuto).
Quando
comincia a narrare le vicende del suo
amore, si persuade che il ricorrere del
numero nove non può essere fortuito, ma
dipende dalla natura mirabile della
donna. Per questo ne cerca la presenza
anche in talune circostanze in cui non
c'è, come il nove della prima visione e
quelli della data della morte di
Beatrice nel cap. XXIX, non proprio
corrispondenti alla realtà, anche se ci
danno la data precisa della morte della
donna, avvenuta il 17 giugno 1290.
In tutto Dante si
mostra un uomo del suo tempo,
profondamente disposto dalle condizioni
generali dello spirito
all'idealizzazione delle più concrete e
determinate realtà dell'essere.