Giovanni Ipavec
Docente di Italiano e Latino
presso il Liceo classico Carlo Alberto di Novara

Introduzione
alla
Gerusalemme Liberata
di
Torquato Tasso

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5. L’ISPIRAZIONE,

5.1. I modelli e le fonti

         Mentre componeva il suo capolavoro, il Tasso era consapevole di cimentarsi in un genere che aveva espresso sin dalla più remota antichità grandi capolavori e non si nascondeva quanto fosse arduo rinnovare i fasti dell’Iliade e dell’Eneide o quelli di un poema che aveva riscosso un immenso successo nel suo stesso secolo: l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.
         La grandezza di uno scrittore si rivela anche nell’umiltà con la quale si accosta alla tradizione letteraria, senza presumere di voler riuscire a tutti i costi innovativo, originale o addirittura rivoluzionario. Nessuno oserebbe negare che la Divina Commedia sia un’opera potentemente originale, frutto di un intelletto e di un estro straordinariamente fecondi e geniali; eppure quante tracce vi si possono scoprire di autori ed opere precedenti, da Virgilio a Ovidio, da Lucano alle leggende medioevali – in particolare dalle visiones, da cui il poeta trasse non pochi spunti per elaborare l’architettura dei suoi regni oltremondani -, per non parlare delle Sacre Scritture e dei testi della filosofia scolastica. Ma tutti i dati di questa multiforme tradizione si combinano mirabilmente nel poema dantesco, quasi a costituire una sorta di robusto impiantito su cui il poeta innalza le pareti del nuovo edificio. Non deve quindi meravigliare e neppure attirare all’autore l’accusa di scarsa originalità la presenza nella Gerusalemme liberata di debiti, per così dire, letterari, frutto di letture attente e meditate. In alcuni casi si tratta di semplici stilemi, in altri di motivi poetici o di veri e propri temi.

         5.2. Le fonti classiche
         La rassegna delle fonti parte doverosamente da Omero, il padre dell’epica. Dall’Iliade sono ripresi i due classici motivi dell’assedio e del duello. Come nel poema omerico, anche in quello del Tasso la vicenda si svolge per la maggior parte sotto le mura di una città assediata – là Troia, qui Gerusalemme - , dall’alto delle quali si osserva l’esercito nemico e si assiste ad episodi di valore. E’ significativa, ad esempio, l’analogia tra i canti terzi dei due poemi: nell’Iliade è Elena che, dall’alto di una torre, indica al re Priamo i principali guerrieri greci; nella Liberata svolge questa funzione di presentatrice Erminia, che, ella pure dall’alto di una torre, fornisce al re Aladino informazioni sull’identità e sulle caratteristiche dei campioni cristiani. Della felice vena descrittiva del Tasso in materia di duelli e fatti d’arme si è già trattato a proposito del Rinaldo. Qui gioverà ricordare che, come nell’Iliade, e successivamente nell’Eneide, un duello pone fine alla vicenda, così nel poema tassesco l’uccisione di Argante ad opera di Tancredi (canto XIX) priva Gesuralemme dell’ultimo baluardo. E si possono individuare analogie pure nelle parole di compianto che gli eroi vinti pronunciano sulla sorte del proprio popolo. Ma l’elemento che più avvicina i tre poemi, quello che maggiormente qualifica la loro appartenenza al genere epico, è sicuramente la glorificazione del passato, come fondamento della presente grandezza: come i Greci avevano trovato le radici della propria unità nella comune partecipazione alla spedizione troiana e i Romani avevano santificato le proprie origini mediante la missione del pius Aeneas, così dalla memoria della vittoriosa crociata i popoli cristiani avrebbero dovuto trarre gli auspici per ritrovare la propria compattezza e unità.
         Un cenno a parte merita l’Odissea, nella quale si ritrovano gli archetipi di ambienti e situazioni cari all’epica cinquecentesca. La "schiavitù" d’amore di Rinaldo nell’isola di Alcina richiama il soggiorno di Ulisse nell’isola di Calipso (o in quella di Circe) e una natura meravigliosa fa da sfondo agli amori dei due eroi.
         Dal poema di Virgilio, oltre ai motivi sopra accennati, il Tasso ricavò spunti per creare la fisionomia poetica del personaggio di Goffredo, che forse ingiustamente molta critica ha giudicato scialbo e quasi secondario; in realtà è attorno al pio Goffredo che ruota l’azione degli altri crociati, così come Enea è modello e punto di riferimento per compagni e alleati. L’incipit stesso del poema (Canto l’arme pietose e ‘l capitano) ricalca quello dell’Eneide : Arma virumque cano.
         L’Eneide ispirò la Liberata anche per l’affascinante commistione di motivi epici, lirici e drammatici: si pensi, da un lato, alla tragedia di Didone, che occupa un intero canto del poema; dall’altro allo sfortunato amore di Erminia o alla tragica uccisione di Clorinda da parte di colui che l’ama. Sarebbe troppo lungo, poi, ricordare gli innumerevoli passi del poema che riecheggiano situazioni o, più semplicemente, espressioni, figure (similitudini soprattutto) e stilemi virgiliani, ripresi non solo dall’Eneide, ma anche dalle Egloghe (si pensi al tema bucolico nell’episodio di Erminia fra i pastori). L’imitazione di Virgilio non è mai pedissequa, ma frutto di rielaborazione, e appare combinata, in una sorta di contaminatio, con riprese derivate da altre fonti, sia antiche (Omero, Tibullo…) sia più recenti (Dante, Petrarca). Tale ricchezza di riferimenti fu molto apprezzata dai contemporanei del Tasso, che in alcuni casi giudicarono l’imitazione superiore all’originale (così il Gustavini nel 1592).
         A Virgilio il Tasso si rifà anche per ciò che concerne il tono, costantemente elevato e sublime, volendo anche in questo – oltre che nella scelta della materia storica e nel perseguimento dell’intento morale – differenziarsi dalla precedente epica rinascimentale (Boiardo, Ariosto), nella quale avevano larga parte il comico e il grottesco. Sempre a moduli virgiliani, infine, si ispira l’autore della Liberata per la rappresentazione del "meraviglioso", che non è fiabesco, come nell’Ariosto, ma religioso e cristiano: il divino tassesco assume spesso tratti e aspetti dell’Olimpo virgiliano, privato naturalmente di qualsiasi connotazione mitologica. Ma va anche precisato che il poema del Tasso modifica notevolmente, con conseguenze che coinvolgono l’intero sviluppo della vicenda, il pregetto virgiliano per quanto riguarda la forza soprannaturale d’opposizione: nell’Eneide essa è rappresentata da Giunone, che frappone ostacoli alla missione di Enea e che tuttavia alla fine è persuasa da Giove stesso ad acconsentire all’affermazione di Enea nel Lazio; nella Liberata invece ad avversare l’impresa dei crociati sono le forze dell’Inferno, presentate fin dalla prima ottava come irriducibili, per quanto destinate alla sconfitta.
         Si potrebbero citare diversi altri poeti classici dai quali il Tasso attinse elementi stilistici di vario genere; senza voler entrare nei dettagli, basterà ricordare i lirici (Catullo, l’Orazio dei Carmina) e più in particolare gli elegiaci (Properzio, Tibullo, Ovidio).
         Le fonti medioevali e umanistiche - Già si è detto, a proposito del Rinaldo, quanto debba la Liberata al modello cortese-cavalleresco espresso dal ciclo bretone. Quanto alla grande tradizione letteraria italiana, essa non mancò naturalmente di esercitare un influsso determinante sulle scelte poetiche del Tasso. Dante e Petrarca erano autori ormai consacrati come "classici" e, come tali, letti, imitati, discussi, specialmente il secondo in virtù della sua elezione a modello da parte di Pietro Bembo.
         Profonda, si potrebbe dire quasi capillare, è la conoscenza che il Tasso dimostra di possedere del poema dantesco, a giudicare dai frequenti riferimenti alla Commedia presenti nella Liberata. Dante gli ispirò in particolare immagini e allegorie inerenti al tema religioso. Si consideri, a titolo d’esempio, la frequenza di echi e suggestioni dantesche nell’episodio della purificazione di Rinaldo sul monte Oliveto (canto XVIII, ottave 11-17). L’alba è imminente (12,3-4: "…l’oriente rosseggiar si vede / ed anco è il ciel d’alcuna stella adorno") quando il guerriero si accinge all’ascensione del sacro monte, la quale rappresenta già di per sé un cammino di purificazione: è evidente l’analogia con il viaggio purgatoriale di Dante, che ha inizio all’alba (Purg. I, 115-117), l’ora della speranza che risorge, ed è costituito dall’ascensione di una montagna sacra, il Purgatorio appunto, con effetti di purificazione e di redenzione. Rinaldo indossa una sopravesta di color cinerino (11,6; 16,1-2: "…le sue spoglie / …parean cenere al colore "), che è simbolo di penitenza e richiama il colore della veste del dantesco angelo portinaio, che ha il compito di amministrare il sacramento della penitenza al contrito pellegrino (Purg. IX, 115-117). Durante la salita alza gli occhi per contemplare quelle mattutine / bellezze incorrottibili e divine (12,7-8) e fra sé medita sulla stoltezza degli uomini, che sembrano insensibili ad un così meraviglioso spettacolo. Simile nella sostanza è il senso dell’apostrofe che Virgilio rivolge all’umanità nel finale del canto XIV del Purgatorio (vv. 148-151). Il crociato quindi, prima di rivolgere la sua preghiera a Dio, le luci fissò nell’Oriente (14,4), similmente all’anima che, nella valletta del Purgatorio, ficcando gli occhi verso l’oriente (Purg. VIII, 11) intona l’inno Te lucis ante; poi implora la grazia di Dio "sì che ‘l mio vecchio Adam purghi e rinovi " (cfr. Purg. IX, 10). Il rito di purificazione consiste nell’abluzione con la rugiada tanto per Rinaldo (15,6-8) quanto per Dante (Purg. I, 121-127). I due espianti ne vengono rigenerati come da un secondo battesimo, riacquistando un colore puro (16,1-4; cfr. Purg. I, 128-129). Il candore delle spoglie rinnovate di Rinaldo ricorda quello della veste dell’angelo nocchiero in Purg. II, 16-24 e la similitudine del fiore che riacquista freschezza grazie alla rugiada del mattino (16,5-8) richiama alla mente la celebre similitudine dei fioretti in Inf. II, 127-129. Inoltre, prima di avviarsi su per il monte, Rinaldo penitente si confessa a Pietro l’Eremita (9, 3-4), così come Dante, prima di iniziare il cammino di espiazione nel Purgatorio vero e proprio, si prostra davanti all’angelo confessore e sale i tre gradini che simboleggiano la perfetta penitenza (Purg. IX, 94-111). Entrambi i personaggi, infine, si lasciano guidare nel loro cammino dal sole, simbolo evidente della Grazia di Dio che illumina le vie del peccatore verso la redenzione (14,4; 15,1-2; cfr. Purg. I, 106-108 e XIII, 16-21).
         Quanto al modello petrarchesco, occorre tener presente che tutta la produzione lirica del Cinquecento è caratterizzata da una vera e propria dipendenza tematica e formale dal Canzoniere. Al Tasso non si pone l’esigenza di un’imitazione a livello formale dato che la Gerusalemme liberata, pur accogliendo nella propria struttura motivi di carattere lirico, è un poema eroico e deve obbedire piuttosto ai canoni della tradizione epica; di altra natura è il fascino che il poeta aretino esercita sul Tasso e se ne tratterà più diffusamente nel capitolo dedicato ai temi della Liberata. E’ con la personalità stessa del Petrarca che il Tasso sente di avere affinità, con quel tormentoso e irrisolto dissidio tra anelito religioso e impulso dei sensi, ovvero tra dovere morale e passione amorosa, che caratterizza nella Gerusalemme liberata la parabola di un protagonista come Rinaldo e suggerisce all’autore alcuni tratti psicologici di altri personaggi quali Tancredi o Erminia. Ma il Petrarca fornisce al Tasso anche spunti per motivi poetici di carattere elegiaco. E’ abbastanza evidente, ad esempio, l’analogia tra G.L. VII, ott. 21 e Canzoniere CXXVI, 27-39: come Francesco anche Erminia ipotizza il pianto dell’essere amato sulla propria tomba, anche se si accontenta "di poche lagrimette e di sospiri ".
         Un ultimo cenno, in merito al reperimento delle fonti, va dedicato ai poeti dell’età umanistico – rinascimentale. Notevole fu la suggestione che l’Ariosto, ultimo grande esponente della poesia rinascimentale, esercitò sul Tasso sia attraverso l’Orlando furioso sia con le Rime. Né vanno dimenticati, sempre nell’ambito dei generi lirico ed epico, il Boiardo e il Poliziano, nell’ambito storiografico il Machiavelli e il Guicciardini, oltre a diversi altri autori di opere storiche, grazie alle quali il Tasso può risalire ai grandi storici dell’età classica, in primis Livio e Tacito. La lezione degli storici si traduce, nel testo della Liberata, soprattutto in una sapiente alternanza di narrazioni e discorsi diretti, nonché in un’efficace rappresentazione delle azioni belliche.
         Circa le fonti dirette della materia del poema (la prima crociata) si è già detto. Il Tasso lesse l’Historia rerum in partibus transmarinis gestarum di Guglielmo di Tiro (XII sec.) in una ristampa del 1549.

6. LA STRUTTURA E LA TRAMA

         La Gerusalemma liberata è un poema epico composto da venti canti in ottave di endecasillabi. Ne è argomento la fase finale della prima crociata, che si conclude con la conquista di Gerusalemme. Dopo lo scontro decisivo tra le forze cristiane e l’esercito egiziano accorso a dar man forte agli assediati, la Città Santa è presa d’assalto ed espugnata. L’ultima resistenza dei musulmani, asserragliati nella torre di David col re Aladino e con Solimano, capo dei predoni arabi, è vinta e Goffredo entra da trionfatore nel tempio, dove scioglie il voto davanti al Santo Sepolcro di Cristo.
         Non è il caso di soffermarsi sulle numerose inesattezze storiche del racconto giacché, come si è chiarito nei capitoli precedenti, al poeta è concessa una libertà che allo storico non è consentita: mentre quest’ultimo è vincolato dalla fedeltà alle fonti, il primo può spaziare nel campo della finzione letteraria, attenendosi unicamente al criterio del verosimile.
         La materia è distribuita nei venti canti in modo disuguale (il numero medio di ottave per canto è vicino a cento: il XV, che è il più breve, ne conta 66; il XX, il più lungo, 144) e, come ha acutamente rilevato il critico Ezio Raimondi, è strutturata nel suo svolgimento secondo il modello della tragedia classicistica, che prevede una divisione in cinque atti. Questa ripartizione, che costituisce un’ulteriore conferma dell’avvicinamento dei generi epico e tragico nel secondo Cinquecento, non è esplicita – Tasso non ne fa cenno - , ma si coglie con chiarezza e senza forzature ad un’attenta lettura del poema. Si propone qui di seguito un compendio della trama per atti e per canti (per un’esposizione più particolareggiata si veda l’appendice).

6.1 Atto I (canti I-III)
         Gerusalemme
         Dopo il proemio la scena si apre sull’accampamento cristiano, dove Goffredo viene eletto comandante supremo dell’esercito [I], quindi si sposta all’interno della città di Gerusalemme. Qui si svolge il drammatico episodio di Olindo e Sofronia: la donna, per evitare rappresaglie ai danni della comunità cristiana, si è accusata del furto di un’icona della Vergine, che il re Aladino aveva fatto sottrarre al tempio dei cristiani e collocare in una moschea; viene pertanto condannata al rogo. Olindo, segretamente innamorato di lei, si autoaccusa nel tentativo di salvarla, ma invano. Interviene la vergine guerriera Clorinda, che ottiene dal re la liberazione dei due giovani, promettendogli in cambio il proprio aiuto in guerra [II]. L’esercito crociato giunge finalmente sotto le mura di Gerusalemme e si scontra subito con il nemico; rifulge il valore di Argante e di Clorinda tra i pagani, di Tancredi e Rinaldo tra i cristiani [III].

6.2. Atto II (canti IV-VIII)
         Cielo e inferno, amore e guerra
         La scena si apre sugli abissi infernali, dove le forze del male congiurano contro l’esercito cristiano. Il re di Damasco, il mago Idraote, invia nel campo crociato la bellissima nipote Armida, la quale, dichiarandosi perseguitata e bisognosa di protezione, getta lo scompiglio tra i guerrieri, molti dei quali sono sedotti dal suo fascino e trascurano per lei i propri doveri [IV]. In un diverbio Rinaldo, il più valoroso tra i cavalieri cristiani, uccide Gernando e si dà alla fuga [V]. Tancredi, che è innamorato di Clorinda e amato dalla principessa saracena Erminia, viene ferito in duello da Argante. Erminia vorrebbe raggiungerlo di nascosto nella sua tenda per curarlo, ma, scoperta e scambiata per Clorinda, è costretta ad una fuga precipitosa [VI], che la porta nel mondo idillico dei pastori, dove soggiorna per qualche tempo alla ricerca di un’impossibile serenità. Intanto la situazione volge al peggio per i cristiani: Tancredi con altri valorosi guerrieri finisce prigioniero di Armida in un castello incantato e i demoni scatenano le forze della natura contro il campo crociato [VII]; Sveno muore eroicamente ucciso da Solimano e Goffredo è accusato di aver fatto uccidere Rinaldo, di cui vengono mostrate le armi e le vesti sporche di sangue, e solo con l’aiuto del Cielo riesce a sedare una rivolta scoppiata all’interno dell’accampamento [VIII].

6.3. Atto III (canti IX-XII)
        La sofferenza
         Entrano direttamente in campo le forze infernali e quelle celesti: la furia Aletto con uno stuolo di diavoli guida Solimano in un attacco al campo crociato, ma intervengono vittoriosamente l’arcangelo Michele e cinquanta guerrieri sfuggiti alla prigionia di Armida grazie a Rinaldo [IX]. Solimano è salvato dal mago Ismeno, che lo rende invisibile e lo trasporta nella reggia di Aladino, mentre Goffredo si fa raccontare dai cinquanta cavalieri le loro vicissitudini e ha la conferma che Rinaldo è vivo [X]. Decide quindi di sferrare un attacco alle mura di Gerusalemme, servendosi di una torre mobile che consenta di scalare le fortificazioni, ma l’attacco viene respinto e i musulmani effettuano una sortita infliggendo danni e perdite al nemico [XI]. Nella notte Clorinda, dopo aver incendiato con Argante la torre mobile, rimane chiusa fuori e non riesce a rientrare nella città; viene così raggiunta da Tancredi, che non l’ha riconosciuta e la sfida a duello. Ferita a morte, prima di spirare la vergine guerriera chiede e ottiene dal suo uccisore il battesimo [XII].

6.4. Atto IV (canti XIII-XVII)
         La riscossa
         Invano i cristiani tentano di ricostruire la torre col legname della selva di Saron: il mago Ismeno ha stregato la foresta, popolandola di fantasmi che impediscono a chiunque di avvicinarsi. Contemporaneamente una terribile siccità si abbatte sul campo cristiano, gettandolo nello sconforto. La provvidenziale caduta della pioggia segna la fine delle sofferenze e l’inizio della riscossa [XIII]. Goffredo, illuminato da un sogno, decide di perdonare Rinaldo e invia sulle sue tracce Carlo e Ubaldo [XIV]. Grazie alle informazioni del mago di Ascalona i due guerrieri, dopo un viaggio irto di pericoli [XV], giungono nel meraviglioso giardino di Armida, dove trovano Rinaldo accecato dalla passione e completamente soggiogato dalla maga. L’eroe, richiamato ai suoi doveri, abbandona Armida, che tenta disperatamente di trattenerlo dichiarandogli il suo amore [XVI], e ritorna al campo, dopo aver ottenuto una nuova armatura dal mago di Ascalona. Nel frattempo le truppe egiziane sono accorse in aiuto degli assediati. L'atto si chiude con la visione delle future glorie della casata d’Este, di cui sarà capostipite Rinaldo [XVII].

6.5. Atto V (canti XVIII-XX)
         Il trionfo
         Pentito e riaccolto nell’esercito come un salvatore predestinato dal Cielo, Rinaldo si confessa a Pietro l’Eremita, che lo invita a compiere un’ascensione solitaria sul monte Oliveto per purificarsi delle sue colpe. Riacquistata la Grazia di Dio, l’eroe spezza l’incantesimo della selva di Saron, permettendo ai cristiani di ricostruire la torre d’assedio. I crociati vincono la battaglia decisiva, espugnano le mura e dilagano nella Città Santa [XVIII]. L’ultimo grande oppositore, Argante, è ucciso in duello da Tancredi, che rimane ferito e viene amorevolmente assistito da Erminia, mentre Solimano e Aladino si rifugiano nella torre di David [XIX]. Nello scontro finale contro gli Egiziani rifulge il valore di Rinaldo, col quale si ricongiunge Armida, fattasi cristiana. Le ultime resistenze sono vinte: morti Solimano, Aladino e tutti i campioni pagani, Goffredo entra da liberatore nel tempio del Santo Sepolcro e scioglie il voto [XX].

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© 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 17 novembre, 1999