Giuseppe Bonghi

INTRODUZIONE

XIV  -  ALLA LUNA
DI GIACOMO LEOPARDI

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          L'idillio fu composto a Recanati nel 1819 o nei primi mesi del 1820 e pubblicato per la prima volta sul "Nuovo Ricoglitore" nel 1825 con il titolo La ricordanza.

Parafrasi - "O luna benevola, ricordo che un anno fa venivo su questo colle (Tabor) a rimirarti; e tu brillando sovrastavi su quella selva , dall'alto come ora rischiarandola tutta; ma il tuo volto appariva velato e tremolante per il pianto che mi sorgeva dagli occhi, perché piena d'affanni era la mia vita, o mia diletta luna. Ed ora anche il ricordo mi giova e il ripercorrere con la memoria l'età del mio dolore. Oh come ritorna grato nel tempo giovanile, quando ancor lunga è la speranza e breve il corso della memoria, ricordare le cose passate, anche se tristi, e l'affanno dura ancora nel presente"

Struttura - Possiamo dividere l'idillio in tre parti che presentano una certa autonomia e compattezza, ma sono intimamente fusi l'un l'altro. Importante è la comprensione dei due elementi principali che compongono la poesia: spazio (prima parte) e tempo (seconda parte), che si presentano in un profondo equilibrio armonico, nel quale equilibrio viene evidenziata una perfetta contiguità, cioè una vicinanza realistica, tra i due elementi che sono fusi da un senso fondamentale di dolorosità:

1) vv. 1-5 prima parte - equilibrio spaziale: spazio finito, rappresentato dalla selva illuminata da una luce velata e dal colle Tabor, e spazio infinito, rappresentato dalla luna che dall'alto tutto illumina con una luce ovattata e lattiginosa, velata dalle lagrime che scendono dagli occhi piangenti; il mondo infinito esercita uno straordinario fascino sul mondo finito e limitato: luna, finito, infinito, notturno, ricordanza, tempo giovanile sonotutti elementi che diventano già fondamentali nella poesia leopardiana.

2) vv. 6-10 seconda parte - equilibrio temporale: il momento presente che mette in moto il ricordo del tempo passato; fra i due momenti sembra non esserci frattura: è passato un anno ma non è cambiato nulla: il dolore è sempre lo stesso. Anche se nella gioventù grande è ancora la speranza e la fede in un futuro roseo e appagante e poche le cose da ricordare visto l'ancor breve corso dell'esistenza, quasi familiare è già la sensazione di dolore che avvolge l'anima del poeta in un'atmosfera ormai nebulosa e travagliosa.

3) vv. 10-16 terza parte - la ricordanza: il noverar, il rimembrar il passato e l'età del dolore "giova", è dolce ricordare nella gioventù le cose passate anche quando sono tristi e la loro tristezza non si è ancora spenta ma dura tuttora nel presente avvolgendo tutta l'esistenza in un travaglio che dura infinito anche quando il cammino della vita futura è ancora lungo e pieno di speranza e le cose da ricordare sono ancora poche: è dolce il ricordo come dolce è il naufragare nel mare dell'infinito.

         In questo idillio, come ne L'INFINITO, domina ciò che dona giovamento allo spirito facendogli riacquistare quell'equilibrio che può essere drammaticamente spezzato dal dolore. Qui il dolore e la dolcezza coesistono senza mai venire in contrasto, uniti proprio dal rimembrare che super il dolore e provoca la dolcezza.
         Un sentimento è comune a spazio e tempo: l'angoscia del poeta che contempla la luna dall'alto del monte Tabor mentre illumina la natura circostante e ricorda che anche l'anno prima in quello stesso punto 1 aveva contemplata: ma nulla è nel frattempo mutato, le stesse cose agitano ancora la sua anima, né c'è la speranza che qualcosa nel futuro possa mutare in piacere e in felicità.

Fonti - È un idillio che presenta le immagini unite sul filo della memoria: il colle dell'Infinito, la luna che rischiara la selva nella notte, il dolore senza mutamenti per la vita presente, il ricordo del tempo trascorso che allevia il dolore del presente. "Siccome le impressioni, così le ricordanze della fanciullezza in qualunque età sono più vive che quelle di qualunque altra età. E son piacevoli per la loro vivezza anche le ricordanze d'immagini e di cose che nella fanciullezza ci erano dolorose, o spaventose, ecc. E per la stessa ragione ci è piacevole nella vita anche la ricordanza dolorosa, e quando bene la cagion del dolore non sia passata, e quando pure la ricordanza lo cagioni o l'accresca come la morte dei nostri cari, il ricordarsi del passato, ecc " (Zib. 198 7-8).
         In un altro passo, che troviamo sempre nello Zibaldone (pag. 60) è scritto: "È pure una bella illusione quella degli anniversari quantunque quel piano non abbia niente più che fare col passato [...] e ci pare veramente che quelle tal cose che sono morte per sempre né possono più tornare, tuttavia rivivano e siano presenti come in ombra, cosa che ci consola infinitamente allontanandoci l'idea della distruzione e annullamento che tanto ci ripugna, e illudendoci sulla presenza di quelle cose che vorremmo presenti effettivamente e di cui pur ci piace di ricordarci con qualche speciale circostanza; come (chi) va sul luogo ove sia accaduto qualche fatto memorabile, e dice qui è successo... ".
         Vivo è il ricordo del tempo passato, perché, come "le impressioni, così le ricordanze della fanciullezza in qualunque età, sono più vive che quelle di qualunque altra età. E son piacevoli per la loro vivezza, anche le ricordanze d'immagini e di cose che nella fanciullezza ci erano dolorose, o spaventose ec. E per la stessa ragione ci è piacevole nella vita anche la ricordanza dolorosa, e quando bene la cagion del dolore non sia passata, e quando pure la ricordanza lo cagioni o l'accresca, come nella morte de' nostri cari, il ricordarsi del passato ec. (Zib., 25. Ott. 1821.)".

Il 1819 - Fu un anno importante per Leopardi; importante per la tentata fuga da Recanati, organizzata all'insaputa dei genitori e scoperta casualmente e per il suo fallimento, che narriamo nella biografia. Il fallimento fu un colpo per Leopardi, perché non investì tanto l'atto in sè, che poteva avere magari anche scarsa importanza, ma interessò l'intera visione della vita che in quel momento avea il giovane poeta: il destino stesso lo teneva segregato in Recanati e le sue forze erano nulle per potersene liberare. Come per L'INFINITO, quanto potè influire questo avvenimento sulla composizione dell'idillio? O l'idillio era in definitiva un rifugio per resistere alle brutture che il destino gli preparava quotidianamente?
         Leggendo Leopardi ci siamo moderatamente convinti che la composizione di un idillio e la rilettura degli stessi idilli anche a distanza di anni, come ebbe lui stesso a dichiarare nello Zibaldone, a Leopardi serviva come momento per raddolcire il suo presente:

                            E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore.

(Alla Luna)

 

E il naufragar m'è dolce in questo mare.
(L'Infinito)


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© 1999 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 01 febbraio 1999