Giovanni Boccaccio
Decameron
Nona giornata
Conclusione
Quanto di questa novella si ridesse, meglio dalle donne
intesa che Dioneo non voleva, colei sel pensi che ancora ne riderà. Ma, essendo le
novelle finite e il sole già cominciando ad intiepidire, e la reina, conoscendo il fine
della sua signoria esser venuto, in piè levatasi e trattasi la corona, quella in capo
mise a Panfilo, il quale solo di così fatto onore restava ad onorare; e sorridendo disse:
- Signor mio, gran carico ti resta, sì come è l'avere il mio difetto e degli altri che
il luogo hanno tenuto che tu tieni, essendo tu l'ultimo, ad ammendare, di che Iddio ti
presti grazia, come a me l'ha prestata di farti re.
Panfilo, lietamente l'onor ricevuto, rispose: - La vostra
virtù e degli altri miei sudditi farà sì che io, come gli altri sono stati, sarò da
lodare -. E secondo il costume de'suoi predecessori col siniscalco delle cose opportune
avendo disposto, alle donne aspettanti si rivolse e disse: - Innamorate donne, la
discrezion d'Emilia, nostra reina stata questo giorno, per dare alcun riposo alle vostre
forze, arbitrio vi diè di ragionare quel che più vi piacesse. Per che, già riposati
essendo, giudico che sia da ritornare alla legge usata; e per ciò voglio che domane
ciascuna di voi pensi di ragionare sopra questo, cioè: di chi liberalmente ovvero
magnificamente alcuna cosa operasse intorno a'fatti d'amore o d'altra cosa. Queste cose e
dicendo e udendo, senza dubbio niuno gli animi vostri ben disposti a valorosamente
adoperare accenderà; ché la vita nostra, che altro che brieve esser non puote nel mortal
corpo, si perpetuerà nella laudevole fama; il che ciascuno che al ventre solamente, a
guisa che le bestie fanno, non serve, dee, non solamente desiderare, ma con ogni studio
cercare e operare.
La tema piacque alla lieta brigata, la quale con licenzia
del nuovo re tutta levatasi da sedere, agli usati di letti si diede, ciascuno secondo
quello a che più dal desidero era tirato; e così fecero insino all'ora della cena. Alla
quale con festa venuti, e serviti diligentemente e con ordine, dopo la fine di quella si
levarono a'balli costumati, e forse mille canzonette più sollazzevoli di parole che di
canto maestrevoli, avendo cantate, comandò il re a Neifile che una ne cantasse a suo
nome. La quale, con voce chiara e lieta, così piacevolmente e senza indugio incominciò:
Io mi son giovinetta, e volentieri m'allegro e canto en la stagion novella, merzé d'amore e de'dolci pensieri. Io vo pe'verdi prati riguardando De' quai quand'io ne truovo alcun che sia, E quel piacer, che di natura il fiore Li quai non escon già mai del mio petto, |
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Assai fu e dal re e da tutte le donne commendata la canzonetta di Neifile; appresso alla quale, per ciò che già molta notte andata n'era, comandò il re che ciascuno per infino al giorno s'andasse a riposare.
Finisce la nona giornata del Decameron.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della settima giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998