Giovanni Boccaccio
Decameron
Ottava giornata
Conclusione
Come Dioneo ebbe la sua novella finita, così Lauretta,
conoscendo il termine esser venuto oltre al quale più regnar non dovea, commendato il
consiglio di Pietro Canigiano che apparve dal suo effetto buono, e la sagacità di
Salabaetto che non fu minore a mandarlo ad esecuzione, levatasi la laurea di capo, in
testa ad Emilia la pose, donnescamente dicendo: - Madonna, io non so come piacevole reina
noi avrem di voi, ma bella la pure avrem noi; fate adunque che alle vostre bellezze
l'opere sien rispondenti- ; e tornossi a sedere.
Emilia, non tanto dell'esser reina fatta, quanto
dell'udirsi così in pubblico commendare di ciò che le donne sogliono essere più vaghe,
un pochetto si vergognò, e tal nel viso divenne qual in su l'aurora son le novelle rose.
Ma pur, poi che avendo alquanto gli occhi tenuti bassi ebbe il rossore dato luogo, avendo
col suo siniscalco de'fatti pertinenti alla brigata ordinato, così cominciò a parlare: -
Dilettose donne, assai manifestamente veggiamo che, poi che i buoi per alcuna parte del
giorno hanno faticato sotto il giogo ristretti, quegli esser dal giogo alleviati e
disciolti, e liberamente, dove lor più piace, per li boschi lasciati sono andare alla
pastura; e veggiamo ancora non esser men belli, ma molto più, i giardini di varie piante
fronzuti, che i boschi ne'quali solamente querce veggiamo; per le quali cose io estimo,
avendo riguardo quanti giorni sotto certa legge ristretti ragionato abbiamo, che, sì come
a bisognosi, di vagare alquanto, e vagando riprender forze a rientrar sotto il giogo, non
sola mente sia utile ma opportuno. E per ciò quello che domane, seguendo il vostro
dilettevole ragionare, sia da dire, non intendo di ristrigneni sotto alcuna spezialità,
ma voglio che ciascun secondo che gli piace ragioni, fermamente tenendo che la varietà
delle cose che si diranno non meno graziosa ne fia che l'avrete pur d'una parlato; e così
avendo fatto, chi appresso di me nel reame verrà, sì come più forti, con maggior
sicurtà ne potrà nelle usate leggi ristrignere.
E detto questo, infino all'ora della cena libertà
concedette a ciascuno.
Commendò ciascun la reina delle cose dette, sì come
savia; e in piè drizzatisi, chi ad un diletto e chi ad un altro si diede: le donne a far
ghirlande e a trastullarsi, i giovani a giucare e a cantare, e così infino all'ora della
cena passarono; la quale venuta, intorno alla bella fontana con festa e con piacer
cenarono; e dopo la cena al modo usato cantando e ballando un gran pezzo si trastullarono.
Alla fine la reina, per seguire de'suoi predecessori lo
stilo, non ostanti quelle che volontariamente da più di loro erano state dette, comandò
a Panfilo che una ne dovesse cantare. Il quale così liberamente cominciò:
Tanto è, Amore, il bene ch'io per te sento e l'allegrezza e 'l gioco ch'io son felice ardendo nel tuo foco. L'abbondante allegrezza ch'è nel
core Io non so col mio canto dimostrare, Chi potrebbe estimar che le mie braccia |
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La canzone di Panfilo aveva fine, alla quale quantunque per tutti fosse compiutamente risposto, niun ve n'ebbe che, con più attenta sollecitudine che a lui non apparteneva, non notasse le parole di quella, ingegnandosi di quello volersi indovinare che egli di convenirgli tener nascoso cantava. E quantunque vari varie cose andassero imaginando, niun per ciò alla verità del fatto pervenne. Ma la reina, poi che vide la canzone di Panfilo finita, e le giovani donne e gli uomini volentier riposarsi, comandò che ciascuno se n'andasse a dormire.
Finisce l'ottava giornata del Decameron.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della settima giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998