Giovanni Boccaccio
Decameron
Ottava giornata
Novella prima
Gulfardo prende da Guasparruolo denari in prestanza, e con la moglie di lui accordato di dover giacer con lei per quegli, sì gliele dà, e poi in presenzia di lei a Guasparruolo dice che a lei gli diede, ed ella dice che è il vero.
Se così ha disposto Iddio che io debba alla presente
giornata dare con la mia novella cominciamento, ed el mi piace. E per ciò, amorose donne,
con ciò sia cosa che molto detto si sia delle beffe fatte dalle donne agli uomini, una
fattane da uno uomo ad una donna mi piace di raccontarne, non già perché io intenda in
quella di biasimare ciò che l'uom fece o di dire che alla donna non fosse bene investito,
anzi per commendar l'uomo e biasimare la donna, e per mostrare che anche gli uomini sanno
beffare chi crede loro, come essi da cui egli credono son beffati; avvegna che, chi
volesse più propriamente parlare, quello che io dir debbo non si direbbe beffa, anzi si
direbbe merito; per ciò che, con ciò sia cosa che ciascuna donna debba essere
onestissima e la sua castità come la sua vita guardare, né per alcuna cagione a
contaminarla conducersi; e questo non potendosi così appieno tuttavia, come si
converrebbe, per la fragilità nostra; affermo colei esser degna del fuoco la quale a ciò
per prezzo si conduce; dove chi per amore, conoscendo le sue forze grandissime, perviene,
da giudice non troppo rigido merita perdono, come, pochi dì son passati, ne mostrò
Filostrato essere stato in madonna Filippa osservato in Prato.
Fu adunque già in Melano un tedesco al soldo, il cui nome
fu Gulfardo, pro'della persona e assai leale a coloro ne'cui servigi si mettea, il che
rade volte suole de'tedeschi a venire; e per ciò che egli era nelle prestanze de'denari
che fatte gli erano lealissimo renditore, assai mercatanti avrebbe trovati che per piccolo
utile ogni quantità di denari gli avrebber prestata. Pose costui, in Melan dimorando,
l'amor suo in una donna assai bella, chiamata madonna Ambruogia, moglie d'un ricco
mercatante, che aveva nome Guasparruol Cagastraccio, il quale era assai suo conoscente e
amico; e amandola assai discretamente, senza avvedersene il marito né altri, le mandò un
giorno a parlare, pregandola che le dovesse piacere d'essergli del suo amor cortese, e che
egli era dalla sua parte presto a dover far ciò che ella gli comandasse. La donna, dopo
molte novelle, venne a questa conclusione, che ella era presta di far ciò che a Gulfardo
piacesse, dove due cose ne dovesser seguire: l'una, che questo non dovesse mai per lui
esser manifestato ad alcuna persona; l'altra, che, con ciò fosse cosa che ella avesse per
alcuna sua cosa bisogno di fiorini dugento d'oro, voleva che egli, che ricco uomo era,
gliele donasse, e appresso sempre sarebbe al suo servigio. Gulfardo, udendo la 'ngordigia
di costei, sdegnato per la viltà di lei, la quale egli credeva che fosse una valente
donna, quasi in odio trasmutò il fervente amore, e pensò di doverla beffare, e mandolle
dicendo che molto volentieri e quello e ogn'altra cosa, che egli potesse, che le piacesse;
e per ciò mandassegli pure a dire quando ella volesse che egli andasse a lei, ché egli
gliele porterebbe, né che mai di questa cosa alcun sentirebbe, se non un suo compagno di
cui egli si fidava molto e che sempre in sua compagnia andava in ciò che faceva. La
donna, anzi cattiva femina, udendo questo, fu contenta, e mandogli dicendo che
Guasparruolo suo marito doveva ivi a pochi dì per sue bisogne andare infino a Genova, e
allora ella gliele farebbe assapere e manderebbe per lui.
Gulfardo, quando tempo gli parve, se n'andò a Guasparruolo
e sì gli disse: - Io son per fare un mio fatto, per lo quale mi bisognano fiorini dugento
d'oro, li quali io voglio che tu mi presti con quello utile che tu mi suogli prestare
degli altri -. Guasparruolo disse che volentieri, e di presente gli annoverò i denari.
Ivi a pochi giorni Guasparruolo andò a Genova, come la
donna aveva detto; per la qual cosa la donna mandò a Gulfardo che a lei dovesse venire e
recare li dugento fiorin d'oro. Gulfardo, preso il compagno suo, se n'andò a casa della
donna, e trovatala che l'aspettava, la prima cosa che fece, le mise in mano questi dugento
fiorin d'oro, veggente il suo compagno, e sì le disse: - Madonna, tenete questi denari, e
daretegli a vostro marito quando serà tornato.
La donna gli prese, e non s'avvide perché Gulfardo dicesse
così; ma si credette che egli il facesse, acciò che 'l compagno suo non s'accorgesse che
egli a lei per via di prezzo gli desse. Per che ella disse: - Io il farò volentieri, ma
io voglio vedere quanti sono - ; e versatigli sopra una tavola e trovatigli esser dugento,
seco forte contenta, gli ripose, e tornò a Gulfardo, e lui nella sua camera menato, non
solamente quella volta, ma molte altre, avanti che 'l marito tornasse da Genova, della sua
persona gli sodisfece.
Tornato Guasparruolo da Genova, di presente Gulfardo, avendo
appostato che insieme con la moglie era, se n'andò a lui, e in presenza di lei disse: -
Guasparruolo, i denari, cioè li dugento fiorin d'oro che l'altrier mi prestasti, non
m'ebber luogo, per ciò che io non pote' fornir la bisogna per la quale gli presi; e per
ciò io gli recai qui di presente alla donna tua, e sì gliele diedi; e per ciò dannerai
la mia ragione.
Guasparruolo, volto alla moglie, la domandò se avuti gli
avea. Ella, che quivi vedeva il testimonio, nol seppe negare, ma disse: - Mai sì che io
gli ebbi, né me n'era ancora ricordata di dirloti.
Disse allora Guasparruolo: - Gulfardo, io son contento;
andatevi pur con Dio, che io acconcerò bene la vostra ragione.
Gulfardo partitosi, e la donna rimasa scornata diede al
marito il disonesto prezzo della sua cattività; e così il sagace amante senza costo
godé della sua avara donna.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della settima giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe Bonghi -
bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998