Giovanni Boccaccio
Decameron
Quinta Giornata
Novella decima
Pietro di Vinciolo va a cenare altrove; la donna sua si fa venire un garzone; torna Pietro; ella il nasconde sotto una cesta da polli; Pietro dice essere stato trovato in casa d'Ercolano, con cui cenava, un giovane messovi dalla moglie; la donna biasima la moglie d'Ercolano; uno asino per isciagura pon piede in su le dita di colui che era sotto la cesta; egli grida; Pietro corre là, vedelo cognosce lo 'nganno della moglie con la quale ultimamente rimane in concordia per la sua tristezza.
Il ragionare della reina era al suo fine venuto, essendo
lodato da tutti Iddio che degnamente avea guiderdonato Federigo, quando Dioneo, che mai
comandamento non aspettava, incominciò:
Io non so s'io mi dica che sia accidental vizio e per
malvagità di costumi ne' mortali sopravenuto, o se pure è della natura peccato, il rider
più tosto delle cattive cose che delle buone opere, e spezialmente quando quelle cotali a
noi non pertengono. E per ciò che la fatica, la quale altra volta ho impresa e ora son
per pigliare, a niuno altro fine riguarda se non a dovervi torre malinconia, e riso e
allegrezza porgervi, quantunque la materia della mia seguente novella, innamorate giovani,
sia in parte meno che onesta, però che diletto può porgere, ve la pur dirò; e voi,
ascoltandola, quello ne fate che usate siete di fare quando né giardini entrate, che,
distesa la dilicata mano, cogliete le rose e lasciate le spine stare; il che farete,
lasciando il cattivo uomo con la mala ventura stare con la sua disonestà, e liete
riderete degli amorosi inganni della sua donna, compassione avendo all'altrui sciagure,
dove bisogna.
Fu in Perugia, non è ancora molto tempo passato, un ricco
uomo chiamato Pietro di Vinciolo, il quale, forse più per ingannare altrui e diminuire la
generale oppinion di lui avuta da tutti i perugini, che per vaghezza che egli n'avesse,
prese moglie; e fu la fortuna conforme al suo appetito in questo modo, che la moglie la
quale egli prese era una giovane compressa, di pelo rosso e accesa, la quale due
mariti più tosto che uno avrebbe voluti, là dove ella s'avvenne a uno che molto più ad
altro che a lei l'animo avea disposto. Il che ella in processo di tempo conoscendo, e
veggendosi bella e fresca, e sentendosi gagliarda e poderosa, prima se ne cominciò forte
a turbare e ad averne col marito di sconce parole alcuna volta, e quasi continuo mala
vita; poi, veggendo che questo, suo consumamento più tosto che ammendamento della
cattività del marito potrebbe essere, seco stessa disse: - Questo dolente abbandona me,
per volere con le sue disonestà andare in zoccoli per l'asciutto, e io m'ingegnerò di
portare altrui in nave per lo piovoso. Io il presi per marito e diedigli grande e buona
dota, sappiendo che egli era uomo e credendol vago di quello che sono e deono esser vaghi
gli uomini; e se io non avessi creduto ch'e' fosse stato uomo, io non lo avrei mai preso.
Egli che sapeva che io era femina, perché per moglie mi prendeva se le femine contro
all'animo gli erano? Questo non è da sofferire. Se io non avessi voluto essere al mondo,
io mi sarei fatta monaca; e volendoci essere, come io voglio e sono, se io aspetterò
diletto o piacere di costui, io potrò per avventura invano aspettando invecchiare, e
quando io sarò vecchia, ravvedendomi, indarno mi dorrò d'avere la mia giovinezza
perduta, alla qual dover consolare m'è egli assai buono maestro e dimostratore in farmi
dilettare di quello che egli si diletta; il qual diletto fia a me laudevole, dove
biasimevole è forte a lui; io offenderò le leggi sole, dove egli offende le leggi e la
natura -.
Avendo adunque la buona donna così fatto pensiero avuto, e
forse più d'una volta, per dare segretamente a ciò effetto, si dimesticò con una
vecchia, che pareva pur santa Verdiana che dà beccare alle serpi; la quale sempre co'
paternostri in mano andava ad ogni perdonanza, né mai d'altro che della vita de' Santi
Padri ragionava e delle piaghe di san Francesco, e quasi da tutti era tenuta una santa. E
quando tempo le parve, l'aperse la sua intenzion compiutamente; a cui la vecchia disse: -
Figliuola mia, sallo Iddio che sa tutte le cose, che tu molto ben fai; e quando per niuna
altra cosa il facessi, sì 'l dovresti far tu e ciascuna giovane per non perdere il tempo
della vostra giovinezza, perciò che niun dolore è pari a quello, a chi conoscimento ha,
che è d'avere il tempo perduto. E da che diavol siam noi poi, quando noi siam vecchie, se
non da guardare la cenere intorno al focolare? Se niuna il sa o ne può rendere
testimonianza, io sono una di quelle; che ora che vecchia sono, non senza grandissime e
amare punture d'animo conosco, e senza pro, il tempo che andar lasciai; e benché io nol
perdessi tutto (ché non vorrei che tu credessi che io fossi stata una milensa), io pur
non feci ciò che io avrei potuto fare; di che quand'io mi ricordo, veggendomi fatta come
tu mi vedi, che non troverrei chi mi desse fuoco a cencio, Dio il sa che dolore io sento.
Degli uomini non avvien così: essi nascon buoni a mille cose, non pure a questa, e la
maggior parte sono da molto più vecchi che giovani; ma le femine a niuna altra cosa che a
far questo e figliuoli ci nascono, e per questo son tenute care. E se tu non te ne
avvedessi ad altro, sì te ne dei tu avvedere a questo, che noi siam sempre apparecchiate
a ciò, che degli uomini non avviene; e oltre a questo una femina stancherebbe molti
uomini, dove molti uomini non possono una femina stancare. E per ciò che a questo siam
nate, da capo ti dico che tu farai molto bene a rendere al marito tuo pan per focaccia,
sì che l'anima tua non abbia in vecchiezza che rimproverare alle carni. Di questo mondo
ha ciascun tanto quanto egli se ne toglie, spezialmente le femine, alle quali si conviene
troppo più d'adoperare il tempo quando l'hanno, che agli uomini, per ciò che tu puoi
vedere, quando c'invecchiamo, né marito né altri ci vuol vedere anzi ci cacciano in
cucina a dir delle favole con la gatta, e a noverare le pentole e le scodelle; e peggio,
che noi siamo messe in canzone e dicono: - Alle giovani i buon bocconi, e alle vecchie gli
stranguglioni -: e altre lor cose assai ancora dicono. E acciò che io non ti tenga più
in parole, ti dico infino ad ora che tu non potevi a persona del mondo scoprire l'animo
tuo che più utile ti fosse di me; per ciò che egli non è alcun sì forbito, al quale io
non ardisca di dire ciò che bisogna, né sì duro o zotico, che io non ammorbidisca bene
e rechilo a ciò che io vorrò. Fa pure che tu mi mostri qual ti piace, e lascia poi fare
a me; ma una cosa ti ricordo, figliuola mia, che io ti sia raccomandata, per ciò che io
son povera persona, e io voglio infino ad ora che tu sii partefice di tutte le mie
perdonanze e di quanti paternostri io dirò, acciò che Iddio gli faccia lume e candela a'
morti tuoi-; e fece fine.
Rimase adunque la giovane in questa concordia colla
vecchia, che se veduto le venisse un giovinetto, il quale per quella contrada molto spesso
passava, del quale tutti i segni le disse, che ella sapesse quello che avesse a fare; e
datale un pezzo di carne salata, la mandò con Dio. La vecchia, non passar molti dì,
occultamente le mise colui, di cui ella detto l'aveva, in camera, e ivi a poco tempo un
altro, secondo che alla giovane donna ne venivan piacendo, la quale in cosa che far
potesse intorno a ciò, sempre del marito temendo, non ne lasciava a far tratto.
Avvenne che, dovendo una sera andare a cena il marito con
un suo amico, il quale aveva nome Ercolano, la giovane impose alla vecchia che facesse
venire a lei un garzone, che era de'più belli e de'più piacevoli di Perugia; la quale
prestamente così fece. Ed essendosi la donna col giovane posti a tavola per cenare, ed
ecco Pietro chiamò all'uscio che aperto gli fosse.
La donna, questo sentendo, si tenne morta; ma pur volendo,
se potuto avesse, celare il giovane, non avendo accorgimento di mandarlo o di farlo
nascondere in altra parte, essendo una sua loggetta vicina alla camera nella quale
cenavano, sotto una cesta da polli, che v'era, il fece ricoverare, e gittovvi suso un
pannaccio d'un saccone che aveva fatto il dì votare; e questo fatto, prestamente fece
aprire al marito. Al quale entrato in casa ella disse: - Molto tosto l'avete voi
trangugiata questa cena.
Pietro rispose: - Non l'abbiam noi assaggiata.
- E come è stato così?- disse la donna.
Pietro allora disse: - Dirolti: essendo noi già posti a
tavola Ercolano e la moglie e io, e noi sentimmo presso di noi starnutire, di che noi né
la prima volta né la seconda ce ne curammo; ma quegli che starnutito avea, starnutendo
ancora la terza volta e la quarta e la quinta e molte altre, tutti ci fece maravigliare;
di che Ercolano, che alquanto turbato con la moglie per ciò che gran pezza ci avea fatti
stare all'uscio senza aprirci, quasi con furia disse: - Questo che vuol dire? Chi è
questi che così starnutisce? - e levatosi da tavola andò verso una scala la quale assai
vicina v'era, sotto la quale era un chiuso di tavole vicino al piè della scala, da
riporvi, chi avesse voluto, alcuna cosa, come tutto dì veggiamo che fanno far coloro che
le lor case acconciano. E parendogli che di quindi venisse il suono dello starnuto, aperse
un usciuolo il qual v'era, e come aperto l'ebbe, subitamente n'uscì fuori il maggior
puzzo di solfo del mondo, benché davanti, essendocene venuto puzzo e rammaricaticene,
aveva detto la donna: - Egli è che dianzi io imbiancai miei veli col solfo, e poi la
tegghiuzza, sopra la quale sparto l'avea perché il fummo ricevessero, io la misi sotto
quella scala, sì che ancora ne viene -. E poi che Ercolano aperto ebbe l'usciuolo e
sfogato fu alquanto il puzzo, guardando dentro vide colui il quale starnutito avea e
ancora starnutiva, a ciò la forza del solfo strignendolo; e come che egli starnutisse,
gli avea già il solfo sì il petto serrato, che poco a stare avea che né starnutito né
altro non avrebbe mai. Ercolano, vedutolo, gridò: - Or veggio, donna, quello per che poco
avanti, quando ce ne venimmo, tanto tenuti fuor della porta, senza esserci aperto, fummo;
ma non abbia io mai cosa che mi piaccia, se io non te ne pago -. Il che la donna udendo, e
vedendo che '1 suo peccato era palese, senza alcuna scusa fare, levatasi da tavola si
fuggì, né so ove se n'andasse. Ercolano, non accorgendosi che la moglie si fuggia, più
volte disse a colui che starnutiva che egli uscisse fuori; ma quegli, che già più non
poteva, per cosa che Ercolano dicesse non si movea; laonde Ercolano, presolo per l'uno de'
piedi, nel tirò fuori, e correva per un coltello per ucciderlo; ma io, temendo per me
medesimo la signoria, levatomi, non lo lasciai uccidere né fargli alcun male, anzi
gridando e difendendolo, fui cagione che quivi de' vicini trassero, li quali, preso il
già vinto giovane, fuori della casa il portarono non so dove; per le quali cose la nostra
cena turbata, io non solamente non la ho trangugiata, anzi non l'ho pure assaggiata, come
io dissi.
Udendo la donna queste cose, conobbe che egli erano
dell'altre così savie come ella fosse, quantunque talvolta sciagura ne cogliesse ad
alcuna, e volentieri avrebbe con parole la donna d'Ercolano difesa; ma, per ciò che col
biasimare il fallo altrui le parve dovere a' suoi far più libera via, cominciò a dire: -
Ecco belle cose; ecco buona e santa donna che costei dee essere; ecco fede d'onesta donna,
ché mi sarei confessata da lei, sì spirital mi pareva! e peggio, che, essendo ella
oggimai vecchia, dà molto buono essemplo alle giovani. Che maladetta sia l'ora che ella
nel mondo venne, ed ella altressì che viver si lascia, perfidissima e rea femina che ella
dee essere, universal vergogna e vitupero di tutte le donne di questa terra; la quale,
gittata via la sua onestà e la fede promessa al suo marito e l'onor di questo mondo, lui,
che è così fatto uomo e così onorevole cittadino, e che così bene la trattava, per un
altro uomo non s'è vergognata di vituperare, e sé medesima insieme con lui. Se Dio mi
salvi, di così fatte femine non si vorrebbe aver misericordia; elle si vorrebbero
occidere; elle si vorrebbon vive vive mettere nel fuoco e farne cenere.
Poi, del suo amico ricordandosi, il quale ella sotto la
cesta assai presso di quivi aveva, cominciò a confortare Pietro che s'andasse al letto,
per ciò che tempo n'era. Pietro, che maggior voglia aveva di mangiare che di dormire,
domandava pur se da cena cosa alcuna vi fosse.
A cui la donna rispondeva: - Sì, da cena ci ha! Noi siamo
molto usate di far da cena, quando tu non ci se'! Sì, che io sono la moglie d'Ercolano!
Deh che non vai? Dormi per istasera: quanto farai meglio!
Avvenne che, essendo la sera certi lavoratori di Pietro
venuti con certe cose dalla villa, e avendo messi gli asini loro, senza dar lor bere, in
una stalletta la quale allato alla loggetta era, l'un degli asini che grandissima sete
avea, tratto il capo del capestro, era uscito della stalla, e ogni cosa andava fiutando,
se forse trovasse dell'acqua; e così andando s'avvenne per me' la cesta sotto la quale
era il giovinetto. Il quale avendo, per ciò che carpone gli conveniva stare, alquanto le
dita dell'una mano stese in terra fuor della cesta, tanta fu la sua ventura, o sciagura
che vogliam dire, che questo asino ve gli pose su piede; laonde egli, grandissimo dolor
sentendo, mise un grande strido. Il quale udendo Pietro si maravigliò, e avvidesi ciò
esser dentro alla casa; per che, uscito della camera, e sentendo ancora costui
rammaricarsi, non avendogli ancora l'asino levato il piè d'in su le dita, ma premendol
tuttavia forte, disse: - Chi è là? - e corso alla cesta, e quella levata, vide il
giovinetto, il quale, oltre al dolore avuto delle dita premute dal piè dell'asino, tutto
di paura tremava che Pietro alcun male non gli facesse. Il quale essendo da Pietro
riconosciuto, sì come colui a cui Pietro per la sua cattività era andato lungamente
dietro, essendo da lui domandato - che fai tu qui? - niente a ciò gli rispose, ma
pregollo che per l'amor di Dio non gli dovesse far male.
A cui Pietro disse: - Leva su, non dubitare che io alcun
mal ti faccia, ma dimmi, come tu sé qui e perché?
Il giovinetto gli disse ogni cosa. Il qual Pietro, non meno
lieto d'averlo trovato che la sua donna dolente, presolo per mano, con seco nel menò
nella camera nella quale la donna con la maggior paura del mondo l'aspettava; alla quale
Pietro postosi a seder dirimpetto disse: - Or tu maladicevi così testé la moglie
d'Ercolano e dicevi che arder si vorrebbe e che ella era vergogna di tutte voi: come non
dicevi di te medesima? O, se di te dir non volevi, come ti sofferiva l'animo di dir di
lei, sentendoti quel medesimo aver fatto che ella fatto avea? Certo niuna altra cosa vi ti
induceva, se non che voi siete tutte così fatte, e con l'altrui colpe guatate di
ricoprire i vostri falli; che venir possa fuoco da cielo che tutte v'arda, generazion
pessima che voi siete.
La donna, veggendo che nella prima giunta altro male che di
parole fatto non l'avea, e parendole conoscere lui tutto gogolare per ciò che per man
tenea un così bel giovinetto, prese cuore e disse: - Io ne son molto certa che tu
vorresti che fuoco venisse da cielo che tutte ci ardesse, sì come colui che sé così
vago di noi come il can delle mazze; ma alla croce di Dio egli non ti verrà fatto. Ma
volentieri farei un poco ragione con essoteco per sapere di che tu ti ramarichi; e certo
io starei pur bene se tu alla moglie d'Ercolano mi volessi agguagliare, la quale è una
vecchia picchiapetto spigolistra e ha da lui ciò che ella vuole, e tienla cara come si
dee tener moglie, il che a me non avviene. Ché, posto che io sia da te ben vestita e ben
calzata, tu sai bene come io sto d'altro e quanto tempo egli è che tu non giacesti con
meco; e io vorrei innanzi andar con gli stracci in dosso e scalza ed esser ben trattata da
te nel letto, che aver tutte queste cose, trattandomi come tu mi tratti. E intendi
sanamente, Pietro, che io son femina come l'altre, e ho voglia di quel che l'altre; sì
che, perché io me ne procacci, non avendone da te, non è da dirmene male; almeno ti fo
io cotanto d'onore, che io non mi pongo né con ragazzi né con tignosi. -
Pietro s'avvide che le parole non erano per venir meno in
tutta notte; per che, come colui che poco di lei si curava, disse: - Or non più, donna;
di questo ti contenterò io bene; farai tu gran cortesia di far che noi abbiamo da cena
qualche cosa: ché mi pare che questo garzone, altressì ben com'io, non abbia ancor
cenato. -
- Certo no, - disse la donna - che egli non ha ancor
cenato, ché quando tu nella tua mala ora venisti, ci ponavam noi a tavola per cenare. -
- Or va dunque, - disse Pietro - fa che noi ceniamo, e
appresso io disporrò di questa cosa in guisa che tu non t'avrai che ramaricare. -
La donna levata su, udendo il marito contento, prestamente
fatta rimetter la tavola, fece venir la cena la quale apparecchiata avea, e insieme col
suo cattivo marito e col giovane lietamente cenò.
Dopo la cena, quello che Pietro si divisasse a
sodisfacimento di tutti e tre, m'è uscito di mente. So io ben cotanto che la mattina
vegnente infino in su la piazza fu il giovane, non assai certo qual più stato si fosse la
notte o moglie o marito, accompagnato. Per che così vi vo' dire, donne mie care, che chi
te la fa, fagliele; e se tu non puoi, tienloti a mente fin che tu possa, acciò che quale
asin dà in parete tal riceva.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della quinta giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe Bonghi -
bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998