Giovanni Boccaccio
Decameron
Terza Giornata
Introduzione
Incomincia la terza giornata nella quale si ragiona, sotto il reggimento di Neifile, di chi alcuna cosa molto da lui disiderata con industria acquistasse o la perduta ricoverasse.
L'aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il
sole, a divenir rancia, quando la domenica la reina levata e fatta tutta la sua compagnia
levare, e avendo già il siniscalco gran pezzo davanti mandato al luogo dove andar doveano
assai delle cose opportune e chi quivi preparasse quello che bisognava, veggendo già la
reina in cammino, prestamente fatta ogn'altra cosa caricare, quasi quindi il campo levato,
colla salmeria n'andò e colla famiglia rimasa appresso delle donne e de' signori.
La reina adunque con lento passo, accompagnata e seguita
dalle sue donne e dai tre giovani, alla guida del canto di forse venti usignuoli e altri
uccelli, per una vietta non troppo usata, ma piena di verdi erbette e di fiori, li quali
per lo sopravvegnente sole tutti s'incominciavano ad aprire, prese il cammino verso
l'occidente, e cianciando e motteggiando e ridendo colla sua brigata, senza essere andata
oltre a dumilia passi, assai avanti che mezza terza fosse ad un bellissimo e ricco
palagio, il quale alquanto rilevato dal piano sopra un poggetto era posto, gli ebbe
condotti. Nel quale entrati e per tutto andati, e avendo le gran sale, le pulite e ornate
camere compiutamente ripiene di ciò che a camera s'appartiene, sommamente il commendarono
e magnifico reputarono il signor di quello. Poi, a basso discesi, e veduta l'ampissima e
lieta corte di quello, le volte piene d'ottimi vini e la freddissima acqua e in gran copia
che quivi surgea, più ancora il lodarono. Quindi, quasi di riposo vaghi, sopra una loggia
che la corte tutta signoreggiava, essendo ogni cosa piena di quei fiori che concedeva il
tempo e di frondi, postisi a sedere, venne il discreto siniscalco, e loro con
preziosissimi confetti e ottimi vini ricevette e riconfortò.
Appresso la qual cosa, fattosi aprire un giardino che di
costa era al palagio, in quello, che tutto era dattorno murato, se n'entrarono; e parendo
loro nella prima entrata di maravigliosa bellezza tutto insieme, più attentamente le
parti di quello cominciarono a riguardare. Esso avea dintorno da sé e per lo mezzo in
assai parti vie ampissime; tutte diritte come strale e coperte di pergolati di viti, le
quali facevan gran vista di dovere quello anno assai uve fare; e tutte allora fiorite sì
grande odore per lo giardin rendevano, che, mescolato insieme con quello di molte altre
cose che per lo giardino olivano, pareva loro essere tra tutta la spezieria che mai nacque
in oriente; le latora delle quali vie tutte di rosai bianchi e vermigli e di gelsomini
erano quasi chiuse; per le quali cose, non che la mattina, ma qualora il sole era più
alto, sotto odorifera e dilettevole ombra, senza esser tocco da quello, vi si poteva per
tutto andare. Quante e quali e come ordinate poste fossero le piante che erano in quel
luogo, lungo sarebbe a raccontare; ma niuna n'è laudevole, la quale il nostro aere
patisca, di che quivi non sia abondevolmente. Nel mezzo del quale (quello che è non men
commendabile che altra cosa che vi fosse, ma molto più), era un prato di minutissima erba
e verde tanto che quasi nera parea, dipinto tutto forse di mille varietà di fiori, chiuso
dintorno di verdissimi e vivi aranci e di cedri, li quali, avendo i vecchi frutti e i
nuovi e i fiori ancora, non solamente piacevole ombra agli occhi, ma ancora all'odorato
facevan piacere. Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con
maravigliosi intagli. Iv'entro, non so se da natural vena o da artificiosa, per una figura
la quale sopra una colonna che nel mezzo di quella diritta era, gittava tanta acqua e sì
alta verso il cielo, che poi non senza dilettevol suono nella fonte chiarissima ricadea,
che di meno avria macinato un mulino. La qual poi (quella dico che soprabbondava al pieno
della fonte) per occulta via del pratello usciva e, per canaletti assai belli e
artificiosamente fatti, fuori di quello divenuta palese, tutto lo 'ntorniava; e quindi per
canaletti simili quasi per ogni parte del giardin discorrea, raccogliendosi ultimamente in
una parte dalla quale del bel giardino avea l'uscita, e quindi verso il pian discendendo
chiarissima, avanti che a quel divenisse, con grandissima forza e con non piccola utilità
del signore, due mulina volgea.
Il veder questo giardino, il suo bello ordine, le piante la
e la fontana co'ruscelletti procedenti da quella, tanto piacque a ciascuna donna e a' tre
giovani che tutti cominciarono ad affermare che, se Paradiso si potesse in terra fare, non
sapevano conoscere che altra forma che quella di quel giardino gli si potesse dare, né
pensare, oltre a questo, qual bellezza gli si potesse aggiugnere. Andando adunque
contentissimi dintorno per quello, faccendosi di vari rami d'albori ghirlande bellissime,
tuttavia udendo forse venti maniere di canti d'uccelli quasi a pruova l'un dell'altro
cantare, s'accorsero d'una dilettevol bellezza, della quale, dall'altre soprappresi, non
s'erano ancora accorti; ché essi videro il giardin pieno forse di cento varietà di belli
animali, e l'uno all'altro mostrandolo, d'una parte uscir conigli, d'altra parte correr
lepri, e dove giacer cavriuoli, e in alcuna cerbiatti giovani andar pascendo, e, oltre a
questi, altre più maniere di non nocivi animali, ciascuno a suo diletto, quasi
dimestichi, andarsi a sollazzo; le quali cose, oltre agli altri piaceri, un vie maggior
piacere aggiunsero.
Ma poi che assai, or questa cosa or quella veggendo, andati
furono, fatto dintorno alla bella fonte metter le tavole, e quivi prima sei canzonette
cantate e alquanti balli fatti, come alla reina piacque, andarono a mangiare, e con
grandissimo e bello e riposato ordine serviti, e di buone e dilicate vivande, divenuti
più lieti su si levarono, e a'suoni e a' canti e a' balli da capo si dierono, infino che
alla reina, per lo caldo sopravvegnente, parve ora che, a cui piacesse, s'andasse a
dormire. De' quali chi vi andò e chi, vinto dalla bellezza del luogo, andar non vi volle,
ma, quivi dimoratisi, chi a legger romanzi, chi a giucare a scacchi e chi a tavole, mentre
gli altri dormiron, si diede.
Ma, poi che, passata la nona, ciascuno levato si fu, e il
viso colla fresca acqua rinfrescato s'ebbero, nel prato, sì come alla reina piacque,
vicini alla fontana venutine, e in quello secondo il modo usato postisi a sedere, ad
aspettar cominciarono di dover novellare sopra la materia dalla reina proposta. De' quali
il primo a cui la reina tal carico impose fu Filostrato, il quale cominciò in questa
guisa.
Indici delle giornate
Indice delle novelle della terza giornata
© 1997 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 08 febbraio 1998