Giuseppe Bonghi
Biografia
di
Giacomo Leopardi
Quarta parte
La ginestra
Addio Recanati
La mattina del 30
aprile 1830 lascia Recanati per lultima volta, perché non vi farà più ritorno e
non vedrà più i suoi parenti; sua madre e Paolina lo abbracciarono teneramente, Carlo
non cera, il padre nemmeno, perchè forse non avrebbe retto al dolore per la
partenza del figlio, che aveva salutato quasi di sfuggita la sera precedente. Sosterà a
Bologna dal 3 al 9 maggio allalbergo della Pace in strada Santo Stefano e passerà
qualche ora serena in casa Tommasini, uno dei migliori medici dellUniversità di
Bologna, conosciuto come paziente e in breve tempo divenuto amico, insieme alla moglie
Antonietta e alla figlia sposata, la delicata e romantica Adelaide Maestri, di cui abbiamo
già fatto cenno. Il 10 maggio giunge a Firenze e si ferma alla locanda della Fontana; il
10 giugno va ad abitare in Borgo degli Albizi ed alla fine dellestate in via del
Fosso (ora via Verdi), in due stanze presso le sorelle Busdraghi.
La fallita rivoluzione napoletana del
1820 e dei moti libertari sia del 21 che del 31, gli suggerisce una narrazione
burlesca degli eventi, i Paralipomeni della Batracomiomachia,
prendendo spunto proprio dalla Storia del Reame di Napoli
di Pietro Colletta, che lautore stesso leggeva a Leopardi per averne un
disinteressato parere o qualche correzione. La Batracomiomachia
riguarda la guerra tra Rane e Topi e la sconfitta di questi; nei Topi venivano raffigurati
gli italiani insorti, nei Granchi gli austriaci della Santa Alleanza e nelle Rane i preti.
Sono mesi che comunque Leopardi vive nel
timore dessere costretto, se fosse venuto a mancare il sussidio dei 18 francesconi
di Colletta e del suoi amici, a tornare nellodiato sepolcro di Recanati. Per
aiutarlo gli amici decidono di aiutarlo a pubblicare in Firenze unedizione dei suoi Canti e nel luglio 1830 e redigono un manifesto di
presentazione e di sottoscrizione in cui per la prima volta compare il titolo Canti con cui conosciamo gli idilli leopardiani; riportiamo
il testo:
Si pubblicherà in breve un volume intitolato Canti di Giacomo Leopardi. Saranno parte ristampati, parte nuovi: gli stampati si troveranno riformati molto dallautore. Tutte le poesie pubblicate dal medesimo per lo passato, che non si leggeranno in questo volume, e così le altre edizioni fatte, sono rifiutate. Le prose che nelle altre edizioni andavano colle poesie, parimente essendo rifiutate, non si ristamperanno: ma in quella vece si darà una lunga prosa nuova, di argomento compagno a quello di uno di questi Canti. Alcune poche note si troveranno appiè di ciaschedun Canto a cui fossero a proposito.
Le
associazioni alla stampa si ricevevano anche a Milano, Venezia, Torino, Genova, Roma,
Napoli e perfino Palermo. Lautore avrebbe dovuto promuovere il suo libro
procurandosi un certo numero di sottoscrizioni (che ai primi di settembre sono di circa
seicento) e manda il manifesto anche alla sorella Paolina, ad Adelaide Maestri, a
Papadopoli, Carlo Pepoli ed altri conoscenti. Pietro Colletta si interessa anche alle
trattative con il tipografo Guglielmo Piatti, con il quale viene stipulato un accordo
difficile che prevede il pagamento per Leopardi un compenso di ottanta zecchini
La lunga prosa nuova comunque al
momento della consegna del manoscritto non cè perché Leopardi si convince che è
meglio unedizione di soli versi, anche perché impedito da una nuova malattia agli
occhi a comporre una nuova prosa, una malattia dichiarata alla sorella in una lettera del
ventuno agosto, in cui si dichiara vittima di una semicecità che gli impedisce comunque
di lavorare e di scrivere lettere e quindi di potersi tenere in relazione con gli stessi
familiari: la malattia gli impediva di "scrivere e dettare lungamente", ed era
una debolezza che si presentava in modo intermittente, tanto che la sua reale malattia
resta ancor oggi un mistero per tutti.
Il volume uscirà nellaprile 1831,
con la celebre dedica Agli amici suoi di Toscana:
Agli amici suoi di Toscana
La mia favola breve è già compita,
E fornito il mio tempo a mezzo gli anni
PETRARCA
Amici miei cari,
Sia dedicato a voi questo libro, dove io
cercava, come si cerca spesso colla poesia, di consacrare il mio dolore, e col quale al
presente (né posso già dirlo senza lacrime) prendo comiato dalle lettere e dagli studi.
Sperai che questi cari studi avrebbero sostenuta la mia vecchiezza, e credetti colla
perdita di tutti gli altri piaceri, di tutti gli altri beni della fanciullezza e della
gioventù, avere acquistato un bene, che da nessuna forza, da nessuna sventura mi fosse
tolto. Ma io non aveva appena ventanni, quando da quella infermità di nervi e di
viscere, che privandomi della mia vita, non mi dà speranza della morte, quel mio solo
bene mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi, due anni prima dei trenta, mi è stato tolto
del tutto, e credo oramai per sempre. Ben sapete che queste medesime carte io non ho
potuto leggere, e per emendarle mè convenuto servirmi degli occhi e della mano
daltri. Non mi so più dolere, miei cari amici; e la coscienza che ho della
grandezza della mia infelicità, non comporta luso delle querele. Ho perduto tutto:
sono un tronco che sente e pena. Se non che in questo tempo ho acquistato voi e la
compagnia vostra, che nè in luogo degli studi e in luogo dogni diletto e di
ogni speranza, quasi compenserebbe i miei mali, se per la stessa infermità mi fosse
lecito di goderla quantio vorrei; e sio non conoscessi che la mia fortuna
assai tosto mi priverà di questa ancora, costringendomi a consumar gli anni che mi
avanzano, abbandonato da ogni conforto della civiltà, in luogo dove assai meglio abitano
i sepolti che i vivi. Lamor vostro mi rimarrà tuttavia, e mi rimarrà forse ancor
dopo che il mio corpo, che già non vive più, sarà fatto cenere. Addio
Il vostro LEOPARDI
In quello stesso mese, ricevuti i soldi pattuiti per la stampa, viene a cessare la da parte degli amici di Toscana la rata mensile dei 18 francesconi, ma Leopardi in quella dolcissima primavera non ne risentì molto, il suo timore per lavvenire, di fronte a una salute migliore (finalmente respirava abbastanza bene) che per il passato, era molto scemato, e soprattutto di fronte alla soddisfazione che gli veniva dalla frequentazione dei salotti di Firenze: il futuro non gli metteva in quei mesi nessuna angoscia
Fanny
A
Firenze rallenta molto la vita letteraria, ma aumenta la vita di società; la sua salute
non lo fa soffrire molto e la sua cera è quasi buona, non tale comunque da far pensare a
un uomo malato. È in questo periodo che lamico Alessandro Poerio lo accompagna nel
salotto di Fanny Ronchivecchi, moglie del professor Antonio Targioni Tozzetti, nata nel
1805 (allepoca aveva quindi venticinque anni) e morta nel 1889, donna assai in vista
nella società fiorentina per la sua bellezza e per le sue pretese letterarie, ma anche
per i pettegolezzi che circolavano sul suo conto (si racconta che quando la conosce
Leopardi avesse ben quattro amanti contemporaneamente) per la quale concepirà un amore
appassionato e come al solito pieno di sottomissione che gli ispirerà i cinque canti del
cosiddetto "ciclo di Aspasia" (Il pensiero dominante,
Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia). Ma Fanny appartiene allorizzonte
di Ranieri "e appena un riflesso si accorge di Leopardi. È una donna attraente che
con esemplare civetteria giunge ad accusarsi in una lettera ad Antonio Ranieri del
novembre 1831, di "ocaggine" e di essere vittima di un destino che lha
"fatta più per soffrire che per godere". Giacomo
può innamorarsi di lei in virtù del suo legame con il bel napoletano e attirarne
lattenzione affettuosa soltanto in un ruolo secondario (Damiani,
405)". Daltronde la Fanny non avrebbe potuto, lei così bella e affascinante,
restare incantata da un personaggio che aveva così poca cura della sua persona ("Leopardi non stà bene di occhi, ed è ostinato non voler far niente, mi
sembra anche poco tenerli netti...", scrive nel marzo 1833 a Ranieri che
si trovava a Napoli mentre Leopardi era ancora a Firenze, lei che pure soffriva in quel
periodo agli occhi, ma non sono nemica dellacqua. in che modo avrebbe potuto
provare del tenero la Fanny per un simile uomo?).
A Fanny Leopardi regala una copia
delledizione Piatti dei suoi Canti, "legata in marocchino e oro", che
molti anni dopo verrà comprata per cinquecento lire da Benedetto Croce e collocata nella
sua Biblioteca. I rapporti tra Fanny e Giacomo sono sempre stati abbastanza cordiali, ma
mai avrebbero potuto sfociare in "amore" per una sorta di naturale repulsione
fisica che la donna, come abbiamo visto, provava per il poeta, per il quale sentiva
comunque ammirazione e una specie di affetto che sicuramente era qualcosa di diverso
dallamicizia e dallaffetto fraterno. Sicuramente il Leopardi un giorno le ha
confessato il suo amore, e questo ci viene confermato da una delle lettere di Fanny al
Ranieri, nella quale si dice chiaramente che il poeta fu uno dei suoi ammiratori, che lei
lo respinse con tale garbo che tra i due non vi fu nessuna rottura, ma continuò una certa
"amicizia". Così scrive infatti Fanny al Ranieri nel 1833:
E di Leopardi che ne è? io già sono nella sua disgrazia non è vero?, e il grande amore si convertì in ira; ciò mi è accaduto sovente, perché nella filsa dei miei adoratori ho avuto certi camorri (persona uggiosa e seccante, oltre che persona malaticcia, ndr) da far paura; e con quelli che non erano in questa categoria è perché non ho potuto mai spogliarmi da quel maledetto, e brutto pensar volgare del quale mi avete sempre accusata.
Conosciuta la notizia della morte di Leopardi così scrive a Ranieri, dopo un periodo di un paio danni di silenzio, il 24 giugno 1837:
La disgrazia della morte del povero nostro Leopardi mi ha annientata; sì pel bene che gli volevo, sì pella perdita fatta; sì pellinteresse che io prendo, a tutto ciò che vi riguarda. Io partecipo grandemente al vostro dolore, io sento il vuoto che proverete nelle vostre abitudini, e quel male che cagiona la perdita dunamico che si amava, e stimava, male che le parole non valgono ad esprimere, male che il tempo non basta a dissipare. Quantunque io sappia e creda fermamente che io non sono nulla per voi, pure pagherei non so cosa per potervi vedere almeno unora in questa circostanza! mi pare che io sarei più contenta, perché potrei non fosse altro accertarmi del genere di dolore che patite, e non figurarmi sempre il peggio come io faccio. Voi sarete forse in collera meco perché non vi ho scritto, ma la vostra ultima lettera era tale, da diacciare un cuore più freddo del mio, da reprimere ogni espansione amichevole, da farmi sentire che per certi sentimenti noi siamo agli antipodi, che voi non avete mai letto nella mia anima, e che non vi leggerete mai più... Nella dolorosa circostanza però in cui vi trovate spero che non vorrete disdegnare affatto lespressione del mio cordoglio e che non saprete pagar dironia lironia che viene a partecipare il vostro dolore...
Nella successiva lettera Fanny con Ranieri è anche più affettuoso, ma ancora una volta
la sua attenzione non è rivolta al Leopardi, come uomo o come poeta, ma allamico
Ranieri, per il quale io suo cuore aveva tremato damore, anche se di un amore che
non si realizzerà mai oltre il sentimento "platonico". Fanny conforta
lamico spinta dal dolore che questi prova per la perdita dellamico, ma non usa
nessuna parola di ricordo affettuoso per un uomo che di lei si era sicuramente innamorato
e che questo amore aveva espresso in versi di grande poesia nel ciclo di Aspasia.
Proprio lidentificazione con Aspasia
Fanny cerca con forza di respingere; e quando Ranieri le scrive affermando di vedere
proprio in lei lAspasia leopardiana, così gli risponde la donna il 20 gennaio 1838:
Se non vi conoscessi così propenso al farmi arrabbiare, e canzonare direi che siete stato cattivo nel tentare di darmi un dispiacere colla risposta sullAspasia. Voi più dogni altro sapete se mai diedi la menoma lusinga a quel poveruomo del Leo..., e se il mio carattere è tale da prendersi gioco dun infelice, e dun bravuomo come lui. Quando me ne parlava, in certi tempi, io minquietavo, e non volevo, manco credere vere certe cose, come non le credo ancora, ed il bene che io gli volevo glie lo voglio ancora tal quale, abbenché ei più non esista. Siate dunque buono per me, vi prego, non mi dite più delle simili sciocchezze, e risparmiate una pena al mio cuore, nel togliermi lidea che senza volerlo potei dar trista idea di me stessa a persona così disgraziata
Fanny, donna "famosa" per bellezza, innamorata della vita con malinconico piacere, amata con maggiore o minor fortuna da molti uomini, si svela donna di buon senso, lontana dal suscitare sogni irrealizzabili, concreta e sensibile, ma sempre animata da una certa ragionevolezza, con la quale affrontava la vita e le amicizie. E proprio in conto di questa ragionevolezza la Fanny non avrebbe mai potuto accettare lamore di Leopardi, ma lavrebbe sempre trattato con gentilezza e un certo affetto anche perché amico del bel napoletano del quale la donna aveva sentito un certo trasporto amoroso mai scaduto nella volgarità. Certamente la donna non negò al Leopardi laffetto che viene dalla stima e forse anche per la pietà che derivava dalle sofferenze di cui era intessuta lesistenza del poeta: ma di questo amore il Leopardi non sapeva che farsene. Di qui parte quellidealizzazione che ritroviamo nel ciclo di Aspasia, una idealizzazione che nasce anche dallimpaccio del poeta con le donne in generale e con Fanny in particolare, come risulta dalla lettera che le invia durante il soggiorno romano
Cara Fanny. Non vi ho scritto fin qui per non darvi noia, sapendo quanto siete occupata. Ma in fine non vorrei che il silenzio vi paresse dimenticanza, benché forse sappiate che il dimenticar voi non è facile. Mi pare che mi diceste un giorno, che spesso ai vostri amici migliori non rispondevate, agli altri sì, perché di quelli eravate sicura che non si offenderebbero, come gli altri del vostro silenzio. Fatemi tanto onore di trattarmi come uno de vostri migliori amici; e se siete molto occupata, e se lo scrivere vi affatica, non mi rispondete. Io desidero grandemente le vostre nuove, ma sarò contento di averne da Ranieri o dal Gozzani, ai quali ne domando.
È una lettera venata di impaccio e timidezza, che rivela una certa sottomissione che non sempre è sintomo evidente di amore. Noi pensiamo che la coscienza della propria deformità, le disillusioni provate negli anni precedenti e infine un bisogno di tenerezza raggelato dalla freddezza della madre, abbia provocato in Giacomo una profonda sfiducia in se stesso e inibito la naturalezza dei rapporti con le donne creando una sorta di timore di essere considerato ridicolo. Anche se la lontananza da Fanny durante il soggiorno romano gli fu quasi intollerabile, questo non lo si può capire né da questa lettera né dai pochi altri indizi che abbiamo.
Ranieri
Allinizio dellautunno, in settembre, ancora una volta con la presenza del
Poerio, comincia la sua amicizia, che durerà fino alla morte, con Antonio Ranieri, quasi
un eroe romantico, anche se dal carattere estroverso e loquace: esule dalla patria e
viaggiatore attraverso lEuropa, e quindi conquistatore di cuori femminili. Il
Ranieri decide allora di "prendersi cura" di Leopardi, ma il suo non è un vero
atteggiamento da mecenate, preso comera un lato dalla vita brillante e
dallaltro dalle stesse difficoltà economiche del poeta: nellaprile 1831
sarebbe scaduta lultima rata dei 18 francesconi degli amici toscani e in luglio
Ranieri veniva privato dellassegno mensile paterno. Il 23 ottobre conosce Louis De
Sinner, un trentenne filologo svizzero, laureato presso lUniversità di Tubinga, col
quale stringerà un rapporto abbastanza amichevole e che agli occhi di Giacomo appare
proficuo perché avrebbe potuto allargare allEuropa la fama di Leopardi.
Il 4 marzo unassemblea di
cinquantaquattro notabili, giunti a Bologna da diversi luoghi in cui si era verificata la
sollevazione contro il governo pontificio, proclamava il "Governo delle Province
unite italiane", affidando a Terenzio Mamiani il ministero degli Interni e al
professor Orioli quello di ministro dellistruzione. Il territorio viene diviso in
distretti e ogni distretto avrebbe dovuto nominare un rappresentante deputato. Anche il
paese di Recanati viene elevato al rango di distretto e il 20 marzo nomina proprio
Leopardi Deputato rappresentante allAssemblea di Bologna. Il Comitato, presieduto
dal conte di Colloredo, manda a Leopardi un caloroso messaggio invitandolo ad andare a
Bologna a ritirare le relative credenziali presso lavvocato Brighenti che Giacomo
conosceva bene e che nessuno credeva fosse anche una spia al soldo degli austriaci e del
papa. Il poeta, comunque, sulla spinta degli eventi (gli austriaci stavano conquistando
lEmilia ed erano ormai a Cento) e del padre, mette un freno alliniziativa;
così infatti scrive al Comitato che lo aveva eletto:
Sono infinitamente sensibile allonore fattomi dalle V.e Signorie Illustrissime e dal Consiglio di cotesta Città, di eleggermi a loro Rappresentante nellAssemblea nazionale che era per tenersi a Bologna, secondo mi viene notificato dal lor venerato dispaccio del 21 cadente. Suppongo ora le SS. VV. informate della occupazione di Bologna fatta già molti giorni addietro dalle truppe austriache, e della partenza del Governo Provvisorio da quella città, per porre la sua residenza in luogo più sicuro. Di questo luogo, il quale anco sembra cambiarsi di giorno in giorno, non è facile qui aver notizia precisa, e impossibile sarebbe poi ottenere passaporti a quella volta. Le circostanze cambiate rendono dunque, almeno per il momento, ineseguibili le disposizioni delle SS. VV. Ill.me a me relative, ma non distruggono né la gratitudine ben viva che io sento alla confidenza dimostratami da esse SS. VV., né il desiderio ardentissimo di servire cotesta mia patria, a qualunque mio costo e fatica, ogni volta che lo consentano i tempi, e che lopera mia non paia dover essere, come in questo caso, del tutto fuori di luogo.
Il mandato di fatto verrà annullato con larrivo degli Austriaci a Bologna.
Il primo ottobre 1831
parte con lamico Ranieri alla volta di Roma, insieme allamante di questi,
lattrice Maria Maddalena Signorini di Pelzet della compagnia Mascherpa, dove giunge
la sera del 5 e si stabilisce al numero 63 di via delle Carrozze e in Novembre si
trasferisce con lamico in via Condotti 81. Ma vi restano pochi mesi: il 17 marzo
1832 marzo successivo tornano a Firenze, dove arrivano il 22, sempre seguendo la compagnia
Mascherpa, dopo che Giacomo aveva scritto al padre chiedendo un disperato aiuto economico,
mentre gli restavano soldi per vivere a Firenze solo per una settimana. Arrivati a Firenze
si deve accontentare di un umido alloggio presso una certa Teresa Terreni e il giorno dopo
riceve dal padre un aiuto di sessanta scudi; in aprile va a vivere in un una camera in via
dei Banchi che ha due finestre su piazza Santa Maria Novella
Dal 1832 rallenta molto la sua attività
letteraria per le condizioni fisiche che peggiorano inesorabilmente. Trascorre da solo
lestate, mentre lamico Ranieri è a Bologna, occupato in quel suo amore che,
secondo il Leopardi, lo fa soffrire e lo rende infelice. Le condizioni economiche sono
diventate ormai disperate: il 3 luglio scrive al padre quella lettera daiuto che mai
avrebbe scritto, orgoglioso comera, se non fosse stato ridotto dal destino
allultimo vero passo. Riportiamo quasi per intero questa drammatica lettera:
Io credo chElla sia persuasa degli estremi sforzi chio ho fatti per sette anni affine di proccurarmi i mezzi di sussistere da me stesso. Ella sa che lultima distruzione della mia salute venne dalle fatiche sostenute quattro anni fa, per lo Stella, al detto fine. Ridotto a non poter più nè leggere nè scrivere nè pensare (e per più di un anno nè anche parlare), non mi perdetti di coraggio, e quantunque non potessi più fare, pur solamente col già fatto, aiutandomi gli amici, tentai di continuare a trovar qualche mezzo. E forse lavrei trovato, parte in Italia, parte fuori, se linfelicità straordinaria de tempi non fosse venuta a congiurare colle altre difficoltà, ed a renderle finalmente vincitrici. La letteratura è annientata in Europa: i librai, chi fallito, chi per fallire, chi ridotto ad un solo torchio, chi costretto ad abbandonare le imprese meglio avviate. In Italia sarebbe ridicolo ora il presumere di vender nulla con onore in materie letterarie, e di proporre ai librai delle imprese nuove: da Francia, Germania, Olanda dove io aveva mandata una gran quantità di mss. filologici con fondatissime speranze di profitto, non ricevo, invece di danari, che articoli di Giornali, biografie e traduzioni. Mi trovo dunque, comElla può ben pensare, senza i mezzi di andare innanzi.
Al Leopardi, vissuto per più dun anno alla cessazione dellassegno procurato dal Colletta, falliti tutti i piani di sopravvivenza senza laiuto della famiglia, non riuscendo a guadagnarsi da vivere coi suoi scritti a causa della profonda crisi editoriale che sconvolgeva tutta lEuropa, il padre, dopo aver aspettato un mese, concede al figlio il permesso di firmare una cambialina per la cifra richiesta: era la stessa cifra concessa a Carlo quando se ne era andato via da casa e promessa da Francesco Ranieri al figlio Antonio. Lestate viene trascorsa nella solitudine, mentre Ranieri rincorreva il suo amore e la Fanny si trovava fuori Firenze. In novembre a Giacomo giunge lassenso definitivo con lavallo della madre.
Napoli
Il 2 settembre 1833
parte con Ranieri da Firenze in compagnia di Luigi Minchioni, un viaggio in sette tappe,
scandito da pernottamenti nelle migliori locande e da laute cene. Il 9 settembre giungono
a Roma e si fermano nella capitale fino alla fine del mese; lo zio Carlo Antici gli versa
lassegno del padre con laggiunta di 20 scudi (bontà paterna) da utilizzare
per il viaggio, e intanto la salute migliora leggermente ottenendo un beneficio attraverso
il cambiamento di clima. Nel frattempo si diffonde la falsa notizia di un suo arresto,
subito smentita (cera stato uno scambio di persona e larrestato si chiamava
Pier Silvio Leopardi, collegato a Mazzini).
Il viaggio riprende il 30 settembre, su
una comoda carrozza costata più di 24 scudi, e i due giungono a Napoli il 2 ottobre,
andando ad alloggiare in un appartamentino di Costantino Margaris, amico di Antonio e
Paolina Ranieri, in via San Mattia 88 al secondo piano del palazzo Berio vicino piazza San
Ferdinando a pochi passi da Toledo. Il soggiorno napoletano viene caratterizzato quasi
subito da difficoltà finanziarie, visto che non usufruiva più dei famosi dodici ducati
che il padre gli aveva concesso; per questo è costretto ben presto a rivolgersi
nuovamente al padre e allo zio Carlo Antici. Lo stesso Ranieri, forse assorbito
dallassistenza che doveva allamico, non guadagnava più di tanto col suo
lavoro di avvocato presso il foro napoletano.
Lanno successivo, abbandonato
lappartamento di via San Mattia, perché la proprietaria, quasi inorridiva quando
vedeva Leopardi perché lo riteneva ammalato di tisi, a causa del suo aspetto macilento, i
due amici vanno ad abitare nel palazzo Cammarota, al numero 35 della strada nuova Santa
Maria Ognibene, sotto la Certosa San Martino. Nel maggio 1835 i due amici lasciano anche
palazzo Cammarota e vanno ad abitare in un alloggio nuovo a Capodimonte in una delle zone
meno affollate di Napoli, dove la salute di Leopardi subisce qualche miglioramento.
Intanto Paolina, la sorella di Ranieri, ottiene finalmente di andare a vivere coi due
amici e la sua presenza ha indubbiamente qualche benefico effetto sul poeta anche perché
nel nome e nella devozione gli riporta alla mente la sorella rimasta a Recanati.
Daltronde Leopardi non era un ospite facile né un paziente docile per i suoi
numerosi disturbi fisici e per la sua irritabilità
In estate Leopardi compone Aspasia dopo la Palinodia al
Marchese Gino Capponi, una satira politica e sociale in versi sciolti, rivolta
contro le aspirazioni e le illusioni dei suoi vecchi amici fiorentini e in particolare
contro i vantaggi del progresso materiale e scientifico: non vede di buon occhio la
diffusione della stampa, le nascenti "strade ferrate" o i palloni aerostatici;
la Palinodia verrà pubblicata nelledizione
Starita del 1835 insieme ai canti per Aspasia e a due
nuove canzoni sepolcrali composte in quella primavera: Sopra un
bassorilievo antico sepolcrale e Sopra il ritratto di
una bella donna, scolpito nel monumento sepolcrale della medesima, con i temi
fondamentali della poetica leopardiana: linevitabile fine della bellezza e il
contrasto tra le illusioni delluomo e la natura inesorabile. Forse in questo stesso
lavora ai Paralipomeni della Batracomiomachia
cominciati già nel 31, sui quali lavorerà fino alla morte.
Il 9 maggio 1835 si trasferisce col
Ranieri in una casa del Rione Sanità, al n. 2 di Vico Pero; il 9 luglio conclude un
contratto con leditore Saverio Starita, che si impegna a pubblicare entro dieci mesi
tutte le opere del Leopardi in 6 volumi e in estate esce la celebre edizione napoletana
dei Canti, la cosiddetta edizione Starita, che
sarà sequestrata nel 1836 per ordine del governo borbonico. Nel gennaio 1836, sempre
presso Saverio Starita, esce la terza edizione delle Operette
morali, anchessa sequestrata; in aprile, per sfuggire al colera, va ad
abitare con Ranieri e Paolina, nella villa Ferrigni, di proprietà dellavvocato
Giuseppe Ferrigni, cognato del Ranieri), alle pendici del Vesuvio fra Torre del Greco e
Torre Annunziata: forse in questo periodo compone la sua ultima poesia, La ginestra, laffermazione definitiva della dura
realtà dellinfelicità umana e della distruzione definitiva di ogni illusione ma
anche laccettazione "eroica" dellesistenza.
"Luomo è nudo e nullo; vani sono i suoi sogni di dominazione, di progresso, dimmortalità; ma se accetta questa verità, e ne attribuisce la colpa alla "rea natura", che ci è stata "madre di parto e di voler matrigna, potrà trovare conforto nellumana compagnia", ricondotto
Da verace saper, lonesto e il retto
Conversar cittadino
E giustizia e pietade...
È questa affermazione che, come nel Dialogo di Timandro e di Eleandro, rappresenta il vero testamento del Leopardi: il suo dono agli uomini non damore, ma di compassione e fratellanza" (Origo, p. 393)
Leopardi ha occupato un posto abbastanza importante nella cultura napoletana, anche se il suo aspetto e il suo atteggiamento non sempre sono stati accettati. Fra coloro che lo hanno stimato ricordiamo almeno Francesco De Sanctis, il primo che attribuisce al poeta di Recanati il posto che merita nel panorama della letteratura italiana, in un misto di critica letteraria e di incondizionato entusiasmo che è ben messo in luce nella sua opera autobiografica: "Si recitavano i suoi Canti, - scrive ne "La giovinezza", - tutti con eguale ammirazione; non cera ancora un gusto così squisito da fare distinzioni; e poi ci sarebbe parsa unirriverenza".
La fine
Il 16 febbraio del 1837 rientra a Napoli nellappartamento di Vico Pero, mentre il colera non era ancora stato debellato del tutto. Il rinfocolarsi dellepidemia li consiglia a ripartire per Torre del Greco, ma per molte settimane Giacomo e Ranieri rimandano la partenza, anche perché trattenuti dalle condizioni fisiche del poeta che si aggravano sempre più, tanto da non permettergli agevolmente il viaggio. Il 27 maggio scrive la sua ultima lettera al padre, e la conclude così:
Se scamperò dal cholèra e subito che la mia salute lo permetterà, io farò ogni possibile per rivederla in qualunque stagione, perchè ancor io mi do fretta, persuaso oramai dai fatti di quello che sempre ho preveduto che il termine prescritto da Dio alla mia vita non sia molto lontano. I miei patimenti fisici giornalieri e incurabili sono arrivati con letà ad un grado tale che non possono più crescere: spero che superata finalmente la piccola resistenza che oppone loro il moribondo mio corpo, mi condurranno alleterno riposo che invoco caldamente ogni giorno non per eroismo, ma per il rigore delle pene che provo.
Ringrazio teneramente Lei e la Mamma del dono dei dieci scudi, bacio le mani ad ambedue loro, abbraccio i fratelli, e prego loro tutti a raccomandarmi a Dio acciocchè dopo chio gli avrò riveduti una buona e pronta morte ponga fine ai miei mali fisici che non possono guarire altrimenti. Il suo amorosissimo figlio Giacomo.
Giacomo si spegne il 14 giugno; è il pomeriggio inoltrato, quando il cocchiere giunge davanti al portone per riportarlo a villa Ferrigni, il poeta si accinge a mettersi a tavola per pranzare, un denso brodo previsto nel suo menù di malato; chiede a Paolina un sorbetto al limone, che lo aiutasse a digerire i confetti sulmonesi che il giorno precedente aveva mangiato in abbondanza, ma non riesce più a continuare a mangiare. Sente lasma crescere e dice a Ranieri che desidera vedere il medico; Ranieri esce in cerca del medico e con la carrozza va a prendere il dottore a casa sua. Il medico lo visita sommariamente e si rende subito conto della situazione. Così Ranieri racconterà questi ultimi momenti di vita del poeta in Supplemento alla notizia intorno alla vita e agli scritti di Giacomo Leopardi:
... Si rallegrò del nostro arrivo, ci sorrise; e, benché con voce alquanto più fioca e interrotta dellusato, disputò dolcemente col Mannella del suo mal di nervi, della certezza di mitigarlo col cibo, della noia del latte dasina, de miracoli delle gite e del voler di presente levarsi per andarne in villa. Ma il Mannella, tiratomi destramente da parte, mi ammonì di mandare incontanente per un prete; che di altro non vera tempo. Ed io incontanente mandai e rimandai e tornai a rimandare al prossimo convento degli agostiniani scalzi. In questo mezzo, il Leopardi, mentre tutti i miei gli erano intorno, la Paolina gli sosteneva il capo e gli asciugava il sudore che veniva giù a goccioli dallampissima fronte, ed io, veggendolo soprappreso da un certo infausto e tenebroso stupore, tentavo di ridestarlo con gli aliti eccitanti or di questa or di quella essenza spiritosa; aperti più dellusato gli occhi mi guardò più fisso che mai. Poscia: - Io non ti veggo più mi disse come sospirando. E cessò di respirare; e il polso né il cuore non battevano più; ed entrava in quel momento stesso nella camera frate Felice di SantAgostino, agostiniano scalzo; mentre io, come fuori di me, chiamavo ad alta voce il mio amico e fratello e padre, che più non mi rispondeva, benché ancora pareva che mi guardasse. ...
Padre Felice da
Cerignola recita le preghiere per i defunti, mentre il Ranieri continua a chiamare ad alta
voce lamico. Il Ranieri riesce a stento a sottrarre il corpo dellamico alla
fossa comune, che era la destinazione imposta dalle autorità proprio a causa della
violenta epidemia di colera. Ottiene dallamico Marchese di Pietracolle e dal
ministro del Carretta una specie di assenso, o perlomeno di non opposizione affinché il
poeta non fosse sepolto nel cimitero; convoca un imbalsamatore per ritardare la
decomposizione del cadavere e chiede allo scultore Angelini di modellare la maschera del
volto. Quindi si fa prestare due carrozze e al buio, la sera del 15, la salma viene quasi
di nascosto accompagnata verso la chiesa di San Vitale Fuorigrotta, nella diocesi di
Pozzuoli; il parroco, che aveva ricevuto in regalo un cesto di calamari e di triglie, apre
la chiesa e la bara viene deposta nella cripta.
In San Vitale la bara resta per sette
anni, quando la cassa viene trasferita nel vestibolo della chiesa; fa murare la cassa a
proprie spese sotto un piccolo monumento su quale fa incidere sulla lapide questa epigrafe
che dettata dallamico abate Pietro Giordani:
AL CONTE GIACOMO LEOPARDI RECANATESE
FILOLOGO AMMIRATO FUORI DITALIA
SCRITTORE DI FILOSOFIA E DI POESIA ALTISSIMO
DA PARAGONARE SOLAMENTE COI GRECI
CHE FINÌ DI XXXIX ANNI LA VITA
PER CONTINUE MALATTIE MISERISSIMA
FECE ANTONIO RANIERI
PER SETTE ANNI FINO ALLA ESTREMA ORA CONGIUNTO
ALLAMICO ADORATO. MDCCCXXXVII
A corredo del monumento cè il disegno di un gufo, simbolo della saggezza di Atene, e due fronde, una dalloro per il poeta e una di quercia "per il filosofo e benefattore dellumanità".
Il 21 luglio 1900 la
tomba di Leopardi viene dichiarata monumento nazionale e sistemata nel nuovo pronao della
chiesa alla presenza del ministro Mariotti in rappresentanza del Governo e di
rappresentanti della famiglia Leopardi. In questa occasione si scopre con dolorosa
sorpresa di tutti che dalla bara manca addirittura il teschio sostituito da un grosso
pezzo di tavola.
Infine il 2 febbraio 1939 "la cassa
che conteneva le spoglie del poeta fu trasportata, in un lenzuolo piombato e sotto la
stessa lapide che la sovrastava a San Vitale, sulle pendici della collina di Posillipo,
che allora non era ancora circondata dal cemento armato che oggi stringe Napoli nella sua
morsa. Qui, presso una piccola costruzione circolare dellepoca romana finalmente
riposa quel poco che ancora rimane del corpo di Giacomo Leopardi (Origo, p. 413).
Viaggi di Giacomo Leopardi |
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partenza |
arrivo |
località |
17 novembre 1822 da Recanati in compagnia della famiglia di Carlo Antici |
23 novembre 1822 abita a palazzo Antici-Mattei presso lo zio Carlo |
Roma |
fine aprile 1823 parte da Roma |
3 maggio 1823 |
Recanati |
12 luglio 1825 |
17 luglio 1825 |
Bologna |
27 luglio 1825 parte da Bologna |
30 luglio 1825 alloggia in casa delleditore Stella |
Milano |
27 settembre 1825 |
29 settembre 1825 |
Bologna |
Il 3 novembre 1826 lascia Bologna |
12 novembre 1826 |
Recanati |
da Recanati |
26 aprile 1827 |
Bologna |
da Bologna |
21 giugno 1827 |
Firenze |
29 aprile da Recanati |
3 maggio Albergo della Pace |
Bologna |
9 maggio da Bologna |
10 maggio |
Firenze |
1 ottobre con Ranieri e lamante di questi lattrice Maria Maddalena Pelzet |
5 ottobre |
Roma |
da Roma |
22 marzo |
Firenze |
2 settembre 1833 da Firenze |
- 1833 |
Roma |
1833 |
2 ottobre 1833 |
Napoli |
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
- Damiani Rolando, Allapparir del vero, Vita di Giacomo Leopardi, Mondadori, Milano 1998
- Album Leopardi, con un saggio biografico e il commento alle immagini di Rolando Damiani, Ricerca iconografica di Eileen Romano, Mondadori, I Meridiani, Milano 1993
- Iris Origo, Leopardi, traduzione di Paola Ojetti, Rizzoli, Milano 1974
- Giacomo Leopardi, Lettere scelte, con un commento e con uno studio sulla Genesi e sugli elementi del dolore nellepistolario leopardiano, del professor Giovanni Bertacchi, Sonzogno, Milano 1902
- Francesco Flora, Leopardi e Aspasia, in La Nuova Antologia, vol. CCLVII serie VII, 1928
- Francesco Moroncini, Lettere inedite di Alessandro Poerio ad Antonio Ranieri 1830-1837, in La Nuova Antologia, vol. CCLXXII, serie VII, 1930
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© aprile 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 27 gennaio 1999