L' amore ha rappresentato uno dei
temi fondamentali della poesia di tutti i tempi e non c'è stato poeta che
non l'abbia trattato,eccetto quelli di ispirazione religiosa come
S.Francesco e Jacopone da Todi. Alceo, Saffo,
Anacreonte sentirono l'amore come una forza
crudele che travolge i sentimenti umani,mentre i poeti alessandrini lo
considerarono in maniera più raffinata ed aristocratica, circondandolo di
grazia e rappresentandolo spesso nell'ambiente fastoso di una corte.
Entrambe le tendenze furono poi assunte dalla letteratura latina, nella
quale ci furono poeti che lo rappresentarono drammaticamente violento,
come Lucrezio, altri che lo rappresentarono in forma gentile, come Tibullo,
ed altri ancora, come Catullo, che
alternarono le due opposte concezioni fino a creare il binomio di
amore-odio.
Nella lirica dei poeti provenzali, i
cosiddetti "trovatori", generalmente uomini di corte, l'amore è
assunto come tema dominante, se non proprio esclusivo, ed assume un
aspetto nuovo che non ha alcun riferimento con la tradizione classica e si
inserisce a pieno titolo nella più recente tradizione cavalleresca. Si
tratta dunque di un "Amore cortese",
un sentimento puro dell'anima rivolto ad una donna
irraggiungibile, un sentimento che racchiude in sé il suo fine e che può
realizzarsi anche senza il contatto diretto con la donna amata. L'amore
educa ed esalta il cuore dell'amante e quanto più è puro e svincolato da
rapporti fisici, tanto più è nobile e appagante, benché sul piano
psicologico lasci una certa malinconia. Jauffré
Rudel, uno dei maggiori esponenti della
poesia provenzale, in una sua celebre lirica canta la malinconia e la
gioia che gli deriva dal suo profondo sentimento d'amore per una donna
lontana (lontana forse più socialmente e psicologicamente che
fisicamente): solo il sogno può colmare la distanza che lo separa dalla
donna, alla quale il poeta si offrirebbe come schiavo,anche nel lontano
regno saracino, per starle vicino. Anche gli altri poeti provenzali si
dichiarano continuamente vassalli della loro donna amata e sognarono di
incontri vagheggiati in giardini fioriti e nella stagione primaverile:
situazioni e ambienti comuni che ci fanno comprendere come essi, per la
maggior parte, aderissero al tema dell'amore per consuetudine, secondo un
canone ben definito, con risultati artistici di grande rilevanza ma il più
delle volte estranei alle loro reali esperienze sentimentali.
Non diversamente il tema dell'amore
fu trattato, in Italia, dai poeti della Scuola siciliana, che si riunivano
alla corte palermitana di Federico II di Svevia e che quasi certamente
elaborarono un comune programma di intenti artistici. Anche per i
siciliani si tratta di un amore cortese rivolto ad una donna che è da
tutti ritratta allo stesso modo: bionda la testa, chiaro il viso, amabile
il tratto, nobile il sentimento: "rosa profumata, "stella
lucente" sono gli epiteti che più frequentemente ricorrono nelle
loro poesie. Anche qui non è assente il tema della lontananza,come nella
lirica "Meravigliosamente" del Notaro da Lentino, che si consola
con l'immagine della donna che si è dipinta nel cuore. In questa poesia
appare già la confessione da parte del poeta di un certo turbamento che
gli deriva dalla occasionale vicinanza della donna, turbamento che gli
impedisce di dichiarare il suo amore e che diventerà tipico della poesia
stilnovistica.
Alla poesia degli stilnovisti si
perviene dopo l'esperienza artistica dei cosiddetti "guittoniani",
i poeti toscani che fanno capo a Guittone d'Arezzo e che accettarono
l'influenza dei siciliani quando questi si trasferirono in gran parte in
Toscana in seguito all'avvento degli Angioini alla corte di Palermo. I
guittoniani, vivendo in liberi comuni e partecipando attivamente alla vita
politica e sociale delle loro città, nutrivano ovviamente interessi di
varia natura che trovarono spazio nelle loro poesie di argomento civile e
morale, ma non disdegnarono ed anzi apprezzarono il tema dell'amore
importato in Toscana dai siciliani. Ma, come era logico attendersi, non si
limitarono a cantare l'amore alla maniera siculo-provenzale: essi ne
tentarono un approfondimento a livello filosofico e morale privilegiando,
più che i luoghi comuni del vassallaggio e della lontananza, l'angoscia
per il diniego della donna a ricambiare il loro amore e il desiderio di
perfezione morale che essi sentivano di poter conseguire solo con l'aiuto
della donna amata.
Gli stilnovisti portano a perfezione il processo di
spiritualizzazione del sentimento dell'amore avviato dai guittoniani,
senza per altro rinnegare l'esperienza dei provenzali. Da questi, per
esempio,assumono il principio che la nobiltà non è una virtù che si
possa ereditare dagli antenati, ma è conquista personale; ed il principio
secondo il quale la donna molto può influire nel perfezionamento morale
dell'uomo amato. Ma questi due principi vengono approfonditi in maniera
originale ed estrema. Per essi 1'amore e il cuore gentile sono come il
sole e la luce,sono cioè connaturali l'uno all'altro e non può essere
che l'amore risieda altrove che in un cuore nobile, né che un cuore
nobile possa esistere privo di amore. Ne consegue che solo chi è fatto
nobile da Natura può amare; anzi non può non amare, perchè "Al
cor gentil rempaira sempre Amore", come dice il bolognese
Guinizelli, l'iniziatore del movimento. Ne consegue ancora che non è
peccato amare una donna perché la condizione per poterla amare è di
essere d'animo nobile e questo appunto si richiede per la salvezza eterna.
D'altra parte la donna degli stilnovisti non vale tanto per la bellezza
fisica (che pure possiede in modo egregio e della quale si serve per
attirare l'uomo) quanto per la virtù che sprigiona dalla sua presenza,
che abbassa l'orgoglio di chi la guarda e rende mansueto anche l'uomo più
iracondo. Certo negli stilnovisti ritornano alcune immagini consuete nei
siculo-provenzali: la donna del Guinizelli assomiglia alla rosa ed al
giglio e risplende più che "stella diana". Ma l'atteggiamento
spirituale del poeta è cambiato: i paragoni che fa valgono per definire
la sua donna un "angelo" del Paradiso, disceso sulla terra, come
dirà Dante, "a miracol mostrare".
L'amore, per gli stilnovisti, è un sentimento profondo che si vive
nell'intimo della coscienza individuale e suscita nel1'animo un'infinità
di reazioni, ora angosciose ora gioiose, che danno vita a tanti
"spiritelli" che piangono e ridono e si rincorrono tra loro,
turbano e rasserenano la coscienza del poeta. Il quale può fare vera
poesia solo se col loro aiuto (cioè interpretandoli convenientemente
mediante un'accurata analisi introspettiva) riesce ad esprimere "ciò
che Amor gli detta dentro".