IL SETTECENTO
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L'Accademia dell'Arcadia fu istituita a Roma, nel 1690, da quei letterati che erano soliti riunirsi nella casa della ex-regina di Svezia, Cristina, e che continuarono ad incontrarsi dopo la morte ai costei. Il none di "Arcadia" fu assunto dall'antica omonima regione greca in cui abitarono mitici pastori-poeti: il presidente fu detto "custode generale", il luogo delle riunioni "Bosco Parrasio", la sala dell'archivio "Serbatoio" e tutti gli aderenti assumevano nomi di pastori antichi. Il programma fu di restaurare il buon gusto nella poesia italiana, dopo la vergogna del barocco, rifacendosi alla semplicità ed alla misurata eleganza dei classici antichi, senza però trascurare l'esempio dei poeti italiani di "buon gusto", come ad esempio il Petrarca. Il proposito di far dimenticare la poesia barocca fu In gran parte realizzato, ma i nuovi poeti non seppero dare nutrimento sostanzioso ai propri versi, eleganti e musicali certamente ma vuoti o superficiali di sentimento. I meno dotati finirono col cadere nel melico e nello sdolcinato, ciò non deve impedirci di riconoscere all'Arcadia il merito di aver unito, per la prima volta in Italia, attorno al proprio simbolo (la siringa del dio Pan), quasi tutti i letterati d'Italia (compresi il Parini e l'Alfieri), che facevano capo alle numerose "colonie'' istituite su tutto il territorio nazionale. I teorici dell'Arcadia furono soprattutto il Gravina e il Crescimbeni; i poeti di maggior rispetto furono Carlo Innocenzo Frugoni, Paolo Rolli, Jacopo Vittorelli, Ludovico Savioli e Pietro Metastasio. |