LA LETTERATURA DEL QUATTROCENTO
|
Poggio Bracciolini, segretario apostolico, filologo e grande viaggiatore, scoprì nel monastero di San Gallo, in Svizzera, un codice contenente l'Institutio oratoria di Marco Fabio Quintiliano, fino a quel momento conosciuta in modo molto incompleto. La scoperta assume una grande importanza per il valore intrinseco all'opera e alla figura di Quintiliano, grande maestro e teorizzatore della retorica come strumento di azione civile, e per questo particolarmente caro all'ideale di uomo pubblico che si era andato formando in epoca umanistica. Bracciolini in questa lettera del 1416 da Costanza, dove si era recato al seguito dell'antipapa Giovanni XXIII per assistere al concilio, informa l'amico Guarino Veronese dell'avvenuta scoperta. Da notare il tono appassionatamente confidenziale con cui parla dell'autore riscoperto come se fosse una persona ancora viva. Quell'uomo meraviglioso, perfetto, elegante, arguto, non poteva più certo sopportare quella turpe prigione, lo squallore del luogo, la crudeltà dei carcerieri. Stava infatti triste e sporco come sono i condannati a morte, con la barba ispida e i capelli polverosi, e il suo stesso aspetto diceva quanto fosse ingiusta quella condanna. Sembrava tendere le mani, implorare la fede dei Quiriti, che lo preservassero da quell'ingiustizia; era indegno che chi un tempo col suo soccorso, con la sua eloquenza, aveva salvato molti ora giacesse abbandonato, senza neppur un difensore pietoso della sua sorte avversa che si adoperasse per la sua salvezza e perché venisse fatta finalmente giustizia. Fortuna volle per lui, e soprattutto per noi, che, mentre ero a Costanza e attraversavo giorni oziosi, mi venisse il desiderio di andar a far visita al luogo dove egli era tenuto recluso. Nei pressi di quella città, a circa venti miglia, sorge infatti il monastero di San Gallo. Là mi recai per distrarmi, e allo stesso tempo per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. E infatti in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe troppo lungo ricordare, ho trovato Quintiliano salvo e incolume, anche se tutto pieno di muffa e di polvere. Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come avrebbe richiesto la loro dignità, ma in una sorta di tristissimo e oscuro carcere, in cui neppure i condannati a morte verrebbero rinchiusi. Sono sicuro che chi con cura esplorasse altri ergastoli in cui i grandi padri della cultura classica sono rinchiusi, troverebbe che la medesima sorte toccherebbe a molti dei quali ormai si dispera poter ritrovare le tracce. Trovai inoltre i tre primi libri e metà del quarto delle Argonautiche di Caio Valerio Flacco, e i commenti a otto orazioni di Cicerone, di Quinto Ascanio Pedanio, retore eloquentissimo la cui opera è ricordata dallo stesso Quintiliano. Ho trascritto io stesso questi testi, in gran fretta, per inviarli a Leonardo Bruni e a Niccolò Niccoli, che avendo saputo da me la scoperta dell'Institutio oratoria, con molta insistenza mi sollecitarono per lettera a mandar loro al più presto anche quest'altro tesoro. Accogli, carissimo Guarino, ciò che può darti un uomo che ti è tanto devoto. Vorrei poterti mandare anche il libro, ma dovevo contentare il nostro Leonardo. Comunque sai dove si trova, e se desideri averlo, e credo che lo vorrai molto presto, facilmente potrai ottenerlo. Addio e voglimi bene, con lo stesso affetto che io ho per te.
Costanza, 15 dicembre 1416 |