LA LETTERATURA DEL QUATTROCENTO
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1)
Il
politico.
Lorenzo fu anzitutto un politico, un uomo di Stato, signore assoluto di
Firenze e arbitro della vita politica italiana. Si preoccupò di
conservare alla città di Firenze l'egemonia sull'intera Toscana.
Scampato alla congiura che la famiglia dei Pazzi aveva ordito contro di
lui, impresse una svolta decisamente autoritaria al suo governo, e fu
così spietata la vendetta del suo partito sugli avversari che il papato
e il regno napoletano pensarono di approfittarne per coalizzarsi in una
guerra contro Firenze. Ma il Magnifico riuscì a convincere il re di
Napoli a staccarsi dall'alleanza col papa, ottenendo così la possibilità
di accrescere il prestigio di Firenze. A partire da questo momento,
Lorenzo per 11 anni sarà il realizzatore di un accorto programma di
equilibrio e di pace fra i vari Stati della penisola. Solo dopo la sua
morte si riaccenderanno forti discordie fra i prìncipi: cosa che
favorirà le invasioni straniere di Francia e Spagna. 2)
Il
mecenate.
Lorenzo accolse nella sua corte filosofi, letterati e artisti,
realizzando nella sua persona la figura ideale del principe
rinascimentale. Diede nuovo impulso al volgare, rivalutando la
tradizione stilnovistica e trecentesca di Firenze, e sostenendo la
superiorità del toscano sugli altri volgari. Il fine era anche quello
di accrescere il proprio peso politico in Italia attraverso il primato
culturale-linguistico di Firenze. 3)
La
personalità poetica.
Molteplici sono gli aspetti della sua attività letteraria: vari i
generi affrontati, le tecniche... Egli stesso si compiace di descriversi
come un raffinato dilettante, incline a intendere l'esercizio letterario
come evasione dalle faccende politiche quotidiane. Questo carattere
sperimentalistico della sua produzione è in realtà tipico di tutto il
'400, specialmente di quegli scrittori che preferivano scrivere in
volgare. Lorenzo, nelle sue opere, si appropria del mondo degli
interessi e dei gusti di tutte le classi sociali che compongono il
dominio della sua signoria: contadini, ceto borghese, intellettuali e
aristocratici. Per ognuna di queste classi egli mostra di avere la
giusta considerazione, rafforzando il proprio prestigio di signore
preoccupato del bene dei sudditi. Opere 1)
Nencia
Da Barberino.
Lorenzo immagina che un pastore-contadino canti l'amore per una pastora,
Nencia, di cui esalta le bellezze prosperose, ma a cui rimprovera il
carattere duro e freddo: di qui la struggente malinconia del contadino,
che è sì rozzo e incolto ma non volgare. Lorenzo sorride nel vedere le
manifestazioni di certi sentimenti, ma sa anche scorgere, dietro quelle
manifestazioni ingenue e rozze, una sofferente e spontanea umanità. 2) Canti Carnacialeschi (canzoni a ballo). Lorenzo s'ispira alla tradizione popolare e buffonesca del carnevale, ingentilendo però i contenuti e la forma, rinnovando i metri e facendo comporre da musici nuove arie che accompagnassero i testi. Queste composizioni venivano cantate su carri addobbati, da compagnie di uomini mascherati, rappresentanti il trionfo di divinità pagane o di virtù allegoriche o delle arti (corporazioni). Altri temi comuni: esaltazione della vita gioiosa e del diletto sensuale, il motivo della bellezza fuggitiva, l'invito a godere la breve stagione della giovinezza. Nel Trionfo di Bacco e Arianna, Lorenzo invita i propri sudditi a godere del presente, lasciando da parte le civili preoccupazioni, che si sobbarca la signoria sollecita del bene di tutti. Qui il corteo trionfale è mitologico, concentrato sulla figura di Bacco (dio del vino e della frenetica gioia). |