Italo Svevo
(Ettore Schmitz)
Senilità
Capitolo IX
Quanto era superiore a lui Amalia! Ella
rivelò sorpresa il giorno appresso di non veder comparire il Balli, ma con tale
indifferenza che sarebbe stato difficile di scoprirvi il minimo dispiacere. - È forse
indisposto? - chiese ad Emilio, e costui ricordò che ella aveva avuto sempre una grande
disinvoltura parlando con lui di Stefano.
Egli però non ebbe alcun dubbio di
essersi ingannato. - No rispose e non ebbe il coraggio di dire altro. Un'intensa
compassione lo prese al pensare che a quella debole personcina sovrastava, tanto imminente
e senza ch'ella ne dubitasse, un dolore simile a quello che pativa lui. Era lui stesso che
stava per picchiarla. Il colpo era già partito dalla sua mano, ma stava ancora sospeso in
aria e fra poco si sarebbe abbattuto su quella testina grigia a piegarla, e la faccia mite
avrebbe perduta quella serenità dimostrata chissà con quale eroico sforzo. Egli avrebbe
voluto prendere la sorella fra le braccia e incominciare a consolarla prima che fosse
arrivato a lei il dolore. Ma non poteva. Senza arrossire non poteva dire in presenza sua
neppure il nome dell'amico. Tra fratello e sorella c'era oramai una barriera: la colpa di
Emilio. Egli non se ne accorgeva, e si riprometteva di poter arrivare alla sorella quando,
certo, ella avrebbe cercato intorno a sé qualche appoggio. Allora egli non avrebbe avuto
da far altro che aprire le proprie braccia. Ne era sicuro. Amalia era fatta come lui che
quando soffriva s'appoggiava su tutte le persone che gli stavano accanto. Perciò egli
lasciava ch'ella aspettasse il Balli.
Doveva essere un'aspettativa che Emilio
non avrebbe sopportata; ci volle certo un grande eroismo per non chiedere nulla,
all'infuori della solita domanda: - Il Balli non verrà? - C'era un bicchiere di più
sulla tavola, preparato pel Balli; veniva riposto lentamente in un cantuccio dell'armadio
che ad Amalia serviva di dispensa. Quel bicchiere veniva poi seguito dalla tazzina
destinata al Balli pel caffè e, riposta anche questa, Amalia chiudeva l'armadio a chiave.
Era calma, calma, ma molto lenta. Quando ella gli volgeva le spalle, egli osava guardarla
fisso, e allora la sua fantasia gli faceva vedere dei segni di sofferenza in ogni singolo
segno di debolezza fisica. Quelle spalle cadenti erano state sempre così? Quel collo
magro non s'era dimagrito vieppiù negli ultimi giorni?
Ella ritornava a tavola a sedersi accanto
a lui, ed egli pensava: - Ecco! Con quell'aspetto calmo, ella ha deciso di aspettare altre
ventiquattr'ore. - Ammirava! Egli non aveva saputo aspettare neppure una notte.
- Perché non viene più il signor Balli?
- chiese essa il giorno appresso riponendo il bicchiere. - Io credo che con noi non si
diverta abbastanza, - disse Emilio dopo una breve esitazione, deciso di dire qualche cosa
che facesse capire ad Amalia lo stato d'animo del Balli. Non parve ch'ella desse molta
importanza a tale osservazione, e pose il bicchiere con grande attenzione nel solito
cantuccio.
Egli intanto aveva risolto di non
lasciarla più in quei dubbi. Quando vide sul vassoio tre tazze in luogo di due, le disse:
- Potresti risparmiarti la fatica di preparare il caffè per Stefano. È probabile che per
lungo tempo egli non venga più.
- Perché? - chiese essa con la tazza in
mano, pallidissima.
A lui mancò il coraggio di dire le parole
già preparate: - Perché non vuole. - Non era meglio aiutarla nella sua finzione, e
permetterle di domare lentamente il suo dolore senza trascinarla a tradirsi, con una
rivelazione cui ella non era ancora preparata? Le disse che non credeva che il Balli
potesse venire più a quell'ora perché s'era messo a lavorare accanitamente.
- Accanitamente? - ripeté essa volgendosi
all'armadio. La tazza le scivolò di mano, ma non si ruppe. Ella la rialzò, la pulì
accuratamente e la pose al suo posto. Sedette poi accanto ad Emilio. «Altre
ventiquattr'ore» pensò egli.
Il giorno appresso Emilio non seppe
impedire al Balli di accompagnarlo fino alla porta di casa. Stefano guardò un momento per
distrazione le finestre del primo piano, ma riabbassò prontamente gli occhi. Certo su una
delle finestre doveva aver scorta Amalia e non l'aveva salutata! Poco dopo Emilio osò
guardare anche lui, ma, se c'era stata, ella doveva essersi già ritirata. Avrebbe voluto
fare un rimprovero a Stefano di non aver salutato, ma non gli era più possibile di
verificare il fatto.
Molto oppresso, salì da Amalia. Ella
doveva aver compreso.
Non la trovò nel tinello. Poco dopo ella
venne, con passo rapido; si fermò dandosi da fare intorno alla porta che non voleva
chiudersi. Doveva aver pianto. Aveva gli zigomi rossi e i capelli bagnati; certo, s'era
bagnata la faccia per cancellare ogni traccia di lagrime. Ella non chiese nulla quantunque
durante il pranzo egli si sentisse continuamente minacciato da una domanda. Evidentemente
agitata, non trovava il coraggio di parlare. Volle spiegare la propria agitazione, e
raccontò di aver dormito poco. Il bicchiere e la tazza del Balli non comparvero in
tavola. Amalia non aspettava più.
Ma Emilio aspettava. Sarebbe stato un
grande sollievo per lui vederla piangere, udirne qualche suono di dolore. Ma per molto
tempo non ebbe tale soddisfazione. Rincasava ogni giorno preparato al dolore di vederla
piangere, confessare la sua disperazione, e invece la trovava tranquilla, abbattuta,
sempre gli stessi movimenti lenti di persona stanca. Ella attendeva con la solita
apparente cura ai lavori di casa, e ne parlava di nuovo ad Emilio come altre volte quando
i due giovani, trovatisi soli, avevano cercato di abbellire la piccola loro dimora.
Era un incubo di sentirsi accanto tanta
tristezza senza parole. E come doveva essere forte quel dolore certo rincrudito dai dubbi
più diversi. Ad Emilio sembrava persino ch'ella potesse dubitare della verità, e si
sentiva in pericolo di dover spiegare l'azione da lui commessa, la quale a lui stesso
pareva già incredibile. Talvolta ella posava su lui gli occhi grigi, sospettosi,
indagatori. Oh, quegli occhi là non crepitavano. Guardavano le cose, gravi e fisi, a
cercarvi la causa di tanti dolori. Egli non ne poteva più.
Una sera in cui il Balli era impegnato -
con qualche donna probabilmente - egli risolse di restare con la sorella. Ma poi gli fu
penoso di starle accanto nel silenzio che regnava fra loro tanto di frequente, condannati
com'erano a tacere di quello ch'era il loro pensiero dominante. Prese il cappello per
uscire.
- Dove vai? - chiese ella che si divertiva
a picchiare sul piatto con la forchetta, la testa abbandonata su un braccio. Bastò
perché egli perdesse il coraggio di andarsene. Veniva chiamato. Se in due quelle ore
erano tanto dolorose, che cosa sarebbero state per Amalia sola?
Gettò via il cappello, e disse: - Volevo
portare a spasso la mia disperazione. - L'incubo sparì. Era stata una trovata. Se non
poteva parlare dei suoi dolori poteva almeno distrarla col racconto dei proprii. Ella
aveva cessato immediatamente di picchiare e s'era tutta rivolta a lui per guardarlo bene
in faccia, e vedere quale aspetto avesse in altri il proprio dolore.
- Poveretto - mormorò scoprendolo
pallido, sofferente, inquieto anche per le ragioni ch'ella non poteva sapere. Poi volle
delle confidenze: - Da quel giorno non l'hai più riveduta?
Con un'espansione quasi gioconda egli
raccontò. Mai non l'aveva vista. Quand'era all'aperto, senza voler sembrare, cioè senza
fermarsi nei luoghi ove sapeva ch'ella a date ore doveva passare, non faceva altro che
aspettarla. Ma non l'aveva vista mai. Sembrava proprio che, dacché era stata lasciata da
lui, ella evitasse di farsi vedere per le vie.
- Potrebbe anche essere così - disse
Amalia ch'era tutta, devotamente, intenta a studiare la sciagura del fratello.
Emilio rise di cuore. Disse che Amalia non
poteva figurarsi di quale pasta fosse fatta Angiolina. Erano trascorsi otto giorni dacché
l'aveva lasciata, ed egli doveva assolutamente ritenere d'essere stato già del tutto
dimenticato. - Ti prego, non deridermi - pregò quantunque s'accorgesse ch'ella fosse ben
lontana dal ridere di lui. - Ella è fatta proprio così. - E qui capitò una biografia di
Angiolina. Parlò della sua leggerezza, della sua vanità, di tutto ciò che costituiva la
propria sventura, ed Amalia stette a sentirlo silenziosa e senza tradire la minima
meraviglia. Emilio pensò ch'ella studiasse il suo amore per scoprirvi delle analogie col
proprio.
Avevano passato in tal modo un quarto
d'ora delizioso. Pareva che tutto quanto li aveva divisi fosse sparito o anzi venisse ad
unirli, tant'è vero ch'egli aveva parlato d'Angiolina non per il bisogno di sollevarsi
dal peso d'amore e di desiderio che fino a quell'ora lo aveva fatto ciarlare tanto, ma
unicamente per far piacere alla sorella. Per Amalia provava una grande tenerezza; gli
pareva che, ascoltandolo, ella gli avesse dato formalmente il suo perdono.
Fu questa tenerezza che lo condusse a dire
delle parole che fecero terminare in tutt'altro modo quella serata. Aveva finito di
raccontare e, senza alcuna esitazione, chiese: - E tu? - Non aveva esitato e non aveva
neppure riflettuto. Dopo aver resistito per tanti giorni al desiderio di chiedere alla
sorella delle confidenze, in quell'ora d'abbandono vi cedette. Avendo provato un tale
sollievo di fare lui delle confidenze, gli pareva troppo naturale d'indurre anche Amalia a
confidarsi nello stesso modo.
Ma Amalia non l'intendeva così. Lo
guardò con gli occhi sbarrati da un grande terrore: - Io? Non ti capisco! - Se anche
veramente non avesse capito, avrebbe potuto indovinare tutto dall'imbarazzo in cui egli fu
gettato al vederla tanto sconvolta. - Tu sei pazzo, mi pare. - Aveva capito, ma
evidentemente non sapeva ancora spiegarsi come Emilio fosse riuscito a indovinare il
segreto tanto gelosamente custodito.
- Chiedevo se tu... - balbettò Emilio
egualmente sconvolto. Cercava una bugia, ma intanto Amalia s'era trovata la spiegazione
più ovvia e la disse a tanto di lettere: - Il signor Balli ti ha parlato di me. - Ella
gridava. Il suo dolore aveva trovata la parola. La sua faccia era colorita dal sangue
sferzato da un violento disdegno, e le sue labbra si arcuarono. Ella ridiveniva forte per
un istante. In questo ella somigliava perfettamente ad Emilio. Si capiva ch'ella riviveva
potendo convertire il suo dolore in un'ira. Non era più abbandonata senza parole; era
vilipesa. Ma la forza non era fatta per lei, e durò poco. Emilio giurò: il Balli non gli
aveva mai parlato di Amalia in modo da far capire che credesse d'esserne amato. Ella non
gli credette, ma il debolissimo dubbio ch'egli le aveva messo nell'animo le tolse la
forza, e si mise a piangere: - Perché non viene più in casa nostra?
- È un caso, - disse Emilio. - Fra giorni
certo verrà
- Non verrà! - gridò Amalia e
riacquistò la violenza nella discussione. - Non mi saluta neppure. - I singhiozzi le
impedivano di pronunziare delle frasi più lunghe. Emilio corse ad abbracciarla ma la
compassione le fece male. Ella si alzò violentemente, si svincolò e corse nella sua
stanza a calmarsi. I singhiozzi erano divenuti gridi. Poco dopo cessarono del tutto, ed
ella ritornò e poté parlare interrotta solo da qualche sussulto represso. S'era fermata
alla porta: - Non so neppure io stessa perché pianga così. Un'inezia qualunque mi getta
in tale orgasmo. È certo che sono malata. Io non ho fatto nulla che potesse dare a quel
signore il diritto di contenersi così. Tu ne sei convinto, nevvero? Ebbene, mi basta! E
del resto che cosa potevo dire o fare? - Andò a sedere e si rimise a piangere più
dolcemente.
Era evidente che Emilio doveva prima di
tutto scolpare l'amico e lo fece, ma non era possibile di riuscirvi. L'opposizione non
fece altro che agitare di più Amalia.
- Ch'egli venga! - ella gridò. - Se lo
desidera non mi vedrà neppure, non mi lascerò vedere da lui.
Ad Emilio parve d'aver trovata una buona
idea:
- Sai la ragione del mutamento nel
contegno del Balli? Dinanzi a me gli fu chiesto se stesse per fidanzarsi con te. Ella lo
guardava indagando se potesse fidarsi di lui; non comprendeva neppur bene, e per
analizzare più facilmente quelle parole, le ripeté: - Altri gli ha detto ch'egli stia
per fidanzarsi con me? - Rise forte, ma con la sola voce. Egli aveva dunque paura di
essere compromesso e di doverla sposare? Ma chi gli aveva messa un'idea simile in quella
testa che pure di solito non appariva una delle più stolide? E lei, era forse una
ragazzina da innamorarsi perdutamente per due parole ed una occhiata? - Certo - la sua
ammirabile forza di volontà le permise perfino di trovare un tono di vera indifferenza -
certo, la compagnia del Balli non le era stata discara, ma non l'aveva saputa tanto
pericolosa. - Volle di nuovo ridere, ma questa volta la sua voce si ruppe nel pianto.
- Non vedo dunque che ci sia una ragione
di piangere - disse Emilio timidamente. Avrebbe ora voluto far cessare quelle confidenze
che con tanta leggerezza aveva provocate. La parola non guariva Amalia; ne inaspriva il
dolore. In questo ella non gli somigliava.
- Non ho ragione di piangere quando vengo
trattata in questo modo? Egli fugge come se io gli fossi corsa dietro. - Di nuovo aveva
gridato, ma, dallo sforzo, fu subito spossata. Le parole di Emilio erano capitate proprio
inaspettate perché, dopo tanto tempo, ella ancora non aveva trovato un contegno. Un'altra
volta ella cercò di attenuare l'impressione che tutta la scena doveva aver prodotta su
Emilio. - La mia debolezza è la causa prima della mia agitazione - disse poggiando la
testa sulle due mani. - Non m'hai già vista piangere per cose molto meno importanti?
Senza dirselo, ambedue corsero col
pensiero a quella sera in cui ella era scoppiata in pianto solo perché quell'Angiolina le
portava via il fratello. Si guardarono molto serii. Allora, ella pensò, aveva davvero
pianto per nulla, e proprio perché ancora non aveva conosciuto lo scoramento senza
rimedio in cui ora si trovava. Egli, invece, ricordò quanto quella scena fosse somigliata
a questa, e sentì un nuovo peso piombare sulla propria coscienza. Questa scena era
evidentemente la continuazione dell'altra.
Ma Amalia aveva deciso. - Credo che tocca
a te difendermi, nevvero? Ora non mi pare che tu possa continuare ad essere l'amico di chi
m'offende senza alcun motivo
- Egli non t'offende - protestò Emilio.
- Pensa come vuoi! Ma egli deve ritornare
in questa casa o tu saresti obbligato a voltargli le spalle. Da parte mia poi, ti prometto
ch'egli non troverà niente di mutato nel mio contegno; farò uno sforzo e lo tratterò
diversamente da quello che si merita.
Emilio dovette riconoscere ch'ella aveva
ragione e disse che, pur non annettendo alla cosa tanta importanza da indurlo a rompere i
rapporti col Balli, gli avrebbe fatto capire che intendeva vederlo frequentare di nuovo
casa sua.
Neppure questa promessa bastò alla mite
Amalia. - A te dunque pare un'inezia l'insulto fatto a tua sorella? Comportati allora come
ti pare e piace, ma anch'io farò a modo mio. - Minacciava fredda e sdegnosa. - Domani mi
raccomanderò all'agenzia qui di faccia per un posto da governante o da serva. C'era tanta
freddezza nelle sue parole da far credere nella serietà della sua intenzione.
- Ho forse detto di non voler fare quello
che tu desideri? disse Emilio spaventato. - Domani parlerò col Balli, e se domani stesso
non viene da noi, io saprò allentare i miei rapporti con lui.
Quell'allentare suonò male ad
Amalia. - Allentare? Farai quello che vorrai. - S'alzò e, senza salutarlo, andò nella
sua stanza ove ancora ardeva la candela ch'ella ci aveva portata la prima volta che vi si
era rifugiata
Emilio pensò ch'ella continuava a
dimostrarsi risentita perché le era più facile di padroneggiarsi: il momento stesso in
cui Si fosse mitigata fino a dire una parola di ringraziamento od anche soltanto di
consenso, sarebbe stata vinta di nuovo dalla commozione. Volle seguirla, ma capì ch'ella
stava svestendosi e, dal di fuori, le augurò la buona notte. Ella rispose a mezza voce e
con una dura indifferenza
Del resto Amalia aveva ragione. Il Balli
doveva almeno qualche volta venire in casa sua. Quella cessazione improvvisa delle visite
era offensiva e si capiva che per poter guarire Amalia fosse necessario prima di tutto di
toglier l'offesa. Uscì nella speranza di trovare il Balli.
Fuori, alla porta stessa di casa, trovò
la più potente delle distrazioni. Per un caso strano s'imbatté faccia a faccia con
Angiolina. Come dimenticò subito la sorella, il Balli e i propri rimorsi! Fu una sorpresa
per lui. In quei pochi giorni egli aveva dimenticato il colore di quei capelli che
rendevano tanto bionda tutta la figura, gli occhi azzurri che ora veramente guardavano per
indagare. Egli le fece un saluto breve che per voler essere freddo fu violento. Nello
stesso tempo le aveva sgranati addosso gli occhi sì che, se ella stessa non fosse stata
sorpresa e agitata, ella avrebbe potuto averne paura.
Sì! Ella era agitata. Aveva risposto al
suo saluto confusa e arrossendo. Era accompagnata dalla madre e, fatti pochi passi, s'era
voltata tanto verso la propria compagna da poter vedere anche dietro di sé. A lui parve
di comprendere dagli occhi di lei ch'ella s'attendeva di venir avvicinata, e fu
precisamente questo che gli diede la forza di passare oltre accelerando il passo.
Camminò per parecchio tempo senza meta,
per tranquillarsi Forse Amalia aveva veduto bene e il suo abbandono era stato per
Angiolina la più energica delle educazioni. Forse ella lo amava ora! Camminando fece un
sogno delizioso. Ella lo amava, lo seguiva, s'attaccava a lui, ed egli continuava a
fuggirla, a respingerla. Quale soddisfazione sentimentale!
Quando ritornò in sé, il ricordo della
sorella gli aggravò di nuovo il cuore. In quei pochi giorni il suo destino era divenuto
più doloroso, tant'è vero che il pensiero d'Angiolina, che fino allora era stato tanto
doloroso per lui, gli appariva un rifugio, per quanto non tutto piacevole, dal pensiero di
aver inasprita la sorte della sorella.
Per quella sera non trovò il Balli. Sul
tardi venne fermato dal Sorniani il quale ritornava dal teatro. Dopo il saluto, subito,
costui raccontò di aver vista a teatro, in prima galleria, Angiolina colla madre;
bellissima davvero con una vita di seta gialla e un cappellino di cui non si vedevano che
due o tre grandi rose nell'oro dei capelli. Si dava per la prima volta la Valchiria
e il Sorniani si meravigliava che Emilio, conosciuto in altra epoca per aver fatto della
critica musicale avvenirista - che cosa non aveva fatto in sua vita? - non fosse stato a
teatro.
Confusa ed agitata come egli l'aveva
vista, ella era andata poi a teatro e in un posto di un prezzo piuttosto elevato. Chissà
chi glielo aveva pagato! Egli aveva fatto dunque un altro vanissimo sogno.
Disse al Sorniani che la sera appresso
sarebbe andato anche lui al Comunale; ma non ne aveva l'intenzione. Aveva perduta l'unica
serata in cui il teatro gli sarebbe potuto piacere. La sera seguente Angiolina non ci
sarebbe andata neppure se le fosse stato pagato di nuovo il posto. Wagner e Angiolina! Era
già molto che si fossero incontrati una volta sola.
Passò una notte insonne. Era inquieto, e
non trovava nel letto una posizione comoda abbastanza per starci fermo. S'alzò per
calmarsi e ricordò che forse dalla stanza della sorella poteva venirgli una distrazione.
Ma Amalia non sognava più; ella aveva perduti anche i suoi lieti sogni. La sentì
voltarsi più volte nel letto che neppure a lei sembrava molle.
Verso la mattina ella lo sentì alla porta
e gli chiese che cosa volesse.
Egli era ritornato là nella speranza di
udirla parlare, di apprendere ch'ella godesse almeno una volta nelle ventiquattr'ore.
- Niente - rispose lui profondamente
accorato di sentirla desta - mi pareva che ti movessi, e volevo vedere se ti occorresse
qualche cosa.
- Non mi occorre niente - rispose ella
mitemente. - Grazie, Emilio.
Egli senti d'essere stato perdonato e ne
provò una soddisfazione vivissima e dolce tanto che gli si inumidirono gli occhi. - Ma
perché non dormi? - L'istante era tanto felice ch'egli voleva gustarlo; lo prolungava e
lo rendeva più intenso facendo sentire alla sorella il proprio affetto commosso.
- Mi sono destata or ora; ma tu?
- Io dormo pochissimo da parecchio tempo -
rispose lui: credeva sempre che ad Amalia dovesse derivare un sollievo dal sapere quali
dolori patisse anche lui. Poi, ricordando le parole scambiate col Sorniani, le annunziò
che aveva deciso di andare a distrarsi alla Valchiria. - Ci vieni anche tu?
- Ben volentieri - rispose essa. - Basta
che non ti costi troppo.
Emilio protestò. - Per una volta tanto. -
Batteva i denti dal freddo, ma su quel posto aveva trovato tanta dolce commozione
ch'esitava ad abbandonarlo.
- Sei in camicia? - domandò lei e udito
che sì, gli ordinò di andarsi a coricare.
Egli andò a letto malvolentieri ma,
quando vi fu, trovò subito la posizione che aveva cercata invano tutta la notte, e dormì
ininterrotte un paio d'ore.
Col Balli non fu punto difficile
d'intendersi. Alla mattina lo trovò mentre marciava dietro al carro del canicida, tutto
commosso della sorte di tante povere bestie. Ne era afflitto, ma ricercava quella
commozione per sentirsi, diceva lui, più artista nell'affetto agli animali. Alle parole
di Emilio diede poco ascolto, avendo le orecchie intronate dai guaiti dei cani, il suono
più doloroso ch'esista in natura quando è provocato da un dolore così inatteso come
quello dell'improvvisa stretta violenta al collo. - C'è dentro la paura della morte -
diceva il Balli - e nello stesso tempo un'enorme, impotente indignazione.
Il Brentani ricordò con amarezza che
anche nel lamento di Amalia si era sentita una sorpresa ed un'enorme, impotente
indignazione. La presenza del canicida gli facilitò però il suo compito. Il Balli lo
ascoltò distrattamente, e dichiarò di non aver niente in contrario a venire da lui quel
giorno stesso.
Ebbe qualche leggero dubbio soltanto a
mezzodì quando venne a prendere Emilio all'ufficio. S'era già convinto che Amalia,
innamorata di lui, si fosse confidata col fratello e che costui avesse creduto opportuno
allontanarlo dalla sua casa; ora invece Emilio voleva vi ritornasse perché Amalia non
capiva per quale ragione egli non si facesse più vedere. - Lo vorranno per convenienza -
pensò il Balli con la sua consueta facilità di spiegare tutto.
Erano già avviati verso casa allorché a
Stefano venne un altro dubbio: - Basta che la signorina non mi serbi rancore.
Emilio, forte dell'assicurazione avuta
dalla sorella, lo tranquillò. - Sarai accolto come in passato.
Il Balli tacque. Ci avrebbe pensato lui ad
apparire diverso da quello di una volta, per non lusingarla e non essere assalito una
seconda volta da quell'amore poco desiderabile.
Amalia era preparata a tutto fuorché a
questo. Si era proposta di trattarlo gentilmente ma con freddezza, ed ecco ch'era lui a
dare tale intonazione ai loro rapporti. A lei non restò altro che d'accettare e seguire
passivamente il modo imposto da lui, e non poté neppure tradire un risentimento. Egli la
trattava proprio come una signorina di cui avesse fatto da poco la conoscenza, con tutti i
riguardi e il più indifferente rispetto. Non erano più le chiacchiere allegre in cui il
Balli si abbandonava tutto, svelando quanto più alto si tenesse di tutte le persone che
lo contornavano, con un'immodestia tanto spudorata da non potersi mostrare che accanto a
persone devotissime, perché un'ironia qualunque in quei momenti gli avrebbe tolta la voce
e il fiato. Quel giorno non parlò affatto di sé, ma, invece, e brevemente, di cose che
Amalia non stava neppure a udire, stupefatta di tanta indifferenza. Raccontò che s'era
annoiato molto alla Valchiria, dove una metà del pubblico era occupata a dare ad
intendere all'altra di divertirsi; poi parlò anche di un'altra noia, quella del lungo
carnovale che aveva ancora un mese d'agonia. Da tanta noia egli fu indotto a sbadigliare
lungamente. Oh, così mutato era noioso anche lui. Dove se n'era andata quella bella
vivacità che Amalia aveva amata tanto perché le sembrava nata per piacere a lei?
Emilio sentì che la sorella doveva
soffrire, e cercò di provocare qualche segno di maggiore interessamento da parte di
Stefano. Parlò della cattiva cera di Amalia e minacciò la sorella di chiamare il dottor
Carini se ella non si fosse migliorata d'aspetto. Il dottor Carini, amico del Balli, era
stato nominato proprio per indurre quest'ultimo a parlare anche lui della salute di
Amalia. Ma Stefano, con ostinazione puerile, badò di non prender parte a un simile
discorso, e Amalia rispose alle parole affettuose del fratello con una frase ruvida.
Voleva essere brusca con qualcuno, né poteva esserlo col Balli. Del resto poco dopo si
ritirò nella sua stanza, e li lasciò soli.
Per via Emilio ritornò su quelle sue
disgraziate parole e tentò di spiegarle e di togliere da Amalia qualunque aspetto di
colpa. Confessò di essere stato leggero. Doveva essersi ingannato sul sentimento di
Amalia, la quale (ne fece solenne giuramento) non gli aveva mai detto una parola in
proposito. Il Balli finse di credergli. Dichiarò ch'era tuttavia inutile di riparlare di
quella faccenda che egli, da lungo tempo, aveva dimenticata. Come sempre, egli era molto
contento di se stesso. S'era comportato come doveva per ridare la quiete ad Amalia, ed
evitare fastidi all'amico. L'altro tacque comprendendo di gettare il fiato al vento.
La stessa sera fratello e sorella andarono
a teatro, ed Emilio sperava che lo svago insolito fosse perciò maggiore per la sorella.
Ma no! Nella serata il divertimento non le
animò gli occhi neppure una sola volta. Appena appena vide il pubblico. Il pensiero
sempre rivolto all'ingiustizia che le era stata fatta, ella non poteva neppure occuparsi
di quelle tante donne più felici ed eleganti di lei che altre volte ella aveva seguite
con tanto interessamento da trovar piacere già nel parlare di loro. Quando ne aveva avuto
l'opportunità, s'era fatte descrivere quelle fogge, ed ora non le vedeva neppure.
Una certa Birlini, una ricca signora
ch'era stata amica della madre dei Brentani, dal suo palchetto vicinissimo, scorse Amalia
e la salutò. In passato Amalia era stata superba dell'affetto di alcune ricche signore.
Invece ora fu con isforzo che trovò un sorriso per rispondere alla gentilezza usatale, e
presto non vide più la bionda e buona signora che evidentemente s'era compiaciuta di
trovare anche Amalia in quel teatro.
Ma Amalia veramente non c'era. Ella si
lasciava cullare nei suoi pensieri da quella strana musica di cui non percepiva i
particolari, ma l'insieme ardito e granitico che le sembrava una minaccia. Emilio la
strappò per un istante ai suoi pensieri per domandarle come le piacesse un motivo che
continuava a risuonare nell'orchestra. - Non capisco - ella rispose. Infatti ella non lo
aveva sentito. Ma, assorbito da quella musica, il suo grande dolore si coloriva, diveniva
ancora più importante, pur facendosi semplice, puro, perché mondato d'ogni avvilimento.
Piccola e debole, ella era stata abbattuta; chi avrebbe potuto pretendere ch'ella
reagisse? Mai non s'era sentita tanto mite, liberata da ogni ira, e disposta a piangere
lungamente, senza singhiozzi. Non poteva farlo e questo mancava al sollievo. Ella aveva
avuto torto asserendo di non comprendere quella musica. La magnifica onda sonora
rappresentava il destino di tutti. La vedeva correre giù per una china guidata
dall'ineguale conformazione del suolo. Ora una sola cascata, ora divisa in mille più
piccole, colorite tutte dalla più varia luce e dal riflesso delle cose. Un accordo di
colori e di suoni in cui giaceva l'epico destino di Sieglinda, ma anche, per quanto
misero, il suo, la fine di una parte di vita, l'inaridirsi di un virgulto. E il suo non
domandava più lagrime di quello degli altri, ma le stesse, e il ridicolo che l'aveva
oppressa non trovava posto in quell'espressione che pure era tanto completa.
L'altro conosceva intimamente la genesi di
quei suoni, ma non riusciva ad avvicinarvisi tanto quanto Amalia. Egli credeva che il suo
amore e il suo dolore si sarebbero presto trasvestiti nel pensiero del genio. No. Per lui
si movevano sulla scena eroi e dei, e lo trascinavano con sé lontano dal mondo ove aveva
sofferto. Negl'intervalli egli cercava invano nel ricordo qualche accento che avesse
meritato un travestimento simile. L'arte forse lo guariva?
Quando, a spettacolo finito, abbandonò il
teatro, era tanto animato da quella speranza che non vide che la sorella era più
abbattuta del solito. Respirando a pieni polmoni la fredda aria notturna, disse che quella
serata gli aveva fatto molto bene. Ma, mentre, verboso chiacchierone come sempre, andava
raccontando di quale strana calma si fosse sentito pervaso, una grande tristezza gli salì
al cuore. L'arte non gli aveva dato che un intervallo di pace, e non glielo avrebbe potuto
ridare, perché ora certi ricordi mozzi della musica s'attagliavano benissimo a certe
proprie sensazioni, se non altro alla compassione di se stesso, d'Angiolina e di Amalia.
Nell'eccitazione in cui si trovava, si
sarebbe voluto calmare, provocando da Amalia nuove confidenze. Dovette capire che s'erano
spiegati invano. Ella continuò a soffrire muta, non ammettendo neppure d'avergli mai
fatto intendere niente. Certamente il loro dolore d'origine tanto simile non li aveva
avvicinati.
Un giorno la sorprese sul Corso mentre
ella camminava lentamente in pieno meriggio, a passeggio. Portava un vestito che da lungo
tempo non doveva aver indossato perché Emilio non l'aveva mai visto. Dei colori azzurri,
chiari, su una stoffa grezza che le vestiva goffamente il povero corpo dimagrito.
Essa si confuse vedendolo, e fu subito
disposta a seguirlo a casa. Chissà quale tristezza l'aveva spinta a quella passeggiata in
cerca di svago! Egli poteva capirlo facilmente ricordando quanto spesso i suoi desideri
cacciassero di casa anche lui. Ma quale pazza speranza le aveva fatto indossare quei
vestiti? Fermamente egli credette che, vestita così, avesse sperato di piacere al Balli.
Oh, una cosa sorprendente in Amalia, un pensiero simile. Del resto, se realmente ella lo
aveva avuto, fu per la prima e l'ultima volta, perché ella ritornò al suo vestito
abituale, grigio come la sua figura e il suo destino,
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 14 febbraio 1998