CARLO ANTONIO PILATI
Plan dune législation criminelle
CAPITOLO PRIMO1
DELAZIONI, ACCUSE e PARTE PUBBLICA.
La storia
dell'umanità ci fa conoscere l'uso e l'abuso che un popolo può fare delle delazioni dei
crimini, a seconda delle diverse consuetudini conseguenti alle differenti rivoluzioni per
le quali via via è passato2.
Nei primi tempi della repubblica di Roma non esistevano processi criminali senza
accusatori. A quei tempi a Roma i costumi erano così onesti che non si pensava nemmeno
che i cittadini, pieni di zelo com'erano, potessero permettere che un crimine restasse
impunito o che cercassero di danneggiare un concittadino per mezzo di un'accusa ingiusta.
In seguito la morale peggiorò e allora si cominciò ad avere meno orrore per i crimini e
meno zelo nella denuncia dei criminali. Fu necessaria l'istituzione di apposite
magistrature per la denuncia dei crimini dei quali si fosse venuti a conoscenza3.
Inoltre si incaricarono gli edili curuli in particolare affinchè vegliassero sulla
moralità delle donne e deferissero i criminali al popolo4 - 5.
Ma poichè, nonostante queste
istituzioni, tutti quanti erano liberi di accusare i criminali, anticipando i pubblici
ufficiali, la moralità corrotta produsse ben presto dei calunniatori, quindi i Romani
quasi contemporaneamente furono obbligati a stabilire severe pene contro la piaga nascente
dei falsi accusatori6.
Più si corrompeva il senso morale e più aumentava il numero degli accusatori e dei
calunniatori. La corruzione fece proseliti persino tra gli stessi giudici, che non
mettevano più in pratica le leggi promulgate contro i falsi accusatori. Quando furono
istituite a Roma le "questioni permanenti"7. Tutti quanti erano
generalmente così corrotti e malvagi, prodighi dei loro beni ed avidi di quelli degli
altri, che i cittadini più considerati, i magistrati che ricoprivano cariche pubbliche,
quelli più rispettati, spesso non traducevano i loro concittadini davanti al pretore che
per farsi un nome, o per acquistare ricchezze, gli atti d'accusa essendo diventati una via
sicura per accedere alla notorietà ed agli incarichi e per accumulare ricchezze. Questo
malcostume dilagò senza limiti nel periodo imperiale. Sotto gli imperatori lo stato aveva
bisogno di delatori per reprimere i crimini, il dispotismo ne aveva bisogno per sterminare
i partigiani dell'antica libertà; ne aveva bisogno l'avidità del sovrano per far passare
i beni dei ricchi nella cassa del principe. Si allettavano gli accusatori con forti
ricompense, attribuendo loro una parte dei beni confiscati, ed elevandoli alle alte
cariche dell'impero. A questo punto si metteva a fare il delatore di mestiere chiunque
avesse un'anima meschina e fosse ambizioso e desideroso di ricchezza. Ma in seguito ci
furono imperatori che, inorriditi di tali pratiche infami, fecero delle leggi per
restaurare i diritti fondamentali dell'uomo: impedirono l'esercizio dell'accusa a certe
categorie di persone e condannarono i falsi accusatori al risarcimento dei danni e delle
offese. Infine si giunse a stabilire che chi avanzasse davanti al giudice un'accusa
capitale, dovesse essere custodito in prigione come l'accusato fino alla fine del
processo, affinchè gli si potesse applicare la pena del taglione in caso che ne fosse
dimostrata la falsità o l'avventatezza8 - 9.
Nelle nostre leggi e consuetudini tutto
ciò è cambiato. Le leggi canoniche che nei secoli barbari sono state adottate in tutta
l'Europa e delle quali resta ancora qualche traccia anche nei paesi dove sono state
abolite, furono invenzione certo più perniciosa e più tirannica di quanto non fossero
quelle dei tiranni di Roma, di Tiberio, di Nerone, di Caracalla. Andate nei paesi dove
quest'obbrobrio è radicato10 e ne sentirete tutto l'orrore |ma che
dico? andate anche solo nelle città delle sue province e voi vedrete che generale
sfiducia vi regna, come un sentimento un po' libero|11 su qualsiasi
argomento tranne le donne i vizi e la villania faccia tremare tutti quanti; come un uomo
di maschia virtù e d'anima nobile sia evitato, a causa dei rischi cui si espone lui
stesso e che può far correre agli altri; come tutti quanti si defilino e ognuno finchè
è là nasconda i propri pensieri e non osi manifestare pubblicamente, nè ai suoi
conoscenti e neppure ai suoi stessi amici, le sue vere convinzioni, se non su cose futili
e volgari.
|E' provato che il male peggiore è dove
queste consuetudini abbominevoli sono state portate all'eccesso, cioè a Venezia e tra i
Veneziani. Ma i disordini che la pratica delle denunce segrete causa laddove è radicata,
non smette di essere intollerabile|12
Mi dilungherei troppo se volessi specificare tutto: perciò non farò menzione che di due
inconvenienti che sono i più comuni : primo, questa pratica ha ovviamente introdotto
l'abuso di attribuire al delatore due funzioni incompatibili, che la ragione, l'equità e
tutte le leggi del mondo hanno separato; infatti il delatore ha la funzione di accusatore:
e poichè gli è permesso di stare nascosto e di non dare il suo nome, il giudice, che ha
bisogno di prove, gli fa assumere anche la funzione di testimone: Questo comportamento è
talmente diffuso che i criminalisti prescrivono di non fare mai attenzione alla
deposizione del primo tra i testimoni perchè è ritenuto essere il delatore. Il secondo
inconveniente è che per questa istituzione ogni sciagurato può impunemente minacciare
tutti quanti, e che anche le persone più virtuose non possono difendersi dai
calunniatori, finchè costoro sono sottratti ad ogni ricerca e ad ogni punizione. Non
parlerò qui delle vergognose irregolarità che questa pratica provoca nei tribunali
dell'inquisizione E' inutile perdere il tempo a riformare quest'infernale invenzione: non
di una riforma c'è bisogno ma del suo totale annientamento.13
I nostri antenati14
non furono affatto d'accordo di piegarsi a questa invenzione indegna delle denunce segrete
ma piuttosto preferivano battersi15 contro coloro dai quali avessero ricevuto
qualche torto piuttosto che cercare di danneggiarli di nascosto. I loro costumi e la loro
giurisprudenza li portava a definire le loro divergenze con onore, con franchezza e con
coraggio, Invece le leggi canoniche e la nuova giurisprudenza non prescrivevano che
bassezze.16
Ma il clero riuscì a guadagnarsi i
principi, che stabilirono delle pene severe contro coloro che ingaggiavano combattimenti e
contro i giudici che li permettevano. Da quel momento la maggior parte dei gentiluomini,
abituati all'antico modo di pensare, preferirono digerire l'ingiuria e dimenticare il
torto subito piuttosto che denunciare bassamente in segreto. Questa magnanimità e
nobiltà d'animo dei privati portò finalmente i principi ad escogitare un'altra via per
far giungere ai giudici la notizia dei delitti e per scoprirne gli autori. In tutti gli
stati furono istituiti dei pubblici ufficiali che vennero chiamati procuratori generali,
che dovevano vegliare sulla pubblica sicurezza, esercitare l'accusa davanti ai magistrati
e perseguire i malfattori.17
Giacomo II, re di Maiorca, fu uno dei primi a istituire questa carica18.
Il Signor di Montesquieu trova
quest'ufficio ammirevole19. «Noi abbiamo oggi una legge ammirabile -
egli dice - è quella che stabilisce che il principe, il quale ha il compito di fare
eseguire le leggi, prepone a ciascun tribunale un magistrato, per perseguire a nome suo
tutti i crimini; di modo che la funzione dei delatori da noi è sconosciuta e se questo
pubblico vendicatore fosse sospettato di abusare del suo ufficio, sarebbe obbligato a dire
il nome del suo accusatore". Ma se questo pubblico vendicatore abusa del suo
ministero nascondendo i crimini |delle sue donne|, dei suoi amici, di coloro che egli
teme, di quelli che lo corrompono, di quelli dai quali spera di ottenere qualcosa, di
coloro che godono della sua protezione, di quelli che gli sono raccomandati da una donna o
da una persona potente, chi potrà rimediare alla sua negligenza e alle sue
prevaricazioni? Mi si può dire che lo si cambierà. Ma se egli è in buoni rapporti con i
giudici, se se la intende col magistrato principale, se a corte ha potenti protettori e se
questi protettori sono proprio coloro che più abusano del suo ufficio; se egli è
sufficientemente ipocrita, mostrando al di fuori un grande zelo per scoprire certi
criminali e in segreto facendo tutto il possibile per sottrarli al riconoscimento dei
magistrati, che mai potrà fare per loro la "pubblica vendetta"? »
Pochi sono corrotti da pochi, dice
benissimo il Machiavelli20 - 21, ed uno solo ancora
più facilmente ed impunemente è corrotto anche da una sola persona. Questa istituzione
può essere buona in Francia ed in quelle fortunate contrade dove quella che è
comunemente chiamata "gente onesta", i gentiluomini, è ancora generalmente
onesta22.
Ma io conosco molto bene altri paesi,
dove questa gente non si incontra più. Là un giudice passerebbe addirittura per
maleducato se non si piegasse alle preghiere delle persone importanti, delle signore della
buona società, dei prelati, dei potenti, |o addolcendo i rigori della giustizia a favore
di un colpevole, e anche nel caso che si esiga da lui che non faccia giustizia o che la
faccia male|.
Senza dubbio è per queste considerazioni
che i popoli meridionali dell'Europa stentano ad introdurre l'ufficio di procuratore del
fisco o del principe. Presso questi popoli io preferirei lasciare ai giudici la ricerca e
la punizione dei criminali, proprio perchè un giudice ha più interesse dei procuratori
pubblici a perseguire e debellare i criminali, dal momento che è un suo diritto e anche
per riguardo al suo onore.
Un procuratore pubblico si dà poca pena
di istruire un processo, perchè pensa che tutti quanti ritengono essere questo un compito
più del magistrato che suo: ma per il giudice è diverso: infatti se è costretto a
dichiarare innocente un uomo che ha lungamente inquisito e trattato come un colpevole, sa
bene che tutti l'accuseranno di leggerezza, di precipitazione, di imprudenza o di
ignoranza per non dire di peggio, secondo la fantasia e le idee di ciascuno.
In altri paesi, come per esempio quelli
della Casa d'Austria, si è icaricato di perseguire i crimini sia la parte pubblica che il
giudice stesso, affinchè, se uno vien meno al suo dovere di denunciare o perseguire,
l'altro lo supplisca23.
Io approvo in pieno questa risoluzione. Ne deriva ancora un altro beneficio: se il giudice
per arrivare al suo scopo mette in opera degli artifici illegali, il procuratore non può
fare a meno di rilevarli, per non essere sospettato di negligenza nell'esercizio della sua
funzione, se il giudic è il primo a nascondere dei crimini o delle prove che il
procuratore avrebbe dovuto conoscere anche prima di lui in virtù del suo ufficio, per non
essere accusato di connivenza se mai si giungesse a scoprire la disonestà del magistrato.
Dopodichè che necessità ci potrà ancora essere di permettere ai privati di farsi
accusatori di ogni genere di crimini e contro ogni sorta di delinquenti?
Il Sign. di Montesquieu sembra essere
dell'avviso che un tale diritto risulti permesso negli stati repubblicani e proibito
invece nelle monarchie. "A Roma - egli afferma - era permesso ad un cittadino di
accusarne un altro ; e questo era stabilito, secondo lo spirito della repubblica, dove
ogni cittadino deve avere per il bene pubblico uno zelo senza ostacoli . Ma le leggi della
repubblica vennero conservate anche sotto gli imperatori e perciò si vide venir fuori un
genere funesto di individui, un esercito di delatori."24
Ma la folla dei delatori sarebbe stata
così grande e si sarebbe così accanita contro gli altri cittadini se gli imperatori
corrotti non l'avessero provocata con tutte le gran ricompense che andavano promettendo, e
con quelle, anche maggiori, che effettivamente elargivano? Quando queste ricompense
cessarono sotto gli imperatori migliori, la smania di accusare era già troppo estesa,
troppo radicata e protetta nelle mani dei giudici corrotti per non dover durare ancora per
lungo tempo. Il Codice Teresiano ha abolito completamente le accuse private, perchè vi si
afferma25
che l'esperienza ha mostrato che gli accusatori si comportano più con passione che con
raziocinio, con più accanimento che onestà, oppure si lasciano corrompere dagli accusati
sopprimendo le prove di un crimine la cui punizione è nell'interesse della società. Io
credo che è bene permettere le accuse private, con certi limiti. Pochi sono i giudici
così pienamente e costantemente onesti, che l'odio o il pregiudizio o una mala
disposizione nei confronti dell'offeso oppure una raccomandazione, un attimo di
compassione mal riposta, la speranza di ottenere qualcosa o mille altri motivi, non li
spingano qualche volta a favorire un colpevole a svantaggio di chi abbia ricevuto il
torto. Proprio per questa considerazione io permetterei di accusare sia civilmente, per il
risarcimento del danno, che penalmente per l'inflizione della pena per ogni torto fatto:
1° all'accusatore, 2° ai parenti prossimi dell'offeso supposto che questo non sia in
grado di accusare egli stesso o per problemi di sesso o di età o di capacità
intellettiva o perchè non presente in tribunale o per altri motivi simili |ai parenti
più prossimi di colui che accusa, supposto che costui non sia in stato di poter accusare
di persona, per esempio se è un bambino, un minorato o una donna| Non sarà necessario a
mio avviso che l'accusatore sostenga l'accusa fino alla fine perchè se il crimine è di
interesse pubblico il giudice può continuare di sua iniziativa a perseguirlo,
considerando l'accusatore come un semplice denunciatore: e quando al contrario il delitto
non interessa che l'accusatore, come nel caso di semplice ingiuria, il magistrato non ha
che da condannare al risarcimento del danno. Bisogna dunque che fin dall'inizio
l'accusatore si obblighi alla riparazione delle spese e dei danni, con l'ipoteca dei suoi
beni, se ne ha, o in mancanza di beni, sotto sufficiente cauzione presentata da un altro.
È anche giusto che se l'accusa viene riconosciuta come calunniosa e destituita da ogni
fondamento, l'accusatore sia punito nel modo che dirò a luogo opportuno.
I compilatori del Corpo delle Leggi di
Giustiniano furono veramente degli insensati: da un lato inserirono in questa compilazione
le leggi antiche che non permettevano l'accusa di furto o di rapina se non da parte del
derubato26;
d'altra parte vi hanno anche inserito le leggi recenti, le quali permettono
praticamente a tutti di portare l'accusa per reati che sono nello stesso tempo di minor
interesse pubblico ed anche meno importanti. Per esempio in queste leggi novelle è
permesso ad ognuno di accusare colui che avrà violato la tomba di un privato cittadino27,
mentre che è proibito dal medesimo corpo di leggi di accusare di furto o di una rapina
tra le più gravi, a meno che l'accusatore non sia la medesima persona che ha ricevuto il
torto28
Da tutto ciò consegue che l'accusa
formale deve essere permessa nei due casi che ho indicato sopra, e che negli altri casi
deve essere permesso ad ognuno di denunciare quei crimini che direttamente o
indirettamente interessano la società sia che nello stato esistano i procuratori
generali, sia che questa carica non sia istituita. Vi sono solo due reati che debbono
essere sottratti ai delatori e che non debbono giungere davanti al giudice se non per
mezzo della voce dell'accusa: essi sono l'ingiuria verbale e l'adulterio, come spiegherò
al luogo opportuno.
Il delatore avrà l'obbligo di
presentarsi di persona al giudice o al procuratore del fisco: se ha delle ragioni valide
per non venire personalmente, assenza o malattia, sarà comunque tenuto a scrivere al
giudice o procuratore, firmando la sua lettera. Ma il nome del delatore dovrà essere
tenuto nascosto per sempre, a meno che l' istruzione del processo non dimostri che la
delazione era calunniosa29.
In questo caso sarà necessario che il
giudice o il procuratore rivelino il nome del delatore, affinchè possa essere condannato
al risarcimento dei danni e punito.
Il rispettabile autore del trattato Dei
Delitti e delle Pene, vuole al contrario che l'accusato possa sempre conoscere il suo
delatore30.
"Perchè mai nascondere - si domanda
quest'autore - il nome del delatore all'imputato? Forse per la sua (del delatore)
sicurezza? Le leggi - egli dice - non lo difendono dunque abbastanza. Vi sono allora dei
soggetti più potenti del sovrano e delle leggi?" Certamente, le leggi non lo
difendono sufficientemente, perchè non esistono leggi contro le persecuzioni nascoste,
contro le insidie della calunnia, contro cabale ed intrighi: e certamente ci sono dei
soggetti più potenti delle leggi, perchè ci sono soggetti che sanno eluderle con i loro
artifici, e perchè i depositari delle leggi sono pur sempre degli uomini che hanno le
loro debolezze e che quindi possono essere influenzati da chi li conosce bene. Senza
dubbio le leggi dovrebbero essere più potenti dei cittadini: ma poichè servono uomini
per giudicare i fatti secondo le leggi e poichè ancora servono uomini per applicare
queste leggi, ci sono tanti di quei modi per i cittadini di sottrarsi al potere delle
leggi quanti sono i capricci, le passioni, i vizi, le debolezze di coloro che hanno il
potere di giudicare e di coloro che hanno il potere di eseguire31.
Quando un delatore deve temere di essere
lui stesso trascinato in giudizio, se denuncia falsamente un uomo, sia per calunnia,
oppure anche solo per leggerezza e imprudenza, quando non può gettare un biglietto
segreto in un tronco cavo32, ma si deve presentare di persona e non
gli è permesso di scrivere al magistrato se non firmando col suo nome, se buone ragioni
lo dispensano dal venire di persona, quando il magistrato dimostra di tenere d'occhio allo
stesso modo il delatore e l'imputato ed è pronto a rendere giustizia all'uno come
all'altro, non si hanno più da temere i lugubri effetti prodotti dalle denunce segrete,
quando tutto invita a denunciare: la comodità di nascondersi dietro un biglietto anonimo,
quella di gettarlo nel tronco, la facilità di poter eseguire una vendetta, di dare
soddisfazione all'odio, di rendere un rivale sospetto ai suoi superiori, se egli è
innocente o di rovinarlo senza rischio se è già sospetto. Insomma è lo spionaggio, sono
le lettere e i biglietti anonimi che divengono funesti per la società, non le delazioni
di coloro che si nascondono solo allo spirito di vendetta mentre si rivelano a colui che
può essere egualmente temibile al delatore ed all'accusato.
In molti paesi c'è un ottimo regolamento
al riguardo: in tutti i centri abitati, anche i più piccoli villaggi si istituisce un
ufficiale che è obbligato a deferire tutti i crimini ed i criminali del suo distretto che
giungono alla sua conoscenza33.
In questo modo il magistrato che ha sede
solo nei centri principali, è subito informato dei reati commessi nei villaggi della sua
giurisdizione anche di quelli dei quali nessun altro si fa delatore o accusatore. Resta
solo da impedire a questi ufficiali di farsi carico di accuse controverse da parte di
qualche individuo disonesto e proprio per questo bisogna obbligarlo a nominare le persone
informatrici del delitto e ad indicare tutti i dettagli che sanno. Io trovo (chi lo
potrebbe credere?) in un codice pubblicato per ordine della più umana delle sovrane, nel
codice di Maria Teresa, una legge che è estremamente dura34.
È quella che obbliga, sotto la minaccia
di pene severe, tutti i sudditi a denunciare un crimine che merita una pena corporale o
capitale del quale siano a conoscenza, non solo dopo che è stato commesso, ma persino
prima che sia stato commesso. Essendo la legge così importante, le riflessioni si
presentano in folla: mi limiterò ad alcune che riporto di seguito.
Si commettono frequentemente dei delitti
sotto gli occhi di molte persone. Bisogna che tutti si vadano a presentare al giudice per
fare rapporto dell'accaduto o è sufficiente che lo faccia uno solo? E se ciascuno dirà
tra sè: ci sarà ben qualcun altro che lo farà per me; dovranno essere tutti
puniti per aver pensato così? Si stabilisca piuttosto che se il delitto è stato commesso
all'interno di una casa lo denunci il padrone o il locatario dell'appartamento o della
camera, se è stato commesso per strada il vicino più prossimo, dopo aver raccolto
informazioni presso gli altri vicini: questo sia dovere di tutti i presenti se il delitto
è stato commesso in luogo disabitato, a meno che uno non si assuma l'incarico di fare il
rapporto per gli altri.
Quanto all'altro paragrafo di questa
legge che ordina di rivelare anche i crimini che si sa che verranno commessi, altri vi
hanno fatto sopra, prima di me, delle riflessioni molto giudiziose35.
Spesso chi è a conoscenza di queste cose
ritiene in buona fede di poter impedirne l'esecuzione con i suoi consigli, le sue
preghiere o le sue minacce e in questa speranza preferisce adoperarsi per prevenire un
male ancora incerto, piuttosto che fare un male certo dando luogo, con una delazione che
può smbrare troppo azzardata, alla rovina di uno o di molti altri. Se quest'uomo non
riesce nel suo intento è forse per questo punibile? Spesso denunciare è tanto pericoloso
che il delatore diviene a sua volta la vittima del deferito, perchè costui può prendere
delle misure per annullare tutte le prove contro di lui facendo passare il denunciante per
un calunniatore36.
Si stabilisca dunque che chi sa che si
sta tramando un crimine sia obbligato a denunciarlo purchè abbia delle prove sufficienti
per giustificare la sua delazione e che venga punito se in seguito si dimostra che ha
mantenuto il silenzio, nonostante le prove che poteva fornire, a meno che non dimostri di
aver fatto tutto il possibile per distogliere il criminale dall'esecuzione del suo
disegno.
Principi malvagi, ministri corrotti,
criminalisti d'animo servile37 avrebbero la pretesa di imporre
un'eccezione a questa regola per il crimine di lesa maestà38.
Se questa specie di individui ascoltasse
la ragione, io li pregherei di considerare che mai è venuto in mente a un buon principe
di fare leggi contrarie all'umanità, all'equità e alla ragione, riguardo al delitto di
lesa maestà: un buon principe non ha nulla da temere dai suoi popoli ed è cosa naturale
per i sudditi attribuire, per quanto possono, ai ministri i fatti propri del signore; si
consideri inoltre che dei ministri corrotti possono fin troppo abusare di queste leggi per
eliminare le persone virtuose, la gente illuminata, i sudditi più zelanti che sono
contrari ai loro vizi. Esaminate dunque la storia di tutte le nazioni e di tutti i tempi,
e vedrete che i sudditi non hanno mai intrapreso qualcosa contro i loro principi se non
per disperazione o per superstizione. Che i principi smettano dunque di portare al limite
la sopportazione dei loro sudditi, che pongano fine alle superstizioni e quelli potranno
anche tollerare delle leggi tiranniche, che non fanno che dimostrare la bassezza dei loro
autori: infatti tali leggi non produssero mai altro effetto che questo, poichè i
cittadini onesti, quelli ai quali la moderazione del principe lascia l'uso della ragione,
quelli non accecati dalla superstizione, rispetteranno sempre il loro principe, anche se
la legge civile è difettosa, mentre al contrario coloro che sono fuori di senno per la
disperazione sfideranno sempre anche le leggi più crudeli e la temerarietà di questi
pazzi sarà sempre più intraprendente di quanto non sappia essere raccapricciante la
crudeltà delle leggi. Queste leggi crudeli possono aver avuto qualche effetto nei tempi
nei quali i principi erano così deboli e i loro generali o i loro primi ministri così
potenti che gli ultimi potevano cospirare contro i primi con qualche speranza di successo.
Ma ora tutte le circostanze sono cambiate poichè il sovrano ha ovunque tutta la forza
possibile e i sudditi non hanno che il diritto, spesso anche molto pericoloso, di fare le
loro umilissime rimostranze. Perciò ai principi non resta null'altro da temere che il
fanatismo o la disperazione di un singolo che tutto solo osi intraprendere qualche azione
orribile: ma contro un tale pazzo ogni legge, per crudele che sia, è inutile. Principi,
distruggete il fanatismo, cercatevi dei ministri onesti, fate ai vostri popoli il minor
male che potete e contate sull'amore dei vostri sudditi, che vi sarà di garanzia contro
ogni iniziativa da parte di qualche fanatico meglio che tutte le leggi che saprete
immaginare39.
DELLE INFORMAZIONI.
GENERALI E PARTICOLARI
Una volta che il
crimine è denunciato a un magistrato, si passa subito alle informazioni generali, per
mezzo delle quali si fanno le ricerche necessarie per scoprire la verità del fatto, per
constatare il crimine per mezzo del corpo del delitto e per isolare l'individuo che l'ha
commesso40.
Quando queste informazioni generali
forniscono degli indizi contro qualcuno, si passa subito alle informazioni particolari che
secondo la maggiore o minore gravità del delitto, e secondo la forza o la debolezza degli
indizi, cominciano o con la cattura dell'indiziato o con un semplice avviso a comparire di
persona davanti al magistrato per rispondere del fatto di cui è accusato.
È facile vedere che giudici corrotti
possono commettere in questa occasione delle grandi iniquità sia favorendo i colpevoli a
discapito della sicurezza pubblica, e anche degli individui che hanno ricevuto il torto,
sia procedendo contro degli innocenti come se fossero colpevoli.
Diversi popoli della Germania avevano in
passato degli ottimi regolamenti per prevenire le iniquità dei giudici in questa
importante parte del processo criminale41.
Ma principi corrotti e giudici ancor più
corrotti un po' alla volta vi hanno apportato tanti cambiamenti, gli uni per mezzo delle
loro leggi e gli altri con l'introduzione di usi opposti, che queste antiche istituzioni
non sussistono più42
Queste leggi prescrivevano che i giudici
da soli non potessero nè istruire il processo nè emettere la sentenza: esse assegnavano
loro un certo numero di impiegati aggiunti che dovevano assisterli ed i giudici dovevano
tener presente il loro parere dall'inizio alla fine del procedimento: Questi regolamenti
non concernevano soltanto il processo che si teneva in città ma anche quello che aveva
luogo nei villaggi. Queste usanze trassero origine dall'equità naturale che regnava nelle
foreste della Germania43 e i popoli ch ne uscirono le portarono nei
paesi dove si andarono stabilendo. Perciò questi costumi dettati dalla natura si
conservarono tanto a lungo in Francia ed in Germania come si può vedere dalle leggi
Saliche, dalle Ripuarie e dalle Capitolari e dai primi scrittori di pratica giuridica
della terza dinastia44.
Ma quando i laici oppressi, maltrattati e
oppressi dal clero cominciarono a trascurare i loro antichi usi conformi alla ragione e
all'equità naturale e ad avere una cieca venerazione per il diritto canonico; allorchè
quest'accecamento portò i laici a correre dietro alla nuova giurisprudenza che si
cominciò ad insegnare nelle scuole dopo la scoperta del corpo del diritto di Giustiniano45,
e apparvero altre opere di giurisprudenza, l'antico modo di giudicare cadde in disuso,
poichè il diritto canonico e il nuovo diritto civile insegnavano una procedura tutta
diversa46.
Ci fu anche un'altra ragione di questa
rivoluzione nella procedura: gli aiutanti del giudice dovevano essere della medesima
condizione sociale dell'accusato: per questo furono chiamati "pari" almeno in
Francia e in Inghilterra: il loro impiego non era permanente ma finiva con il processo in
cui avevano giudicato. Questi pari dunque non erano che delle persone che davano il loro
parere secondo il loro buon senso e l'equità naturale e secondo gli usi del luogo dove si
teneva il peocesso. Perciò in altri paesi li si chiamò anche "prud'hommes"47.
Ora, quando cominciò a formarsi un certo
tipo di procedura ed un certo tipo di giurisprudenza, e quando i giureconsulti
cominciarono ad affollarsi nei tribunali con le loro "chicanes"48
le loro sottigliezze, i loro ragionamenti contorti e le loro nuove leggi che nessuno
capiva, i pari ed i "prud'hommes", che non erano che persone di buon senso che
conoscevano gli usi dei loro pari, non furono più in grado di giudicare: da allora in poi
i giudici ebbero la tendenza a giudicare da soli, proprio quei giudici stessi che prima
nella maggior parte dei paesi non facevano che istruire il processo e pronunciare il
giudizio elaborato dagli aggiunti. (cioè dai pari). Questa nuova procedura rese i giudizi
arbitrari49
e la fece conservare nella maggioranza dei paesi mentre solo pochi principi l'abolirono.
Principi e ministri corrotti vi trovarono il loro vantaggio: ben presto si accorsero che
niente sarebbe stato più agevole per loro che guadagnarsi un giudice e che con questo
mezzo avrebbero potuto rovinare o far morire tutti quelli che volevano. Successivamente
una pigrizia imperdonabile ma comune, la stessa che, diffusa in tutta l'Europa, guarda con
indifferenza alla nostra legislazione civile, la peggiore che mai ci sia stata sulla terra50,
ha lasciato radicarsi una consuetudine che leggi straniere hanno introdotto, la
"chicane" ha confermato e la corruzione ha approvato. Tuttavia, qualche principe
della Germania, colpito dalle iniquità che questa consuetudine permetteva ai giudici di
compiere, riportò in qualche modo in vita per mezzo di nuove leggi, l'antico modo di
giudicare51.
Furono istituiti, o piuttosto
reintrodotti, gli scabini52 (così infatti si chiamavano nei loro
paesi i pari e i prud'hommes, senza il parere dei quali i giudici non potevano più nè
istruire un processo nè giudicare53) che di solito dovevano essere in numero
di sette: e questa regola fu fatta tanto per le città che per i tribunali di campagna54.
A questo punto io prego i miei lettori di
voler porre attenzione sia alle antiche istituzioni di tutti i popoli della Germania, che
al moderno ripristino di questi usi in qualche paese di questa contrada, perchè presso di
noi i giureconsulti sono delle gran bestie, che conoscono troppo poco il mondo e gli
uomini e che sono troppo attaccati alla loro routine, ai loro pregiudizi, alle loro
"chicanes" e non hanno altri lumi che quelli della loro arte stupida e grezza e
tra il resto non vedono più lontano della punta del loro naso; ci sono, ripeto, dei
giureconsulti così abbrutiti che considerano impraticabile tutto ciò che non hanno visto
praticare sotto i loro occhi: Tornerò un'altra volta su questo argomento. Intanto
rimarcherò a questo punto che questi nuovi regolamenti non hanno avuto tutto il successo
che i principi si ripromettevano e che in qualche contrada non hanno affatto posto rimedio
a quegli abusi che avrebbero voluto cancellare, perchè non sono stati fatti con le dovute
precauzioni. I principi si sono riservati il diritto di nominare gli scabini: li hanno
gravati di questo compito a vita; in qualche paese addirittura questa carica è stata resa
ereditaria: tutti inconvenienti che non potevano produrre che cattivi effetti. Vedremo a
suo luogo le precauzioni che si devono prendere in simili casi. D'altra parte i giudici
fecero tutto quello che poterono per sbarazzarsi dell'impaccio che loro davano gli
scabini: gli uni se li guadagnarono facendoli assumere il loro stesso carattere, il loro
modo di pensare, i loro principii, la loro routine, i loro vizi e le loro corruzioni. E
niente era più naturale perchè da quando un corpo è permanente e le stesse persone
trattano tutti i giorni gli stessi affari, questo corpo si configura insensibilmente una
sua routine, un suo certo modo di inquadrare i problemi e di trattarli, un certo sistema e
certi principi che non abbandona più. Sono sempre i membri più furbi, più corrotti e
più assuefatti ad affari di ogni genere quelli che danno il tono agli altri. Altri
giudici hanno affettato dell'orgoglio e hanno voluto prevalere sugli scabini, prendendo
arie di autorità e di superiorità, si sono fatti un punto d'onore di non ascoltarli e si
sono ammantati della loro dignità, delle loro conoscenze e della loro lunga esperienza.
Con questi mezzi sono giunti ad istruire essi soli quasi tutto il processo e a introdurre
l'uso di non chiamare gli scabini che alla fine della vicenda, quando non si tratta più
che di emettere la sentenza sulla base di un processo che il giudice ha avuto modo di
istruire secondo la sua fantasia. Questo disordine lo si trova altrettanto là dove
l'ufficio di scabino è a vita, non essendo stato istituito come funzione passeggera, che
deve iniziare e finire col processo per il quale il giudice e le parti abbiano chiesto gli
scabini. Oltre ad istituire gli scabini, i medesimi principi hanno fatto anche altri
regolamenti per la sicurezza degli innocenti contro gli inganni e la corruzione dei
giudici55.
Qui farò menzione soltanto di un
regolamento che io ritengo superiore a tutti56.
Dopo aver ordinato ai giudici di non
accogliere denunce segrete, il cui autore resti sconosciuto, ma di farsi dare,
conservandolo riservatamente in segreto, il nome del delatore per poterlo punire nel caso
che la delazione, lungi dall'essere sostenuta da qualche indizio, si trovi a sua volta ad
essere calunniosa, e infine di non procedere affatto alla ricerca delle informazione
parziali, e tanto meno decretare l'arresto di qualcuno senza essere munito di indizi
sufficienti, questi principi hanno ancora concesso all'imputato di fermare il giudice
nella sua procedura se dimostra che mancano indizi sufficienti sia per ricercare
informazioni particolari sia per l'arresto: e per provarlo è permesso all'imputato di
scegliersi un avvocato, che ha diritto di prendere visione del processo verbale del
giudice, delle deposizione dei testimoni ascoltati fino a quel momento e infine di tutte
le parti del processo che giudica necessarie alla difesa del suo cliente57
Non sono entrato in questi dettagli, che
sono puramente storici, se non per preparare in qualche modo i miei lettori a considerare
con minore prevenzione le cose che mi accingo a dire nei capitoli seguenti, perchè
l'abitudine che c'è nella maggior parte dell'Europa di vedere tutti i giorni mettere in
pratica delle barbarie del tutto contrarie a queste ordinanze piene di equità e di
umanità, può lasciare negli animi più sensibili ed inclini a seguir una riforma
generale, dei pregiudizi contro ogni specie di cambiamento che un singolo potrebbe
immaginare in dettaglio, dato che queste riforme si allontanerebbero un po' troppo a loro
avviso dalla pratica ordinaria58.
Aggiungerò ancora a tutto ciò che sto
per dire che prima della pratica criminale immaginata e introdotta dai tribunali
ecclesiastici non ci fu mai un legislatore così brutale o una nazione così incivile che
si siano trovati nelle loro leggi o consuetudini la pur minima traccia di una procedura
simile alla nostra. Saremo dunque noi soli ad aver avuto la fortuna di trovare la miglior
maniera di procedere? perchè è la più ingiusta, la più crudele la più adatta a far
dire ai testimoni tutto ciò che il giudice vuole, e a far tendere ogni sorta di trappole
all'imputato. Saremo noi i soli ad aver rinvenuto ciò che è giusto, noi che questa
procedura l'abbiamo adottata nei tempi della nostra massima barbarie? Saremo noi i soli
che con una procedura che è l'opposto di quella di tutte le altre nazioni dei tempi
passati ci troveremo nella via della natura, della giustizia, dell'equità, dell'umanità
perchè furono i preti dei secoli barbari ad additarcela?
Il modo di procedere negli affari
criminali che gli Inglesi osservano attualmente59 non si accorda
soltanto con la pratica che prima dell'introduzione del diritto canonico era in uso presso
tutte le nazioni conosciute, ma anche con quelle degli antichi Greci e Romani.
A Roma le leggi che istituivano le
questioni permanenti60 regolavano anche il numero dei giudici che
dovevano giudicare le accuse riguardo ai crimini per i quali queste leggi erano state
fatte. Questi giudici erano tirati a sorte, o erano scelti da accusatore ed accusato. La
legge Servilia, per esempio, che era stata fatta contro la concussione, stabiliva che tra
quattrocentocinquanta giudici iscritti nella lista del pretore, l'accusatore ne nominasse
cento tra i quali l'accusato ne poteva ricusare cinquanta e che veniva giudicato dagli
altri cinquanta61.
Ci furono altre leggi che fissarono il
numero dei giudici in 32, 51, 65 ecc. e che permettevano all'accusato di ricusarne un
certo numero e un certo altro numero all'accusatore stesso.
I testimoni erano ascoltati, tanto presso
i Greci che presso i Romani, in presenza di tutti i giudici e dello stesso accusato;
ciascuno lo poteva interrogare al suo turno e l'abilità delle due parti, o dei loro
avvocati, brillava soprattutto nell'accortezza con la quale, dai diversi dettagli,
sapevano trarre la verità. Oggi in Inghilterra si osserva press'a poco la medesima
procedura. Ora, come è possibile che ciò che misero in pratica gli antichi, cioè tra
gli antichi le due stesse nazioni più civili e più illuminate del mondo, ciò che
successivamente praticarono le nazioni che si divisero i territori prima soggetti
all'impero romano, ciò che oggi praticano gli Inglesi non sia possibile praticarlo nelle
altre nazioni d'Europa?
Saggi iureconsulti62
hanno dimostrato che questa pratica assurda ed ingiusta delle nazioni moderne deriva dalla
crudele finezza delle leggi canoniche e dalla stupidità ottusa di questi bruti ignoranti
del tredicesimo e quattordicesimo secolo che si definirono giureconsulti. Queste bestie,
avendo letto nella legge 14 C. De Testibus che si doveva ascoltare il testimone "in
secreto" credettero che significasse segretamente e non nella cancelleria, nella
segreteria, come è evidente che deve intendersi63.
Allo stesso modo non comprendendo il
greco della novella 90, cap. finale, ed essendo stata fatta male la traduzione, questa
gente credeva, fidandosi del traduttore, che le parti dovessero solo veder giurare i
testimoni, mentre la legge dice che essi devono assistere al loro esame. Non pretendo
certo che il giudice non possa procedere alle informazioni particolari e all'esame dei
testimoni che sotto gli occhi ed in presenza dell'accusato. Sarebbe assurdo e pericoloso,
inoltre questo procedimento sarebbe praticabile solo nel processo accusatorio e ad istanza
solo dell'accusatore, come nell'ingiuria verbale o nella causa d'adulterio. Ecco invece
quello che io propongo:
I° che bisogna rimediare nei limiti del
possibile all'abuso risultante dalla moderna pratica dei giudici che ricevono, soli col
cancelliere, le deposizioni dei testimoni .
2° che da quando l'imputato è nelle
mani del giudice nessun testimone possa più essere ascoltato che in presenza dello
stesso. Questo è l'argomento che svolgerò meglio in seguito.
NOTE
1 - Il riferimento alla storia si trova sia nel Beccaria, Dei delitti e delle pene, cap. I, che in Montesquieu, Esprit des lois, a cura di R. Derathè T. II, Liv. XXXI, ch. II p. 358, Paris, 1973. "Il faut éclairer l'histoire par les lois, et les lois par l'histoire. " A proposito di questo metodo di dimostrazione delle proprie tesi J. J. Rousseau, Émile, liv. V (Oeuvres complètes, Bibliothèque de la Pléiade, T. IV, 1969, p. 836: "Le seul moderne en état de créer cette grande et inutile science (le droit positf) eut été l'illustre Montesquieu. Mais il n'eut garde de traiter les principes de droit politique; il se contenta de traiter du droit positif des governements établis; et rien au monde n'est plus different que ces deux études" (n.d.R.)
2 - Heinecke Johann Gottlieb, Eisenberg 11 maggio 1681, Halle 31 agosto 1741, professore di filosofia e di diritto a Halle, Frankfurt a. O. e di nuovo a Halle dal 1733 alla morte. Seguace di Thomasius e Pufendorf cioè della linea tradizionale nella cultura e nella pratica giuridica tedesca. (G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna, 1976, p. 130) Heinecke è nominato ne "L'esistenza del diritto naturale" nell'elenco degli autori che non possono mancare nella biblioteca del giurista. (p. 85) (n.d.R.)
3 - cfr. Heineci Syntagma Antiquitatum Romanarum libro 4 c. 18 & 17 (n.d.A.)
4 - cfr. Beaufort, De la Républ. Rom. nel capitolo riguardante i giudizi (n.d.A.)
5 - "La république Romaine "par M. de Beaufort à Paris, 1777, Tom. 6, f. 16" è citato anche più avanti come fonte delle notizie sulle leggi romane che aboliscono la pena di morte. L'opera è citata nell'elenco dei libri della biblioteca di Pilati-Conci de Brattia (1805) BCT Ms n. 2467. La data può servire per una collocazione temporale del "Plan" (n.d.R.)
6 - Oltre alle fonti citate il P. tiene presenti il. L. XI de L'esprit des lois, che sviluppa il tema della costituzione romana, e il L. XII cap. X X (edizione cit. vol I. p. 220), che tratta delle contromisure adottate contro i falsi accusatori. (n.d.R.)
7 - L'origine e la storia dei tribunali permanenti (decemviri litibus judicandis o centumviri) sono trattati da Montesquieu, cit. XI. 18, Vol. I. pp. 193-194, che a sua volta cita come fonte Dionigi d'Alicarnasso, L. XI. ) (n.d.R.)
8 - Vedere i due titoli de accusat. et qui accusare non poss. (n.d.A.)
9 - L. 17 C. "eod. accusationis ordinem, jam dudum legibus institutum servari jubemus, ut.... quisquis ille est, qui crimen intendit, in judicium veniat, nomen rei indicet, vinculum inscriptionis accipiat, custodia similitudinem: (habita tamen existimationem dignitatis) patiatur, nec impunitam fore noverit licentiam mentiendi, cum calumniantes ad vindictam postulet similitudo supplicii; voy. aussi L. 2 § fin. C. de exhibendis reis. "Postquam ad judicem venerit, jus debebit explorare quaesitum ac tamdiu pari cum accusatore fortuna retineri donec repererit cognitio celebrata discrimen. (n.d.A.)
10 - Nel manoscritto si legge : "Allez |à Venise et| dans les pais ou cette consuetude est etablie" dove la parola Venise è prudentemente cancellata. Della consuetudine veneziana delle denunce segrete il P. nel 1767 aveva avuto esperienza diretta, ma Venezia è citata anche da Montesquieu (Esprit V, 8 p. 61 vol I ed cit) "Une bouche de pierre (nota f: les délateurs y jettent leurs billets) s'ouvre à tout délateur à Venise; vous direz que c'est celle de la tyrannie. "Il Montesquieu considera quest'istituzione necessaria in una repubblica aristocratica. (n.d.R.)
11 - Anche questa parte, pur leggibile nel manoscritto, è cancellata dall'autore. (n.d.R.)
12 - Idem (n.d.R.)
13 - Questo giudizio costituisce uno degli argomenti principali sviluppati dal P. nell'opera "Di una riforma d'Italia" e riecheggia il Montesquieu di "Esprit XVI, 11 p. 178 vol. II cit. "Ce tribunal est insupportable dans tous les gouvernements" (n.d.R.)
14 - L'espressione "nos pères" (i nostri antenati ) è di Montesquieu L. XXVIII cap. 20 p. 238 II vol cit. ("Disons donc que nos pères étaient extremement sensibles aux affronts") riferendosi ai popoli barbari presso i quali era in uso il "combat judiciaire": popoli che egli enumera nel cap 18 dello stesso libro (p. 239): Franchi, Borgognoni Ostrogoti e Lombardi che estesero la consuetudine all'Italia. È probabile che proprio i Lombardi siano gli antenati citati dal P. (n.d.R.)
15 - Tutti quanti conoscono la giurisprudenza dei barbari del medio evo che non conoscevano altro modo di iniziare un processo criminale se non l'accusa nè quasi altre prove se non il combattimento. (n.d.R.)
16 - Il manoscritto porta esattamente: "Au lieu que |les loix canoniques ne demandoient| la nouvelle jurisprudence ne demandoit que la bassesse. Dalla parte cancellata si deduce che il P. identifica la nuova giurisprudenza con le leggi canoniche. Diversa la posizione di Montesquieu che in "Esprit" XXVIII, 19 vol. II, p 234 ed anche in altri luoghi (L. I c. 2 e 7, LII c. 10 e 11) ritorna sull'argomento, attribuendo la fine del combat judiciaire a "les Etablissements" e all'Ordonnance de S. Luis del 1260. (n.d.R.)
17 - Procureur génèral è sinonimo di procureur du fisc o du roi o de partie publique. Il P. qui riassume il c. 26 L. XXVIII del Esprit des lois pp. 264-266, vol II, ed. cit. (n.d.R.)
18 - Qui si trova una nota illeggibile dell'autore, ma il passo cui fa riferimento è L. XXXVIII, c. 36, p. 266, vol. II, cit. "Je touve dans les lois de Jacques II, roi de Majorque, une creation de l'emploi de procurateur du roi, avec les fonctions qu'ont aujourd'hui les notres. Il est visible qu'ils ne vinrent qu'après que la forme judiciaire eut changé parmi nous.". (n.d.R.)
19 - Esprit des Lois L. 6 c. 8 (n.d.A.)
20 - Discours sur la I dec. de Tite-Live, L. I. ch. 7. (n.d.A.)
21 - Montesquieu, EspritL. VI, c. 5, p. 86, vol. I, ed . cit. "Machiavel attribue la perte de la liberté de Florence à ce que le peuple ne jugeat pas a corps, comme à Rome, des crimes de lése-majesté commis contre lui: Il y avait pour cela huit juges établis: "Mais, dit Machiavel, peu sont corrompus par peu. "J'adopterai bien la maxime de ce grand homme." L'originale è: "Pochi fanno sempre a modo de' pochi". Ma Montesquieu, come segnala R. Sackleton, Montesquieu and Machiavelli: A Reappraisa ("Comparative Literature Studies, Vol. I, 1964, pp. 1-13) si serve spesso di edizioni latine: "Ubi pauci judices sunt, facile a paucis corrumpi queant") o dell'edizione francese del Testard (Amsterdam, 1692) di cui egli possedeva un esemplare, che si allontana dall'originale: "Le petit nombre agit toujours comme font les petites compagnies". Sul problema è esauriente R: Derathé (Note all'"Esprit des lois"ed. cit., Vol. I., p. 453). (n.d.R.)
22 - Questo termine è usato da Montesquieu in L'esprit des lois L. V, cap. 2, ed. cit., per indicare l'aristocrazia in contrapposizione al popolo "Quand le peuple à une fois de bonnes maximes, il s'y tient plus longtemps, que ce qu'on appelle les honnetes gens". (n.d.R.)
23 - Si tratta delle province di Moravia, Slesia, Austria inferiore e superiore, Stiria, Carinzia, Carniola, Gorizia, Gradisca, Trieste, Austria anteriore e Galizia, nelle quali nel 1781 andò in vigore la Civilgerichtsordnung. Proprio il codice procedurale giuseppino ha la caratteristica di demandare ai giudici in diversi casi e momenti dell'iter processuale, il potere di agire d'ufficio, senza domanda di parte, accordando al giudice quello che i vecchi trattatisti chiamavano"potere di spontaneità". A questo particolare potere sembra si riferisca il P. La data può servire per collocare temporalmente il Plan.
24 - Esprit des Loix, L. 8, ch. 8. (n.d.A.)
La citazione in realtà è da L. VI, c. 8, p. 90, Vol. I. ed. cit. : "A Rome, (voyez la loi 2, § 24, Dig. de Orig. jur. ) il ètait permis à un citoyen de n'accuser un autre. Cela était ètabli selon l'esprit de la republique, ou chaque citoyen doit avoir pour le bien publique un zéle sans bornes; ou cheque citoyen est censé tenir tout les droits de la partie dans ses mains. On suivit, sous les empereurs les maximes de la republique; et d'abord on vit parai^tre un genre d'hommes funestes, une troupe de délateurs. (n.d.R.)
25 - L. I. art. 24 (n.d.A.)
26 - C. D. ad leg. Jul. de cul. (n.d.A.)
Questo tipo di critica del Corpus Juris come compilazione disorganica di leggi di tempi diversi è un luogo comune del '700 e rappresenta uno dei temi principali nell'opera del P. L'esistenza della legge naturale. Cfr. anche Montesquieu Ésprit XXIX, 17 (n.d.R.)
27 - Voy. le titre de Sepulch. violato dans les Pandectes (n.d.A.)
28 - Voy. les titres de Furtis, et Vi bonor. rapt. dans les Pandectes. (n.d.A.)
29 - Cfr. Constitutio Theresiana, Art. 28, §15, che il P. tiene presente quasi alla lettera. "Einem jeden, der einen Uebelthaeter angiebt, stehet frey, sich oeffentlich fuer die Denuncianten auszugeben; wenn er aber dieses nicht thut, sondern seine Person verschwiegen zu halten begehrt, gebueret insgemein dem Richter nicht, auch auf Verlangen des Beschuldigten den Denubcianten zu offenbaren. Jedoch, jenen Falls, wo sich in der Folge die Denunciation falsch oder ganz ohne Grund befindet, ist der Richter schuldig den Denuncianten kundzumachen, damit der zur Ungebuehr Angegebene seine Entschaedig-und Genugthuung entgegen demselbenersuchen koenne. " (n.d.R.)
30 - C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, ed. cit. p. 34: "Quali sono i motivi con cui si giustificano le accuse e le pene segrete? La salute pubblica, la sicurezza e il mantenimento della forma di governo? Ma quale strana costituzione è quella, in cui chi ha per sè la forza e l'opinione, più efficace di essa, teme di ogni cittadino! L'indennità dell'accusatore? Le leggi dunque non lo difendono abbastanza, e vi saranno dei sudditi più forti del sovrano."
31 - Des Delits et des Peines § 9. (n.d.A.)
32 - Sistema di accusa anonima, equivalente della veneziana bocca di pietra, citata anche da Montesquieu, Esprit L. V c. 8 Vol. I p. 61 ed. cit. "Une bouche de pierre s'ouvre à tout délateurs à Venise. Les délateurs y jettent leurs billets". (n.d.R.)
33 - Cfr. Beccaria, Dei delitti e delle pene cit. p. 34: "È già stato detto dal Signor di Montesquieu che le pubbliche accuse sono più conformi alla repubblica, dove il pubblico bene formar dovrebbe le prima passione de'cittadini, che nelle monarchie, dove questo sentimento è debolissimo per la natura medesima del governo, e dove è ottimo stabilimento il destinare de'commissarii, che in nome del pubblico accusino gli infrattori delle leggi. Montesquieu Esprit VI, 8 (p. 91 vol. I cit.): "Nous avons aujourd'hui une loi admirable: cest celle qui veut que le prince, établi pour faire exécuter les lois, prépose un officier dans chaque tribunal pour porsuivre, en son nom, tous les crimes." (n.d.R.)
34 - voy. Cod. Theres. L. I. art. 24 §4 et suiv. et 28 §4. (n.d.A.)
Il passo della Theresiana è il seguente: "Es wird aber andurch der Weg zu Entdeckung begangener Lastenthaten keinrdings abgeschnitten: immassen Jedermaenniglich, der eine geschehene Misshandlung in Erfahrung bringet, die Frejheit hat, und nach Gestalt der Sachen (wovon im 28mArtikel von der Denunciation die naehere Ausmessung beschiedet) bey sonst auf sich ladender Verantwortung verbunden ist, eine vorgegangene Uebelthat mit allem ihme bewussten Umstaenden absogleich bey der Gerichtsgehoerde anzuzeigen, und Behelffe and die Hand zu geben. Wo sodann der Richter, wenn genugsame Innzùchten gegen den ausgegebenen Thaeter vorkommen,, seinen aufhabenden Pflichten gemaess Sorge zu tragen hat, entweder mit der Inquisition rechtlicher ordnung nach von selbst fùrzugehen, oder bewandten Umstaenden nach das weiter-noetige vorzukehren, damit von jener Stelle, der es nach der Landesverfassung zustehet, der rechtliche Anklagungsprozess entgegen den Missethaeter veranlasset werde. In all-dessen Anbetracht nicht zu misskennen ist, dass die sich ergebende Malefizfaelle viel foerderlicher, Rechtsbestaendiger und gewissenhafter durch richterliche Amtshandlung, auch durch willkùrige Privat-Anklagen gerechtvertiget werden moegen.
Art 28 § 4. "Nothwendig ist selbe weiters, und zwar fùr allgemein in Absicht auf jene Missethaten, welche nach unseren Gesetzen eine Todes-oder schwerere Leibsstraffe auf such tragen, und eben von darumen als groessere, somit dem Staat um desto schaedlichere Misshandlungen nicht zuverschweigen, und andurch der Straffe zu entziehn sind. Wir wollen demnach durch diese Unser Gesetzgaebige Verordnung wovon bereits oben Art. 24 §4. einige vorlaufige Anerwehung beschehen, allen Unseren Untrtanern, und Landesinsassen, sonderheitlich aber den Grundobrigkeiten, Gemeindevorstehern, und obrigkeitlichen Beamten hiemit alles Ernstes auferlegt haben, dass selbe, sobald sie eine begangene Missethat von vorbemeldter Beschaffenheit in Erfahrung bringen, ei solche alsogleich, und ohne Verschub nebst dem etwann wissentlichen Thaeter, und allen Umstaenden bei den behoerigen Halsgericht, oder allenfalls, da dieses zuweit entfernet waere, bey ihrem ordentlichen Gerichtsstand zur weiteren Kundmachung an das betreffende Halsgericht anzugeben verbunden seyn sollen, damit solchergestalten die Inquisitionen desto verlaesslicher, gescwinder und wirksamer vollfùhret werden moegen." (n.d.R.)
35 - Per tutti Montesquieu, Esprit, L. XII, c. 11, vol. I, p. 212, ed. cit.: "Les lois ne se chargent de punir que les actions extérirures" "Il faut que la pensée soit jointe à quelque sorte d'action" (n.d.R.)
36 - Quando si fece il processo a Cinqmars, che aveva cospirato contro lo stato, il cardinale di Richelieu volle che il figlio del famoso presidente de Thou fosse trattato come Cinqmars, perchè aveva visto la cospirazione e non l' aveva rivelata . " Ma se de Thou avesse allora denunciato i cospiratori-dice M. de Voltaire nei suoi commentari sul trattato dei delitti e delle pene- non avrebbe avuto prova alcuna contro di loro: sarebbe stato smentito dalla negazione dell'erede presuntivo della corona, da quella di un principe sovrano e di un favorito del re ed infine dalla pubblica esecrazione e si sarebbe esposto ad essere punito come un basso calunniatore. Il cancelliere Séguier stesso ne era convinto confrontando de Thou con il grande scudiero. Fu in questo confronto che de Thou disse a Cinqmars.
Ricordatevi Monsignore che non è passato giorno senza che io vi avessi parlato di questo trattato per dissuadervi. Cinqmars riconobbe questa verità. De Thou avrebbe quindi meritato una ricompensa piuttosto che la morte, davanti al tribunale dell'equità umana: avrebbe almeno meritato che il cardinale de Richelieu lo risparmiasse; ma l'umanità non era la sua virtù De Thou non era colpevole nè davanti a Dio nè davanti agli uomini. (n.d.A.)
L'episodio è tratto da Voltaire, Commentario sul libro "Dei delitti e delle pene" in "Scritti politici" (a cura di R. Fubini) Torino 1963 p 633. Si tratta di un complotto ordito dal fratello del re Luigi XIII, presunto erede al trono insieme con il grande scudiero d'Effiat Cinqmars e con il duca di Bouillon, principe sovrano di Sedan. La cosa fu riferita al consigliere di stato Agostino (François Auguste) de Thou il quale andò a trovare Cinqmars per dissuaderlo. Questo evento storico è usato da Voltaire per criticare la legge di Luigi XI che puniva con la morte chi era a conoscenza di una congiura, mentre il P. lo estende alla delazione in generale. L'episodio è citato anche da Montesquieu, Esprit, XII, 8, che cita come fonte i Mémoires di Montresor (Colonia, 1723, t. I, p. 238) (n.d.R.)
37 - I criminalisti che andavano per la maggiore nel '700 erano Benedict Carpzov (1595-1660): Practica rerum criminalium e Prospero Farinacci (1544-1618): Praxis et Theorica criminalis. Su questi due repertori criminali vastissimi si basavano gli avvocati per i loro cavilli. Cfr. anche più avanti (n.d.R.)
38 - Argomento ampiamente trattato da Montesquieu, Esprit, XII, 8, p. 209, vol. I. ed. cit. In parte ispirandosi a Montesquieu, il P. scrive qui l'unico passo a carattere politico-costituzionalistico del Plan. Infatti egli dimostra che il crimine di lesa maestà dipende dal comportamento del principe, cogliendo l'occasione per tracciare il quadro del "bon prince" ispirato a ideali di umanità, equità e ragionevolezza e degli idillici rapporti di tale sovrano con i suoi sudditi: la rappresentazione è sostenuta dall'esperienza che fornisce la storia, secondo una concezione aristotelica che è adottata anche da Montesquieu: egli, rifacendosi a Domat, vede nel deposito di esperienza dei secoli un deposito di ragione. (n.d.R.)
39 - Il quadro che il P. fa della monarchia assoluta del 700 presenta delle ombre critiche che lo distinguono dagli illuministi contemporanei, entusiasti sostenitori del dispotismo illuminato.(n.d.R.)
40 - Si tratta del procedimento segreto in uso a partire dal XIV sec. che Montesquieu così riassume (Esprit, XXVIII, 34, vol . II, p. 262, ed. cit.): "Les interrogatoires, les informations, le récolement, la confrontation, les conclusions de la partie publique", citando tra le altre fonti il Beaumanoir, cui fa riferimento più avanti anche il P. (n.d.R.)
41 - Si allude alle leggi Ripuarie, Saliche e Capitolari che escludevano il giudice unico (Cfr . Montesquieu, Esprit, L. XXVIII, c. I. p. 207, vol. II. ed. cit.). (n.d.R.)
42 - Per il P. il potere legislativo è diviso tra il sovrano (le leggi) e il giudice (le consuetudini). (n.d.R.)
43 - Lehmann Chron. Spir. L. 7 c. 41. Heinecc. Elem. Iuris Germ. L. I § 74, Pufendorf De Juris. Germ. Par. 1. c. 3. § 9. - (n.d.A.)
Non noto il Lehmann, che non è un giurista; S. Pufendorf, (1632-1694) famoso giusnaturalista, autore di opere di grande importanza tra le quali "De jure naturae et gentium ", "De officio hominis et civis". (n.d.R.)
44 - Beauman. c. 61, pag. 315 et 316 et c. 67 p. 336 - (n.d.A.)
Tutto il passo comprese le citazioni è tratto dal c. XXVII de L' èsprit des lois, (Vol. II, p. 240 segg. ed cit. ): "Ainsi se perdit l'usage, constantement observé dans la monarchie, q'un juge ne jugeait jamais seul, comme on le voit par les lois Saliques, les capitulaires et par les premier écrivains de pratique de la trisième race" (Citazione di Beaumanoir, Etablissements, L. II. ch. XV) Beaumanoir Philippe, giureconsulto francese, nasce nel Beauvaisis verso la metà del se. XIII, muore nel 1296. Il suo "coutumier" fu pubblicato solo nel 1690, sotto il titolo Coutumes de Beauvaisis. L'opera è lodata nell'Enciclopedia ( V: Langlois) e da Montesquieu, Esprit, XXVI, 15, Vol. II, p. 185 ed . cit . ) Le tre " races" sono i Merovingi, i Carolingi e i Capeti ai primi sono attribuite le leggi Saliche e Ripuarie, ai secondi le Capitulaires (distinte in sezioni e in capitoli) (Esprit, XXVIII, 42, p. 277 vol II ed cit.) (n.d.R.)
45 - "Le Digeste de Justinien, ayant été retrouvé vers l'an 1137, le droit romain sémbla prendre une seconde naissance" (Montesquieu, XXVIII, 42. ) Il P. allude agli studi sulla compilazione di Giustiniano iniziati nel sec XIII, cfr. Ragionamenti intorno alle leggi naturali e civili, Venezia 1766, p. 44. " Siccome si studiano le cose complicate e non le semplici, ecco lo studio delle leggi romane a partire da Irnerio, [...] Rovina della disciplina legale gli infiniti commenti a queste leggi. (n.d.R.)
46 - La trasformazione procedurale che il P. qui presenta criticamente, è illustrata in modo acritico da Montesquieu, Esprit, XXVIII, 34, vol. II, p. 262 : "Dans la suite, il s'introduisit une forme de procéder secrète [...] La première forme de procéder convenait au governement d'alors, comme la nouvelle était propre au governement qui fut établi depuis". (n.d.R.)
47 - cfr. Montesquieu, op. cit. XXVIII, 42, vol. I, p. 275: "Il y avait, du temps de Beaumanoir, deux diffèrentes manières de rendre la justice. Dans des lieux, on jugeait par pairs, dans d'autres on jugeait par baillis. Quand on suivait la première forme, les pairs jugeaient selon l'usage de leur jurisdiction; dans la seconde c'étaient des prud'hommes ou veillards qui indiquaient au bailli la mème usage: Tout ceci ne demandait aucunes lettres, aucune capacité, aucune étude." (n.d.R.)
48 - Termine vagamente spregiativo per indicare i cavilli usati dagli avvocati. (n.d.R.)
49 - Qui il P. è originale: l'arbitrarietà è una conseguenza del giudice unico. Per gli altri studiosi di diritto criminale, l'arbitrarietà è dovuta alla mancanza di leggi fisse (cfr. Montesquieu, op. cit. XI, 14, vol. I, p. 188 e Beccaria, Dei delitti e delle pene, ed. cit. p. 17 e p. 21. (n.d.R.)
50 - La riforma della legislazione civile è il tema dominante delle opere del P. cfr. in particolare Di una riforma d'Italia. (n.d.R.)
51 - cfr. Montesquieu, op. cit. L. XXVIII, 42, vol. II, p. 277: "L'abus contraire, qui n'a lieu que dans les justices locales, a été modéré, et en quelque façon corrigé, par l'introduction en plusieurs lieux d'un lieutnant du juge, que celui ci consulte, et qui présente les anciens prud'hommes." (n.d.R.)
52 - èchevins ovvero schiavino, scavino: cfr J. Declreuil Histoire générale du droit français Paris, 1925, p. 125: "Les rachimburgi ou boniviri, choisis jadis pour chaque affaire, furent remplacès par des "scabini" (échevins) investis a titre permanent des mêmes fonctions par les missi ou les comptes et seuls tenus désormais d'étre présens aux assises judiciaires. Ils siéglaient au nombre de sept ou de douze. La permanence de leur charge tendit à les transformer en véritables jugeurs." Battaglia. S: Grande Dizionario della Lingua Italiana, vol. XVII, p. 723: "Dopo la costituzione dell'Impero Carolingio, ciascuna delle persone considerate fra le più idonee, per onestà, prudenza, conoscenza del diritto consuetudinario locale, che venivano scelte dal re o dall'imperatore in numero di 7 o 12 con funzione di assessori al magistrato per dare consigli e formulare la sentenza: essendo la loro presenza richiesta dai capitolari imperiali diventarono veri e propri giudici, benchè le sentenze fossero formalmente atto del conte o del messo che presiedeva il giudizio." Muratori L. A., 7, I, - 143: "Oltre a questi giudici, già dicemmo che intervenivano a questi giudizi anche gli scabini o sia gli scavini, il nome dei quali dura tuttavia nella Germania, in Francia e in altre contrade d'Europa."
53 - voy. Brummer Chap. (n.d.A.)
Brummer è citato con Merillio, Eraldo e Averanio, tra "gli autori più savi e celebri" che non possono mancare nella biblioteca del giurista (P. "Ragionamenti intorno alla legge naturale e civile", Venezia, 1766, cap. II) Nelle città dovevano essere scelti tra i borghesi e nei paesi tra gli abitanti degli stessi. (n.d.R.)
54 - Idem loc. cit. §14 et suiv. (n.d.A.)
55 - Ludovici ad art. Constitut. Car. 84. 86. 92. 93. Kayser Prax. Crim. P. I. c. 10. § 4 . Volkmann. Emend. Part. 2. c. 10 (n.d.A.)
Probabile riferimento a Ludovico Antonio Muratori, Dei difetti delle giurisprudenza (1742) capp. I, III e XIV che il P. tiene sicuramente presenti, come si vede dalla coincidenza anche del linguaggio. Kayser e Volkmann non noti: si direbbero compilatori ad uso scolastico o pratico. La nota precedente non ha riferimento nel testo. (n.d.R.)
56 - Institutio Criminalis di Brunswick-Lùneburg. (n.d.A.)
57 - Crim. Instruct. Brunsvic. Lùneb. ch. 4. §26. Meister Princ. Jur. Crim. Sect. 3. c. 7. (n.d.A.)
Al Principe di Brunswick il P. dedica L'esistenza della legge naturale. Meister, Principia juris criminalis germanice communis, Gottingae, 1774, si trova in BcTn 2467 (Elenco libri di casa Conci-De Brattia) (n.d.R.)
58 - Passo contorto, che però rende bene le caratteristiche non rivoluzionarie del P. riformatore: particolari moderni in uno schema immutato. (n.d.R.)
59 - Fonti dell' informazione del P. sul diritto inglese, oltre a Montesquieu, Esprit, cit. VI, 4. p 85, vol I., sono anche l'abate Millot, Stato presente della nazione inglese e Éléments d'histoire générale, entrambe opere presenti nell'elenco BCTn 2467. (n.d.R.)
60 - Anno 604 a. C.; citate da Montesquieu, op. cit. L . XI, cap. 18, p. 196, vol I. (n.d.R.)
61 - Nelle Quaestiones perpetuae si viene a configurare legislativamente la costituzione di una giuria giudicante in caso del crimen repetundarum. Secondo Livio la prima di queste giurie, organizzata da un pretore e costitutia da 5 recuperatores tutti senatori, risale al 171 a. C. Le parti lese potevano scegliersi un patrono. La Lex Servilia (in realtà sono due: Lex Servilia Caepionis, (106?) e Lex Servilia Glaucia (101?) sembra trasferire la legittimazione all'accusa dal diretti danneggiati ad ogni cittadino romano (cfr: A. Burdese, Manuale di diritto pubblico Romano Torino, 1982, pp. 244-245. (n.d.R.)
62 - Chiara l'allusione a Voltaire. (n.d.R.)
63 - Cfr. Voltaire, Commentaire sur le traité des Délits et des Peines (Scritti politici, Torino 1964, p. 644): "Da noi tutto si fa in segreto. Un solo giudice, col suo cancelliere, ascolta uno dopo l'altro i testimoni. Questa pratica, stabilita da Francesco I fu autorizzata dai commissari che redassero l'ordinanza di Luigi XIV nel 1670: Soltanto un equivoco ne fu la causa. Si pensò, leggendo il codice "De testibus" che queste parole "testes intrare judicii secretum" significassero che i testimoni erano interrogati segretamente. Ma "secretum" significa qui la studio del giudice. "Intrare secretum" per dire parlare segretamente, non sarebbe latino. Fu un solecismo che fece questa parte della nostra giurisprudenza. (n.d.R.)
© 2001 - by prof. Giuseppe Bonghi
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data ultima modifica: 24 marzo, 2001