Luigi Tripodaro
Giuseppe Bonghi

Appunti di Storia della Letteratura italiana

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Luigi Capuana

         Nato a Mineo (Catania) il 28 maggio 1839 da una ricca famiglia di proprietari terrieri, viene avviato agli studi giuridici che interromperà nel 1859; nel 1864 abbandona la Sicilia per trasferirsi a Firenze, che considera la vera capitale della cultura italiana, dove come autodidatta completa la sua formazione culturale ed entra in contatto col gruppo dei pittori macchiaioli e si interessa delle teorie estetiche di Francesco De Sanctis che lo portano alla filosofia idealistica di Hegel. Sempre a Firenze conosce il romanzo francese contemporaneo di Balzac e Flaubert e le teorie poetiche realistiche. Sono gli anni in cui si afferma all'attenzione dei circoli culturale come critico con gli articoli pubblicati sulla «Nazione» e come giornalista.
          Nel 1868 ritorna a Catania, per motivi familiari (la morte del padre e difficoltà finanziarie) e di salute. Insieme a una breve attività politico-amministrativa (diventa sindaco di Mineo), durante la quale conosce con un occhio diverso la realtà sociale della sua provincia e si batte per una politica organica della cultura e della scuola, anche se purtroppo la asserviva agli interessi dello Stato e quindi della classe politica dominante, si dedica alle cronache teatrali che raccoglierà in un volune dal titolo Il teatro italiano contemporaneo. Saggi critici, che vedrà la luce nel 1872. Si trasferisce quindi a Milano dove collabora col «Corriere della Sera» e pubblica la sua prima opera letteraria, Profili di donne, nel 1877, una raccolta di racconti mondani e dal vago accento psicologico. A Milano fa un incontro importante: conosce Giovanni Verga del quale è stato il primo valorizzatore: già nel 1872 esce una sua recensione. Nel contempo approfondisce la lettura dei romanzi francesi contemporanei, soprattutto Zola e i fratelli Goncourt, che sono alla base della sua teorizzazione del verismo.
         Lo troviamo poi a Roma, dove viene nominato professore di Letteratura Italiana presso l'Istituto Superiore di Magistero che lascerà nel 1902 per assumere l'incarico presso l'Università di Catania, la terra natale finalmente ritrovata, dove finirà i suoi giorni il 29 novembre 1915.
         Concetto fondamentale della poetica del Capuana è che l'artista deve muovere dal vero, cioè deve trarre la materia da fatti contemporanei realmente accaduti. Ma per fare opera poetica egli ricostruisce attentamente il processo attraverso il quale il fatto si è prodotto seguendo il «metodo di osservazione positiva dedotto dalle scienze»: ricostruirà il fatto secondo le leggi della natura e della società umana. Il romanziere sarà perciò «uno scienziato dimezzato» che studia diligentemente e ricostruisce obiettivamente i fatti, la realtà in tutti i suoi aspetti e a vari livelli sociali e non tralascia la descrizione delle brutture umane, delle quali avverte più chiaramente i fattori dell'ambiente e dell'ereditarietà; Infine per riuscire più veritiero nella sua ricostruzione dovrà impiegare il linguaggio proprio del mondo e dei personaggi rappresentati.
         L'autore eviterà di parteggiare per qualcuno dei suoi personaggi, di giudicare alla luce delle sue idee e dei suoi sentimenti, di sostituire la sua visione alla realtà dei fatti: il suo compito è, insomma, quello di creare un'opera veramente oggettiva, eloquente documento della verità e realtà umana; per questo gli effetti artistici e il fine educativo dell'arte deiveranno solamente dai personaggi, dalle vicende realisticamente e oggettivamente rappresentate.
         Accanto all'attività di critico, del Capuana abbiamo quindi una notevole produzione letteraria. Certamente il suo romanzo più conosciuto è Giacinta (dedicato a Emile Zola), pubblicato nel 1879, considerato il manifesto letterario del Verismo italiano nel quale accetta pienamente la poetica naturalista francese, raccontando lo studio di un caso di patologia psichica che spinge la protagonista al suicidio;  le novelle Appassionate, in cui la poetica naturalista viene complicata dalla introspezione psicologica, in cui il personaggio e il fatto non sono più un documento umano di una tesi sociale, ma il pretesto di uno studio dell'anima talvolta felice, i racconti dei vari volumi di Paesane, che presentano un interesse poeticamente vivo e vicino al Naturalismo e al Verismo con uno studio d'ambiente regionale, con i suoi paesaggi e personaggi rusticani e i suoi conflitti elementari di passioni.
         L’opera maggiore è sicuramente Il marchese di Roccaverdina, che racconta una vicenda morbosa e drammatica ambientata nell'ambiente e nel costume siciliano, nella quale prevale lo studio psicologico del rimorso, da cui il protagonista è perseguitato.
         La sua produzione contiene anche racconti per l'infanzia (Scurpiddu, Cardello, C'era una volta, Chi vuole fiabe, chi vuole?) in cui dimostra una grande capacità di individuare il lato grottesco dell'umanità, e varie commedie in dialetto siciliano. La nota dominante nell'opera del Capuana è l'adesione spesso scrupolosa ai canoni naturalistici, che non gli consente molta libertà di ispirazione e lo guida verso lo studio e l'indagine scrupolosa di situazioni psicologiche complicate e spesso morbose. Più che l'ispirazione, domina nei suoi romanzi l'impegno scientifico e l'analisi dei personaggi; le sue rare pagine di poesia sono quelle che descrivono il folklore, lo sfondo sociale ed i semplici personaggi del mondo contadino.

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Ultimo aggiornamento: 16 luglio, 2000