Luigi Tripodaro

Appunti di Storia della Letteratura italiana

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Giovanni Verga

         È l'autore più rappresentativo del Verismo italiano. In lui questo movimento assume il tipico carattere di scientificità e piena aderenza alla realtà ed alle sue leggi.
         La prima parte della produzione del Verga è rappresentata da romanzi di ispirazione storica e patriottica (I carbonari della montagna, Amore e patria) e da opere caratterizzate da personaggi passionali ed aristocratici e da situazioni tipicamente romantiche (Storia di una capinera (1871) Tigre reale (‘73), Eva (‘74) in particolare) nelle quali l'autore si adegua, almeno apparentemente, al gusto borghese e descrive un mondo tormentato e languido. Si avverte però già in questa fase il suo vero interesse, che consiste nella descrizione e nell'affermazione di verità concrete come le leggi economiche e sociali che condizionano l'esistenza degli individui e ne mortificano spesso gli ideali. È notevole anche in questo periodo l'attenzione che l'autore rivolge all'ambiente ed agli sfondi sociali e storici su cui si svolgono le vicende. Tutto ciò notiamo, ad esempio, nella Storia di una capinera romanzo epistolare dove, accanto al tono ed allo spirito romantico e malinconico che caratterizza la descrizione della vicenda della protagonista, una fanciulla costretta a vivere in un convento, è importante notare il peso che l'autore attribuisce alle motivazioni di ordine economico e sociale che danno origine alla vicenda stessa. In Eva, inoltre, affiora, nella conclusione, il motivo della terra, della regione di origine, vista come qualcosa che consola, come un rifugio sano e sacro.
         La produzione del Verga in questo primo periodo, osservata in relazione all'intera sua opera, appare come un necessario apprendistato, come una fase di preparazione che contiene motivi importanti che in seguito saranno approfonditi;essa presenta anche le premesse del suo stesso superamento. L’autore infatti, per il suo carattere e per gli intenti che si proponeva di conseguire con la sua attività letteraria, giunge in breve ad un totale rifiuto dei temi e dell'ambiente spirituale e letterario di cui sono una testimonianza i suoi primi romanzi. Ciò avviene in modo netto, poichè in realtà egli non aveva fatto mai veramente parte di questo ambiente, da cui era rimasto colpito, ma che la sua natura di uomo fedele alla sua origine ed alla sua isola gli aveva impedito di assimilare in pieno. Pertanto, la sua adesione al Verismo, che lo costringe a rinunciare ad un pubblico numeroso e sicuro, è spontanea ed ha il carattere quasi di una conversione, di un ritorno alla terra, attuato con lo stato d'animo del figliuol prodigo. Essa è importante per lui sul piano spirituale e letterario, perchè il Verismo lo libera dal mondo sentimentale e poco costruttivo di cui aveva fatto parte in un primo momento, ossia lo solleva da quel senso di stanchezza che aveva suscitato in lui quel mondo aristocratico a cui erano rivolti i suoi primi romanzi, ma soprattutto soddisfa la volontà di impegno sociale che il Verga sentiva in sé sempre più chiaramente.
         Il Verismo gli sembrò infatti, giustamente, un'arte seria e costruttiva e soprattutto dignitosa. Orientarono inoltre il Verga verso questo tipo di letteratura gli studi a carattere sociale e le prime inchieste parlamentari che in quegli anni prendevano in esame per la prima volta le condizioni delle classi umili, soprattutto del Mezzogiorno. La consapevolezza con cui egli aderì al Verismo è testimoniata da alcuni scritti di carattere teorico, ma soprattutto da una serie di opere nelle quali i canoni dei movimento assumono significati veri e si fondono armonicamente con i contenuti umani e poetici. Più che sul piano delle formulazioni teoriche, è su quello artistico che egli porta il suo più grande contributo al Verismo; egli, infatti, attribuisce maggiore importanza ai fatti che non alla teoria.
         Il canone dell'impersonalità dell'opera d'arte, che comporta l'eliminazione dell'autobiografismo e della tendenza al lirismo ed alla retorica, viene ribadito, insieme al concetto del documento umano, inteso come il solo argomento di cui deve occuparsi lo scrittore, in modo ancor più coerente ed efficace, rispetto a ciò che aveva affermato il Capuana, nelle vigorose affermazioni teoriche del Verga. Ciò si nota nell'introduzione ai Malavoglia, nella prefazione alla novella L’amante di Gramigna, indirizzata a Salvatore Farina, nella breve introduzione a Nedda e nella novella Fantasticheria.
         Oltre ad offrirgli un metodo serio e dignitoso, alieno da dilettantismi e sentimentalismi, il nuovo movimento permise all'autore di ordinare e di esporre la sua concezione della vita, orientata verso un pessimismo chiuso e dignitoso. La storia dell'umanità gli appare come rivolta verso un progresso che, pur realizzandosi in generale, si basa sul dolore e sulla sconfitta del singolo; tale progresso ha come unica molla l'aspirazione al miglioramento economico, che è viva ed operante a tutti i livelli sociali. Nella lotta per la realizzazione di questa aspirazione, l'uomo soccombe nonostante la sua forza morale ed il suo accanimento ed i suoi sforzi tenaci. In Verga non troviamo una vera luce ed una speranza che illumini la condizione umana, ed alla fede nella Provvidenza, che rischiara la concezione manzoniana si contrappone la visione dolente e lucida del dolore, della sconfitta, della solitudine a cui sono condannati gli uomini, malgrado la loro intima grandezza, anzi, a volte, proprio per essa.
         Nella descrizione della lotta impari tra l'uomo ed il destino il Verga ha modo di puntualizzare la nobiltà e dignità dei suoi personaggi e del mondo stesso a cui appartengono; essi risultano animati da valori e da profonde convinzioni, che conferiscono un senso alla loro vita e la nobilitano e sono importanti perchè in nome delle loro convinzioni affrontano ed accettano il destino, conservando, pur nella sconfitta, la loro personalità. Questi uomini hanno la religione degli umili, che è frutto dei secoli e si concentra intorno a valori come la roba, il focolare, la famiglia, l’onestà, l'accettazione del proprio stato.
         Fra questi è importante soprattutto il focolare, che simboleggia il legame fra le generazioni, tutto l'insieme degli affetti, delle gioie, dei ricordi, dei momenti di serenità o di dolore. Questa concezione che l'autore ha della vita ed in particolare il modo commosso ed umano con cui sono descritte le vicende degli uomini, sono alla base delle sue opere migliori e conferiscono un significato originale alla sua adesione al verismo. La prima tappa della conversione dell'autore a questo movimento letterario è rappresentata dalla novella Nedda, ambientata in Sicilia, nel mondo degli umili, contrassegnato da fatica, dalla miseria e dalla rassegnazione.
         Nel ciclo dei Vinti, che avrebbe dovuto comprendere, secondo il programma originario dell'autore, cinque romanzi (I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, La duchessa di Leira, L’onorevole Scipioni, L'uomo di lusso), malgrado il carattere rigoroso e sistematico delle affermazioni contenute nell'introduzione al primo romanzo, I Malavoglia, che si riferiscono alla volontà del Verga di descrivere in una serie di medaglioni i vari aspetti della lotta per il miglioramento economico che coinvolge tutte le classi, notiamo come il canone naturalistico dell'impersonalità e dell'osservazione distaccata e scientifica del documento non escluda soluzioni poetiche e commosse. La partecipazione dell'autore alla materia trattata, testimoniata dal titolo del ciclo (I Vinti) e dalla coralità, non toglie nulla, d'altra parte, alla piena fedeltà dell’autore ai canoni del Verismo. La coralità è anche l'unico mezzo che rende possibile lo sviluppo stesso dell'azione.
         Il Verga condivide la visione amara e rassegnata espressa dalle semplici considerazioni fatte dal popolo in merito al significato ed alla necessità del dolore nella vicenda umana. Il Verga, pertanto, si differenzia notevolmente dal Naturalismo francese, presentandosi anche come portavoce di quello che di più tipico ha il nostro Verismo. All'esame degli aspetti deteriori della realtà, sostituisce la sua concezione pessimistica della vita umana, che gli sembra sottoposta ad un destino di sventure e di fatiche. Questa situazione egli descrive e coglie non solo nel mondo degli umili, dove appare evidente ed immediata nella sua scarna realtà, ma anche negli altri ambienti. Alla ricerca e allo studio di ciò che è abietto, che caratterizza il Naturalismo francese, egli sostituisce la descrizione degli umili e di coloro che sono sopraffatti dalla sorte.
         Nella sua visione di una umanità che sopporta dignitosamente, con inconsapevole eroismo, la sua condizione, troviamo l'esatta misura di quanto la sua arte sia lontana dalle effusioni sentimentali del Romanticismo, come dalle meccaniche concezioni del Naturalismo. Nella sua concezione l'uomo conquista una dignitosa grandezza, pur nella sua condizione di inferiorità nei confronti delle leggi che regolano il mondo. Lo stesso messaggio dell'autore, che si riassume anche nell'esortazione ad accettare i limiti imposti dalla realtà, non è semplice fatalismo ma, in definitiva una lezione di saggezza.
         Accanto ai Malavoglia ed a Mastro don Gesualdo, riassumono in particolare l'arte del Verga la raccolta di novelle Vita dei campi, che anticipano per molti versi le due opere principali, le Novelle rusticane, la raccolta Don Candeloro e C. e il romanzo Il marito di Elena. Il Verga introduce un nuovo modo di concepire l’arte, che, libera dall'ossequio a norme di qualsiasi genere e dal peso della tradizione, esprime in lui direttamente i significati dell'esistenza, di cui viene sottolineata l'intima severità.

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Ultimo aggiornamento: 16 luglio, 2000