Luigi Tripodaro
Giuseppe Bonghi
Appunti di Storia della Letteratura italiana
Il Verismo
Dopo il 1860 si assiste, in Europa e in Italia, ad una serie di radicali trasformazioni
nel campo della cultura in generale e, conseguentemente, della letteratura. Di ciò la
causa principale è lorientamento che si verifica in tutti i campi, verso il
concreto, il pratico, ed anche la decisa reazione dei gruppi intellettuali contro ciò che
di eccessivo e di esasperato vi era stato nel Romanticismo. Si diffonde pertanto la
tendenza a non perdere di vista gli aspetti concreti della vita, a passare in rassegna ed
a demolire gli astratti ideali, a tener presente il mondo più prosaico, ma anche più
vero e immediato dell'esistenza quotidiana, a trasferire i sentimenti dalla sfera ideale a
quella del concreto agire ed operare, a verificare gli entusiasmi e le passioni con il
freno della ragione, a scrutarne i limiti e la forza nel confronto con la prosa della
vita. La manifestazione più clamorosa di questa tendenza è l'affermarsi del positivismo
come concezione del mondo, per cui alle dottrine di Hegel successero quelle di Auguste
Comte (1789 1857) in Francia e di Roberto Ardigò (1828 1920) in Italia, e del Naturalismo
come canone dell'arte.
Il positivismo nasce in Francia
intorno alla prima grande scuola scientifica moderna, l'École polytéchnique,
collegato in vario modo con la tradizione illuministica, e conserva in sè notevoli
influenze romantiche, cosi come assorbe gli influssi del cosiddetto socialismo utopistico
e si presenta, più che nel suo aspetto propriamente filosofico, in quello di costume
mentale degli intellettuali ed anzi rappresenta le posizioni più avanzate e progressive
della borghesia dell'Ottocento. Nonostante i suoi numerosi limiti (il risorgere della
metafisica, che i positivisti avevano rimproverato al Romanticismo; il sorgere del
determinismo; il facile ottimismo e la superficialità con cui si parlava di progresso),
questo movimento di pensiero è importante perchè difende la fiducia nella ragione umana,
che era stata soffocata dal Romanticismo, agisce più di ogni sistema intellettuale su
vasti strati sociali e contribuisce in modo massiccio a diffondere una cultura nuova,
laica, illuminata, aperta alle idee di progresso, contraria alle concezioni antiquate e
tradizionali, alle superstizioni, ai pregiudizi.
In Italia del Positivismo si accettò la
fede nello sviluppo della scienza e del progresso e limpulso allo studio ed alle
analisi sociali, che d'altra parte rappresentavano già un filone vivo ed originale nella
nostra letteratura. Gli aspetti principali di questa filosofia non sfuggirono, nel momento
in cui si diffondevano in Italia, all'analisi di F. De Sanctis: "Il realismo come
dottrina difficile è non caschi nel materialismo e nel sensismo, come in Locke e in
Condillac. Il realismo come metodo è quello di Bacone e di Galilei, e questo fu uno dei
più grandi progressi che abbia fatto lo spirito umano. E se l'abuso del pensiero e il
progresso delle scienze naturali ha ricondotto gli uomini in questa via non abbiamo che a
rallegrarcene."
De Sanctis rifiutava il facile ottimismo,
il determinismo, la completa subordinazione di tutte le manifestazioni della vita allo
svolgimento meccanico di leggi naturali predeterminate, per cui "non c'è libertà,
non c'è imputabilità: tutti siamo uguali innanzi alla natura: non c'è lode e non
cè biasimo", nè si lasciava contaminare dal facile ottimismo dei più fanatici idolatri della scienza, "che promettono in suo nome non
solo meraviglie, ma miracoli". Si rendeva conto della portata europea del fenomeno e
dei suoi necessari sviluppi, in gran parte positivi: "Il realismo incoraggia gli
studi seri, introduce nell'uso della vita pratica, distoglie dalle ipotesi e dalle
generalità, indirizza al possesso della realtà, restaura la fede nell'umano sapere,
prepara una nuova sintesi, il secolo nuovo, anmassando nuovi materiali". Comprendeva
infine la capacità del Positivismo di trasformare radicalmente la cultura del tempo, per
cui "a guardare indietro non più che al 1860, noi siamo trasformati e non ne abbiamo
che una oscura coscienza".
In effetti il Positivismo in Italia
determinò conseguenze benefiche poichè contribuì a far perdere alla nostra cultura
quella patina di provincialismo che la caratterizzava; esso determinò uno stato d'animo
nuovo ed un nuovo modo di considerare la realtà, che consentiva, ad esempio, di
scoprire e di valutare con sguardo acuto e disilluso, sotto la facciata ideale dell'Italia
sognata e realizzata con le lotte del Risorgimento, quella reale, prosaica, fatta di
bisogni concreti ed inderogabili, di problemi immensi come quelli causati dalla povertà,
dalla arretratezza, dalla mancanza delle infrastrutture economiche fondamentali, dalla
presenza di gravi squilibri economico sociali fra le varie regioni.
Un analogo rinnovamento si determina
nella nostra letteratura con la diffusione in Italia delle teorie e dei metodi della
corrente letteraria del Naturalismo francese, alle cui radici erano le stesse
esigenze e gli stessi elementi di fondo che il Positivismo sviluppava e metteva in atto in
tutte le manifestazioni della cultura, come della scienza. Il Naturalismo ebbe origine in
Francia tra il 1860 ed il 1870 con i romanzi di Edmond De Goncourt (1822-1896), scritti in
collaborazione col fratello Jules (1830-70). Il loro Journal, pubblicato, con
notevoli aggiunte, da Edmond tra il 1887 e il 1896, contiene un commento delle origini e
della teoria del nuovo movimento, che prende l'avvia da precise convinzioni, secondo le
quali la letteratura precedente non rispecchiava la vita con sufficiente fedeltà, per cui
era necessario registrare in modo più concreto i fenomeni dell'agire umano.
Questa tesi è sostenuta anche nel Roman
expérimental (1880) di Émile Zola, il maggior esponente della nuova scuola,
che si valse in ogni suo romanzo di un'accurata compilazione di appunti e di fatti. In una
conferenza su Balzac (1866), che egli considera un precursore, Zola paragona lo scrittore
al chirurgo ed al chimico, capace di sezionare un organismo umano e di stabilire con
scientifico distacco quelle che sono in esso le leggi di causa e di effetto. Il paragone,
caro a Zola, sottolinea una delle principali caratteristiche del Naturalismo. Tra il 1871
ed il 1893 Zola pubblicò venti volumi, concepiti come parti di un cielo intitolato Les
Rougon Macquart, contenenti la "storia sociale e naturale di una famiglia
durante il secondo impero". In essi l'autore mette in risalto l'influenza
dell'ereditarietà in tutte le manifestazioni dell'agire umano, che producono ciò che le
convenzioni conoscono col nome di virtù e di vizi. La tendenza congenita dei
Rougon Macquart si riassume in una esuberanza di appetiti, che l'autore ritiene
tipica di una società dedita esclusivamente ai piaceri. Le complesse ramificazioni di
questa famiglia consentono a Zola di rivolgere lo sguardo ai vari strati della società
francese e di creare delle rappresentazioni che spesso appaiono singolarmente vive ed
immediate, come quelle degli operai parigini (LAssommoir, 1877), dei poveri
oppressi di un villaggio minerario (Germinal, 1885), dellesercito ormai
votato alla sconfitta durante la guerra franco prussiana (Da Débacle, 1892).
In questo ciclo di romanzi e nelle altre sue opere più significative (Thérese Raquin,
Les contes à Ninon) scritte precedentemente, lautore non si è infatti
lasciato irretire dalla rigidità schematica delle teorie e si è rivelato un grande
artista, ciò che maggiormente evidenzia ed apprezza in lui il De Sanctis nei saggi Studio
sopra Emilio Zola, Zola e l'Assommoir. Del resto egli stesso aveva affermato
che l'arte è "la natura vista attraverso un temperamento".
Oltre a Zola, vanno ricordati fra i
principali esponenti del Naturalismo, i già citati fratelli De Goncourt, che applicarono
alla narrazione il metodo storiografico della ricerca dei documenti veritieri e si
dedicarono soprattutto allo studio degli ambienti inediti come gli ospedali in Suor
Filomena, dei poveri in Germaine Lacerteux, degli artisti in Manette Salamon,
ed inoltre Alphonse Daudet, Guy De Maupassant, oltre al critico e propagandista Hippolyte
Taine. I canoni fondamentali di questa scuola, facilmente deducibili dalle opere dei suoi
esponenti, sono:
l'impersonalità, quindi il ritrarre dal vero, direttamente, senza che l'autore faccia sentire il suo stato d'animo, la sua presenza;
la scientificità, intesa come riduzione degli elementi umani soprattutto a quelli fisici e fisiologici, in particolare a quelli dellereditarietà e dell'ambiente;
il linguaggio o gergo, che doveva riprodurre il modo reale di esprimersi dei personaggi in relazione al momento storico ed alla condizione sociale in cui sono inseriti.
In Italia il programma del Naturalismo non fu accolto pedissequamente e perse il carattere
di studio esclusivamente scientifico per tradursi piuttosto in una denuncia di determinati
problemi; non mancano inoltre, in certi autori, sintomi di un vivo attaccamento alla
propria regione. La Sicilia (Verga, Capuana, De Roberto), la Calabria (N. Misasi), la
Sardegna (G. Deledda), Napoli (Di Giacomo), Roma (Pascarella), la Toscana (Fucini,
Pratesi), LAbruzzo (D. Ciampoli), il Piemonte (G. Cagna) fanno solitamente da sfondo
alla nostra letteratura del Verismo.
Il Verismo italiano sviluppa,
infatti, il nuovo corollario rappresentato dal regionalismo, che si unisce ai canoni
formulati e seguiti dal Naturalismo francese. È evidente l'atteggiamento sfiduciato e
pessimistico che sta alla base, in alcuni autori, della scelta dei temi e degli ambienti,
come del modo di trattarli, e che è alimentato sempre da una
antichissima esperienza di delusioni di miseria, di dolore. Si possono capire le
differenze tra Naturalismo francese e Verismo italiano se si tiene conto della necessaria
influenza su di essi esercitata dal diverso clima sociale e culturale. Infatti, mentre in
Francia la letteratura ed il romanzo in particolare poteva contare su un pubblico
relativamente vasto e differenziato, nel nostro paese, la letteratura conservava ancora,
intorno al 1880, nonostante i notevoli progressi raggiunti dopo l'unificazione, limitate
capacità di divulgazione. Il teorico del Verismo italiano fu Luigi
Capuana (1839-1915), che ne elaborò la poetica nel primo periodo della sua attività di
critico e ne introdusse gli elementi principali.
© 2000 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 15 luglio, 2000