Giacomo Leopardi

Pensieri
(CI-CXI)

CI

         Confessando i propri mali, quantunque palesi, l'uomo nuoce molte volte ancora alla stima, e quindi all'affetto, che gli portano i suoi più cari: tanto è necessario che ognuno con braccio forte sostenga se medesimo, e che in qualunque stato, e a dispetto di qualunque infortunio, mostrando di se una stima ferma e sicura, dia esempio di stimarlo agli altri, e quasi li costringa colla sua propria autorità. Perché se l'estimazione di un uomo non comincia da esso, difficilmente comincerà ella altronde: e se non ha saldissimo fondamento in lui, difficilmente starà in piedi. La società degli uomini è simile ai fluidi; ogni molecola dei quali, o globetto, premendo fortemente i vicini di sotto e di sopra e da tutti i lati, e per mezzo di quelli i lontani, ed essendo ripremuto nella stessa guisa, se in qualche posto il resistere e il risospingere diventa minore, non passa un attimo, che, concorrendo verso colà a furia tutta la mole del fluido, quel posto è occupato da globetti nuovi.


CII

         Gli anni della fanciullezza sono, nella memoria di ciascheduno, quasi i tempi favolosi della sua vita, come, nella memoria delle nazioni, i tempi favolosi sono quelli della fanciullezza delle medesime.


CIII

         Le lodi date a noi, hanno forza di rendere stimabili al nostro giudizio materie e facoltà da noi prima vilipese, ogni volta che ci avvenga di essere lodati in alcuna di così fatte.


CIV

         L'educazione che ricevono, specialmente in Italia, quelli che sono educati (che a dir vero, non sono molti), è un formale tradimento ordinato dalla debolezza contro la forza, dalla vecchiezza contro la gioventù. I vecchi vengono a dire ai giovani: fuggite i piaceri propri della vostra età, perché tutti sono pericolosi e contrari ai buoni costumi, e perché noi che ne abbiamo presi quanti più abbiamo potuto, e che ancora, se potessimo, ne prenderemmo altrettanti, non ci siamo più atti, a causa degli anni. Non vi curate di vivere oggi; ma siate ubbidienti, sofferite, e affaticatevi quanto più sapete, per vivere quando non sarete più a tempo. Saviezza e onestà vogliono che il giovane si astenga quanto è possibile dal far uso della gioventù, eccetto per superare gli altri nelle fatiche. Della vostra sorte e di ogni cosa importante lasciate la cura a noi, che indirizzeremo il tutto all'utile nostro. Tutto il contrario di queste cose ha fatto ognuno di noi alla vostra età, e ritornerebbe a fare se ringiovanisse: ma voi guardate alle nostre parole, e non ai nostri fatti passati, né alle nostre intenzioni. Così facendo, credete a noi conoscenti ed esperti delle cose umane, che voi sarete felici. Io non so che cosa sia inganno e fraude, se non è il promettere felicità agl'inesperti sotto tali condizioni.
         L'interesse della tranquillità comune, domestica e pubblica, è contrario ai piaceri ed alle imprese dei giovani; e perciò anche l'educazione buona, o così chiamata, consiste in gran parte nell'ingannare gli allievi, acciocché pospongano il comodo proprio all'altrui. Ma senza questo, i vecchi tendono naturalmente a distruggere, per quanto è in loro, e a cancellare dalla vita umana la gioventù, lo spettacolo della quale abborrono. In tutti i tempi la vecchiaia fu congiurata contro la giovinezza, perché in tutti i tempi fu propria degli uomini la viltà di condannare e perseguitare in altri quei beni che essi più desidererebbero a se medesimi. Ma però non lascia d'esser notabile che, tra gli educatori, i quali, se mai persona al mondo, fanno professione di cercare il bene dei prossimi, si trovino tanti che cerchino di privare i loro allievi del maggior bene della vita, che è la giovinezza. Più notabile è, che mai padre né madre, non che altro istitutore, non sentì rimordere la coscienza del dare ai figliuoli un'educazione che muove da un principio così maligno. La qual cosa farebbe più maraviglia, se già lungamente, per altre cause, il procurare l'abolizione della gioventù, non fosse stata creduta opera meritoria.
         Frutto di tale cultura malefica, o intenta al profitto del cultore con rovina della pianta, si è, o che gli alunni, vissuti da vecchi nell'età florida, si rendono ridicoli e infelici in vecchiezza, volendo vivere da giovani; ovvero, come accade più spesso, che la natura vince, e che i giovani vivendo da giovani in dispetto dell'educazione, si fanno ribelli agli educatori, i quali se avessero favorito l'uso e il godimento delle loro facoltà giovanili, avrebbero potuto regolarlo, mediante la confidenza degli allievi, che non avrebbero mai perduta.


CV

         L'astuzia, la quale appartiene all'ingegno, è usata moltissime volte per supplire la scarsità di esso ingegno, e per vincere maggior copia del medesimo in altri.


CVI

         Il mondo a quelle cose che altrimenti gli converrebbe ammirare ride; e biasima, come la volpe d'Esopo, quelle che invidia. Una gran passione d'amore, con grandi consolazioni di grandi travagli, è invidiata universalmente; e perciò biasimata con più calore. Una consuetudine generosa, un'azione eroica, dovrebb'essere ammirata: ma gli uomini se ammirassero, specialmente negli uguali, si crederebbero umiliati; e perciò, in cambio d'ammirare, ridono. Questa cosa va tant'oltre, che nella vita comune è necessario dissimulare con più diligenza la nobilità dell'operare, che la viltà: perché la viltà è di tutti, e però almeno è perdonata; la nobiltà è contro l'usanza, e pare che indichi presunzione, o che da se richiegga lode; la quale il pubblico, e massime i conoscenti, non amano di dare con sincerità.


CVII

         Molte scempiataggini si dicono in compagnia per voglia di favellare. Ma il giovane che ha qualche stima di se medesimo quando da principio entra nel mondo, facilmente erra in altro modo: e questo è, che per parlare aspetta che gli occorrano da dir cose straordinarie di bellezza o d'importanza. Così, aspettando, accade che non parla mai. La più sensata conversazione del mondo, e la più spiritosa, si compone per la massima parte di detti e discorsi frivoli o triti, i quali in ogni modo servono all'intento di passare il tempo parlando. Ed è necessario che ciascuno si risolva a dir cose la più parte comuni, per dirne di non comuni solo alcune volte.


CVIII

         Grande studio degli uomini finché sono immaturi, è di parere uomini fatti, e poiché sono tali, di parere immaturi. Oliviero Goldsmith, l'autore del romanzo The Vicar of Wakefield, giunto all'età di quarant'anni, tolse dal suo indirizzo il titolo di dottore; divenutagli odiosa in quel tempo tale dimostrazione di gravità, che gli era stata cara nei primi anni.


CIX

         L'uomo è quasi sempre tanto malvagio quanto gli bisogna. Se si conduce dirittamente, si può giudicare che la malvagità non gli è necessaria. Ho visto persone di costumi dolcissimi, innocentissimi, commettere azioni delle più atroci, per fuggire qualche danno grave, non evitabile in altra guisa.


CX

         È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.


CXI

         Un abito silenzioso nella conversazione, allora piace ed è lodato, quando si conosce che la persona che tace ha quanto si richiede e ardimento e attitudine a parlare.


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© aprile 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 05 May 1998