Giuseppe Bonghi
Introduzione
ai
Paralipomeni
di
Giacomo Leopardi
Leopardi scrive questo poemetto satirico di otto canti in ottave, presentandolo come continuazione del poema pseudomerico Batracomiomachia, che era stato tradotto per ben tre volte dal Leopardi:
1815 | La guerra dei topi e delle rane |
1821-1822 | Guerra de' topi e delle rane |
1826 | Guerra dei topi e delle rane |
Leopardi finge che il
poema sia tratto da antiche pergamene e che sia allimprovviso interrotto e non
continuabile, per quanto abbia interrogato le antiche fonti.
Incerta è la data di composizione del
poemetto, che sicuramente non viene cominciato prima del 1831, e questo lo si può dedurre
dallaccenno alla sconfitta dei Belgi a Lovanio il 12 agosto 1831 e alla morte del
Niebuhr avvenuta il 2 gennaio 1831. Quasi certamente vi lavorò mentre si trovava a Napoli
nel 1834 e vi lavorò fino alla morte lasciandolo incompiuto, nel senso che non riuscì a
dargli una veste definitiva. In una lettera scritta l11 dicembre 1846 da Giuseppe
Giusti a Vincenzo Gioberti.
Dei Paralipomeni abbiamo due copie
manoscritte: una è fra le carte napoletane ed è di mano di Antonio Ranieri (ma il primo
canto è di mano del poeta); laltra è fra le carte che il Ranieri lasciò alla
biblioteca nazionale di Napoli, ed è interamente di mano del poeta. Fu pubblicato per la
prima volta nel 1842 a Parigi, per i tipi della Libreria europea di Baudry.
Con i Paralipomeni Leopardi scrive
dei suoi tempi, ma erano tempi legati a un certo immobilismo: la napoletanità di Topaia,
la città-stato dei Topi lo dimostra. Ma ne parla in modo letterario, lontano dai veri
problemi sociali e politici che affannavano lepoca della Napoli che lui ha
conosciuto negli ultimi anni della sua vita, che non gli entrerà mai dentro e della quale
conoscerà a malapena certi aspetti esteriori, riassumibili nelle vicende di Pulcinella e
Colombina, che venivano rappresentati dai teatranti di strada col teatro dei pupi, unico
divertimento della gente che si accalcava davanti al teatrino e partecipava in modo
diretto alle vicende con incitamenti e richieste che spesso cambiavano la stessa
vicenda come in una specie di "Commedia dell'arte" . È vero che i Topi sono i
liberali italiani, le Rane i papalini e i Granchi i reazionari austriaci e lautore
crede di essere il Malpensante, il personaggio Assaggiatore, cioè luomo
antiretorico e anticonformista, ma è anche vero che di quellepoca non riesce a
cogliere né la realtà storica né la realtà umana della gente che lo circondava, troppo
assorbito forse dalla vasta e profondamente dolorosa vicenda personale.
I Paralipomeni sono un poemetto
incompleto, perché manca una conclusione strutturalmente valida (troppo debole e
letteraria risulta il marchingegno della trovata del manoscritto interrotto) e manca
soprattutto unidea-guida intorno alla quale far girare lintera vicenda, che
pure non manca di spunti importanti e sul piano poetico di ottave interessanti: e
lidea-guida poteva essere solo, in quei frangenti storici e la presenza dei tre
gruppi Topi-Rane-Granchi, la soluzione di unItalia unita; ma noi non sapremo mai,
leggendo questo poemetto, cosa veramente Leopardi pensasse dellItalia e della sua
unificazione.
Dei Paralipomeni così scrive Novella
Bellucci in Per leggere Leopardi, (Bonacci, Roma 1988, p. 194): "Con
questa satira politica
Leopardi ha insegnato ai posteri una lettura certamente non
conformista degli eventi prerisorgimentali, elaborata sullo sfondo di uno scenario di cui
ormai lautore ha smascherato ogni ornamento pseudoculturale o ideologico, ogni
supporto aprioristico e consolatorio. Va tenuto presente che lo spirito polemico del
poemetto è indirizzato verso dei destinatari concreti, i liberali in genere (molti
Leopardi ne aveva conosciuti e frequentati nel soggiorno fiorentino), ma soprattutto gli
spiritualisti cattolici della Napoli in cui si trovò a vivere negli ultimi anni della
vita; eppure le ottave dei Paralipomeni, mentre si misurano con la polemica
concreta, si situano anche in una prospettiva più generale, si riconducono al complessivo
discorso poetico dellultimo Leopardi: sopra e oltre le vicende degli uomini, le loro
micro e macro storie, incombe un "sistema" antiprovvidenziale, ugualmente
indifferente a umani e bestie, impossibilitato nei suoi meccanismi essenziali a mutare o
migliorare, identificabile con una natura "carnefice e nemica" o almeno non
finalizzata alla cura degli eventi."
Queste parole sono apparentemente chiare,
ma difficili da capire per i nostri magri studenti (avrebbe, ad esempio, almeno potuto
spiegare che cosa significa supporto aprioristico e consolatorio in un autore che
chiede così poco di essere consolato ma tanto di sentire vicino una presenza amica); e
noi le abbiamo riportate perché ci servono per mettere in evidenza due elementi, che
appartengono non solo alla comprensione di questo poemetto, ma allintera poetica
leopardiana e che possiamo così enucleare:
1) il
poemetto è indirizzato realisticamente a certi gruppi di persone, i liberali che aveva
conosciuto soprattutto a Firenze e gli spiritualisti cattolici di Napoli eredi delle vittoriose
giornate contro la Repubblica partenopea del 1799 e che continuavano imperterriti a fare
disastri politici ed economici nella Napoli della prima metà dellOttocento;
2) ogni cosa
è sottoposta a un sistema esterno e superiore allindividuo (identificabile con la
Natura matrigna) che tutto vede e a tutto provvede senza tener conto degli individui ma
perseguendo fini misteriosi ai quali luomo è completamente estraneo e contro i
quali si rende conto di essere impotente. Se estendiamo questo concetto dal piano
religioso a quello politico, ci accorgiamo che in effetti la situazione non cambia: il
potere politico resta qualcosa di inaccessibile alluomo che si rende conto allo
stesso modo di essere estraneo e impotente.
Ma, al di là di queste due
considerazioni, assodato che questo poemetto leopardiano viene letto solo dagli studiosi e
da qualche appassionato, ci dobbiamo rendere conto che Leopardi stesso vive in una realtà
sociale, politica e religiosa che gli resta estranea: non è linterprete di quella
realtà, come non può esserlo il romantico in genere tutto preso dai suoi grandi ideali
che appartengono a una realtà storica sicuramente più evoluta, ma solo il visionario che
con la realtà tende molto spesso a scontrarsi. Il romantico lotta per unidea, non
per la realtà, lotta per la libertà come ideale non per la libertà di un popolo che è
anche progresso delluomo e non ci può essere progresso sociale se non si cancellano
privilegi che allora come ora erano forti e tenacemente legati al modo di vivere e di
pensare di coloro che in qualunque modo avevano in mano le leve del potere sia a livello
generale che a livello locale.
Per avere scrittori che siano anche
interpreti della realtà bisognerà aspettare almeno i poètes maudits e i veristi
o naturalisti, che descriveranno la realtà come credevano che essa fosse. Insomma:
a) i
romantici hanno una visione personale della realtà,
b) i
romantici non sono interpreti della realtà.
Personaggi del poemetto
(I nomi di alcuni personaggi appartenevano già alla
Batracomiomachia)
Miratondo, un guerriero dei Topi
Mangiaprosciutti, Re dei Topi, morto in battaglia
Leccamacine, figlia di Mangiaprosciutti, sposa di
Rodipane
Rodipane, sposo di Leccamacine, successore di
Mangiaprosciutti per elezione e quindi per volontà popolare
Rubabriciole, figlio di Rodipane e Leccamacine, per la
cui morte scoppia la guerra fra Rane e Topi
Rubatocchi, generale dei Topi, valoroso come Achille,
l'unico a morire eroicamente nella battaglia contro i Granchi
Leccafondi, Conte e Signore di Pesafondi e
Stacciavento (identificato con Gino Capponi o Pietro Colletta)
Brancaforte, Generale dei Granchi (qualcuno lo ha
voluto identificare col generale austriaco di origine italiana Federico Bianchi, che nel
maggio del 1815 sconfisse Gioacchino Murat a Tolentino)
Senzacapo, Re dei Granchi (probabile allusione a
Francesco I di Lorena, diciannovesimo imperatore della casa dAsburgo, appartenente
alla dinastia iniziata da Francesco di Lorena e Maria Teresa)
Camminatorto, ministro reazionario imposto
dai Granchi a Rodipane
Assaggiatore, generale, che rispecchia idee e scelte
dellautore
Riassunto del poemetto
(I numeri tra parentesi indicano le ottave)
Canto primo:
sconfitta dei topi |
riferimento alla battaglia di Tolentino (3 maggio 1815) nella quale lesercito napoletano comandato da Gioacchino Murat fu sconfitto dagli Austriaci venuti in soccorso delle truppe pontificie |
fuga dei topi |
terza ottava: viene paragonata a quella delle truppe pontificie nel corso della prima campagna dItalia di Napoleone (1797), guidate dal generale imperiale Michelangelo Alessandro Colli-Marchini |
fuga dei topi |
quarta ottava: sconfitta degli Olandesi a Lovanio (12 agosto 1831) con una fuga interrotta dal soccorso delle truppe francesi di Luigi Filippo |
nona ottava |
riferimento allepisodio narrato da Senofonte nellAnabasi, dei diecimila mercenari greci che, dopo aver partecipato alla sfortunata spedizione |
Lucerniere |
antico topolino filosofante, al quale è stata eretta una statua |
Canto secondo
:Topaia |
La città stato dei Topi, identificabile con la città di Napoli e/o col Regno di Napoli |
Mezzofanti |
cardinale Giuseppe Gaspare Mezzofanti (1774-1849), famoso poliglotta, professore allUniversità di Bologna (sembra conoscesse una ventina di lingue) |
Brancaforte |
Generale dei Granchi (qualcuno lo ha voluto identificare col generale austriaco di origine italiana Federico Bianchi, che nel maggio del 1815 sconfisse Gioacchino Murat a Tolentino): è comunque lemblema del militare austriaco rozzo e ottuso |
Senzacapo (ott. 26) |
probabile allusione a Francesco I di Lorena, diciannovesimo imperatore della casa dAsburgo, appartenente alla dinastia iniziata da Francesco di Lorena e Maria Teresa |
ottava 42 |
Forse cè un riferimento alla guarnigione che lAustria impose al Regno di Napoli nel 1821 |
Canto terzo
Topaia |
nella descrizione di Topaia Leopardi ha tenuto presente Napoli |
ottava 7 |
Il castello di Topaia è paragonato alla città di Trevi con una lunga similitudine che si estende per tre ottave |
Canto quarto
Senzacapo |
nel ritratto di Senzacapo cè un probabile riferimento a Francesco I dAustria, il quale "si occupava personalmente di regolare con editti e decreti il numero e le qualità delle percosse, e la qualità della verga che era, secondo i casi, o bastone o verga di vimini. Francesco I fu veramente sonatore di violino e faceva parte di un quartetto speciale" (Allodoli) |
Canto quinto
Canto sesto
Canto settimo
Canto ottavo
"Sotto le vesti
animalesche si nascondono i contendenti dei moti risorgimentali dal 1821 al 1831, con
particolare riferimento alle vicende napoletane: i topi sono liberali, le rane
rappresentano i conservatori (con specifica allusione alle truppe pontificie), i granchi
invece rappresentano gli Austriaci. Resta fondamentale il giudizio espresso sul poemetto
da Vincenzo Gioberti (cfr. Il gesuita moderno, vol. III, Losanna, Bonamici 1847,
pag. 484): "I popoli italiani sono forse educati alle grandi imprese? Il Leopardi
verso la fine della sua vita scrisse un libro terribile, nel quale deride i desideri, i
sogni, i tentativi politici deglItaliani con unironia amara che squarcia il
cuore, ma che è giustissima. Imperocchè tutto ciò che noi abbiam fatto in opera di
polizia da un mezzo secolo in qua è così puerile, che io non vorrei incollerire contro
gli stranieri quando ci deridono se anchessi non fossero intinti più o meno della
stessa pece".
Alla fine resta la penosa impressione
dellesercito dei Topi che, schierato e pronto ormai per la battaglia,
allimprovviso si slancia in una irrefrenabile fuga e giunge ad accalcarsi davanti
alle quattro sole porte dentrata nella città di Topaia, raggiunto e inesorabilmente
decimato dallesercito dei Granchi, dopo che era stato abbattuto lultimo eroico
inutile baluardo, rappresentato dalla figura del generale Rubatocchi: una morte tanto
eroica quanto farsesca se si pensa alla contemporanea oscena fuga del suo esercito.
Proprio le due dicotomie eroismo-farsa e storia-apparenza,
introducono alla dicotomia più interessante presente nel poemetto e che affonda le sue
radici nellIlluminismo e nella Rivoluzione francese, quella fra potere regio e potere popolare, che così male era rappresentata
dallesercito francese in Italia, sia per quanto riguarda le esperienze infelici di
Monaldo Leopardi, sia per le esperienze altrettanto infelici dei tempi di Giacomo; proprio
quest'ultima dicotomia è ben rappresentate dalla presenza di Boccaforte che cerca di
obbligare Rodipane a cambiare la legittimità della sua elezione da popolare in una più
tradizionale, quella del potere che deriva dal diritto divino.
© aprile 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 04 May 1998