Giuseppe Bonghi
Introduzione
a
Il Contrasto
di
Cielo d'Alcamo
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EDIZIONE TELEMATICA Giuseppe Bonghi, anno 1994 da: Poesia italiana del Duecento
a cura di Piero Cudini, ed. Garzanti, Milano 1978, collana I grandi libri
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Giuseppe Bonghi, Giugno 1996
Introduzione
Il Contrasto è un'opera di
incerta attribuzione; dell'autore non solo non sappiamo nulla, ma è incerto perfino il
suo nome: Cielo o Ciullo, Dalcamo o Dal Camo o D'Alcamo sono le versioni più comuni, ma
nessuna ha trovato un riscontro preciso in un personaggio dell'epoca, vissuto
verosimilmente alla corte palermitana di Federico II. Il nostro autore fece probabilmente
parte di quella cerchia di poeti che conosciamo sotto la classificazione generale di Scuola
siciliana, che ebbe vita tra il 1225 e il 1250, cioè fino alla morte
dell'imperatore svevo. Secondo alcuni studiosi, l'autore potrebbe essere originario della
Sicilia orientale, della zona di Messina in particolare, e quindi estraneo alla scuola
poetica siciliana così raffinata che fiorì alla corte di Federico II; forse era un
giullare o, più verosimilmente, uno studente, colto ed esperto dei moduli lirici
contemporanei e delle tecniche di composizione poetica della poesia provenzale.
Sicuramente è stato scritto dopo il 1231, anno in
cui, come ci dice Riccardo da San Germano riportato dal Muratori, furono coniate per la
prima volta le monete imperiali, dette agostari, dopo la pubblicazione delle
"costituzioni melfitane" che contengono la famosa defensa che compare al
v. 22, e prima del 1250, anno della morte di Federico II, perché l'imperatore viene
ricordato ancora in vita al verso 24: Viva lo 'mperadore, grazi'a Deo!. Il Contrasto
è una rappresentazione 'teatrale', un testo da recitare con gesti, azioni mimate, uso
di oggetti ed elementi scenici, se pur scarni ed allusivi; è un'opera giullaresca
ritenuta per lungo tempo di origine popolare; ma negli ultimi tempi, studi più
approfonditi hanno stabilito che il 'poeta' non poteva che appartenere a una classe
sociale piuttosto elevata, sia per le conoscenze storiche e culturali che si evidenziano
nel componimento sia per il tipo di linguaggio, a volte colto ed elevato, con espressioni
d'origine provenzale, riecheggianti modelli espressivi tipicamente cortesi.
Questa composizione è, quindi, una giullarata,
adatta alla recitazione anche di un solo attore (celebre è un'interpretazione di Dario
Fo): d'altronde il giullare, "un mimo che, oltre ad usare il gesto, si avvale
anche della parola, e che, nella maggior parte dei casi, non si serve della scrittura per
i propri testi, ma li rimanda oralmente, andando a memoria e spesso anche improvvisando",
recitava da solo componimenti in cui comparivano due personaggi o anche di più,
indifferentemente maschili e/o femminili.
La giullarata si apre con una dichiarazione cortese
dell'Amante, alla quale risponde Madonna
con un secco rifiuto, anche se già nelle sue parole lo stesso desiderio d'amore, quando
parla iperbolicamente di ricchezze e di imprese impossibili (come l'arare il mare e il
seminare i venti), è solo apparentemente rifiutato; fin dalle prime battute il finale
sembra scontato: si tratta di vedere, quindi, come viene messo in atto l'eterno rito del
corteggiamento e dell'amore. Le maniere cortesi convivono con una certa rusticità di un
atteggiamento e di un linguaggio che possiamo definire "popolari", perché
lontani dalla spiritualità veramente cortese, orientata più verso i beni dell'anima e
della felicità sul piano di una concezione platonica dell'amore, che ai beni corporali e
al soddisfacimento di desideri ed istinti fisici, perché l'orientamento generale della cortesia
era il perseguimento di un nuovo clima sociale da raggiungere attraverso l'ingentilimento
degli animi capace di allontanare gli uomini dalla barbarie delle lotte intestine tra
famiglie o gruppi politici.
Coesistono quindi gentilezza e rusticità, cortesia e
violenza (Se ti getti nel mare, ti troverò sulla spiaggia e mi congiungerò con te
per peccare), linguaggio popolare e linguaggio colto; ed è una coesistenza che fa da
fondamento alla vivacità e alla vivezza rappresentativa del Contrasto, alla
tensione del dialogo che mai cede a un momento di stanchezza o di sospensione, ma è
sempre incalzante e rapido, con tutti i concetti ben concatenati e le battute
perfettamente consequenziali.
L'Amante vanta la propria devozione, poteri e
ricchezze che non esistono ed esprime il suo desiderio colle frasi più galanti del modo
di corteggiare una donna per raggiungere lo scopo: che la donna possa soddisfare il suo
desiderio amoroso. Madonna si dichiara intoccabile, minaccia di ricorrere ai suoi
parenti, di chiudersi in un convento piuttosto che cedere alle voglie dell'uomo e giura
che mai cederà. Ciascuno dei due vuol apparire all'altro più di quello che è in
realtà, ma il gioco è scoperto: nessuno dei due cerca di ingannare o è disposto a
lasciarsi ingannare. Nell'eterno rito del corteggiamento, che riproduce, anche con termini
militari (es.: manganiello), la battaglia dell'amore i due protagonisti escono
entrambi vinti dall'amore e ciascuno raggiunge lo scopo che anche l'altro vuole
raggiungere: in questo senso possiamo dire che l'unico vero vincitore è l'amore.
Notiamo infine che la presenza della famiglia (padri e
fratelli) e della società (agostari e defensa) lentamente viene a mancare, lasciando soli
al centro dell'attenzione i due protagonisti; allo stesso modo si restringe lo spazio, da
quello infinito del cielo, a quello finito del mare e della terra fino a quello ristretto
della stanza dove si trovano.
Per altre annotazioni rimandiamo alle note esplicative alle singole strofe.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi -
E-mail: Giuseppe Bonghi - bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 15 novembre 2000