Dante Alighieri

Il fiore

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Sonetti
CXVI-CXXXVIII

                 SONETTO CXVI
                    Falsembiante

         "Ancor una crudel costuma ab[b]iamo:
Contra cui no' prendiamo a nimistate,
Quanti no' siamo, in buona veritate,
In difamarlo noi ci asottigliamo;
         E se per aventura noi sap[p]iamo
Com'e' possa venire a dignitate,
Nascosamente noi facciàn tagliate,
Sì che di quella via noi 'l ne gittiamo.
         E ciò facciamo noi sì tracelato
Ch'e' non saprà per cui l'avrà perduto
Infin ch'e' non ne fia di fuor gittato.
         Che s'e' l'aves[s]e da prima saputo,
Per aventura e' si saria scusato,
Sì ch'i' ne saria menzonier tenuto".

               SONETTO CXVII
           Amore e Falsembiante

         "Cotesta mi par gran dislealtate",
Rispose Amore, "Or non credi tu 'n Cristo?".
"I' non, chéd e' sarà pover e tristo
Colù' che viverà di lealtate:
         Sì ch'io non vo' per me quelle ghignate,
Ma, come ched i' possa, i' pur a[c]quisto,
Ché da nessun nonn-è volontier visto
Colui che man terrà di povertate,
         Anzi l'alunga ciascuno ed incaccia;
Già no·lli fia sì amico né parente
Ch[ed] egli il veg[g]a volontieri in faccia:
         Sì ch'i' vogl[i]'anzi c[h]'on mi sia ubidente,
Come ch[ed] io a Cristo ne dispiaccia,
Ched es[s]er in servag[g]io della gente.

                SONETTO CXVIII
                    Falsembiante

         "Vedete che danari ànno usorieri,
Siniscalchi e provosti e maggiori,
Che tutti quanti son gran piatitori
E sì son argogliosi molto e fieri.
         Ancor borghesi sopra i cavalieri
Son og[g]i tutti quanti venditori
Di lor derrate e aterminatori,
Sì ch'ogne gentil uon farà panieri.
         E' conviene ch'e' vendan casa o terra
Infinché i borghesi siar pagati,
Che giorno e notte gli tegnono in serra.
         Ma io, che porto panni devisati,
Fo creder lor che ciascheun sì erra,
E 'nganno ingannatori e ingannati.

              SONETTO CXIX
                 Falsembiante

         "Chi se 'n vuol adirar, sì se n'adiri,
Chéd i' vi pur conterò ogne mio fatto,
S'i' dovess'es[s]er istrutto intrafatto,
O morto a torto com' furo i martìri,
         O discacciato come fu 'l buon siri
Guiglielmo che di Santo Amor fu stratto:
Così 'l conciò la mogl[i]e di Baratto,
Però ch'e' mi rompea tutti mie' giri.
         Chéd e' sì fu per lei sì discacciato,
E sol per verità ch'e' sostenea,
Ched e' fu del reame isbandeg[g]iato.
         De mia vita fe' libro, e sì leg[g]ea
Ch'e' non volea ch'i' gisse mendicato:
Verso mia madre troppo misprendea!

               SONETTO CXX
                 Falsembiante

         "Questo buonuon volea ch'i' rinegasse
Mendichità e gisse lavorando,
S'i' non avea che mia vita passando
Potesse, sanza c[h]'altro domandasse.
         A quel consiglio mai no·m'acordasse:
Tropp'è gran noia l'andar travagliando.
Megli' amo star davante adorando
Ched i' a lavorar m'afaticasse.
         Ché 'l lavorar sì no·mi può piacere,
Néd a·cciò consentir no·mi poria,
Ché molte volte fallarei in dolere.
         Più amo il manto di papalardia
Portar, perciò ch'egl[i] è mag[g]ior savere,
Ché di lui cuopr'io mia gran rinaldia.

              SONETTO CXXI
                 Falsembiante

         "I' sì nonn-ò più cura d'ermitag[g]i,
Né di star in diserti né 'n foresta,
Ch'e' vi cade sovente la tempesta:
Sì chito a·ssan Giovanni que' boscag[g]i!
         In cittadi e 'n castella fo mie' stag[g]i
Mostrando ched i' faccia vita agresta;
Ma s'alla villa buon morsel s'aresta,
E' pur convien per forza ch'i' n'asag[g]i.
         E vo dicendo ch'i' vo fuor del mondo,
Per ch'i' mi giuochi in sale e in palagi;
Ma chi vuol dire vero, i' mi v'afondo.
         S'i' posso trovar via d'aver grand'agi,
Or siate certo ch'i' no·mi nascondo
[................................. -agi]

           SONETTO CXXII
               Falsembiante

         "Ancor sì m'intrametto in far mogliaz[z]o,
Altr'or fo paci, altr'or sì son sensale;
Manovaldo mi fo, ma quel cotale
Che mi vi mette, l'ab[b]iate per paz[z]o,
         Ché de' suo' beni i' fo torre e palaz[z]o,
O ver be' dormitori o belle sale,
Sì che, s'egli à figl[i]uol, poco gli vale
I ben' del padre, sì 'l te ne rispaz[z]o.
         E se voi aveste nulla cosa a fare
Intorno di colui con ch'i' riparo,
Diràllami, faròlla capitare;
         Ma non convien mostrar ch'e' vi si' amaro
A largamente sapermi donare,
Ché 'l mi' servigio i' 'l vendo molto caro.

                 SONETTO CXXIII
                     Falsembiante

         "I' sì son de' valletti d'Antecristo,
Di quel' ladron' che dice la Scrittura
Che fanno molto santa portatura,
E ciaschedun di loro è ipocristo.
         Agnol pietoso par quand'uon l'à visto,
Di fora sì fa dolze portatura;
Ma egli è dentro lupo per natura,
Che divora la gente Gesocristo.
         Così ab[b]iamo impreso mare e terra,
E sì facciàn per tutto ordinamento:
Chi no·l'oserva, di[ci]àn c[h]'a fede erra.
         Tanto facciàn co·nostro tradimento
Che tutto 'l mondo à preso co·noi guerra;
Ma tutti gli mettiamo a perdimento.

           SONETTO CXXIV
               Falsembiante

         "Sed i' truovo in cittade o in castello,
Colà ove paterin sia riparato,
Crede[n]te ched e' sia o consolato,
Od altr'uon, ma' ch'e' sia mio ribello,
         O prete ched e' sia o chericello
Che tenga amica, o giolivo parlato,
E' convien che per me sia gastigato,
Ché ciaschedun mi dotta, sì son fello.
         Ancor gastigo altressì usurai
E que' che sopravendono a credenza,
Roffiane e forziere e bordelai;
         E 'n ciasc[hed]uno i' ò malivogl[i]enza;
Ma, che che duol tu senti, no'l dirai,
Sì fortemente dotti mia sentenza.

                 SONETTO CXXV
                     Falsembiante

         "Que' che vorrà campar del mi' furore,
Ec[c]o qui preste le mie difensioni:
Grosse lamprede, o ver di gran salmoni
Aporti, [o] lucci, sanza far sentore.
         La buona anguilla nonn-è già peg[g]iore;
Alose o tinche o buoni storioni,
Torte battute o tartere o fiadoni:
Queste son cose d'âquistar mi' amore,
         O s'e' mi manda ancor grossi cavretti
O gran cappon' di muda be·nodriti
O paperi novelli o coniglietti.
         Da ch'e' ci avrà di ta' morse' serviti,
No·gli bisogna di far gran disdetti:
Dica che g[i]uoco, e giuoc'a tutti 'nviti.

               SONETTO CXXVI
                    Falsembiante

         "Que' che non pensa d'aver l'armadure
Ch'i' v'ò contate, o ver preziosi vini,
O ver di be' sac[c]hetti di fiorini,
Le mie sentenze lor fìer troppo dure.
         Né non si fidi già in escritture,
Ché saccian che co' mie' mastri divini
I' proverò ched e' son paterini
E farò lor sentir le gran calure.
         Od i' farò almen ch'e' fien murati,
O darò lor sì dure penitenze
Che me' lor fôra ch'e' non fosser nati.
         A Prato ed a Arez[z]o e a Firenze
N'ò io distrutti molti e iscacciati:
Dolente è que' che cade a mie sentenze".

              SONETTO CXXVII
     Lo Dio d'Amor e Falsembiante

         "Dì, Falsembiante, per gran cortesia,
Po' ch'i' t'ò ritenuto di mia gente,
E òtti fatto don sì bel[l]'e gente
Che·ttu se' re della baratteria,
         Afideròm[m]i in te, o è follia?
Fa che·ttu me ne facci conoscente:
Chéd i' sarei doman troppo dolente,
Se·ttu pensassi a farmi villania".
         "Per Dio merzé, messer, non vi dottate,
Chéd i' vi do la fé, tal com'i' porto,
Ched i' vi terrò pura lealtate".
         "Allor", sì disse Amor, "ogno[n] si' acorto
D'armarsi con su' arme devisate,
E vadasi al castel che·ssì m'à morto".

              SONETTO CXXVIII
                L'armata de' baroni

         À l'armadure ciaschedun sì prese,
E sì s'armâr con molto gran valore
Per dar a Gelosia pene e dolore,
Se contra lor [i]stesse alle difese;
         Ed alcun prese scudo, altro pavese,
Ispade e lancie, a molto gran romore,
Dicendo ciaschedun al Die d'Amore
Che quelle guardie saran morte e prese.
         Or sì vi conterò la contenenza
Che Falsembiante fece in quella andata
Colla su' amica CostrettaAstinenza.
         E' no·mmenâr co·llor già gente armata,
Ma come gente di gran penitenza
Si mosser per fornir ben lor giornata.

               SONETTO CXXIX
  Com'Astinenza andò a MalaBoc[c]a

         AstinenzaCostretta la primera
Sì si vestì di roba di renduta,
Velata che non fosse conosciuta;
Con un saltero i·man facea preghera.
         La ciera sua non parea molto fera,
Anz'era umile e piana divenuta;
Al saltero una filza avea penduta
Di paternostri, e 'l laccio di fil iera.
         Ed i·mano un bordon di ladorneccio
Portava, il qual le donò ser Baratto:
Già non era di melo né di leccio;
         Il suocer le l'avea tagliato e fatto.
La scarsella avea piena di forneccio.
Ver' MalaBocca andò per darli matto.

               SONETTO CXXX
Come Falsembiante andò a Malabo[c]a

         FalsoSembiante, sì com'on di coro
Religioso e di santa vita,
S'aparec[c]hiò, e sì avea vestita
La roba frate Alberto d'Agimoro.
         Il su' bordon non fu di secomoro,
Ma di gran falsità ben ripulita;
La sua scarsella avea pien'e fornita
Di tradigion, più che d'argento o d'oro;
         Ed una bib[b]ia al collo tutta sola
Portava: in seno avea rasoio tagl[i]ente,
Ch'el fece fab[b]ricare a Tagliagola,
         Di che quel MalaBocca maldicente
Fu poi strangolato, che tal gola
Avea de dir male d'ogne gente.

                     SONETTO CXXXI
MalaBoc[c]a, Falsembiante e CostrettaAstinenza

         Così n'andaro in lor pellegrinag[g]io
La buona pellegrina e 'l pellegrino;
Ver' MalaBocca ten[n]er lor camino,
Che troppo ben guardava su' passag[g]io.
         E Falsembiante malizioso e sag[g]io
Il salutò col capo molto chino,
E sì gli diss': "I' son mastro divino,
Sì siàn venuti a voi per ostellag[g]io".
         MalaBocca conob[b]e ben Sembiante,
Ma non che·ffosse Falso; sì rispuose
C[h]'ostel dareb[b]e lor: "Venite avante".
         Ad Astinenza molto mente puose,
Ché veduta l'avea per volte mante;
Ma per Costretta già mai no·lla spuose.

                   SONETTO CXXXII
MalaBocca, Falsembiante e CostrettaAstinenza

         MalaBocca sì 'nchiede i pellegrini
Di loro stato e di lor condizione,
E dimandò qual era la cagione
Ch'egli andavan sì matti e sì tapini.
         Que' disser: "No' sì siàn mastri divini,
E sì cerchiamo in ogne regione
De l'anime che vanno a perdizione,
Per rimenargli a lor dritti camini.
         Or par che·ssia piaciuto al Salvatore
D'averci qui condotti per vo' dire
E gastigar del vostro grande errore,
         S'e' vi piace d'intender e d'udire".
[............................... -ore]
O fatto, i' sì son presto d'ubidire".

           SONETTO CXXXIII
                   Astinenza

         Astinenza sì cominciò a parlare,
E disse: "La vertude più sovrana
Che possa aver la criatura umana,
Sì è della sua lingua rifrenare.
         Sovr'ogn'altra persona a noi sì pare
Ch'esto peccato in voi fiorisce e grana;
Se no'l lasciate, egli è cosa certana
Che nello 'nferno vi conviene andare:
         Ché pez[z]'à c[h]'una truffola levaste
Sopra 'l valetto che vo' ben sapete:
Con gran[de] torto voi il difamaste,
         Ch'e' non pensava a·cciò che vo' credete.
Bellacoglienza tanto ne gravaste
Ch'ella fu messa là ove vo' vedete".

               SONETTO CXXXIV
                       MalaBocca

         Udendo MalaBocca c[h]'Astinenza
Sì forte il biasimava e riprendea,
Sì·ssi crucciò, e disse ch'e' volea
C[h]'andasser fuor della su'apartenenza:
         "Vo' credete coprir Bellacoglienza
Di ciò che quel valetto far credea.
Be·llo dissi e dirò, che la volea
Donargli il fior, e quest'era sua 'ntenza.
         Quel [n]onn-errò del bascio, quest'è certo:
Per ch'i' vi dico, a voi divinatori,
Che questo fatto non fia già coverto.
         Vo' mi parete due inganatori:
Andate fuor di casa, che 'n aperto
Vi dico ch'i' non vo' tapinatori".

               SONETTO CXXXV
                    Falsembiante

         FalsoSembiante disse: "Per merzede
Vi priego, MalaBocca, c[h]'ascoltiate;
Ché, quand'uon conta pura ver[i]tate,
Molt'è folle colù' che no·lla crede.
         Vo' sete ben certan che·ll'uon non vede
Che 'l valletto vi porti nimistate;
Sed egli amasse tanto l'amistate
Del fior quanto vo' dite, a buona fede,
         Egli à gran pezza ch'e' v'avria morto,
Avendogli voi fatto tal oltraggio;
Ma non vi pensa e non si n'è acorto,
         E·ttuttor sì vi mostra buon corag[g]io,
E servireb[b]evi a dritto e a torto
Come que' ch'è cortese e prode e saggio".

                 SONETTO CXXXVI
              La ripentenza MalaBocca

         Ser MalaBocca si fu ripentuto
Di ciò ch'egli avea detto o pur pensato,
Ched e' credette ben aver fallato;
Sì disse a Falsembiante: "Il vostro aiuto
         Convien ch'i' ag[g]ia, ch'i' non sia perduto";
E 'mantenente si fu inginoc[c]hiato,
E disse: "I' sì vogli'esser confessato
D'ogne peccato che m'è avenuto".
         AstinenzaCostretta il prese allora,
Che·ss'era molto ben sobarcolata,
E Falsembiante col rasoio lavora:
         A MalaBocca la gola à tagliata.
E po' ru[p]per la porta san' dimora:
Larghez[z]a e Cortesia l'àn[n]o passata.

              SONETTO CXXXVII
   Cortesia e Larghezza e la Vec[c]hia

         Tutti quat[t]ro passarono il portale,
E sì trovaron dentro a la porpresa
La Vec[c]hia, che del castro era [di]scesa;
Quando gli vide, le ne parve male,
         Ma tuttavia non ne fece segnale.
Larghez[z]a e Cortesia sì l'àn[n]o atesa,
E disserle: "Madonna, san' difesa
Potete prender quanto il nostro vale:
         Chéd egli è vostro, sanza farne parte,
E sì ve ne doniàn già la sagina
E sopra tutto vi vogliàn far carte".
         La Vec[c]hia, che sapea ben la dottrina,
Ché molte volte avea studiato l'arte,
Gline marzìa molto e gline 'nchina.

            SONETTO CXXXVIII
                    Falsembiante

         Falsembiante a la Vec[c]hia sì à detto:
"Per Dio, gentil madonna preziosa
Che sempre foste e siete pietosa,
Che vo' ag[g]iate merzé del buon valletto!
         Ch'e' vi piaccia portarle un gioeletto
Da la sua parte a quella graziosa
Bellacoglienza, che gli fu nascosa,
De ch'egli à avuto il cuor molto distretto!
         Vedete qui fermagli ch'e' le manda,
E queste anella e questi intrecciatoi,
Ancora questa nobil[e] ghirlanda.
         Il fatto suo si tien tratutto a voi;
Ciascun di noi per sé lui racomanda:
Del fatto vostro penserén ben noi".

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© 1999 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 10 giugno 1999