Dante Alighieri

Il fiore

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Sonetti
XLVII-LXIX

                SONETTO XLVII
                L'Amante e l'Amico

         Ragion si parte, quand'ella m'intese,
Sanza tener più meco parlamento,
Ché trovar non potea nullo argomento
Di trarmi de·laccio in ch'Amor mi prese.
         Allor sì mi rimisi a le difese
Co' mie' pensieri, e fu' i·mag[g]ior tormento
Assà' ched i' non fu' al cominciamento:
No·mmi valea coverta di pavese.
         Allor sì pia[c]que a Dio che ritornasse
Amico a me per darmi il su' consiglio.
Sì tosto ch'e' mi vide, a me sì trasse
         E disse: "Amico, i' sì mi maraviglio
Che ciascun giorno dimagre e apasse:
Dov'è il visag[g]io tu' chiaro e vermiglio?".

              SONETTO XLVIII
                      L'Amante

         Non ti maravigliar s'i' non son grasso,
Amico, né vermiglio com'i' soglio,
Ch'ogne contrario è presto a ciò ch'i' voglio,
Così Fortuna m'à condotto al basso.
         Ira e pensier m'ànno sì vinto e lasso
Ch'e' non è maraviglia s'i' mi doglio,
Chéd i' sì vo a fedir a tale iscoglio,
S'Amor non ci provede, ch'i' son casso.
         E ciò m'à MalaBoc[c]a procacciato,
Che svegliò Castitate e Gelosia
Sì tosto com'i' eb[b]i il fior basciato.
         Allor fos[s]'egli stato i·Normandia,
Nel su' paese ove fu strangolato,
Ché sì gli pia[c]que dir ribalderia!".

              SONETTO XLIX
             L'Amante e Amico

         Com' era gito il fatto eb[b]i contato
A motto a motto, di filo in aguglia,
Al buono Amico, che non fu di Puglia;
Che m'eb[b]e molto tosto confortato,
         E disse: "Guarda che n[on] sie ac[c]et[t]ato
Il consiglio Ragion, ma da te il buglia,
Ché ' fin'amanti tuttor gli tribuglia
Con quel sermon di che·tt'à sermonato.
         Ma ferma in ben amar tutta tua 'ntenza,
E guarda al Die d'Amor su' [o]manag[g]io,
Ché tutto vince lungia soferenza.
         Or metti a me intendere il corag[g]io,
Chéd i' ti dirò tutta la sentenza
Di ciò che dé far fin amante sag[g]io.

                 SONETTO L
                    Amico

         "A MalaBocca vo' primieramente
Che·ttu sì no gli mostri mal sembiante;
Ma se gli passe o dimore davante,
Umile gli ti mostra ed ubidente.
         Di te e del tuo gli sie largo offerente
E faccia di te come di su' fante:
Così vo' che lo 'nganni, quel truante
Che si diletta in dir mal d'ogne gente.
         Col braccio al collo sì die on menare
Il su' nemico, insin che si' al giubetto,
Co·le lusinghe, e po' farlo impiccare.
         Or metti ben il cuor a·cciò c[h]'ò detto:
Di costù' ti convien così ovrare
Insin ch'e' sia condotto al passo stretto.

                SONETTO LI
                    Amico

         "Impresso vo' che·ttu ag[g]ie astinenza
Di non andar sovente dal castello,
Né non mostrar che·tti sia guari bello
A riguardar là ov'è Bellacoglienza:
         Ché·tti convien aver gran provedenza
Insin che MalaBoc[c]a t'è ribello,
Ché·ttu sa' ben ch'egli è un mal tranello
Che giorno e notte grida e nogia [e] tenza.
         De l'altre guardie non bisogna tanto
Guardar com'e' ti fa di MalaBoc[c]a,
Ch'elle starian volontier da l'un canto;
         Ma quel normando incontanente scoc[c]a
Ciò ched e' sa, ed in piaz[z]a ed a santo,
E contruova di sé e mette in coc[c]a.

                   SONETTO LII
                        Amico

         "La Vec[c]hia che Bellacoglienz'à 'n guarda,
Servi ed onora a tutto tu' podere:
Che s'ella vuol, troppo ti può valere,
Chéd ella nonn-è folle né musarda.
         A Gelosia, che mal fuoco l'arda,
Fa 'l somigliante, se·lla puo' vedere:
Largo prometti a tutte de l'avere,
Ma 'l pagamento il più che puo' lo tarda.
         E se·llor doni, dona gioeletti,
Be' covriceffi e reti e 'nt[r]ecciatoi
E belle ghirlanduz[z]e e ispil[l]etti
         E pettini d'avorio e riz[z]atoi,
Coltelli e paternostri e tessutetti:
Ché questi non son doni strug[g]itoi.

              SONETTO LIII
                    Amico

         "Se non ài che donar, fa gran pro[m]essa
Sì com'i' t'ò contato qui davanti,
Giurando loro Idio e tutti i santi,
Ed anche il sacramento della messa,
         Che ciascuna farai gran baronessa,
Tanto darai lor fiorini e bisanti:
Di pianger vo' che faccie gran semb[i]anti,
Dicendo che non puo' viver sanz'essa.
         E se·ttu non potessi lagrimare,
Fa che·ttu ag[g]ie sugo di cipolle
O di scalogni, e farànolti fare;
         O di scialiva gli oc[c]hi tu·tte 'molle,
S'ad altro tu non puo' ricoverare.
E così vo' che ciascheduna bolle.

              SONETTO LIV
                    Amico

         "Se·ttu non puo' parlar a quella ch'ami,
Sì·lle manda per lettera tu' stato,
Dicendo com'Amor t'à·ssì legato
Ver' lei, che ma' d'amarla non ti sfami.
         E le' dirai: "Per Gesocristo, tra'mi
D'esti pensier', che m'ànno sì gravato!";
Ma guarda che·llo scritto sia mandato
Per tal messag[g]io che non vi difami.
         Ma nella lettera non metter nome;
Di lei dirai "colui", di te "colei":
Così convien cambiar le pere a pome.
         Messag[g]io di garzon' ma' non farei,
Chéd e' v'à gran periglio, ed odi come:
Nonn-à fermez[z]a in lor; perciò son rei.

               SONETTO LV
                     Amico

         "E se·lla donna prende tu' presente,
Buon incomincio avrà' di far mercato;
Ma·sse d'un bascio l'avessi inarrato,
Saresti poi certan del rimanente.
         E s'ella a prender non è conoscente,
Anzi t'avrà del tutto rifusato,
Sembianti fa che sie forte crucciato,
E pàrtiti da·llei san' dir niente.
         E poi dimora un tempo san' parlarne,
E non andar in luogo ov'ella sia,
E fa sembiante che nonn-ài che farne.
         Ell'enterrà in sì gran malinconia
Che no·lle dimorrà sopr'osso carne;
Sì·ssi ripentirà di sua follia.

               SONETTO LVI
                     Amico

         "Il marinaio che tuttor navicando
Va per lo mar, cercando terra istrana,
Con tutto si guid'e' per tramontana,
Sì va e' ben le sue vele cambiando
         E per fug[g]ire da terra e apressando,
In quella guisa c[h]'allor gli è più sana:
Così governa mese e settimana
Insin che 'l mar si va rabonacciando.
         Così dé far chi d'Amor vuol gioire
Quand'e' truova la sua donna diversa:
Un'or la dé cacciar, altra fug[g]ire.
         Allor sì·lla vedrà palida e persa,
Ché sie certan che le parrà morire
Insin che no·lli cade sotto inversa.

               SONETTO LVII
                      Amico

         "Quando fai ad alcuna tua richesta,
O vec[c]hia ch'ella sia o giovanzella,
O maritata o vedova o pulzella,
Sì convien che·lla lingua tua sia presta
         A·lle' lodar suo' oc[c]hi e bocca e testa
E dir che sotto 'l ciel non à più bella:
"Piacesse a Dio ch'i' v'avesse in gonella
Là ov'io diviserei, in mia podesta!".
         Così le' déi del tutto andar lodando,
Chéd e' nonn-è nes[s]una sì atempata
Ch'ella non si diletti in ascoltando,
         E credes'esser più bella che fata;
E 'mmantenente pensa a gir pelando
Colui che prima tanto l'à lodata.

              SONETTO LVIII
                      Amico

         "Le giovane e le vec[c]hie e le mez[z]ane
Son tutte quante a prender sì 'ncarnate
Che nessun puote aver di lor derate
Per cortesia, tanto son villane:
         Ché quelle che si mostran più umane
E non prendenti, dànno le ghignate.
Natur'è quella che·lle v'à 'fetate,
Sì com'ell'à 'fetato a caccia il cane.
         Ver è c[h]'alcuna si mette a donare;
Ma ella s'è ben prima proveduta
Ch'ella 'l darà in luogo d'adoppiare.
         I·llor gioei non son di gran valuta,
Ma e' son esca per uccè' pigliare.
Guardisi ben chi à corta veduta!

               SONETTO LIX
                     Amico

         "Se quella cu' richiedi ti rifiuta,
Tu sì non perdi nulla in su' scondetto,
Se non se solo il motto che·ll'ài detto:
Dello scondir sarà tosto pentuta.
         Una nel cento non fu mai veduta
(Ed ancor più, che 'l miglià' ci ti metto)
Femina cu' piacesse tal disdetto,
Come ch'ella t'asalga di venuta.
         Richiè', c[h]'almen n'avrà' su' ben volere,
Con tutto ti vad'ella folleg[g]iando,
Ché·ttu no·le puo' far mag[g]ior piacere.
         Ma di ciò non dé gir nessun parlando
Se 'n averla non mette su' podere,
Chéd ella se ne va dapoi vantando.

             SONETTO LX
                   Amico

         "E quando tu·ssarai co·llei soletto,
Prendila tra·lle braccia e fa 'l sicuro,
Mostrando allor se·ttu·sse' forte e duro,
E 'mantenente le metti il gambetto.
         Né no·lla respittar già per su' detto:
S'ella chiede merzé, cheg[g]ala al muro.
Tu·lle dirai: "Madonna, i' m'assicuro
A questo far, c[h]'Amor m'à·ssì distretto
         Di vo', ched i' non posso aver sog[g]iorno;
Per ch'e' convien che vo' ag[g]iate merzede
Di me, che tanto vi son ito intorno;
         Ché·ssiate certa ched i' v'amo a fede,
Né d'amar voi giamai no·mmi ritorno,
Ché per voi il me' cor salvar si crede".

             SONETTO LXI
                     Amico

         "E se·ttu ami donna ferma e sag[g]ia,
Ben sag[g]iamente e fermo ti contieni,
C[h]'avanti ch'ella dica: "Amico, tieni
Delle mie gioie", più volte t'asag[g]ia.
         E se·ttu ami femina volaggia,
Volag[g]iamente davanti le vieni
E tutt'a la sua guisa ti mantieni;
Od ella ti terrà bestia salvaggia,
         E crederà che·ttu sie un papalardo,
Che sie venuto a·llei per inganarla:
Chéd ella il vol pur giovane e gagliardo.
         La buona e·ssaggia ma' di ciò non parla,
Anz'ama più l'uon fermo che codardo,
Ché non dotta che que' faccia blasmarla.

                 SONETTO LXII
                         Amico

         "Ancor convien che·ttu sacci' alcun'arte
Per governar e te e la tu' amica:
Di buon' morsei tuttor la mi notrica,
E dàlle tuttavia la miglior parte.
         E s'ella vuol andar i·nulla parte,
Sì·lle dì: "Va, che Dio ti benedica";
In gastigarla non durar fatica,
Sed al su' amor non vuo' tagliar le carte.
         E se·lla truovi l'opera faccendo,
Non far sembiante d'averla veduta:
In altra parte te ne va fug[g]endo.
         E se·lle fosse lettera venuta,
Non t'intrametter d'andar incheg[g]endo
Chi·ll'à recata né chi la saluta.

             SONETTO LXIII
                     Amico

         "S'a scac[c]hi o vero a·ttavole giocassi
Colla tua donna, fa ch'ag[g]ie il pig[g]iore
Del gioco, e dille ch'ell'è la migliore
Dadigittante che·ttu mai trovassi.
         S'a coderon giocaste, pigna ambassi,
E fa ched ella sia là vincitore:
Della tua perdita non far sentore,
Ma che cortesemente la ti passi.
         Falla seder ad alti, e·ttu sie basso,
E sì·ll'aporta carello o cuscino:
Di le' servir non ti veg[g]hi mai lasso.
         S'adosso le vedessi un buscolino,
Fa che glie·levi, e se vedessi sasso
Là 'v'ella dé passar, netta 'l camino
.

               SONETTO LXIV
                      Amico

         "A sua maniera ti mantien tuttora:
Che s'ella ride, ridi, o balla, balla;
O s'ella piange, pensa a consolalla,
Ma fa che pianghe tu sanza dimora.
         E se con altre don[n]e fosse ancora
Che giocas[s]ero al gioco della palla,
S'andasse lungi, corri ad aportalla:
A·lle' servir tuttor pensa e lavora.
         E se vien alcun'or ch'ella ti tenza,
Ch'ella ti crucci sì che·ttu le dài,
Imantenente torna ad ubidenza;
         E giurale che ma' più no'l farai;
Di quel ch'ài fatto farai penitenza;
Prendila e falle il fatto che·tti sai.

               SONETTO LXV
                      Amico

         "Sovr'ogne cosa pensa di lusinghe,
Lodando sua maniera e sua faz[z]one,
E che di senno passa Salamone:
Con questi motti vo' che·lla dipinghe.
         Ma guarda non s'aveg[g]a che·tt'infinghe,
Ché non v'andresti mai a processione;
Non ti var[r]eb[b]e lo star ginoc[c]hione:
Però quel lusingar fa che tu 'l tinghe.
         Chéd e' n'è ben alcuna sì viziata
Che non crede già mai ta' favolelle,
Perc[h]'altra volta n'è stata beffata;
         Ma queste giovanette damigelle,
Cu' la lor terra nonn-è stata arata,
Ti crederanno ben cotà' novelle.

             SONETTO LXVI
                    Amico

         "Se·ttu ài altra amica procacciata,
O ver che·ttu la guardi a procac[c]iare,
E sì non vuo' per ciò abandonare
La prima cu' à' lungo tempo amata,
         Se·ttu a la novella à' gioia donata,
Sì dì ch'ella la guardi di recare
In luogo ove la prima ravisare
No·lla potesse, ché seria smembrata.
         O s'ella ancor ne fosse in sospez[z]one,
Fa saramenta ch'ella t'ag[g]ia torto,
C[h]'unque ver' lei non fosti i·mesprigione;
         E s'ella il pruova, convien che sie acorto
A dir che forza fu e tradigione:
Allor la prendi e sì·lle 'nnaffia l'orto.

               SONETTO LXVII
                       Amico

         "E se·ttua donna cade i·mmalatia,
Sì pensa che·lla faccie ben servire,
Né·ttu da·llei giamai non ti partire;
Dàlle vivanda c[h]'a piacer le sia;
         E po' sì·lle dirai: "Anima mia,
Istanotte ti tenni i·mmio dormire
intra·lle braccia, sana, al me' disire:
Molto mi fece Idio gran cortesia,
         Che mi mostrò sì dolze avisione".
Po' dica, ch'ella l'oda, come sag[g]io,
Che per lei farà' far gran processione,
         O·ttu n'andrà' in lontan pellegrinag[g]io,
Se Gesocristo le dà guerigione.
Così avrai il su' amor e 'l su' corag[g]io".

             SONETTO LXVIII
              L'Amante e Amico

         Quand'eb[b]i inteso Amico che leale
Consiglio mi d[on]ava a su' podere,
I' sì·lli dissi: "Amico, il mi' volere
Non fu unquanche d'esser disleale;
         Né piaccia a Dio ch'i' sia condotto a tale
Ch'i' a le genti mostri benvolere
E servali del corpo e dell'avere,
Ch[ed] i' pensas[s]e poi di far lor male.
         Ma sòffera ch'i' avante disfidi
E MalaBocca e tutta sua masnada,
Sì che neuno i·mme giamai si fidi;
         Po' penserò di metterli a la spada".
Que' mi rispuose: "Amico, mal ti guidi.
Cotesta sì nonn-è la dritta strada.

              SONETTO LXIX
                       Amico

         "A te sì non convien far disfidaglia,
Se·ttu vuo' ben civir di questa guerra:
Lasciala far a' gran' signor' di terra,
Che posson sof[f]erir oste e battaglia.
         MalaBocca, che così ti travaglia,
E traditor: chi 'l tradisce non erra;
Chi con falsi sembianti no·ll'aferra,
il su' buon gioco mette a ripentaglia.
         Se·ttu lo sfidi o batti, e' griderà,
Chéd egli è di natura di mastino:
Chi più 'l minaccia, più gli abaierà.
         Chi MalaBocca vuol metter al chino,
Sed egli è sag[g]io, egli lusingherà:
Ché certo sie, quell'è 'l dritto camino".

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© 1999 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 10 giugno 1999