Non è vero che la scuola
uccida sempre il piacere della letteratura. Anzi, in taluni casi, permette
l'incontro dei ragazzi, altrimenti interessati alla tecnologia, alle ragazze
e allo sport, con la bellezza e la necessità della poesia.
È quello che è capitato a me con Montale. Studiato a scuola, le sue
poche liriche riportate nell'antologia mi hanno colpito al punto da
spingermi a volerne sapere di più. Capivo che il poeta ligure esprimeva
compiutamente cose che io oscuramente avvertivo. Una sintonia, dunque,
un'affinità misteriosa e profonda, che si verifica quando incontriamo
le pagine degli scrittori che più amiamo.
Ho sentito l'esigenza di leggermi altre poesie, di andare oltre il
programma scolastico. L'incanto è continuato.
Privo di formazione accademica, studente di un istituto commerciale,
con al vocazione per il canto, Montale è un poeta di respiro europeo.
Vivere è, secondo Montale, un'esperienza intrisa di dolore. "Spesso
il male di vivere ho incontrato". Un destino a cui nessun uomo
può sfuggire. Soltanto il distacco e l'indifferenza sembrano garantire
l'assenza di dolore, al prezzo, forse, di una diminuzione di umanità.
Altrove ("Meriggiare pallido e assorto") l'esistenza
umana viene paragonata a un "seguitare una muraglia/ che ha in
cima cocci aguzzi di bottiglia".
L'uomo non può aspirare, inoltre, nel dipanarsi della propria
esperienza terrena, ad una conoscenza organica, articolata, totale,
positiva. Egli non può chiedere, nemmeno agli amici poeti, più di "qualche
storta sillaba". Non esiste "la parola che squadri da
ogni lato", la verità netta e incontrovertibile. La nostra
conoscenza non è soltanto limitata, ma per lo più negativa. Sappiamo
soltanto "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo".
L'uomo moderno è un uomo che non solo ad ogni passo conosce il
dolore, ma che ha perso la propria sicurezza. Non gli è più possibile
procedere senza curarsi della propria "ombra", termine
carico di significati, di vaga ascendenza junghiana mi viene da pensare,
"che la canicola/ stampa sopra uno scalcinato muro".
Montale
rifugge dai toni declamatori, turgidi, retorici. Ne "I
limoni" esprime questa sua poetica quotidiana, dimessa,
diffida dei nomi roboanti e "poco usati", cui
ricorrono nelle loro liriche "i poeti laureati". Egli
preferisce gli "erbosi fossi", le pozzanghere, gli "orti,
tra gli alberi di limoni".
La donna non è in Montale
essere inferiore, dipendente, ma musa ispiratrice. Indimenticabile è "Ho
sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale",
dedicata al ricordo di Drusilla Tanzi, la bellisssima Mosca, dove
accanto all'amore per la compagna di tutta una vita e al ricordo dei
momenti felici vissuti insieme, riemerge il tema della precarietà
della condizione umana: "Ora che non ci sei è il vuoto ad
ogni gradino".
Messaggi densi, comunicati in una lingua
scabra e ammaliante, come il paesaggio ligure ritratto, che continuano
ad esercitare ancora il loro fascino e la loro influenza su tanta
produzione letteraria contemporanea.