La percezione che hanno i cittadini della sanità
italiana è probabilmente quella di un servizio che
non funziona con la dovuta efficienza. Da nessuna
altra parte del mondo, probabilmente, esiste il
corrispettivo di quel brutto neologismo che da noi,
in Italia, risponde a "malasanità".
Spesso questo giudizio parzialmente negativo si basa
su esperienze personali di disservizi, che, quando
riguardano una sfera così importante e delicata come
quella della salute, vengono avvertiti in maniera
particolarmente acuta.
A mio avviso, tuttavia, il motivo principale per cui
il servizio sanitario viene avvertito come
inadeguato, non sono i reali malfunzionamenti, quanto
l'immagine che ne trasmettono quotidianamente i
media.
Sempre alla ricerca di eventi sensazionali e di
vicende commoventi, che, facendo scalpore,
incrementino il pubblico di fruitori, carta stampata
e televisione si concentrano su tutti quegli eventi
negativi capaci di attirare l'attenzione
dell'opinione pubblica, trascurando quanto di buono e
di efficace ogni giorno viene fatto negli ospedali e
nei servizi sanitari territoriali.
Altre volte si ha l'impressione che dietro alcune
feroci campagne allarmistiche si agitino interessi
economici e politici, particolarmente vivaci nel
settore sanitario, dove le cifre si aggirano sulle
migliaia di miliardi di vecchie lire.
Non si tratta, sia chiaro, di negare la presenza, in
campo sanitario, di disservizi e inefficienze. E
nemmeno di negare che decenni di lassismo, indotto
principalmente da un'eccessiva infiltrazione della
politica nella conduzione tecnica dei servizi
sanitari, abbiano prodotto dei guasti.
La sanità italiana probabilmente non è organizzata
secondo criteri manageriali aggiornati. Ci sono con
ogni probabilità sprechi e disattenzioni; viene
trascurata spesso una cultura del
"servizio", che ponga il paziente, il
cittadino ammalato, al centro del processo di cura,
facendo prevalere invece, in molte occasioni almeno,
interessi corporativi intollerabili.
Le strutture stesse sono forse vecchie, obsolete; gli
ospedali e gli edifici adibiti alla diagnosi e alla
cura in genere, sono spesso di concezione superata,
oltre a non essere sottoposti alla dovuta e periodica
manutenzione.
A questa rappresentazione un po' fosca della realtà
sanitaria nazionale, si debbono opporre tuttavia
altri dati che la contraddicono.
Credibili studi internazionali pongono il nostro
servizio sanitario ai vertici mondiali per efficacia
e soprattutto per capacità di raggiungere l'intera
popolazione, cosa che non si verifica per realtà
tecnologicamente molto avanzate come gli Stati Uniti,
dove molte persone sono di fatto escluse, a causa del
basso reddito, dalle prestazioni sanitarie.
C'è il luogo comune che vuole il nostro Paese una
nazione di vecchi. Ed è indubbio che gli italiani
siano uno dei popoli più longevi della Terra.
Sarebbe difficile negare che l'incremento della vita
media non sia, almeno in parte da ascrivere
all'intervento terapeutico e assistenziale.
Il personale, quello di cui spesso lamentiamo la
mancanza di preparazione e umanità, medici,
infermieri e tecnici, è invece tra i più
scolarizzati paragonato a quello di altri settori
economicamente rilevanti.
Ci sono, negli ospedali italiani, punte di
eccellenza, che godono della stima e del
riconoscimento internazionale. Scienziati e
professionisti che tutto il mondo ci invidia. E
oscuri operatori che svolgono, in silenzio e con
dignità, il proprio compito quotidiano
Molti settori della medicina ipertecnologica, come la
chirurgia dei trapianti d'organo, stanno vivendo nel
nostro Paese un momento di rapida ed entusiasmante
evoluzione.
La gestione dei servizi stessa sta rapidamente
mutando e divenendo sempre più
"scientifica".
Inoltre sempre più soggetti intervengono nella
verifica della qualità delle prestazioni sanitarie,
garantendo un benefico controllo capillare:
associazioni di cittadini e consumatori, associazioni
di volontariato, singoli cittadini che non sono
disposti a tollerare vessazioni.
Probabilmente il futuro ci riserverà una maggiore
compresenza di pubblico e privato, che, agendo
concorrenzialmente, ma in sinergia, dovrebbero
garantire servizi più efficienti.
Il pericolo è che un'eccessiva privatizzazione crei
degli squilibri e tagli fuori di fatto una parte
della popolazione dalle prestazioni sanitarie. Molte
nazioni che hanno una sanità in prevalenza privata
stanno avendo dei ripensamenti.
Se ne deve dedurre che il liberismo più radicale, in
materia di salute, ha effetti disastrosi, che
profitto e benessere fisico e psichico dei cittadini,
non sempre vanno d'accordo.
Probabilmente lo Stato e le Regioni continueranno a
svolgere un ruolo regolatore anche in futuro, un
futuro che in campo sanitario mi vede fiducioso.