Vita
Alessandro Manzoni nacque a Milano nel
1785 dal nobiluomo Pietro e da Giulia, figlia di
Cesare Beccaria. Fra il 1791 e il 1800 fu in collegi
di padri somaschi a Merate e a Lugano, poi di
barnabiti a Milano.
Il giovane assorbì una conoscenza abbastanza larga
della cultura settecentesca. Intanto, la madre si era
separata dal marito e conviveva a Parigi con Carlo
Imbonati. Nel 1805, morto l'Imbonati, si stabilì
presso la madre a Parigi. Furono anni che influirono
decisamente sulla sua formazione intellettuale. Nel
1808 si sposò con un'Enrichetta Blondel, di famiglia
ginevrina residente a Milano, e il matrimonio fu
un'altra esperienza decisiva, sia per l'affetto
profondo che lo legò alla moglie, sia per l'influsso
che questa, calvinista fervente, esercitò sulla vita
religiosa di lui. Presto, infatti, emerse evidente la
divergenza fra lui, non ateo, ma indifferente al
problema religioso, e lei, cresciuta severamente in
una fede diversa da quella in cui il Manzoni era
stato educato. La nascita di una figlia rese più
acuto il problema e a Parigi Manzoni maturò,
attraverso i colloqui con l'abate Degola, la
conversione al cattolicesimo.
In quegli anni il Manzoni si accostò a suo modo alle
tesi romantiche; seguì con interesse, ma da lontano,
senza prendervi parte direttamente, tanto le
polemiche letterarie, quanto i primi moti
risorgimentali. Dopo il '30 la sua vita, almeno in
parte, cambiò. La morte di Enrichetta lo colpì
duramente. L'amicizia per il Fauriel si attenuò e le
successe quella per il Rosmini, amato con uguale
intensità, trattato con una confidenza e un
abbandono più sorvegliati. Più tardi venne un
secondo matrimonio con una donna, Teresa Stampa, assai inferiore intellettualmente a lui. Seguì con
animo caldo il corso del Risorgimento, di cui
condivise gli ideali e le speranze. Nel 1861 divenne
senatore del Regno. Nel 1873 morì a Milano.
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Approfondimenti:
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Opere
Inni Sacri
Il conte di Carmagnola
Adelchi
Le Odi
I Promessi Sposi
Del trionfo della libertà
Sermoni
Carme in morte di Carlo Imbonati
Urania
A Parteneide
Adda
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Edoardo Bianchini, Invito
alla lettura di Alessandro Manzoni, Mursia, 2003, pagine
280, Euro 9,50 ordina

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Schede delle opere
Del trionfo della libertà
Composto nel 1801, rappresenta il primo
scritto del Manzoni. Il genere, il titolo, il metro,
i modi dell'elocuzione poetica, riportano tutti al
Monti, al colmo allora della sua fama, apprezzato e
imitato.
Adda
Composta tra il 1802 e il 1805, tra i
diciassette e i vent'anni, quando l'impronta montiana
andò attenuandosi e i modelli diventarono piuttosto
Parini, Alfieri, Foscolo, l'"Adda" è un
poemetto suggerito dalla lettura di un secentista.
Sermoni
Sono quattro, di un moralismo risentito
e giovanile.
Carme in morte di Carlo Imbonati
Venne composto nel 1805. Il poeta vi
immaginò che l'Imbonati, apparsogli in sogno (modulo
vecchissimo) gli dicesse di sè, gli si dichiarasse
amico della poesia, purchè seria e severa, gli desse
nobili precetti di poetica e di vita. E' l'opera
giovanile di Manzoni più nota e più importante.
Urania
Narra, tema assai diffuso a quel tempo,
l'iniziazione degli uomini primigeni alla civiltà e
alla virtù per opera delle Muse e delle Grazie.
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Natalino Sapegno, Ritratto di Manzoni, Laterza, 1992, pagine
282 ordina

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Inni Sacri
Manzoni rinnegava tutto un modo di
poesia, per iniziarne con gli "Inni Sacri",
uno nuovo, in cui erano già anticipati tutti i capisaldi di poetica, che avrebbe definito più
tardi: materia vera, come quella che cantava i
misteri di una fede che il poeta viveva
sentimentalmente ed intellettualmente; materia
interessante, come quella che i lettori
condividevano; sostituzione della mitologia cristiana
a quella pagana, ormai morta e per la quale il poeta
non provava le nostalgie, fra sentimentali ed
estetiche, di altri scrittori del tempo.
Il Manzoni progettò di comporre dodici inni, che
cantassero gli avvenimenti principali dell'anno
liturgico e, fra il 1812 e il '15, ne scrisse
quattro:"Il Natale" (1813), "La
Passione" (1814-15), "La Risurrezione
(1812), "Il nome di Maria" (1812-13); un
quinto - "La Pentecoste" fu iniziato e
condotto a termine più tardi.
Il Manzoni compose secondo uno schema scontato:
enunciazione del tema, "episodio" centrale,
commento ed enucleazione delle conseguenze dottrinali
e morali dell'avvenimento che celebra. Ne "Il
Natale" si afferma che la Grazia ha sollevato
l'uomo dal peccato. Negli altri inni è presente il
problema della redenzione. Nel rapporto uomo-Dio è
Dio che scende dall'alto verso l'uomo (divino che
cala nell'umano) per Sua grazia.
La religiosità è vissuta come spiritualità e non
come ossequio formale, partecipazione ai riti.
Coerenza intransigente tra principi religiosi e
comportamento umano, tra pensiero e azione. Ne
consegue la condanna del temporalismo della Chiesa.
Limiti degli "Inni Sacri":
a. eccessivo zelo con cui il Manzoni vuole rimanere
aderente ai testi sacri;
b. disorganicità dei motivi.
La Pentecoste. Nella Pentecoste
è descritta la vita della Chiesa prima della discesa
dello Spirito Santo, quando i discepoli, timorosi per
la condanna del Redentore, vivevano appartati nel
Cenacolo, nè osavano testimoniare le verità a loro
rivelate; e sono descritte le vicende che seguirono
alla discesa dello Spirito, quando si aprì il fonte
della parola sulle labbra degli Apostoli ed ebbe
inizio la predicazione del Vangelo; e allo Spirito
Santo è rivolta infine una preghiera in nome di
tutti gli uomini, affinché Egli continui a
discendere negli animi, ad illuminarli in ciascuna
ora della vita. La pentecoste infatti non si è
esaurita per il Manzoni in un momento storico, ma si
ripete ad ogni istante nella storia terrena. L'inno
non si presenta perciò come la voce di uno solo o
come la celebrazione un poco angusta e chiesastica di
un rito, ma come una preghiera corale di amplissime
proporzioni, una preghiera in cui lo Spirito è
invocato non solo per i credenti ma per quelli che lo
ignorano, per gli uomini di tutte le età e di tutte
le plaghe; non soltanto perché discenda e ricrei il
nostro animo, ma perché rimanga nell'intimo e lo
vivifichi, divenga la sua sostanza medesima.
Nella Pentecoste, rispetto agli altri inni, oltre al
superamento dei limiti formali, si nota una
maturazione della religiosità del Manzoni. Mentre
negli altri inni Dio scende verso l'uomo per sua
Grazia (il divino scende verso l'umano), nella
Pentecoste Dio è presente negli uomini (fusione del
divino e dell'umano), è forza operante in mezzo agli
uomini, diffondendo la pace, la giustizia,
l'eguaglianza.
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Pietro Citati, La collina di Brusuglio. Ritratto di Manzoni, Mondadori, 1997, pagine
83, Euro 5,16 ordina

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Carmagnola
Tragedia scritta tra il 1816 e il 1820,
sceneggia la storia di un capitano di ventura,
Francesco Bussone, diventato, da pastore, capitano
famoso, conte di Carmagnola, genero del duca di
Milano. Combattendo per questo, passa di vittoria
in vittoria; poi passa al servizio di Venezia, cui
procura la vittoria di Maclodio contro il suocero.
Ma, sospettato di tradimento dai veneziani, è chiuso
in carcere, processato e decapitato, mentre tutti lo
abbandonano e anche il suo miglior amico, Marco, non
ha il coraggio di difenderlo apertamente.
Il Manzoni, dopo aver studiato il processo al
Carmagnola, credette di poter concludere che era
innocente del tradimento di cui l'accusavano. Manzoni venne colpito, nella vicenda del Carmagnola,
da quel rapido trascorrere dal culmine della gloria e
della potenza al culmine della sventura.
Il Manzoni abolì le unità di tempo e di luogo;
intercalò fra gli atti un coro, un
"cantuccio", disse, che il poeta si
riservava, a commentare i fatti e gli uomini lasciati
vivere liberamente sulla scena.
Nel Carmagnola affiora una visione pessimistica della
vita: il conte è vittima innocente dell'ingiustizia,
nella storia prevale la legge del più forte, la vita
è male, dolore. Solo la fede sostiene l'uomo.
Religiosità inattiva, elegiaca: la fede è un
sostegno nell'affrontare il male, non una soluzione.
L'unico premio alle sofferenze terrestri sarà nella
vita ultraterrena. La visione pessimistica di Manzoni
è influenzata dagli eventi storici: la sconfitta di
Napoleone e la successiva Restaurazione.
Nel "Carmagnola" il dramma è tutto interno
al singolo.
Gli elementi negativi della tragedia manzoniana sono:
- genericità delle figure con contorni affrettati;
- netta contrapposizione fra buoni e malvagi;
- manca l'azione drammatica.
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Adelchi
Tragedia composta tra il 1820 e il 1822.
Vicenda.
Ermengarda, ripudiata da re Carlo (futuro Carlo
Magno), viene restituita la Padre Desiderio, re dei
Longobardi. Un ambasciatore di Carlo, Albino, intima
a Desiderio, in nome del suo signore, di lasciar
libere le terre di cui Pipino aveva fatto dono al
Pontefice. Desiderio rifiuta ed Albino gli dichiara
guerra. Alcuni duchi longobardi, timorosi, pensano al tradimento e si radunano per tramare in casa del
soldato Svarto.
Carlo compie ogni sforzo per vincere i Longobardi, ma
invano.
Adelchi, nel frattempo, rivela al fido scudiero
Anfrido la sua delusione per la ritirata dei Franchi,
che gli impedisce di vendicare l'oltraggio recato
alla sorella; e la sua amarezza al pensiero delle
prossime imprese del padre, che si volgerà ormai
contro gli inermi.
I Franchi, scoprendo una via inusitata attraverso le
Alpi riescono a prendere alla sprovvista i Longobardi
e a metterli in fuga.
Carlo contempla ormai sotto di sè la fertile Italia,
ormai sua preda, accoglie come amici i duchi
traditori, proclama Svarto duca di Susa.
Gli italiani attendono dai nuovi dominatori la loro
libertà, mentre i Longobardi organizzano le estreme
difese: Desiderio si chiude in Pavia, Adelchi a
Verona. In un monastero spira Ermengarda; Pavia cade
per tradimento di Guntigi e ben presto cade anche
Verona. Desiderio, prigioniero, invoca clemenza per
il figlio, ma invano: Adelchi viene recato ferito a
morte; ma prima di morire egli chiede al feroce
avversario mitezza per la prigionia del padre.
Critica.
Nell'Adelchi vi è il dramma di Desiderio,
re dei Longobardi, travolto dalla potenza regale alla
sconfitta, alla perdita del trono, alla distruzione
della famiglia; accanto al suo vi è il dramma di
Ermengarda - che passa dalla felicità di un amore
ricambiato al ripudio e all'abbandono - e vi è il
dramma di Adelchi, riluttante alla guerra che suo
padre vuole, ma combattente, per dovere e amore
filiale, senza speranza e senza gioia; vi è il
dramma, infine, del popolo italiano, che spera
libertà dalla sconfitta dei Longobardi e che,
invece, si troverà due padroni invece di uno.
La Provvidenza e l'uomo operano per il Manzoni su due
piani diversi, che non interferiscono fra loro. Lo
scrittore si pone con angoscia, senza saperlo
risolvere, il problema del dolore e del male. Dio e
il cielo esistono, ma sono lontani e interverranno
solo nel giorno del giudizio. Ma intanto qui sulla
terra la Storia è una vicenda sanguinosa e crudele,
in cui i più forti e i più spregiudicati trionfano:
Adelchi è sconfitto con i suoi sogni di pace;
Ermengarda muore disperata d'amore; vince Carlo Magno
che, in un'ora di dubbio, ha avuto la forza di
allontanare da sè i fantasmi della coscienza e del
sentimento per rinchiudersi nella logica ferrea della
"ragion di Stato".
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I Promessi Sposi
Vicenda.
E' la sera del 7 novembre 1628. Don Abbondio, curato
di un piccolo paese nei dintorni di Lecco, se ne sta
tornando dalla sua passeggiata quotidiana, quando si
vede la strada sbarrata da due loschi figuri. Sono
due bravi, al servizio del signorotto del luogo, don
Rodrigo, i quali intimano, a nome del loro signore,
allo sbigottito curato di non celebrare l'indomani il
matrimonio fra due giovani filatori di seta del
paese, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Il curato,
impaurito, si dichiara pronto ad ubbidire.
Saputa la cosa, Renzo minaccia di fare uno
sproposito, poi si calma e accetta il consiglio della
madre di Lucia, Agnese, che gli suggerisce di chiedere aiuto al dottor Azzeccagarbugli. Costui è un
avvocato che, dapprima accoglie bene il giovane,
poi, saputo che si tratta di don Rodrigo, di cui è
amico, caccia via in malo modo Renzo. Allora un
cappuccino buono e generoso, fra Cristoforo, si reca
dal signorotto per farlo recedere dal suo proposito,
ma invano.
I due "promessi" decidono di tentare allora
un matrimonio "di sorpresa"; nottetempo,
con un'abile espediente, si introducono nella
canonica, ma l'impresa non riesce: Don Abbondio
invoca disperatamente aiuto e il sagrestano, suonando
la campana a martello, sveglia tutto il paese. Lucia
e Renzo fuggono, ma i rintocchi della campana mettono
in fuga anche un drappello di bravi, che nel
frattempo erano stati inviati da don Rodrigo per
rapire Lucia.
Fra Cristoforo aiuta i due giovani, ormai non più al
sicuro, a fuggire: sulla riva del lago li attende una
barca che li trasporta sulla riva destra dell'Adda;
qui li aspetta un barrocciaio che li conduce a Monza.
Lì i fuggiaschi devono separarsi; Agnese e la figlia
vengono condotte in un monastero, nel quale una
strana monaca, detta la Signora, prende Lucia sotto
la sua protezione; Renzo prosegue per Milano dove viene coinvolto in un tumulto causato dalla mancanza
di pane. Scambiato per uno dei capi della sommossa,
viene catturato. Scampa casualmente agli sbirri e
ripara a Bergamo, dove Bortolo, suo cugino, gli offre
lavoro e ospitalità.
Per Lucia, intanto, si preparano nuove sventure. Don
Rodrigo tramite un uomo potente, l'Innominato, riesce
a far rapire Lucia. I malvagi sembrano ormai aver
avuto la meglio, quando interviene la Provvidenza di
Dio a cambiare il corso degli avvenimenti.
L'Innominato, che da tempo sentiva avversione per le
sue scelleratezze, è turbato profondamente dalla
vista di Lucia e dopo una notte tempestosa e un
drammatico colloquio con il santo cardinale Federigo
Borromeo, si converte e decide di cambiar vita.
libera Lucia e la consegna a sua madre. Più tardi la
ragazza sarà affidata ad una signora caritatevole,
donna Prassede.
Nuovi gravi avvenimenti incombono sui nostri
protagonisti: la guerra, la carestia, la peste. I
Lanzichenecchi, feroce soldataglia tedesca, devastano
il territorio. Don Rodrigo, colpito dalla peste,
muore. Renzo, invece, riesce a guarire a a far
ritorno a Milano per cercare Lucia. La trova fra gli
appestati del lazzaretto, risanata dalla terribile
malattia. I due giovani si ricongiungono con la
benedizione di Fra Cristoforo, tornano al paese, dove
don Abbondio, guarito dalla peste e dalla paura,
celebra il sospirato matrimonio.
Critica.
a) Il romanzo storico.
Influenzato da Walter Scott, Manzoni compose questo
romanzo a più riprese.
Manzoni sentì il romanzo storico come adatto ai suoi
mezzi e alle sue aspirazioni. Riuscì a raccontare la
situazione umana della Lombardia intorno al 1630,
negli anni della dominazione spagnola e riuscì,
soprattutto a legare le vicende private degli umili
alla grande storia di un'epoca.
b) L'epopea del terzo stato.
Per la prima volta in Italia i protagonisti di una
vicenda "tragica" e "alta" sono
gli umili, gli esponenti del terzo stato. Questa
"rivoluzione" letteraria comporta che i
personaggi principali dell'opera letteraria non siano
personaggi storici, ma uomini di ogni giorno con le
loro vicende quotidiane.
Ciò fu il frutto del cristianesimo liberale di
Manzoni, punto di incontro fra la sua educazione
illuminista e la sua fede cristiana.
Se gli umili diventano protagonisti, viceversa i
"grandi", le autorità, ne escono
ridimensionati, ritratti nella loro meschinità e nel
loro cattivo uso del potere.
c) L'epopea della Provvidenza.
A differenza delle sue opere precedenti, ne I
Promessi Sposi Manzoni vede la storia come un
susseguirsi di azioni dietro le quali opera,
nascosta, eppure vigile, la Provvidenza divina.
A nulla servono i piani degli uomini, siano essi
umili o potenti. Anzi, essi spesso falliscono
miseramente, sortendo l'effetto contrario a quello
voluto. Sfiducia, quindi, nei potenti, che nulla
possono, ma anche nelle lotte degli umili, nel loro
progetto di riscatto che non tenga conto di Dio.
Nel romanzo c'è un trionfo, persino sfacciato, del
Bene. Tutto ciò è dovuto alla Provvidenza, che
agisce segretamente dietro le vite degli uomini.
d) La tecnica e l'arte.
La finzione dello scartafaccio secentesco permette al
Manzoni di raccontare commentando continuamente il
suo racconto.
Autore e personaggi, quali che siano, parlano tutti
in un medesimo modo.
Il raccontare di Manzoni è pacato, come onda che
scorra uguale, con descrizioni attente e minute, con
delineazioni critico-psicologiche dei personaggi di
sottile acutezza analitica, con dialoghi riferiti per
intero, battuta per battuta, e intanto analizzati e
commentati, con personaggi accuratamente descritti alla loro prima uscita e poi messi in azione con una
coerenza di psicologia che non viene mai meno.
Gramsci afferma che I Promessi Sposi non
sono un romanzo popolare. Riconosce al Manzoni il
merito di aver fatto del popolo il protagonista del
romanzo, ma la visione che ci dà del popolo è
caricaturale, paternalistica.
Croce giudicava il romanzo di Renzo e Lucia un'opera
oratoria.
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Vincenzo Di Benedetto, Guida ai Promessi Sposi. I personaggi, la
gente, le idealità, Rizzoli, 1999, pagine 432, Euro
8,26 ordina

Giovanni Manetti, Leggere i Promessi Sposi, Bompiani, 1989,
pagine 371, Euro 9,50 ordina

Luigi Russo, Personaggi dei Promessi Sposi, Laterza, 1998,
pagine 363, Euro 7,50 ordina

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Bibliografia
Petronio, G. L'attività letteraria in Italia. Palumbo,
1970
Toscani , C. Come leggere I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Mursia,
Milano, 1994
Benedetto, V. Guida ai Promessi Sposi. Rizzoli, Milano, 1999
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Pagina aggiornata il 26.12.02
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