Maurizio Bettini, I classici nell'età dell'indiscrezione, Einaudi, 1995

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copertinaIl rapporto fra noi e l'antichità, i tic della nostra cultura individuati con la profondità prospettica di chi ha meditato sui classici greci e latini: questi sono i temi affrontati da Bettini nel suo saggio.

L'autore, docente di Filologia classica all'Università di Siena, dipana le sue tesi con verve graffiante, ma anche con un po' di sussiegosa e peraltro non irritante superbia professorale. La nostra è un'epoca di futilità, di banalità, di faciloneria, di calendarizzazione, spettacolarizzazione e personalizzazione della cultura (Bettini richiama la figura retorica della prosopopea). Dominano lo sfizio e la rucola, la nostra memoria è sempre più simile a un hard disk.

Al principio di tutto sta la scrittura. La sua diffusione nel globo ha condotto agli inevitabili, attuali mali: l'indiscrezione e il pettegolezzo.
I classici, senza i quali la nostra civiltà non esisterebbe, ci guardano dal passato con gravità; non possiamo credere di addomesticarli, di pensarli nostri contemporanei. Loro ci ammoniscono, si trovano a disagio in nostra compagnia; richiedono, per avvicinarli, lo studio rigoroso e serio, le chiose dei filologi.

Devo ammettere che mi sono riconosciuto in quasi tutti i vezzi stigmatizzati, con serrate argomentazioni e, soprattutto, "deliziose" citazioni, da Bettini. Sono evidentemente un integrato.
Sì, è vero, alcune abitudini culturali contemporanee provocano anche a me una spiacevole sensazione di nausea e vertigine, ma che, per esempio, il principio del piacere sia stato accolto anche dal mondo della cultura, che si cerchi in tutti i modi di rendere lo studio attraente, vivo, interessante, vicino alla vita e alla contemporaneità, mi sembra un fatto positivo.
Non a caso Barthes, raffinatissimo letterato, intitolò un suo celebre saggio Il piacere del testo.

E riguardo ai pettegolezzi letterari, credo che tutti i lettori siano avidi di conoscere i particolari biografici dei propri autori preferiti, non per una perversa pulsione scopofila, ma nell'intento di ricavare insegnamenti anche da oneste biografie.

Nella polemica fra Ezra Pound e il professor Hale, cui dedica ampia trattazione l'autore, io sto, dunque, dalla parte di Pound: "i classici antichi e moderni, sono esattamente gli acidi con cui corrodere i lacci e le cinghie con cui ci hanno legato i nostri maestri di scuola".

Lasciate perciò che i classici vengano a noi: essi si reggono da soli, senza bisogno di opprimenti, pesanti e fastidiosi apparati critici, di pedanti spiegazioni. Ad ogni modo, pur trovandomi in disaccordo con alcune tesi di Bettini, ritengo che le stimolanti riflessioni contenute nel suo pamphlet ne raccomandino la lettura.

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Pagina aggiornata il 23.10.00
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