Il rapporto fra noi e
l'antichità, i tic della nostra cultura individuati
con la profondità prospettica di chi ha meditato sui
classici greci e latini: questi sono i temi
affrontati da Bettini nel suo saggio.
L'autore, docente di Filologia classica
all'Università di Siena, dipana le sue tesi con
verve graffiante, ma anche con un po' di sussiegosa e
peraltro non irritante superbia professorale. La
nostra è un'epoca di futilità, di banalità, di
faciloneria, di calendarizzazione,
spettacolarizzazione e personalizzazione della
cultura (Bettini richiama la figura retorica della prosopopea).
Dominano lo sfizio e la rucola, la nostra memoria è
sempre più simile a un hard disk.
Al principio di tutto sta la scrittura. La sua
diffusione nel globo ha condotto agli inevitabili,
attuali mali: l'indiscrezione e il pettegolezzo.
I classici, senza i quali la nostra civiltà non
esisterebbe, ci guardano dal passato con gravità;
non possiamo credere di addomesticarli, di pensarli
nostri contemporanei. Loro ci ammoniscono, si trovano
a disagio in nostra compagnia; richiedono, per
avvicinarli, lo studio rigoroso e serio, le chiose
dei filologi.
Devo ammettere che mi sono riconosciuto in quasi
tutti i vezzi stigmatizzati, con serrate
argomentazioni e, soprattutto, "deliziose"
citazioni, da Bettini. Sono evidentemente un
integrato.
Sì, è vero, alcune abitudini culturali
contemporanee provocano anche a me una spiacevole
sensazione di nausea e vertigine, ma che, per
esempio, il principio del piacere sia stato accolto
anche dal mondo della cultura, che si cerchi in tutti
i modi di rendere lo studio attraente, vivo,
interessante, vicino alla vita e alla
contemporaneità, mi sembra un fatto positivo.
Non a caso Barthes, raffinatissimo letterato,
intitolò un suo celebre saggio Il piacere del
testo.
E riguardo ai pettegolezzi letterari, credo che
tutti i lettori siano avidi di conoscere i
particolari biografici dei propri autori preferiti,
non per una perversa pulsione scopofila, ma
nell'intento di ricavare insegnamenti anche da oneste
biografie.
Nella polemica fra Ezra Pound e il professor Hale,
cui dedica ampia trattazione l'autore, io sto,
dunque, dalla parte di Pound: "i classici
antichi e moderni, sono esattamente gli acidi con cui
corrodere i lacci e le cinghie con cui ci hanno
legato i nostri maestri di scuola".
Lasciate perciò che i classici vengano a noi:
essi si reggono da soli, senza bisogno di opprimenti,
pesanti e fastidiosi apparati critici, di pedanti
spiegazioni. Ad ogni modo, pur trovandomi in
disaccordo con alcune tesi di Bettini, ritengo che le
stimolanti riflessioni contenute nel suo pamphlet
ne raccomandino la lettura.
I
libri di Maurizio Bettini