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INFERNO:
CANTO XI
 

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Sull’orlo di un alto pendio, formato da grandi macigni spaccati disposti circolarmente, giungemmo al di sopra di una folla sottoposta a più dolorosi tormenti;

e qui per lo spaventoso insopportabile  fetore che esala il basso inferno, cercammo riparo dietro il coperchio

di una grande tomba, sul quale vidi la seguente iscrizione:  “ Custodisco papa Anastasio, che Fotino allontanò  dalla giusta strada ”.

Secondo una tradizione diffusa nel  Medioevo, Anastasio II, pontefice dal 496 al 498, sarebbe incorso nell'ira di Dio per aver aderito all'eresia monofisita (secondo la quale la persona del Cristo aveva accolto in sé una sola natura, quella umana) in seguito ai suggerimenti di Fotino, diacono di Tessalonica.

“Occorre che la nostra discesa sia ritardata, in modo che prima il nostro olfatto si abitui un poco alla pestifera esalazione; dopo non dovremo più prendere, riguardo ad essa, alcuna precauzione.”

Così parlò Virgilio; e io gli dissi: “Trova un compenso (alla nostra sosta), in modo che il tempo non scorra inutilmente ”. E Virgilio: “ E’ proprio ciò a cui sto pensando ”.

La richiesta che qui Dante rivolge al maestro non si ispira al concetto che occorre in un modo qualsiasi riempire il tempo per sfuggire alla noia, ma alla  profonda concezione morale secondo la quale siamo responsabili di fronte alla nostra coscienza del tempo da noi speso male o nell'ozio. Il tempo è prezioso per colui che concepisce la vita anzitutto come dovere: perder tempo a chi più sa più spiace dirà Virgilio al discepolo durante l'ascesa del purgatorio (canto III, verso 78).

“ Figliolo, all’interno di questa riva pietrosa ” prese poi a dire “ si trovano tre cerchi piccoli, (rispetto ai precedenti), digradanti  come quelli dai quali sei uscito.

Sono tutti pieni di anime dannate; ma perché poi ti sia sufficiente soltanto vederle (senza più bisogno di spiegazioni), odi in che modo e per quale motivo si trovano in essi stipate.

Lo scopo di ogni cattiva azione, che suscita ira in cielo, è la violazione di un diritto, ed ogni scopo di questo genere (ogni ingiuria) offende qualcuno o con la violenza o con la frode.

Tre sono le fonti principali da cui Dante attinge i criteri che presiedono alla struttura morale e topografica del basso inferno: Aristotile, il diritto romano e il pensiero scolastico nella formulazione di San Tommaso. Qui in particolare i termini malizia e ingiuria sono usati in un'accezione specificamente giuridica: la " malizia " è quella disposizione al male, il cui fine, deliberatamente voluto e perseguito, è l'infrazione (iniuria: violazione di un diritto) di una legge fissata da Dio. La ingiuria può essere perseguita e per mezzo della violenza e per mezzo della frode: questa distinzione, fondamentale nel dìritto romano, si trova enunciata nel De Offlciis di Cicerone.

Ma poiché la frode è malvagità propria dell’uomo, essa spiace maggiormente a Dio; perciò i fraudolenti stanno in basso e sono sottoposti a tormenti maggiori.

La violenza è comune sia agli uomini che agli animali; non così la frode, il raggiro, l'inganno premeditato, che si fondano sulla ragione e designano colpe specificamente umane. L'uomo si addentra tanto più nel male quanto più consapevolmente e freddamente lo compie. Già Aristotile aveva indicato, nella consapevole partecipazione del raziocinio all'atto moralmente negativo, il criterio per distinguere le colpe in base alla loro gravità.

Il primo dei tre cerchi è interamente occupato dai violenti; ma poiché si compie violenza contro tre specie di persone, esso è stato costruito e suddiviso in tre zone concentriche.

Si può  usar violenza contro Dio, se stessi, il prossimo, e precisamente tanto contro loro personalmente quanto contro le cose che loro appartengono, come ti sarà spiegato attraverso un ragionamento più chiaro.

La gravità dell'azione violenta cresce in misura proporzionale all'amore che il peccatore avrebbe dovuto avere per la persona da lui offesa. L'amore per il prossimo è naturalmente meno forte di quello per se stessi; perciò suicidi e scialacquatori si trovano in un girone più basso - il secondo  - di coloro che hanno attentato all'integrità fisica e alle ricchezze altrui. Ma i più gravi peccati di violenza sono quelli compiuti contro Dio; infatti l'amore che la creatura deve al suo Creatore è più grande di quello che deve a se stessa o agli altri. Nel terzo girone, il più basso, è quindi punita la violenza che offende Dio nella sua persona (bestemmiatori).

Al prossimo si possono infliggere morte  violenta  e dolorose ferite, e ai suoi beni distruzioni, incendi ed estorsioni dannose;  

perciò il primo girone punisce, divisi in gruppi (per diverse schiere), tutti quanti gli omicidi e chiunque colpevolmente ferisce, i saccheggiatori e i ladroni.

Si può usar violenza contro se stessi  e contro i propri averi; e perciò è giusto che nel secondo girone si penta inutilmente

chiunque priva se stesso della vita, dilapida al gioco e sperpera le sue ricchezze, e (quindi) piange là dove avrebbe dovuto essere lieto.

Dell'ultimo verso di questa terzina si danno due interpretazioni, a seconda del senso che si attribuisce alla determinazione locale là; per alcuni, gli scialacquatori piangerebbero in terra dopo aver dato fondo a tutte le loro sostanze; per altri, invece - e questa sembra l'esegesi più aderente allo spirito del passo - il pianto di questi violenti sarebbe la conseguenza della loro dannazione che li ha privati nell'al di là della felicità eterna.

Si può usare violenza contro Dio, rinnegandolo in cuore e apertamente bestemmiandolo, e recando oltraggio alla sua bontà nella natura;

perciò il girone più piccolo segna del suo marchio  sia Sodoma sia Cahors, sia colui che parla disprezzando Dio nel suo animo (il bestemmiatore).

I sodomiti (violenti contro natura) e gli usurai (violenti contro l'arte, intesa, in senso lato, come lavoro, operosità) sono designati indirettamente in questa terzina attraverso i nomi delle due città che, nell'antichità e nel Medioevo, dovettero la loro celebrità a quei vizi. Nella Genesi (XIX, 24-25) è narrata la distruzione di Sodoma ad opera del fuoco celeste: i suoi abitanti si erano macchiati infatti del peccato contro natura. La città francese di Cahors godeva fama, ai tempi di Dante, di essere un covo di usurai.
Significativa in proposito è la seguente frase del Boccaccio: "Come l'uomo dice  dì alcuno - egli è Caorsino - come s'intende ch'egli sia usuraio".

La frode, che offende ogni coscienza, può essere usata tanto contro colui che si fida quanto contro colui che non ha  fiducia.