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Scesi dunque dal primo nel secondo cerchio, che contiene in sé meno spazio (essendo la sua circonferenza più piccola), ma una pena tanto più crudele, che spinge a lamentarsi . L'inferno dantesco ha la forma di un imbuto: i cerchi sono tanto più stretti quanto più sono vicini al centro della terra, occupato da Lucifero. A mano a mano che il loro diametro decresce, aumenta la gravità dei peccati che in essi vengono puniti. Ivi si trova Minosse in atteggiamento terrificante, e ringhia: valuta, all’ingresso del cerchio, le colpe (dei peccatori); li giudica e li destina (ai rispettivi luoghi di punizione) a seconda del numero di volte che attorciglia (la coda intorno al proprio corpo). Voglio dire che quando l’anima sciagurata si presenta al suo cospetto, rivela tutto di sé; e quel giudice dei peccati comprende quale parte dell’inferno si addice ad essa; si avvolge con la coda tante volte per quanti cerchi infernali vuole che venga precipitata in basso. Davanti a lui ve ne sono sempre in gran numero: le une dopo le altre si sottopongono ciascuna al suo giudizio; si confessano e ascoltano (la sentenza), e poi vengono travolte nell’abisso. Minòs: mitico re di Creta, che nel sesto libro dell'Eneide (versi 432-433) giudica le anime dei trapassati. La scena delle anime davanti a Minosse ha, nella sua straordinaria concisione, una tragica grandiosità. Il Momigliano ha visto, in questa figura di belva giudicante, "una stupenda fusione di maestà e di grottesco", rilevando, tra l'altro, nella contaminazione, che si ritrova in tutti i guardiani infernali, di elementi desunti dalla mitologia classica con elementi cristiani, una solidità di figurazione che "toglie ogni impressione anacronistica, come l'unità della composizione impedisce di vedere una stonatura nei vestiti o negli sfondi architettonici moderni dei quadri sacri o classici del Rinascimento". Da notare, anche, come l'incalzante rapidità del giudizio di Minosse si concreti in una particolare struttura del verso ( il verbo in posizione privilegiata: stavvi... giudica... vede... cignesi... vanno... dicono). Ma tutte queste osservazioni rischiano di essere inutili se non ci aiutano a cogliere il significato più profondo di queste terzine, che è quello di una brutale, spasmodica, insensata messa in scena. Il vero giudizio è già avvenuto in cielo. Qui non ne è possibile se non una sorta di grottesca contraffazione. "O tu che giungi alla dimora del dolore", disse Minosse a me quando si accorse della mia presenza, interrompendo l’esercizio della sua così alta funzione, "considera attentamente il modo in cui stai per entrare (se hai cioè i meriti necessari per compiere incolume il viaggio nell’inferno) e colui in cui riponi la tua fiducia (Virgilio non è un’anima redenta): non lasciarti trarre in inganno dalla larghezza dell’ingresso!" E Virgilio di rimando: " Perché ti affatichi a gridare ? Non ostacolare il suo viaggio predestinato: si vuole così là dove si può fare tutto ciò che si vuole, e non chiedere altro". Virgilio ripete a Minosse la formula già usata`nel canto III, versi 95-96. A questo punto cominciano a farsi sentire le voci del dolore; ora sono arrivato là dove molti pianti colpiscono il mio udito. Giunsi in un posto privo d’ogni chiarore, che rumoreggia come un mare in tempesta, sotto la furia di venti contrari. La tempesta di questo cerchio dell’inferno, destinata a non avere mai tregua, trascina le anime con impeto travolgente: le tormenta facendole vorticare (in tutti i sensi) e facendole cozzare (fra loro ). Quando giungono davanti alla rupe franata, qui prorompono in grida, in pianto unanime, in lamenti; bestemmiano qui la potenza di Dio. Quando giungon davanti alla ruina: il termine ruina indica lo scoscendimento attraverso il quale le anime, dopo la sentenza di Minosse, cadono, precipitando dall'alto, nel cerchio. Compresi che a una siffatta pena sono condannati i lussuriosi, che sottomettono la ragione alla passione. Il
Poeta stesso ci avverte di aver intuito
il significato che si adombra nel
contrappasso della bufera. Tale
precisazione non è affatto superflua a
questo punto del canto, dal momento che
"il nodo drammatico che dà vita a
tutto l'episodio, ossia lo stretto
legame che allaccia tra loro
indissolubilmente la passione carnale,
il peccato e l'eterno tormento della
bufera, è messo in luce, per la prima
volta, proprio attraverso questa
inequivocabile denuncia, da parte del
Poeta, della sostanza violenta e
sovvertitrice di quella passione,
dell'arbitrio, cristianamente
inammissibile, che l'istinto esercita
per essa sull'intelletto" ( Caretti
) . E come le ali portano nella stagione invernale gli stornelli, che si dispongono in gruppi ora diradati ora compatti, così da quel vento le anime perverse sono trascinate di qua, di là, in basso, in alto; mai nessuna speranza, non solo di una cessazione temporanea, ma nemmeno di un castigo alleviato, è loro di conforto. E come le gru sono solite intonare i loro lamenti, quando solcano l’aria in lunghe file, così vidi avvicinarsi, emettendo gemiti, le anime portate dal turbine sopra menzionato: per questo dissi: " Chi sono mai, maestro, quegli spiriti che il vento buio in tal modo punisce? " La similitudine degli stornelli e quella delle gru hanno una singolare analogia d'impianto, pur differendo l'una dall'altra per la funzione che esplicano. "Come nella prima similitudine, infatti, l'elemento comune, che avvicina, agli occhi del Poeta, gli stornai agli spiriti mali, non è tanto l'andare, gli uni e gli altri, in schiera larga e piena, quanto piuttosto il particolare modo con cui improvvisamente s'impennano nel volo; così nella seconda l'elemento che accomuna le gru alle ombre non è tanto quel procedere nell'aria "faccenda di sì lunga riga ", quanto piuttosto l'identico lamento, la stessa eco lacrimosa che uccelli e spiriti lasciano dietro di sé, nella loro scia." ( Caretti ) "La prima di quelle anime di cui tu mi chiedi notizia" mi rispose allora Virgilio, "regnò su molti popoli di lingua diversa. Fu a tal punto dedita alla lussuria, che dichiarò, sotto le sue leggi, permesso ciò che a ciascuno piacesse, per cancellare la riprovazione in cui era incorsa. E’ Semiramide, di cui le storie narrano che fu sposa di Nino, cui succedette (sul trono): fu sovrana della regione che attualmente il sultano governa, Semiramide, regina degli Assiri nel XIV o Xlll secolo a. C., è citata da tutti gli storiografi medievali come esempio di assoluta immoralità. Il Sultano era, ai tempi di Dante, sovrano dell'Egitto. Il Poeta scambia qui probabilmente la Babilonia assira con quella egiziana (l'attuale il Cairo ) .L’altra è Didone, che si tolse la vita, per amore, e non rimase fedele al marito morto, Sicheo, e c’e anche la lussuriosa Cleopatra. Narra Virgilio nei
quarto libro dell'Eneide che Didone,
innamoratasi di Enea, infranse il
giuramento di fedeltà fatto sulla tomba
del marito, e che, in seguito
all'abbandono da parte dell'eroe
troiano, si uccise. Guarda Elena, a causa della quale trascorsero tanti anni luttuosi, e guarda il famoso Achille, che alla fine ebbe per avversario amore. Per Elena, moglie di Menelao, fuggita a Troia con Paride, si scatenò la guerra, durata dieci anni, tra Greci e Troiani. Secondo una leggenda, ella sarebbe stata uccisa da una donna, che, in tal modo, avrebbe inteso vendicare la morte del marito avvenuta in battaglia. Un'altra leggenda narra che Achille, preso da amore per Polissena, figlia di Priamo, re dei Troiani, e recatosi a celebrare le nozze con lei, fu ucciso in un'imboscata da Paride. Guarda Paride, Tristano "; e mi indicò più di mille anime, facendo i nomi di persone che amore strappò alla vita. Vedi Paris, Tristano: il rapitore di Elena morì per mano di Filottete, un guerriero greco; Tristano, cavaliere della Tavola Rotonda, innamoratosi di Isotta, moglie di suo zio Marco, re di Cornovaglia, fu da costui ucciso. La rassegna degli eroi morti per amore non rappresenta una digressione rispetto a quello che sarà il tema dominante dell'ultima parte del canto, anzi lo prepara e gli dà un naturalissimo avvio.Dopo aver ascoltato il mio maestro in quella lunga rassegna di donne ed eroi dell’antichità, fui colto da compassione, e fui sul punto di perdere i sensi. Pietà mi giunse: sul
valore da attribuire a pietà (una delle
due " parole-tema "
dell'episodio che sta per cominciare;
l'altra è amore) hanno scritto a lungo
i critici. Per il Foscolo e il De
Sanctis il termine sarebbe qui usato
nella sua accezione più consueta. Esso
designerebbe la "compassione"
di Dante per i peccatori e quindi anche,
implicitamente, la sua
"comprensione" per le ragioni
che li hanno indotti a peccare. Il
Sapegno, in ciò più attento alla
ispirazione etico-religiosa del poema,
interpreta la pietà di Dante come
"turbamento, che nasce dalla
considerazione delle terribili
conseguenze del peccato"; esso
"non importa comunque mai da parte
di Dante un atteggiamento di adesione e
di compartecipazione e non attenua in
nessun modo la recisa condanna
morale". Presi a dire: "Poeta, desidererei parlare con quei due che procedono uniti, e che sembrano opporre così debole resistenza al vento". Quei due che 'nsieme vanno: sono Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, e Paolo Malatesta. Poco dopo il 1275 Francesca sposò, con un matrimonio dettato da ragioni soltanto politiche, Gianciotto Malatesta, signore di Rimini e uomo rozzo e deforme. Si innamorò poi del giovane e avvenente Paolo, fratello del marito, e ne fu ricambiata. Allorché Gianciotto li sorprese, li uccise entrambi. L'eco della tragedia, avvenuta fra il 1283 e il 1285, doveva essere ancora viva quando Dante fu generosamente accolto a Ravenna, negli ultimi anni della sua vita, da Guido Novello, nipote di Guido il Vecchio da Polenta. E paion sì al vento esser leggieri: sul significato da attribuire alla minor resistenza che Paolo e Francesca oppongono alla bufera infernale, i pareri sono discordi. Alcuni vedono in questo particolare un alleggerimento della pena, altri un aggravamento di essa, perché i due sarebbero con più violenza trascinati dal turbine. Il quesito è di quelli che rischiano di rimanere insoluti. Ma se, anziché considerare in astratto il castigo dei due cognati, volgiamo la nostra attenzione ai modi in cui il Poeta ce lo rappresenta, a quella "leggerezza di toni e poi di sentimenti, un poco stilizzata com'è della poesia giovanile di Dante e del suo stilnovismo" (Gallardo), allora le interpretazioni "romantiche" (alleggerimento della pena) sembrano più legittime di quelle stret |