Giuseppe Bonghi
Note
al
Contrasto
di
Cielo d'Alcamo
1 - amante "Rosa fresca aulentissima, che sbocci verso l'estate, ti desiderano tutte le donne, sposate e no; salvami da questo fuoco, se è la tua volontà; per te non ho riposo né di notte né di giorno, perché penso solo a voi, madonna mia"
Molto controversa è l'interpretazione di questa prima strofa; oltre alla traduzione
che abbiamo fatto, offriamo loriginale interpretazione di Dario Fo, Manuale
minimo dell'attore, ed. Einaudi, Torino 1987, ppgg.: 115 e segg.: I
giullari recitavano quasi sempre in prima persona, soli e unici attori sul palco o tavolo
-, anche si producevano in contrasti o rispetti, cioè in dialoghi a due personaggi. Anzi,
la loro dote peculiare era quella di esibvirsi in scene dove apparivano davanti al
pubblico decine di personaggi diversi. Usavano un proprio costume eccentrico, ma amavano
anche i travestimenti...
De Bartolomeis ci suggerisce che, nel nostro caso, il giullare Ciullo (o Cielo) si
presentasse travestito da boemo (i boemi avevano in Sicilia l'appalto delle gabelle)...
Allora i gabellieri transitavano fra i banchi del mercato a raccogliere le tasse per il
diritto di occupare lo spazio pubblico. Per trascrivere l'importo della riscossione, si
ponevano in una stramba posizione, con una gamba sollevata e il piede appoggiato sul
ginocchio; quindi alzavano il lembo del gonnellone (classico indumento maschile del
Duecento), così da scoprire, legato con cinghie alla coscia, un libro. Si trattava del
libro mastro fiscale, sul quale veniva annotato l'ammontare della cifra, con il nome, il
cognome e la firma del mercante. Il gesto in questione - il gonnellone, l'allusione al
libro - li troviamo già nelle prime battute del testo. È proprio restando in questa
posizione inconfondibile che il gabelliere si rivolge alla ragazza affacciata a una
finestra di un ricco palazzo, o meglio di un palazzo di ricchi. Si comincia proprio con
l'atto mimico allusivo. Il giovanotto si butta fin dal primo verso a far profferte
d'amore:
Rosa fresca aulentissima, ch'appari inver la
state, le donne ti disiano, pulzelle e maritate. |
«Rosa fresca aulentissima...» Con
chi ce l'ha? Il lettore sempliciotto smarrona subito: «Si rivolge senz'altro alla
ragazza, è lei la "rosa fresca aulentissima"». Davvero? io dico che la ragazza
con le rose non ci azzecca proprio. Andiamo ad analizzare: «Rosa fresca aulentissima,
c'appari inver la state...». Lì c'è uno svarione: la rosa fresca non appare mai
nell'estate, ma se mai in primavera, specie in Sicilia. Se mai in estate arriva a
spampanare, non è più freschissima e aulente. Ad Alcamo, vicino a Palermo d'estate i
fiori bruciano, sono tutti asseccati. Ma andiamo avanti: «Rosa fresca aulentissima,
ch'appari inver la state, le donne ti disiano, pulzelle e maritate...». Ma come? La
ragazza desta desiderio nelle pulzelle e maritate? È un po' strano. Non è che si possa
raccontare: «Sa, in quel tempo in Sicilia quando una ragazza era veramente bella, tutte
le altre donne andavano via di testa: ah, potessi averla tra le braccia, quella rosa
fresca... e spampanarmela un po'». Gli uomini, normale, qualsiasi donna ( anche una
schifezza), s'accontentavano, ma una rosa fresca e aulente, solo le donne la
apprezzavano... Non credo che una simile interpretazione, per quanto gustosa, si possa
sostenere...
Dobbiamo ripartire dal personaggio del
gabelliere, che, per inciso, veniva chiamato anche «gru» o «grue», proprio per la
posizione che prendeva nell'atto di segnare la riscossione dopo aver sollevato il
gonnellone. La chiave del mistero sta proprio in quell'indumento: nel siciliano di quel
secolo, e forse ancora oggi, il gonnellone si chiamava «la stati». Allora, ecco il gioco
di parole allusivo con trabocchetto: la rosa «ch'appari inver la stati» Il gabelliere
furbastro solleva le falde della «stati» e di sotto spunta una rosa: sì, c'era una rosa
davvero; era posta fra le pagine del libro, e faceva parte di una consuetudine,
rappresentava un gesto rituale. All'ingresso del boemo, il fioraio fa dono d'un fiore,
possibilmente una rosa, al gabelliere. Un gesto d'abbonimento. Il rito vuole che il boemo
accetti e collochi la rosa fra le pagine del «mastro», come segnalibro. Tant'è che si
pensa che d'inverno vi tenessero una rosa di pezza.
Ripetiamo l'azione mimica: il giullare
travestito da boemo si pone nell'atteggiamento della gru, solleva la «stati», appare la
rosa fresca che spunta fra le pagine del libro. Ecco, non ci vuole mica una fantasia
morbosa fino alla zozzaggine per intuire che con quel bocciolo di rosa si vuole alludere
ad una parte vivace dell'apparatro sessuale mascolo! Ecco, quindi, la rosa tanto amata e
desiderata dalle pulzelle e maritate... Certo questo è un testo osceno, completamente
osceno; ma a scuola non te lo possono certo presentare così esplicito.
2 - madonna "Se tu soffri per me, è perché sei in preda alla follia. Potresti rompere il mare, seminare i venti, raccogliere tutte le ricchezze di questo secolo: mai potresti avermi a questo mondo; piuttosto mi taglio i capelli (mi faccio suora)."
La donna che sta alla finestra
risponde - ma attenti, non è una nobile... così non ha niente di aristocratico il
giovane corteggiatore. Entrambi fingono di parlare il linguaggio dei signori, ma è chiaro
che stanno facendo il verso a quel «dire» affettato e fasullo. Dunque la donna si
atteggia a gran dama, ma è evidente, specie al pubblico, che si tratta di una cameriera,
forse addirittura di una sguattera affacciata alla finestra del palazzo. (Fo,
op. cit., pag.117) -
Il tono di sfida della donna, espresso
attraverso un linguaggio fatto di metafore iperboliche, è deciso, come decisa è la
profferta d'amore dell'Amante
3 - amante "Se ti tagli i capelli, piuttosto che io muoia, perché facendoti suora io mi perderò il sollazzo e il divertimento. Quando passo sotto le tue finestre e ti vedo, rosa fresca del giardino, ad ogni ora mi dai un buon conforto:facciamo in modo che si congiunga il nostro amore."
Ancora un modo irruento e sfacciato dell'uomo, che preferirebbe la morte piuttosto che perdere la donna se questa si facesse suora, in quanto perderebbe sia la sua gioia e il suo divertimento, ma soprattutto il suo sollazzo; il solaccio indicava in positivo la consolazione, ma nel gergo giullaresco aveva un significato osceno.
4 - madonna "Che il nostro amore si possa congiungere non voglio che mi interessi; se qui ti trova mio padre cogli altri miei parenti, stai attento che non ti raggiungano, perché essi sono molto veloci. Come ti è stata favorevole la venuta, ti consiglio che ti guardi intorno quando te ne vai"
In questa strofa si consuma il primo piccolo cedimento: l'aggettivo dimostrativo "nostro" evidenzia come l'amore e il desiderio non è provato solo dall'uomo; a questo primo cedimento fa da contrappeso un tono generalmente ironico della donna, che cerca di prendere in giro l'atteggiamento dell'uomo, cercando di mantenerlo sulla corda.
5 - amante "Se i tuoi parenti mi colgono sul fatto, cosa mi possono fare? Io ci metto una difesa di duemila augustali: così tuo padre non mi potrà toccare nemmeno se possedesse tutto l'oro che si trova in Bari.Viva l'imperatore, grazie a Dio: capisci , bella, quello che intendo dire?" Questa strofa è importante col suo richiamo alla legge della defensa, contenuta nei capitoli XVI-XIX del primo libro delle Costituzioni melfitane (o Constitutiones regno Siciliae) promulgate a Melfi da Federico II nel 1231, con l'intento chiaro di far valere il potere centralizzato dell'imperatore e limitare il potere oppressivo che la baronia locale esercitava nei propri feudi in maniera dispotica da quando l'imperatore era partito per la sua Crociata (VI Crociata, 1228-1229, conclusasi con un trattato tra l'Imperatore e Malik Al-Kamil Sultano di Gerusalemme); la defensa permetteva a chiunque venisse aggredito di difendersi invocando il nome dell'imperatore e imponeva a chi aggrediva di non continuare l'aggressione, altrimenti questa sarebbe stata giudicata come se fosse stata pèerpetrata contro la persona stessa dell'Imperatore; si aggiungeva, inoltre, che, in caso di violazione della defensa, il caso sarebbe stato tolto alla giurisdizione locale e portato davanti al tribunale del Re. Le defense erano di due tipi: una senza indicazione della somma da pagare e che comportava per l'aggressore la perdita di un terzo o di un quarto dei propri beni (a seconda che avesse commesso l'aggressione con o senza le armi) e l'altra con l'indicazione della somma da pagare a seconda della violazione commessa. Il Contrasto si riferisce proprio a questo secondo caso: contro gli aggressori parenti di lei l'Amante avrebbe chiesto una multa di duemila agostari. Il richiamo ci fa capire che il Contrasto venne scritto dopo il 1231 e prima del 1250, anno della morte di Federico II. La cifra di "duemila agostari" (corrispondenti a circa 10 chili d'oro, perché una moneta pesava circa 5 g.) è naturalmente iperbolica, come la frase seguente su tutte le ricchezze contenute in Bari: si fa molto presto a parlare in modo spropositato delle ricchezze che non si possiedono, come fanno i bambini nei loro giochi.
6 - madonna "Tu non mi lasci vivere né la sera né il mattino: io sono una donna molto ricca, d'oro finissimo! Se tu potessi donarmi tante ricchezze quante ne ha il Saladino, e aggiungervi quelle che il Sultano, non mi potresti nemmeno toccare la mano."
pèrperi = monete d'oro bizantine ("bisante d'oro");
auro massamotino = oro molto puro col quale venivano coniate le monete (bisanti)
d'oro degli Almoadi che regnavano sull'Africa del Nord e sull'Andalusia spagnola;
Saladino - Soldano = indicano entrambe lo stesso titolo di sultano, il primo
dell'Egitto e il secondo della Siria.
Continua il gioco dell'esagerazione della propria condizione, con iperboli tanto fantasiose quanto irrealistiche; proprio nell'uso dell'iperbole e nel verso finale "toccare me non pòteri a la mano" possiamo cogliere un altro piccolo cedimento, quasi un ammiccamento scherzoso.
7 - amante "Molte sono le donne che hanno la testa dura, ma l'uomo con le sue parole le domina e le avverte a pensarci bene: e tanto gira loro intorno e le sollecita, finché le ha in suo potere.Una donna non si può salvare dall'uomo: stai attenta, bella mia, se non vorrai pentirtene."
L'ammonimento dell'uomo rivolto alla donna tende a stabilire la superiorità della forza maschile sia sul piano dell'uso della parola che su quello sociale: la donna non può stare senza l'uomo, se non vuole pagare con la solitudine e con la mancanza di un uomo che la può proteggere da tutti i pericoli che possono provenire dalla società.
8 - madonna "E di cosa dovrei pentirmi? Che io fossi uccisa piuttosto che qualche onesta e onorata donna possa essere ripresa o rimproverata per colpa mia! Ieri sera sei passato sotto la mia finestra, correndo velocemente. Riposati, vai più piano, canterino: le tue parole a me non piacciono affatto."
Continua il gioco del tira e molla e la serie dei piccoli cedimenti: insieme al ripetuto rifiuto delle profferte d'amore del "canterino", ci tiene a fargli sapere che lei era alla finestra la sera prima, e lo aveva visto passare correndo o camminando troppo velocemente; è quasi un velato rimprovero: andando più piano lo avrebbe potuto guardare con maggior agio, e ascoltare meglio le parole della sua canzone, anche se dice che quelle parole non le piacciono affatto.
9 - amante "Quanti sono i colpi che mi hai dato al cuore, quando ci ripenso, al mattino, quando vado fuori di casa! A questo mondo non ho ancora amato una donna quanto amo te, rosa invidiata: ma io credo bene che tu mi sei stata destinata.!
invidiata = dal verbo invideo, che significa invidiare, guardare di mal occhio, ma anche rifiutare, negare o non accordare qualcosa: ed è la situazione che si sta delineando nelle prime strofe: lui che la sollecita all'amore e lei che si rifiuta, o meglio: rifiuta di donargli la sua "rosa" che quindi è "negata".
10 - madonna "Se ti fossi destinata cadrei dall'alto della mia condizione (cadrei troppo in basso), perché le mie bellezze sarebbero mal affidate a te; e se questo dovesse accadermi, mi taglierò le treccie e mi arrenderò suora in un monastero prima ancora che tu possa toccarmi il corpo."
Dal "toccarmi la mano" della sesta strofa a "toccarmi il corpo": di per sé il passo è già notevole, anche se messo in relazione alla minaccia della donna di farsi suora, che riecheggia la minaccia già presente nella seconda strofa : "avanti li cavelli m'aritonno": da una generica affermazione, siamo passati a qualcosa di più concreto, a "consore m'arenno a una magione". Ma in quale "magione" si vorrà arrendere la donna, visto che questa parola intende sia la casa maritale che il monastero? Il poeta cerca di mantenere il contrasto su una certa ambiguità, che resta però solo nelle intenzioni dei due protagonisti, non certo nella comprensione del lettore o dello spettatore.
11 - amante "Se tu ti farai suora, donna dal viso chiaro, vengo amch'io al monastero e mi faccio frate: pur di vincere le tue resistenze con questa prova lo farò volentieri. Così con te starò la sera e il mattino: bisogna che io ti abbia in mio dominio."
Ecco un altro aspetto della società medievale dei secoli XI-XII: i conventi per suore e per frati erano molto numerosi, ma troppo spesso non erano un luogo di culto, di preghiera e di lavoro, quanto piuttosto di sollazzo; i contatti fra i due sessi erano molto frequenti (pensiamo al rito della confessione, della messa celebrata nei conventi femminilida da frati che arrivavano con tanto di codazzo di servi e altro. Addirittura dal Duecento si cominciarono a costruire conventi che in ali separate accoglievano i frati e le suore, con tanto di divisorio "insormontabile"... ma la fantasia umana su questo piano è quasi infinita. Per questo l'amante coglie facilmente la palla al balzo; anzi, ci sarebbero stati in qualche modo perfino meno problemi nel raggiungere la tanto agognata "rosa" di madonna.
12 - madonna "Ohimè tapina e misera, quale cattivo destino ho io! L'altissimo Gesù Cristo è del tutto adirato con me; mi ha concepita per farmi imbattere in un uomo che ha una condotta e un modo di pensare blasfemo. Cerca su questa terra, che è molto grande: e troverai una donna più bella di me."
13 - amante "Ho cercato in Calabria, Toscana e Lombardia, in Puglia, a Costantinopoli, Genova, Pisa e in Siria, Germania e Babilinia e in tutta la Barberia: da nessuna parte ho trovato una donna tanto cortese come te, tanto che ti ho scelto come mia sovrana".
Accanto alla solita esagerazione (magari non si era mai spostato dal luogo in cui era nato!), troviamo una delle regole cortesi dell'epoca: l'uomo si dichiarava vassallo della donna che amava, e in nome di lei faceva il suo giuramento di vassallaggio, che contemplava non solo la sua sottomissione alla donna, ma anche e soprattutto la difesa dei deboli e degli indifesi.
14 - madonna "Poiché tanto hai sofferto per me, ti rivolgo una preghiera: che tu vada a chiedere la mia mano a mia madre e a mio padre. Se essi si degneranno di concedermi a te, portami nella chiesa del monastero e sposami davanti alla gente; e poi farò tutto ciò che mi comanderai."
15 - amante "Ciò che dici, vita mia, non vale proprio niente; di tutte le tue parole ormai non parlo nemmeno più; hai pensato di insuperbire, ma non ne hai la forza; e così t'ho dato la botta finale. Dunque, se proprio ci tieni, resta una villana."
La "botta finale" per l'uomo è rappresentata proprio dall'allusione alla situazione sociale della donna di netta dipendenza dall'uomo: io che potevo, sembra dire l'amante, offrirti una situazione sociale sicura e più elevata della tua, adesso mi sono stufato, perché le tue parole e le tue promesse non approdano mai a nulla: cerchi di essere superba, ma la tua forza non esiste, perché tu puoi avere forza solo stando insieme a me; e se proprio ci tieni, resta una villana, anziché diventare una donna "cortese e fina".
Far ponti e scale di qualcosa = non parlarne più
mettere le penne = insuperbire
cadere ali = non avere forza
16 - madonna "Nessuna paura mi mette il tuo "manganiello" (macchina bellica) col quale credi di avermi dato "la bolta sottana": io resto nella sicurezza inattaccabile del mio forte castello; stimo le tue parole ancora meno di quelle che dice un bambino. Se non ti levi e te ne vai di qua, mi piacerebbe molto che tu foss ucciso".
Violenta ma anche estremamente ambigua risposta della donna, al sicuro da ogni attacco, perché il suo rifiuto a cedere alle sue voglie è per lei come un castello sicuro da ogni attacco e da ogni assedio; il modo per capitolare lei lo aveva indicato (il matrimonio davanti alle gente), ma lui aveva opposto uno sdegnato rifiuto; la risposta violenta serve a fargli capire che senza la sua condiscendenza, il manganiello dell'uomo non avrebbe mai potuto fare breccia nel suo forte castiello, anzi avrebbe provocato una disfatta piacevole per la donna.
17 - amante "Dunque, vorresti, vita mia, che io fossi ucciso? Se debbo essere ucciso, o subire molte ferite, io non mi muoverò di qua, se prima non avrò il frutto che si trova nel tuo giardino: lo desidero la sera e il mattino".
Si rinnova la profferta della prima strofa e più ferma si fa la volontà dell'uomo di possedere la donna: neanche la morte o il pericolo di rimanere ferito durante l'assalto al forte castiello, lo avrebbe potuto far desistere dal suo proponimento e dalla realizzazione del suo desiderio, che lo agita la sera e il mattino (solita espressione per indicare la notte, quando è ferma ogni attività lavorativo e ci si può dedicare all'amore. (Bella l'ambiguità metaforica del frutto che si trova nel giardino della donna, che manifesta anche una certa delicatezza di sentimenti oltre un modo di esprimersi più elevato di quanto non permetta la sua condizione sociale).
18 - madonna "Quel frutto che tu dici, non lo hanno mai avuto né conti né cavalieri; molti lo hanno desiderato, giudici e marchesi, ma non lo poterono avere, per cui se ne andarono molto arrabbiati. Intendi bene quel che voglio dire? Vale meno di mille onze ciò che hai."
Ciò che hai vale meno di mille onze: a cosa si riferisce la donna? agli averi dell'uomo o al suo "manganiello" che vale poco perché altrettanto poco vale l'uomo nei confronti di giudici e cavalieri? La seconda soluzione è quella apparentemente più accettabile, perché l'amante può offrire un livello di protezione della donna indubbiamente inferiore di quella di un giudice o di un cavaliere. Ma visto che i rapporti della donna con queste categorie di persone sono praticamente nulli e che non esiste la speranza che uno di questi "signori" possa accogliere la donna, ecco che la prima soluzione si fa preferire.
19 - amante "Molti sono i chiodi di garofano, ma non tanti che tu ne abbia addirittura una "salma"; bella, non mi disprezzare, se prima non m'assaggi. Se il vento è a prua e ti raggiungo sulla spiaggia, ti devo ricordare queste parole: che dentro questa animella mi duole assai."
salma - misura di capacità di circa 300 litri o 300 chili: è dura raccogliere 300 chili di chiodi di garofani
20 - madonna "Magari ti dolesse tanto da cadere angosciato: anche se la gente accorressee da tutte le parti, e tutti mi dicessero: 'soccorri questo disgraziato'! Non mi degnerei di porgerti la mano per tutte le ricchezze che hanno il Papa e il Sultano."
21 - amante "Dio lo volesse, vita mia, che io morissi in casa tua; L'anima mia, che per te giorno e notte delira, ne sarebbe consolata. La gente ti griderebbe: 'spergiura malvagia, che hai ucciso l'uomo nella tua casa, traditrice!' Senza darmi nessun colpo, tu mi togli la vita."
22 - madonna "Se tu non ti levi e te ne vai, con maledizioni, i miei fratelli ti troveranno in questa casa, e allora, bello, io sopporterò che tu ci perdi la vita, perché mi sei venuto a tentare colle tue proposte: n&e acute; parente n&e acute; amico ti deve portare aiuto."
23 - amante Io non non posso ricevere aiuto né da amici n&e acute; da parenti: sono straniero, mia cara, fra questa buona gente. Ora fa giusto un anno, vita mia, che mi sei entrata nella mente. Da quando hai indossato il maiuto, bella, da quel giorno io sono ferito d'amore."
maiuto = stoffa pesante di scarso prezzo, che in particolare le donne vestivano per la prima vola quando entravano in età da marito
24 - madonna "Ah! allora ti sei innamorato, giuda traditore, come se il maiuto fosse di porpora, scarlatto o seta. Anche se mi giurassi sul Vangelo che sarai mio marito, non potrai avermi mai a questo mondo; piuttosto mi getto nel profondo del mare."
25 - amante "Se tu ti getti nel mare, donna cortese e fine,io ti seguirò per tutta la marina, e dopo che sarai annegata, ti troverò distesa sulla spiagia; solo per raggiungere questo scopo: con te mi devo congiungere e peccare."
26 - madonna "Io mi segno nel nome del Padre, del figlio e di Santo Matteo. So che tu non sei eretico né figlio di giudeo, e queste parole mai le ho udite in vita mia! Quando la femmina è morta, si perde completamente il gusto e il piacere."
27 - amante "Lo so bene, mia cara, ma altro non posso fare. Se non appagherai questo nio desiderio, smetto di cantare e di farti la corte. Acconsenti, donna mia, fa' che ti piaccia, perché lo puoi ben fare! Anche se tu ancora non m'ami, sappi che io molto ti amo, e mi hai preso così come si prende un pesce all'amo."
28 - madonna "Io lo so che tu mi amo e anch'io ti amo con tutto il cuore, paladino. Alzati su, e vattene, torna qui domani mattina, se farai ciò che ti dico, t'amero di cuore buono e fino. Questo ti prometto io senza menzogna: tieni la mia parola, perché mi hai in tuo potere."
29 - amante "Per le parole che tu mi hai detto, mia cara, per nulla al mondo mi muoverò. Piuttosto, deciditi e scannami, prendi questo coltello nuovo; ci vorrebbe meno tempo a scalfire un uovo che a uccidermi: soddisfa il mio desiderio, amica bella, perché l'anima col cuore mi si sta consumando."
Ma si tratta veramente dell'anima, o di un significayo più realistico e osceno della parola "arma? Nel Duecento è che arma assume in qualche caso anche il significato di anima (da "ALMA" con la trasformazione della /L/ in /R/, ma è vero anche che l'ARMA nel senso di spada o giavellotto è simbolo del sesso maschile, per cui è più intendere che è l'ARMA che nell'attesa sta perdendo la sua turgidità e non l'ANIMA a rischiare di consumarsi dietro il vano gioco dell'amore che non arriva mai alla conclusione del soddisfacimento dei sensi: non dimentichiamo che questo è un testo fondamentalmente osceno e che fonda la sua oscenità proprio sulla ambiguità sia delle parole che dei concetti. Non a caso proprio la parola ARMA ricorre in questa parte finale più frwequentemente, e sembra confermare quello che è l'unico obiettivo dell'uomo: "con la donna si vuole congiungere e peccare.
30 - madonna "Lo so bene che l'anima ti duole, come a un uomo che prova arsura. Ma questo tuo desiderio non si può appagare in nessun altro modo: se non ha i Vangeli, sui quali io ti posso dire adesso:'giura', non potrai avermi in tuo potere. Piuttosto prendimi e tagliami la testa."
31 - amante "I Vangeli, mia cara? Ma io li porto in seno! Li hi presi al monastero, mentre non c'era il prete. Su questo libro ti giuro che non ti lascerò mai. Soddisfa il mio desiderio, per carità, perché l'anima mi si sta consumando."
Pronta la risposta liberatrice dell'uomo, che candidamente dichiara di aver preso (rubato!) il libro dei Vangeli nella cella del prete presso il monastero nel quale ovviamente ha libero accesso, avvertendo che la sua anima si sta consumando.
32 - madonna "Mio signore, poichè me l'hai giurato, io sono tutta un fuoco, sono alla tua presenza e da voi non mi difendo. Se ti ho disprezzato, abbi pietà, a voi mi arrendo. E finalmente andiamo a letto, perché questo ci è donato dal destino."
La donna pone fine al gioco del "Contrasto" sia rivelando di essere "tutta un fuoco, e quindi che è inutile ogni ulteriore difesa, sia accontentandosi del giuramento dell'amante, di un giuramento che, tra l'altro, è anche blasfemo, in quanto viene fatto sui Vangeli che sono stati rubati al prete mentre questi non era nella sua cella nel monastero, e ciò sta a significare che il desiderio della donna è pari a quello dell'uomo. Significativo è anche il fatto che è la donna a prendere per ultima l'iniziativa: "a lo letto ne gimo a la bon'ora, confermando che nel gioco dell'amore è sempre la donna a recitare la parte principale, anche quando, come in questo caso, si nasconde dietro il destino che ha ordinato ogni cosa.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi - E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 11 febbraio 1998