Eugenio Montale
sul limite
Tratto dalla IV parte de la farfalla di Dinard, questa "apparente divagazione di fronte al vario spettacolo della vita", ci permette di approfondire meglio Voce giunta con le fòlaghe, facendo coincidere il rivolgersi al passato (ormai concluso), e quindi solido punto di di riferimento
Il viaggio di cui
posso riferire linizio fu preceduto da un brutto incidente. Avevo lasciato una casa
di amici, in via delle Carra, e dopo pochi passi ero riuscito a trovare un tassì col
quale speravo di raggiungere piazza Beccaria. La macchina attraversava il Prato quando
dallincrocio di un rettilineo vidi procedere verso di noi una Chevrolet verde.
Cera tutto il tempo per frenare, se gli autisti avessero avuto un poco di buon
senso. Ma nessuno dei due si decise, ostinati entrambi nel loro presunto diritto alla
"precedenza". La distanza fra le due macchine si accorciava. "Il solito
stupido incidente" mi dissi chiudendo gli occhi. Dopo un tempuscolo che parve eterno
seguì un cozzo violentissimo e fui sballottato come un bussolotto dentro la nera cabina
della macchina. Poi mi sentii disteso sul soffitto dellauto, che sera
evidentemente capovolta. Da un vetro rotto filtrava luce e giungevano le voci della folla
accorsa. I due automedonti litigavano fra loro, glintervenuti parteggiavano per
luno o per laltro e pareva che nessuno si occupasse di me. "Ma qui dentro
cè un uomo" disse infine un pietoso, e qualcuno si provò ad aprire lo
sportello che mi serviva da appoggio, dal quale rotolai immediatamente sulla strada per
rialzarmi subito. A questo punto il diverbio fra gli autisti toccò il diapason dei
moccoli ed io ebbi il tempo di spolverarmi alla meglio la giacca, di toccarmi per sentire
se ero vivo e di saltare su un tranvai che passava a poca distanza. Il tranvai era
semivuoto, tutti scesero alla Porta, e anche il bigliettario, per fumare; tuttavia il
veicolo ripartì abbastanza veloce, senza di lui, e dopo pochi minuti mi accorsi
chero arrivato ala periferia della città, in senso perfettamente contrario alla
destinazione che speravo di toccare. Giunti presso una tettoia di legno, "Qui finisce
la corsa" mi disse il conduttore invitandomi a scendere. Un istante dopo il tranvai
ripartì vuoto ed io rimasi solo sotto la tettoia. Era primavera ma faceva già caldo.
Dovevano essere le sei del pomeriggio, a giudicare dalla luce. Strano, avrei supposto che
fosse molto più tardi. Mi tastai per cercar lorologio, quando da un viottolo
secondario vidi avanzare un calessino tirato da un asinello sardo e guidato da un giovane
in pigiama che portava in testa un cappelluccio da alpino, ma senza piuma. Accanto al
giovane era bellamente seduto un caguolo rossiccio, dincertissima razza, che abbiò
lungamente verso di me.
Un giro di martinicca, una tirata di
redini e il calesse si fermò. Il canino mi fu addosso festoso, ritto sulle zampe,
delirante, trafelatissimo, e il giovane in pigiama mi venne incontro a mani tese, con un
pallido sorriso. "Non mi riconosci?" mi disse. "Cera da
immaginarselo, dopo tanto tempo. Sono Nicola."
"Nicola? " dissi interdetto.
"Nicola... chi? "
"Nicola di cognome, mio caro;
laspirante degli alpini che lasciò con te il battaglione di marcia, a Negrar, per
venirsene su, volontario, sul Loner e sul Corno. Non rammenti più? Oh capisco, fu una
conoscenza di un paio di giorni; ma fu lultima per me. Forse per questo mè
rimasta impressa . Giunsi qui poco dopo, colpito da una spoletta di shrapnell.
Pioveva ogni sorta di ferraccio sul fondo Leno. Ricordi? Ma tu eri in un altro battaglione
e forse non hai nemmeno saputo... "
"To Nicola... già... mi
ricordo perfettamente" feci allibito. "È stato molto gentile da parte tua. Una
spoletta, sicuro... Lo lessi nellordine del giorno della divisione. Nicola... guarda
chi si rivede! "
"E non giungo solo, sai? Son venuto
con Galiffa, il canino che prediligevi da bambino, e con Pinocchietto, lasinello di
Vittoria Apuana, al quale portavi sempre lo zucchero. In buona compagnia, no? " ed
ebbe un riso che mi fece sussultare.
"Galiffa... Pinocchietto... "
dissi vacillando. "Ma tu, scusa, che cosa ne sapevi? Non sei... capitato qui... per
conto tuo? "
Lasinello e il cagnolino mi
leccavano le mani dando vivaci segni di riconoscimento. Non avevo zucchero e mi sentivo
del tutto impreparato allinatteso incontro.Nicola rise con aria di superiorità e mi
fece cenno di salire sul calesse.
"Sono allufficio smistamento,
a Limite" continuò "e quando ho sentito il tuo nome mi son fatto girare subito
il film della tua vita. Lavevo già ripassato altre volte, perché era inciso e
completo fino ad oggi, e perciò avrei potuto attenderti in perfetto orario. Ma che vuoi,
il daffare è molto e il personale scarseggia. Così mi hai colto quasi
allimprovviso. Avrei potuto venire con tutti gli animali della tua arca privata,
Fufi e Gastoncino, Passepoil e Bubù, Buck e la Valentina... Non temere, potrai rivederli
tutti."
"Ah, anche la Valentina" dissi
fra me e me. (Doveva essere la tartaruga che entrava in cucina per amoreggiare con
Buck,... quanti anni fa?)
"Meglio se ti avessi portato
addirittura Mimì, in bottiglia, come la teneva il prestigiatore; ma si faceva tardi e
volevo riceverti allarrivo. Vedrai anche quella. Cè Giovanna che sta
occupandosene."
"Mimì in bottiglia... ma sicuro...
" (Forse la cavia che avevo conosciuto un secolo prima, al Maloja; ma Giovanna chi
era? Bestia o creatura umana? Ebbi un tuffo al cuore. Giovanna! Possibile che fosse... lei?)
"Giovanna" confermò Nicola
avviando il somarello fra alcune ricche piantagioni che parevano di ricino. "È anche
lei a Limite, e trova modo di occuparsi persino dello Zoo."
"Morta?" arrischiai a occhi
bassi traballando sul sedile angusto. E aspirai un mozzicone di sigaretta che mi parve
stranamente insapore. "E... sta bene?"
"Viva" ammonì seccamente;
"o meglio, anche per