Luigi Pirandello
Lettera a Ruggero Ruggeri
Testo integrale della lettera che Luigi Pirandello scrisse all'attore Ruggero Ruggeri, per il quale pensò il personaggio di Enrico IV. È interessante notare come lo scrittore non solo indichi il contenuto dell'opera, ma si preoccupi anche di tracciarne le linee interpretative.
Caro Amico, mi
affretto a rispondere alla Sua lettera del 19, di cui La ringrazio con tutto il cuore. Le
dissi a Roma l'ultima volta che pensavo a qualche cosa per Lei. Ho seguitato a pensarci e
ho maturato alla fine la commedia, che mi pare tra le mie più originali: Enrico IV,
tragedia in tre atti di Luigi Pirandello.
Le accennerò in breve di che si tratta:
Antefatto: - Circa venti anni addietro alcuni giovani
signori e signore dell'aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di
carnevale, una «cavalcata in costume» in una villa patrizia: ciascuno di quei signori
s'era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare, con la sua dama accanto,
regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell'epoca.
Uno di questi
signori s'era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile
s'era dato la pena e il tormento d'uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo
aveva quasi per circa un mese ossessionato.
Sciaguratamente, il giorno della cavalcata, mentre sfilava
con la sua dama accanto nel mmagnifico corteo, per un improvviso adombramento del cavallo,
cadde, batté la testa e quando si riebbe dalla forte commozione cerebrale restò fissato
nel personaggio di Enrico IV.
Non ci fu verso di rimuoverlo più da quella fissazione, di
fargli lasciare quel costume in cui s'era mascherato: la maschera, con tanta ossessione
studiata fino allo scrupolo dei minimi particolari, diventò in lui la persona del grande
e tragico Imperatore.
Sono passati vent'anni.
Ora egli vive - Enrico IV - in una sua villa solitaria:
tranquillo pazzo. Ha quasi cinquant'anni. Ma il tempo, per lui (per la sua maschera, che
è la sua stessa persona) non è più passato ai suoi occhi e nel suo sentimento: s'è
fissato con lui, il tempo. Egli, già vecchio, è sempre il giovine Enrico IV della
cavalcata.
Un bel giorno si presenta nella villa a un nipote di lui,
il quale seconda la tranquilla pazzia dello zio, a cui è affezionatissimo, un medico
alienista.
C'è forse un mezzo per guarire quel demente: ridargli con
un trucco violento la sensazione della distanza del tempo.
La tragedia comincia adesso, e credo che sia d'una
veramente insolita profondità filosofica ma viva tutta in una drammaticità piena di non
meno insoliti effetti. Non gliel'accenno per non guastarLe le impresssioni della prima
lettura. Data la situazione, avvengono cose veramente imprevedibili, se Ella pensa che
colui che tutti credono pazzo, in realtà da anni non è più pazzo ma simula
filosoficamente la pazzia per ridersi entro di sé degli altri che lo credono pazzo e
perché si piace in quella carnevalesca rappresentazione che dà a sé e agli altri della
sua «imperialità» in quella villa addobbata imperialmente come una degna sede di Enrico
IV; e se Ella pensa che poi, quando a insaputa di lui, è messo in opera il trucco del
medico alienista, egli, finto pazzo, tra spaventosi brividi, crede per un momento d'esser
pazzo davvero e sta per scoprire la sua finzione, quando in un momento, riesce a
riprendersi e si vendica in un modo che - sì, via questo davvero, per lasciarLe qualche
sorpresa, non glielo dirò.
Senza falsa modestia, l'argomento mi pare degno di Lei e
della potenza della Sua arte. Spero che riuscirò a renderlo, perché l'attività della
mia fantasia è ora più che mai viva e piena e forte. Ma prima di mettermi al lavoro,
vorrei che Ella me nedicesse qualche cosa, se lo approva e Le piace. Ha visto i Sei
personaggi in cerca d'autore? - Sapesse che vivo dolore è stato per me non aver
potuto dare a Lei, in giro con lo Sly, questa commedia; non perché in fondo sia
scontento dell'interpretazione della compagnia Niccodemi, ma perché m'ero figurato Lei e
non Gigetto Almirante nella personificazione della parte del «Padre». Pazienza!
Mi saluti tanto tanto, La prego, il nostro caro Virgilio
[Talli] che è stato tanto buono d'inviarmi un telegramma di fraterna solidarietà in
occasione della tragica morte del mio povero Nino Martoglio. Spero, mio caro Amico, che la
Sua amicizia e quella di Virgilio varranno a togliere una certa freddezza che la signora
Alda Borelli ha veramente più d'un motivo d'avere verso di me. Gliene dirò qualche cosa
la prossima volta.
Adesso la lettera è troppo lunga, e Le stringo forte,
fraternamente, la mano
Roma, 21 settembre 1921
Suo aff.mo Luigi Pirandello |
© 2000 - by prof. Giuseppe Bonghi
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Ultimo aggiornamento: 03 novembre, 2000