Tempo fu già,
che il pargoletto Amore
dato era in guardia al suo fratello Imene;
tanto la madre lor temea che il cieco
incauto nume perigliando gisse
misero e solo per oblique vie,
e che, bersaglio a glindiscreti colpi
di senza guida, e senza freno arciero,
immaturo al suo fin corresse il seme
uman che nato è a dominar la terra.
Quindi la prole mal secura allaltra
in cura dato avea, sì lor dicendo:
- Ite, o figli, del par; tu più possente
il dardo scocca, e tu più cauto il reggi
a certa meta. - Così ognor congiunta
iva la dolce coppia, e in un sol regno,
e dun nodo comun lalme strignea.
Allora fu che il sol mai sempre uniti
vedea un pastore ed una pastorella
starsi al prato, a la selva, al colle, al fonte;
e la suora di lui vedeali poi
uniti ancor nel talamo beato,
chambo gli amici numi a piene mani
gareggiando spargean di gigli e rose.
Ma che non puote anco in divini petti,
se mai saccende ambizion diimpero?
Crebber lali ad Amor, crebbe lardire,
onde a pocaere prima, indi securo
a vie maggior fidossi, e fiero alfine
entrò nellalto, e il grande arco crollando,
e il capo, risonar fece a quel moto
il duro acciar che a tergo la faretra
gli empie, e gridò: - Solo regnar voglio. -
Disse, e volto a la madre: - Amore adunque,
il più possente in fra gli dèi, il primo
di Citeréa figliuol ricever leggi,
e dal minor german ricever leggi,
vile alunno, anzi servo? Or dunque Amore
non oserà fuor chuna unica volta
fiedere unalma come questo schifo
da me pur chiede? E non potrò giammai
da poi chio strinsi un laccio, anco disciorrlo
a mio talento, e, se maggrada, un altro
stringerne ancora? E lascerò pur chegli
di suoi unguenti impece a me i miei dardi,
perché men velenosi e men crudeli
scendano a i petti? Or via, perché non togli
a me da le mie man questarco, e queste
armi da le mie spalle, e ignudo lasci
quasi rifiuto de gli dèi Cupido?
Oh, il bel viver che fia quando tu solo
regni in mio loco! Oh il bel vederti, lasso!
Studiarti a torre da le languidalme
la stanchezza e il fastidio, e spander gelo
di foco in vece! Or, genitrice, intendi,
vaglio, e vo regnar solo. A tuo piacere
tra noi parti limpero, ondio con teco
abbia omai pace, e in compagnìa dImene
me non trovin mai più le umane genti. -
Amor qui tacque, e minaccioso in atto,
parve allidalia dea chieder risposta.
Ella tenta placarlo, e preghi e pianti
sparge, ma in van; tal cha i due figli volta
con questo dir pose al contender fine:
- Poi che nulla tra voi pace esser puote,
si dividano i regni. E perché luno
sia dallaltro fratelloo ognor disgiunto,
sien diversi tra voi, e il tempo, e lopra.
Tu che, di strali altero, a fren non cedi,
lalme ferisci, e tutto il giorno impera;
e tu che di fior placidi hai corona
le salme accoppia, e con lardente face
regna la notte. - Or quindi, almo signore,
venne il rito gentil, che ai freddi sposi
le tenebre concede, e de le spose
le caste membra: e a voi, beata gente
edi più nobil mondo, il cor di queste
e il dominio del dì largo destìna. Dunque
ascolta i miei detti, e meco apprendi
quai tu deggia al mattin curea la bella
che spontanea o pregata a te si diede
in tua dama quel dì lieto che a fida
carta, né senza testimoni, fûro
a vicenda commessi i patti santi,
e le condizion del caro nodo.
Già la dama gentile i vaghi rai
al novo giorno aperse; e suo primiero
pensier fu dove teco ir più convenga
a vegliar questa sera, e gravemente
consultò con lo sposo a lei vicino
o a baciarle la man pur dianzi ammesso.
Ore è tempo, o signor, che il fido
servo
e il più accorto tra tuoi voli al palagio
di lei, chiedendo se tranquilli sonni
dormio la notte, e se dimagin liete
le fu Mòrfeo cortese. È ver che ieri
al partir lammirasti in viso tinta
di freschissime rose; e più che mai
viva e snella balzar teco dal cocchio,
e la vigile tua mano per vezzo
ricusar sorridendo, allor che lampie
scale salì del maritale albergo:
ma ciò non basti ad acquetarti, e mai
non obliar sì giusti ufici. Ahi quanti
geni malvagi tra lorror notturno
godono uscire ed empier di perigli
la placida quiete de viventi!
Poria, tolgalo il cielo, il picciol
cane,
con latrato improvviso i cari sogni
troncar de la tua dama, ondella, scossa
da sùbito capriccio, a rannicchiarsi
astretta fosse, di sudor gelato
e la fronte bagnando e il guancial molle.
Anco poria colui che sì de tristi
come de lieti sogni è genitore,
crearle in mente, di nemiche idee
in un congiunte, orribile chimera,
tal che agitata e in ansioso affanno
gridar tentasse, e non però potesse
aprire a i gridi tra le fauci il varco.
Sovente ancor de la passata sera
la perduta nel gioco aurea moneta,
non men che al cavalier, suole a la dama
lunga vigilia cagionar: talora
nobile invidia de la bella amica
vagheggiata da molti, e talor breve
gelosia nè cagione. A questo aggiugni
glimportuni mariti i quali nel capo
ravvolgendosi ancor le viete usanze,
poi che cessero ad altri il giorno, quasi
aggian fatto gran cosa, aman dImene
con superstizion serbare i dritti,
e dellombra notturna esser tiranni,
ahi con qual noia de le caste spose
chindi preveggon fra non molto il fiore
di lor fresca beltade a sé rapito.
Mentre che il fido messaggier sen
rieda,
magnanimo signor, già non starai
ozioso però. Nel campoamato
pur in questo momento il buon cultore
suda, e incallisce al vomere la mano,
lieto che i suoi sudor ti fruttin poi
dorati cocchi, e pellegrine mense.
Ora per te lindustre artier sta fiso
allo scarpello, allasce, al subbio, allago;
ed ora a tuo favor contende, o veglia
il ministro di Temi. Ecco, te pure
la tavoletta or chiama: ivi i bei pregi
de la natura accrescerai con larte,
ondoggi, uscendo, del beante aspetto
beneficar potrai le genti, e grato
ricompensar di sue fatiche il mondo.
Ogni cosa è già pronta.
Allun de lati
crepitar sodon le fiammanti brage
ove si scalda industrioso e vario
di ferri arnese a moderar del fronte
glindocili capei. Stuolo dAmori
invisibil sul foco agita i vanni,
e per entro vi soffia, alto gonfiando
ambe le gote. Altri di lor vappressa
pauroso la destra, e prestamente
ne rapisce un dei ferri; altri rapito
tenta comarda, in su lestrema cima
sospendendol dellala, e cauto attende
pur se la piuma si contragga o fume;
altri un altro ne scote, e de le ceneri
filigginose il ripulisce e terge.
Tali a le vampe delletnea fucina,
sorridente la madre, i vaghi Amori
eran ministri allingegnoso fabbro:
e sotto i colpi del martel frattanto
lelmo sorgea del fondator latino.
Allaltro lato con la man rosata
Como e di fiori inghirlandato il crine
i bissi scopre ove di idali arredi
almo tesor la tavoletta espone.
Ivi e nappi eleganti e di canori
cigni morbide piume; ivi raccolti
di lucide odorate onde vapori;
ivi di polvi fuggitive al tatto
color diversi o ad imitar dApollo
laurato biondo o il biondo cenerino
che de le sacre Muse in su le spalle
casca ondeggiando tenero e gentile.
Che se a nobil eroe le fresche labbra
repentino spirar di rigidaura
offese alquanto, vè stemprato il seme
de la fredda cucurbita; e se mai
pallidetto ei si scorga, è pronto alluopo
arcano a gli altri eroi vago cinabro.
Né quando a un semideo spuntar sul volto
postula temeraria osa pur fosse,
multiforme di nèi copia vi manca,
ondei lasconda in sul momento, ed esca
più perigliosa a saettar co i guardi
le belle inavvedute, a guerrier pari
che, già poste le bende a la ferita,
più glorioso e furibondo insieme
sbaragliando le schiere entra nel folto.
Ma già velocemente il mio signore
tre volte e quattro il gabinetto scorse
col crin disciolto e su gli omeri sparso,
quale a Cuma solea lorribil maga
quando, agitata dal possente nume,
vaticinar sudia. Così dal capo
evaporar lasciò degli oli sparsi
il nocivo fermento, e de le polvi
che roder gli porìen la molle cute,
o datroci emicranie a lui lo spirto
trafigger lungamente. Or ecco avvolto
tutto in candidi lini a la grandopra
e più grave del dì sappresta, e siede.
Nembo dintorno a lui vola dodori
che a le varie manteche ama rapire
laura vagante lungo i vasi ugnendo
le leggerissimale di farfalla:
e lo speglio patente a lui dinanzi
altero sembra raccô nel seno
limagin diva: e stassi a gli occhi suoi
severo esplorator de la tua mano,
o di bel crin volubile architetto.
O di bel crin volubile architetto,
tu pria chiedi alleroe qual più gli aggrade
sparger al crin, se i gelsomini o il biondo
fior darancio piuttosto, o la giunchiglia,
o lambra preziosa agli avi nostri.
Ma se la sposa altrui, cara alleroe,
del talamo nuzial si lagna, e scosse
pur or da lungo peso i casti lombi,
ah fuggi allor tutti gli odori, ah fuggi;
ché micidial potresti a un sol momento
più vite insidiar: semplici sieno
i tuoi balsami allor, né oprarli ardisci
pria che di lor deciso abbian le nari
del mio signore e tuo. Pon mano poi
al pettin liscio, e collottuso dente
lieve solca le chiome; indi animoso
le turba, e le scompiglia; e alfin da quella
alta confusione traggi e dispiega,
opra di tua tua mente,ordin superbo.
Io breve a te parlai; ma il tuo
lavoro
breve non fia però; né al termin giunto
prima sarà, che da più strani eventi
sinvolva o tronchi a allalta impresa il filo.
Fisa i lumi al lo speglio, e là sovente
il mio signor vedrai morder le labbra
impaziente, ed arrossir nel viso.
Sovente ancor, se men delluso esperta
parrà la tua destra, del convulso piede
udrai lo scalpitar breve e frequente,
non senza un tronco articolar di voce
che condanni, e minacci. Anco taspetta
veder talvolta il cavalier sublime
furiando agitarsi, e destra e manca
porsi a la chioma; e dissipar con lugn
lo studio di moltore in un momento.
Che più? Se per tuo male un dì vaghezza
daccordar ti prendesse al suo sembiante
gli edifici del capo, e non curassi
ricever leggi da colui che venne
pur ier di Francia, ahi quale atroce folgore,
meschino! allor ti penderìa sul capo?
Tu allor leroe vedresti ergersin piedi;
e per gli occhi versando ira e dispetto,
mille strazi imprecarti; e scender fino
ad usurpar le infami voci al vulgo
per farti onta maggiore; e di bastone
il tergo minacciarti; e violento
rovesciare ogni cosa, al suol spargendo
rotti cristalli e calamistri e vasi
e pettini ad un tempo. In cotal guisa,
se del tonante allara o de la dea,
che ricovrò dal Nilo il turpe phallo,
tauro spezzava i raddoppiati nodi
e libero fuggìa, vedeansi a terra
cader tripodi, tazze, bende, scuri,
litui, coltelli, e dorridi mugiti
commosse rimbombar le arcate volte,
e dogni lato astanti e sacerdoti
pallidi allurto e allimpeto involarse
del feroce animal, che pria sì queto
gìa di fior cinto, e sotto la man sacra
umiliava le dorate corna.
Tu non pertanto coraggioso e forte
dura, e ti serba a la miglior fortuna.
Quasi foco di paglia è il foco dira
in nobil petto. Il tuo signor vedrai
mansuefatto a te chieder perdono,
e sollevarti oltrogni altro mortale
con preghi e scuse a niun altro concesse;
tal che securo sacerdote a lui
immolerai lui stesso, e pria dognaltro
larga otterrai del tuo lavor mercede.
Or, signore, a te riedo. Ah non sia
colpa
dinanzi a te, sio travviai col verso
breve parlando ad un mortal cui degni
tu degli arcani tuoi. Sai, che a sua voglia
questi ogni dì volge, e governa i capi
de semideipiù più chiari; e le matrone,
che da i sublimi cocchi alto disdegnano
chinar lo sguardo a la pedestre turba,
non disdegnan sovente entrar con lui
in festevoli motti, allor chesposti
a la sua man sono i ridenti avori
del bel collo e del crin laureo volume.
Però modi benigno: or chio tapprendo
lore a passar più graziose, intanto
che il pettin creator doni a le chiome
leggiadra o almen non più veduta forma. |
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