Alessandro Manzoni
Il Conte di Carmagnola
Atto Quinto
Personaggi storici | Il Conte di Carmagnola |
Antonietta Visconti, sua moglie. | |
Una loro figlia, a cui nella tragedia si è attribuito il nome di Matilde. | |
Francesco Foscari, Doge di Venezia. | |
Condottieri al soldo dei Veneziani | Giovanni Francesco Gonzaga. |
Paolo Francesco Orsini. | |
Nicolò da Tolentino. | |
Condottieri al soldo del Duca di Milano | Carlo Malatesti. |
Angelo della Pergola. | |
Guido Torello. | |
Nicolò da Piccinino, a cui nella tragedia si è attribuito il cognome di Fortebraccio. | |
Francesco Sforza. | |
Pergola, figlio | |
Personaggi ideali | Marco, Senatore veneziano. |
Marino, uno dei Capi del Consiglio dei Dieci. | |
Primo commissario veneto nel campo. | |
Secondo commissario. | |
Un soldato del Conte. | |
Un soldato progioniero. | |
Senatori, Condottieri, Soldati, Prigioni, Guardie. |
Atto quinto
SCENA PRIMA
Notte. Sala del Consiglio dei Dieci
illuminata.
Il Doge, i Dieci, e il Conte, seduti.
IL DOGE | (al Conte). A questi patti offre la pace il Duca; |
|
IL CONTE | Signori, un altro io ve ne
diedi; e molto Promisi allor: vi piacque. Io attenni in parte Quel che promesso avea: ma lunge ancora Dalle parole è il fatto; ed or non voglio Farle obbliar però: sul labbro mio Imprevidente militar baldanza Non le mettea. Di novo avviso or chiesto, Altro non posso che ridirvi il primo. Se intera e calda e risoluta guerra Far disponete, ah! siete a tempo: è questa La miglior scelta ancora. Ei vi abbandona Bergamo e Brescia; - e non son vostre? L'armi Le han fatte vostre: ei non può tanto soffrirvi Quanto sperar di torgli v'è concesso. Ma - da un guerrier che vi giurò sua fede, Voi non volete altro che il ver - se il modo Mutar di questa guerra a voi non piace, Accettate gli accordi. |
5 10 15 |
IL DOGE |
Il parlar vostro Accenna assai, ma poco spiega: un chiaro Parer vi si domanda. |
20 |
IL CONTE |
Uditel dunque. Scegliete un duce, e confidate in lui: Tutto ei possa tentar; nulla si tenti Senza di lui: largo poter gli date; Stretto conto ei ne renda. Io non vi chieggio Ch'io sia l'eletto: dico sol che molto Sperar non lice da chi tal non sia. |
25 |
MARINO | Non l'eravate voi quando i
prigioni Sciolti voleste, e il furo? Eppur la guerra Piú risoluta non si fea per questo, Né certa piú. Duce e Signor nel campo, Forse concesso non l'avreste. |
30 |
IL CONTE |
Avrei Fatto di piú: sotto alle mie bandiere Venian quei prodi; e di Filippo il soglio Vòto or sarebbe, o sederiavi un altro. |
35 |
IL DOGE | Vasti disegni avete. | |
IL CONTE |
E l'adempirli Sta in voi: se ancor nol son, n'è ragion sola Che la man che il dovea sciolta non era. |
|
MARINO | A noi si disse altra
cagion: che il Duca Vi commosse a pietà, che l'odio atroce Che già portaste al signor vostro antico Sovra i presenti il rovesciaste intero. |
40 |
IL CONTE | Questo vi fu riferto? Ella
è sventura Di chi regge gli Stati udir con pace La impudente menzogna, i turpi sogni D'un vil di cui non degneria privato Le parole ascoltar. |
45 |
MARINO |
Sventura è vostra |
50 |
IL CONTE | Il vostro grado io
riverisco in voi, E questi generosi in mezzo a cui V'ha posto il caso: e mi conforta almeno Che il non mertato onor di che lor piacque Cingere il loro capitan, lo stesso Udirvi io qui, mostra ch'essi han di lui Altro pensiero. |
55 |
IL DOGE | Uno è il pensier di tutti. | |
IL CONTE | E qual? | |
IL DOGE | L'udiste. | |
IL CONTE |
È del Consiglio il voto Quello che udii? |
|
IL DOGE | Sì, il crederete al Doge. | |
IL CONTE | Questo dubbio di me? ... | |
IL DOGE |
Già da gran tempo Non è piú dubbio. |
60 |
IL CONTE |
E m'invitaste a questo? E taceste finor? |
|
IL DOGE |
Sì, per punirvi Del tradimento, e non vi dar pretesti Per consumarlo. |
|
IL CONTE |
Io traditor! Comincio A comprendervi alfin: purtroppo altrui Creder non volli. - Io traditor! Ma questo Titolo infame infino a me non giunge: Ei non è mio; chi l'ha mertato il tenga. Ditemi stolto: il soffrirò; che il merto: Tale è il mio posto qui; ma con null'altro Lo cambierei, ch'egli è il piú degno ancora. - Io guardo, io torno col pensier sul tempo Che fui vostro soldato: ella è una via Sparsa di fior. Segnate il giorno in cui Vi parvi un traditor! Ditemi un giorno Che di grazie e di lodi e di promesse Colmo non sia! Che piú? Qui siedo; e quando Io venni a questo che alto onor parea, Quando piú forte nel mio cor parlava Fiducia, amor, riconoscenza, e zelo... Fiducia no: pensa a fidarsi forse Quei che invitato tra gli amici arriva? - Io veniva all'inganno! Ebben, ci caddi; Ella è così. - Ma via - poiché gettato È il finto volto del sorriso ormai, Sia lode al ciel; siamo in un campo almeno Che anch'io conosco. - A voi parlare or tocca; E difendermi a me: dite, quai sono I tradimenti miei? |
65 70 75 80 85 |
IL DOGE |
Gli udrete or ora Dal Collegio segreto. |
|
IL CONTE |
Io lo ricuso Quel che io feci per voi, tutto lo feci Alla luce del Sol; renderne conto Tra insidïose tenebre non voglio. Giudice del guerrier, solo è il guerriero. Voglio scolparmi a chi m'intenda; voglio Che il mondo ascolti le difese, e veggia... |
90 95 |
IL DOGE | Passato è il tempo di voler. | |
IL CONTE |
Qui dunque (alzando lavoce fa per uscire) |
|
IL DOGE |
Sono (entrano genti armate).
Eccovi ormai |
|
IL CONTE | Or son tradito! | |
IL DOGE |
Un saggio Pensier fu dunque il rimandarle: a torto Non si stimò che, in suo tramar sorpreso, Farsi ribelle un traditor potria. |
100 |
IL CONTE | Anche un ribelle, sì:
come v'aggrada Omai potete favellar. |
|
IL DOGE |
Sia tratto Al tribunal segreto. |
105 |
IL CONTE |
Un breve istante Udite in pria. Voi risolveste, il vedo, La morte mia; ma risolvete insieme La vostra infamia eterna. Oltre l'antico Confin l'insegna del Leon si spiega Su quelle torri, ove all'Europa è noto Ch'io la piantai. Qui tacerassi, è vero; Ma intorno a voi, dove non giunge il muto Terror del vostro impero, ivi librato, Ivi in note indelebili fia scritto Il benefizio e la mercé. Pensate Ai vostri annali, all'avvenir. Fra poco Il dì verrà che d'un guerriero ancora Uopo vi sia: - chi vorrà farsi il vostro? Voi provocate la milizia. Or sono In vostra forza, è ver; ma vi sovvenga Ch'io non vi nacqui, che tra gente io nacqui Belligera, concorde, usa gran tempo A guardar come sua questa qualunque Gloria d'un suo concittadin: non fia Che straniera all'oltraggio ella si tenga. Qui v'è un inganno: a ciò vi trasse un qualche Vostro nemico e mio: voi non credete Ch'io vi tradissi. È tempo ancora. |
110 115 120 125 |
IL DOGE |
È tardi. Quando il delitto meditaste, e baldo Affrontavate chi dovea punirlo, Tempo era allor d'antiveggenza. |
130 |
IL CONTE |
Indegno! (parte il Conte fra le genti armato). |
135 140
|
SCENA SECONDA
Casa del Conte.
Antonietta, e Matilde.
MATILDE | Ecco l'aurora; e il padre ancor non giunge. | |
ANTONIETTA | Ah! tu nol sai per prova:
i lieti eventi Tardi, aspettati giungono, e non sempre. Presta soltanto è la sventura, o figlia: Intraveduta appena, ella ci è sopra. Ma la notte passò: l'ore penose Del desio piú non son: tra pochi istanti Quella del gaudio suonerà. Non puote Ei piú tardar; - da questo indugio io prendo Un fausto augurio: il consultar sì a lungo Tratto non han, che per fermar la pace. Ei sarà nostro e per gran tempo. |
145 150 |
MATILDE |
O madre, Anch'io lo spero. Assai di notti in pianto, E di giorni in sospetto abbiam passati. È tempo ormai che, ad ogni istante, ad ogni Novella, ad ogni susurrar del volgo Piú non si tremi, e all'alma combattuta Quell'orrendo pensier piú non ritorni: Forse colui che sospirate, or muore. |
155 |
ANTONIETTA | Oh rio pensier! ma almen
per ora è lunge. Figlia, ogni gioja col dolor si compra. Non ti sovvien quel dì che il tuo gran padre Tratto in trionfo, tra i piú grandi accolto, Portò l'insegne de' nemici al tempio? |
160 |
MATILDE | Oh giorno! | |
ANTONIETTA |
Ognun parea minor di lui; L'aria sonava del suo nome; e noi Scevre dal volgo, in alto loco intanto Contemplavam quell'uno in cui rivolti Eran tutti gli sguardi: inebbriato Il cor tremava, e ripetea: siam sue. |
165 170 |
MATILDE | Felici istanti! | |
ANTONIETTA |
Che avevam noi fatto Per meritarli? A questa gioja il cielo Ci trascelse fra mille. - Il ciel ti scelse, Il ciel ti scrisse un sì gran nome in fronte... Tal don ti fece, che a chiunque il rechi, Ne andrà superbo. A quanta invidia è segno La nostra sorte! E noi dobbiam scontarla Con queste angosce. |
175 |
MATILDE |
Ah! son finite... ascolta; Odo un batter di remi... ei cresce... ei cessa... Si spalancan le porte... ah! certo ei giunge: O madre, io vedo un'armatura; è desso. |
180 |
ANTONIETTA | Chi mai saria s'egli non fosse? ... O sposo... (va verso la scena). |
SCENA TERZA
Gonzaga, e dette.
ANTONIETTA | Gonzaga! ... ov'è il mio
sposo? ov'è? ... Ma voi Non rispondete? Oh cielo! il vostro aspetto Annunzia una sventura. |
|
GONZAGA |
Ah che pur troppo Annunzia il vero! |
185 |
MATILDE | A chi sventura? | |
GONZAGA |
O donne! Perché un incarco sì crudel m'è imposto? |
|
ANTONIETTA | Ah! voi volete esser
pietoso, e siete Crudel: tremar piú non ci fate. In nome Di Dio, parlate; ov'è il mio sposo? |
|
GONZAGA |
Il cielo Vi dia la forza d'ascoltarmi. Il Conte... |
190 |
MATILDE | Forse è tornato al campo? | |
GONZAGA |
Ah! piú non torna! Egli è in disgrazia dei Signori; è preso. |
|
ANTONIETTA | Egli è preso! perché? | |
GONZAGA |
Gli danno accusa Di tradimento. |
|
ANTONIETTA | Ei traditore! | |
MATILDE | Oh padre! | 195 |
ANTONIETTA | Or via, seguite: preparate
al tutto Siam noi: che gli faran? |
|
GONZAGA |
Dal labbro mio Voi non l'udrete. |
|
ANTONIETTA | Ahi l'hanno ucciso! | |
GONZAGA |
Ei vive; Ma la sentenza è proferita. |
|
ANTONIETTA | Ei
vive? (in atto di partire). |
200 205 210 215
|
GONZAGA |
Oh ciel, perché non posso Lasciarvi almen questa speranza! A preghi Loco non v'è: qui i giudici son sordi, Implacabili - ignoti: il fulmin piomba, La man che il vibra è nelle nubi ascosa. Solo un conforto v'è concesso, il tristo Conforto di vederlo, ed io vel reco. Ma il tempo incalza. Fate cor; tremenda È la prova; ma il Dio degl'infelici Sarà con voi. |
220 225 |
MATILDE | Non v'è speranza? | |
ANTONIETTA | Oh figlia! (partono). |
SCENA QUARTA
Prigione.
IL CONTE | A quest'ora il sapranno.-
Oh perché almeno Lunge da lor non muojo! Orrendo, è vero, Lor giungeria l'annunzio; ma varcata L'ora solenne del dolor saria; - E adesso innanzi ella ci sta: bisogna Gustarla a sorsi, e insieme. - O campi aperti! O Sol diffuso! O strepito dell'armi! O gioja de' perigli! O trombe! O grida Dei combattenti! o mio destrier! Fra voi Era bello il morir. - Ma - ripugnante Vo dunque incontro al mio destin, forzato, Siccome un reo, spargendo in sulla via Voti impotenti e misere querele? - E Marco, anch'ei m'avria tradito! Oh vile Sospetto! oh dubbio! oh potess'io deporlo Pria di morir! - Ma no - che val di nuovo Affacciarsi alla vita, e indietro ancora Volgere il guardo ove non lice il passo? - E tu, Filippo, ne godrai! - Che importa? Io le provai quest'empie gioje anch'io: Quel che vagliano or so. - Ma rivederle! Ma i lor gemiti udir! L'ultimo addio Da quelle voci udir! Fra quelle braccia Ritrovarmi, e - staccarmene per sempre! Eccole! O Dio, manda dal ciel sovr'esse Un guardo di pietà |
230 235 240 245 250 |
SCENA QUINTA
Antonietta, Matilde, Gonzaga e il Conte.
ANTONIETTA | Mio sposo! ... | |
MATILDE | Oh padre! | |
ANTONIETTA | Così ritorni a noi?
Questo è il momento Bramato tanto? ... |
|
IL CONTE | O misere, sa il cielo Che per voi sole ei m'è tremendo. Avvezzo Io son da lungo a contemplar la morte, E ad aspettarla. Ah! sol per voi bisogno Ho di coraggio; e voi - voi non vorrete Tormelo, è vero? Allor che Dio sui buoni Fa cader la sciagura, ei dona ancora Il cor di sostenerla. Ah! pari il vostro Alla sciagura or sia. Godiam di questo Abbracciamento: è un don del cielo anch'esso. Figlia, tu piangi! e tu, consorte! ... Ah! quando Ti feci mia, sereni i giorni tuoi Scorreano in pace; - io ti chiamai compagna Del mio tristo destin: questo pensiero Mi avvelena il morir. Deh ch'io non veggia Quanto per me sei sventurata! |
255 260 265 |
ANTONIETTA |
O sposo De' miei bei dì, tu che li festi; il core Vedimi; io muojo di dolor: ma pure Bramar non posso di non esser tua. |
270 |
IL CONTE | Sposa, il sapea quel che
in te perdo - ed ora Non far che troppo il senta. |
|
MATILDE | Oh gli omicidi! | |
IL CONTE | No, mia dolce Matilde; il
tristo grido Della vendetta e del rancor non sorga Dall'innocente animo tuo, non turbi Quest'istanti: - son sacri. E' grande il torto; Ma perdona, e vedrai che in mezzo ai mali Un'alta gioja anco riman. - La morte! Il piú crudel nemico altro non puote Che accelerarla. - Oh! gli uomini non hanno Inventata la morte: ella saria Rabbiosa, insopportabile: - dal cielo Ella ne viene; e l'accompagna il cielo Con tal conforto, che né dar né torre Gli uomini ponno. O sposa, o figlia, udite Le mie parole estreme: amare, il veggio, Vi piombano sul cor; ma un giorno avrete Qualche dolcezza a rammentarle insieme. - Tu, sposa, vivi - il dolor vinci, e vivi; Questa infelice orba non sia del tutto. Fuggi da questa terra, e tosto ai tuoi La riconduci - ella è lor sangue - ad essi Fosti sì cara un dì: - consorte poscia Del lor nemico, il fosti men; le crude Ire di Stato avversi fean gran tempo De' Carmagnola e de' Visconti il nome. - Ma tu riedi infelice; il tristo oggetto Dell'odio è tolto: - è un gran pacier la morte. E tu, tenero fior, tu che fra l'armi A rallegrare il mio pensier venivi, - Tu chini il capo; - oh! la tempesta rugge Sopra di te - tu tremi, ed al singulto Piú non regge il tuo sen - sento sul petto e tue infocate lagrime cadermi; E tergerle non posso: - a me tu sembri Chieder pietà, Matilde: ah! nulla il padre Può far per te: - ma pei diserti in cielo V'è un padre, il sai. - Confida in esso, e vivi A dì tranquilli se non lieti: ei certo Te li destina. Ah! perché mai versato Tutto il torrente dell'angoscia avria Sul tuo mattin, se non serbasse al resto Tutta la sua pietà? - Vivi, e consola Questa dolente madre. - Oh ch'ella un giorno A un degno sposo ti conduca in braccio! - Gonzaga, io t'offro questa man che spesso Stringesti il dì della battaglia, e quando Dubbj eravam di rivederci a sera. Vuoi tu stringerla ancora, e la tua fede Darmi che scorta e difensor sarai Di queste donne, infin che sien rendute Ai lor congiunti? |
275 280 285 290 295 300 305 310 315 320 |
GONZAGA | Io tel prometto. | |
IL CONTE |
Or sono Contento. E quindi, se tu riedi al campo, Saluta i miei fratelli, e di' lor ch'io Muojo innocente: testimon tu fosti Dell'opre mie, de' miei pensieri, - e il sai. Di' lor che il brando io non macchiai con l'onta D'un tradimento - io nol macchiai: - son io Tradito. - E quando squilleran le trombe, Quando l'insegne agiteransi al vento, Dona un pensiero al tuo compagno antico. E il dì che segue alla battaglia, quando Sul campo della strage il sacerdote, Fra il suon lugubre, alzi le palme offrendo Il sacrificio per gli estinti al cielo, Ricordivi di me, che anch'io credea Morir sul campo. |
325 330 335 |
ANTONIETTA | Oh Dio, pietà di noi! | |
IL CONTE | Sposa, Matilde, ormai
vicina è l'ora; Convien lasciarci - addio. |
340 |
MATILDE | No, padre... | |
IL CONTE |
Ancora Una volta venite a questo seno; E per pietà partite. |
|
ANTONIETTA |
Ah no! dovranno (si ode uno strepito di armati). |
|
MATILDE | Oh qual fragor! | |
ANTONIETTA | Gran Dio! (s'apre la porta di mezzo, e si affacciano genti armate; il capo di esse si avanza verso il Conte: le due donne cadono svenute). |
|
IL CONTE | O Dio pietoso, tu le
involi a questo Crudel momento; io ti ringrazio. - Amico, Tu le soccorri, a questo infausto loco Le togli; e quando rivedran la luce Di' lor - che nulla da temer piú resta. |
345 |
Fine della tragedia
© 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 02 gennaio 1999