Alessandro Manzoni
Adelchi
Atto Quarto
Longobardi | Desiderio, re |
Adelchi, suo figlio, re | |
Ermengarda, figlia di Desiderio | |
Ansberga, figlia di Desiderio, badessa | |
Duchi Longobardi | Baudo, duca di Brescia |
Giselberto, duca di Verona | |
Ildechi | |
Indolfo | |
Farvaldo | |
Ervigo | |
Guntigi | |
Longobardi - Scudieri | Vermondo, scudiero di Desiderio |
Anfrido, scudiero di Adelchi | |
Teudi, scudiero di Adelchi | |
Amri, scudiero di Guntigi | |
Svarto, soldato | |
Franchi | Carlo, re |
Albino, legato | |
Conti Franchi | Rutlando |
Arvino | |
Latini | Pietro, legato d'Adriano Papa |
Martino, diacono di Ravenna | |
Duchi, scudieri, soldati longobardi; donzelle, suore del monastero di San Salvatore; conti e vescovi franchi; un araldo. |
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
Giardino nel monastero di San
Salvatore in Brescia.
Ermengarda, sostenuta da due Donzelle, Ansberga.
ERMENGARDA | Qui sotto il tiglio, qui (s'adagia sur un sedile)
Come è soave (alle Donzelle)
A voi (le porge la mano: le Donzelle si ritirano: Ansberga siede)
Di tue cure il fine |
5
|
ANSBERGA | Cara infelice, non temer:
lontane Da noi son l'armi ancor: vontra Verona, Contra Pavia, de' re, dei fidi asilo, Tutte le forze sue quell'empio adopra; E, spero in Dio, non basteranno. Il nostro Nobil cugin, l' ardito Baudo, il santo Vescovo Ansvaldo, a queste mura intorno Del Benaco i guerrieri e delle valli Han radunati; e immoti stanno, accinti A difesa mortal. Quando Verona Cada e Pavia (Dio, nol consenti!) un novo Lungo conflitto... |
35 40 |
ERMENGARDA |
Io nol vedrò: disciolta Già d'ogni tema e d'ogni amor terreno, Dal rio sperar, lunge io sarò; pel padre Io pregherò, per quell'amato Adelchi, Per te, per quei che soffrono, per quelli Che fan soffrir, per tutti. Or tu raccogli La mia mente suprema. Al padre, Ansberga, Ed al fratel, quando li veda oh questa Gioia negata non vi sia! dirai Che, all'orlo estremo della vita, al punto In cui tutto s'obblia, grata e soave Serbai memoria di quel dì, dell'atto Cortese, allor che a me tremante, incerta Steser le braccia risolute e pie, Né una reietta vergognar; dirai Che al trono del Signor, caldo, incessante, Per la vittoria lor stette il mio prego; E s'Ei non l'ode, alto consiglio è certo Di pietà più profonda; e ch'io morendo Gli ho benedetti. Indi, sorella... oh! questo Non mi negar!... trova un Fedel che possa Quando che sia, dovunque, a quel feroce Di mia gente nemico approssimarsi... |
45 50 55 60 |
ANSBERGA | Carlo! | |
ERMENGARDA |
Tu l'hai nomato: e sì gli dica: Senza rancor passa Ermengarda: oggetto D'odio in terra non lascia, e di quel tanto Ch'ella sofferse, Iddio scongiura, e spera Ch'Egli a nessun conto ne chieda, poi Che dalle mani sue tutto ella prese. Questo gli dica, e... se all'orecchio altero Troppo acerba non giunge esta parola Ch'io gli perdono. Lo farai? |
65 70 |
ANSBERGA |
L'estreme Parole mie riceva il ciel, siccome Queste tue mi son sacre. |
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ERMENGARDA |
Amata! e d'una Cosa ti prego ancor: della mia spoglia, Cui, mentre un soffio l'animò, sì larga Fosti di cure non ti sia ribrezzo Prender l'estrema; e la componi in pace. Questo anel che tu vedi alla mia manca, Scenda seco nell'urna: ei mi fu dato Presso l'altar, dinanzi a Dio. Modesta Sia l'urna mia: tutti siam polve: ed io Di che mi posso gloriar? ma porti Di regina le insegne: un sacro nodo Mi fe' regina: il don di Dio, nessuno Rapir lo puote, il sai: come la vita, Dee la morte attestarlo. |
80 85 |
ANSBERGA |
Oh! da te lunge |
90 |
ERMENGARDA |
Che mi proponi, Ansberga? Ch'io mentisca al Signor! Pensa ch'io vado Sposa dinanzi a Lui; sposa illibata, Ma d'un mortal. Felici voi! felice Qualunque, sgombro di memorie il core Al Re de' regi offerse, e il santo velo Sovra gli occhi posò, pria di fissarli In fronte all'uom! Ma d'altri io sono. |
95 100 |
ANSBERGA |
Oh mai |
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ERMENGARDA |
Oh mai! ma quella via, Su cui ci pose il ciel, correrla intera Convien, qual ch'ella sia, fino all'estremo. E, se all'annunzio di mia morte, un novo Pensier di pentimento e di pietade Assalisse quel cor? Se, per ammenda Tarda, ma dolce ancor, la fredda spoglia Ei richiedesse come sua, dovuta Alla tomba real? Gli estinti, Ansberga, Talor de' vivi son più forti assai. |
105 110 |
ANSBERGA | Oh! Nol farà. | |
ERMENGARDA |
Tu pia, tu poni un freno Ingiurioso alla bontà di Lui, Che tocca i cor, che gode, in sua mercede, Far che ripari, chi lo fece, il torto? |
115 |
ANSBERGA | No, sventura, ei nol farà. Nol puote. |
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ERMENGARDA | Come? perché nol puote? | |
ANSBERGA |
O mia diletta |
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ERMENGARDA |
Parla! alla tomba Con questo dubbio non mandarmi. |
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ANSBERGA |
Oh! l'empio |
120 |
ERMENGARDA | Prosegui! | |
ANSBERGA | Scaccialo
al tutto dal tuo cor. Di nuove (Ermengarda sviene)
Tu impallidisci! (entrano le due Donzelle e varie Suore)
Oh! chi soccorso |
125
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PRIMA SUORA | Fa core; ella respira. | |
SECONDA SUORA |
Oh sventurata! |
130 |
UNA DONZELLA | Dolce mia donna! | |
PRIMA SUORA |
Ecco le luci |
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ANSBERGA | Oh che guardo! Ciel! che fin? | |
ERMENGARDA | (in delirio)
Scacciate |
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ANSBERGA |
Svegliati: oh Dio! Non dir così; ritorna in te; respingi Questi fantasmi; il nome santo invoca. |
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ERMENGARDA |
(in delirio) Carlo! non lo soffrir: lancia a costei |
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ANSBERGA |
Oh! mi farai |
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ERMENGARDA | (in delirio)
Dov'è Bertrada? io voglio (ricade) |
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ANSBERGA |
Tranquilla |
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ERMENGARDA | (in delirio) Se fosse un sogno! e l'alba (ricade in letargo) |
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ANSBERGA |
O Donna |
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PRIMA SUORA |
Oh! vedi: Torna la pace su quel volto; il core Sotto la man più non trabalza. |
195 |
ANSBERGA |
O suora! |
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ERMENGARDA | (riavendosi) Oh! chi mi chiama? |
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ANSBERGA | Guardami; io sono
Ansberga: a te d'intorno Stan le donzelle tue, le suore pie Che per la pace tua pregano. |
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ERMENGARDA |
Il cielo Vi benedica. Ah! sì: questi son volti Di pace d'amistà. Da un tristo sogno Io mi risveglio. |
200 |
ANSBERGA |
Misera! travaglio |
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ERMENGARDA | È ver: tutta la lena è
spenta. Reggimi, o cara; e voi, cortesi, al fido Mio letticciol traetemi: l' estrema Fatica è questa che vi do; ma tutte Son contate lassù.Moriamo in pace. Parlatemi di Dio: sento ch'Ei giunge. |
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CORO | Sparsa le trecce
morbide |
5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 120 |
SCENA SECONDA
Notte. Interno d'un battifredo sulle mura
di Pavia.
Un'armatura nel mezzo.
Guntigi, Amri.
GUNTIGI | Amri, sovvienti di Spoleti? | |
AMRI |
E posso |
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GUNTIGI |
D'allor che, morto Il tuo signor, solo, dai nostri cinto, Senza difesa rimanesti? Alzata Sul tuo capo la scure, un furibondo Già la calava; io lo ritenni: ai piedi Tu mi cadesti, e ti gridasti mio. Che mi giuravi? |
215 |
AMRI |
Ubbidienza e fede, Fino alla morte. O mio signor, falsato Ho il giuro mai? |
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GUNTIGI |
No, ma l'istante è giunto |
220 |
AMRI | Imponi. | |
GUNTIGI | Tocca quest'armi
consacrate, e giura Che il mio comando eseguirai; che mai, Nè per timor né per lusinghe, fia, Mai, dal tuo labbro rivelato. |
|
AMRI | (ponendo le mani sull'armi)
Il giuro: |
225 |
GUNTIGI |
Ascolta. A me commessa delle mura, il sai, È la custodia; io qui comando, e a nullo Ubbidisco che al re. Su questo spalto Io ti pongo a vedetta, e quindi ogn'altro Guerriero allontanai. Tendi l'orecchio, E osserva al lume della luna, al mezzo Quando la notte fia, cheto vedrai Alle mura un armato avvicinarsi: Svarto ei sarà... Perché così mi guardi Attonito? egli è Svarto, un che tra noi Era da men di te; che ora tra i Franchi In alto sta, sol perché seppe accorto E segreto servir. Ti basti intanto, Che amico viene al tuo signor costui. Col pomo della spada in sullo scudo Sommessamente ei picchierà: tre volte Gli renderai lo stesso segno. Al muro Una scala ei porrà: quando fia posta, Ripeti il segno; ei saliravvi: a questo Battifredo lo scorgi, e a guardia ponti Qui fuor: se un passo, se un respiro ascolti, Entra ed avvisa. |
230 235 240 245 |
AMRI |
Come imponi, io tutto Farò. |
250 |
GUNTIGI |
Tu servi agran disegno, e grande (Amri parte) |
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SCENA TERZA
[Guntigi solo]
GUNTIGI |
Fedeltà? Che il tristo amico Di caduto signor, quei che, ostinato Nella speranza, o irresoluto, stette Con lui fino all'estremo, e con lui cadde, Fedeltà! fedeltà! gridi, e con essa Si consoli, sta ben. Ciò che consola, Creder si vuol senza esitar. Ma quando Tutto perder si puote, e tutto ancora Si può salvar; quando il felice, il sire Per cui Dio si dichiara, il consacrato Carlo un messo m'invia, mi vuole amico M'invita a non perir, vuol dalla causa Della sventura separar la mia A che, sempre respinta, ad assalirmi Questa parola fedeltà ritorna, Simile all'importuno? e sempre in mezzo De' miei pensieri si getta, e la consulta Ne turba? Fedeltà! Bello è con essa Ogni destin, bello il morir. Chi 'l dice? Quello per cui si muor. Ma l'universo Seco il ripete ad una voce, e grida Che, anco mendico e derelitto, il fido Degno è d'onor, più che il fellon tra gli agi E gli amici. Davver? Ma, s'egli è degno, Perché è mendico e derelitto? E voi Che l'ammirate, che vi tien che in folla Non accorriate a consolarlo, a fargli Onor, l'ingiurie della sorte iniqua A ristorar? Levatevi dal fianco Di que' felici che spregiate, e dove Sta questo onor fate vedervi: allora Vi crederò. Certo, se a voi consiglio Chieder dovessi, dir m'udrei: rigetta L'offerte indegne; de' tuoi re dividi, Qual ch'ella sia, la sorte E perché tanto A cor questo vi sta? Perché, s'io cado, Io vi farò pietà; ma se, tra mezzo Alle rovine altrui, ritto io rimango, Se cavalcar voi mi vedrete al fianco Del vincitor che mi sorrida, allora Forse invidia farovvi; e più v'aggrada Sentir pietà che invidia. Ah! non è puro Questo vostro consiglio. Oh! Carlo anch'egli In cor ti spregerà. Chi ve l'ha detto? Spregia egli Svarto, un uom di guerra oscuro Che ai primi gradi alzò? Quando sul volto Quel potente m'onori, il core a voi Chi 'l rivela? E che importa? Ah! voi volete Sparger di fiele il nappo a cui non puote Giungere il vostro labbro. A voi diletta Veder grandi cadute, ombre d'estinta Fortuna, e favellarne, e nella vostra Oscurità racconsolarvi: è questo Di vostre mire il segno: un più ridente Splende alla mia; né di toccarlo il vostro Vano clamor mi riterrà. Se basta I vostri plausi ad ottener, lo starsi Fermo alle prese col periglio, ebbene, Un tremendo io ne affronto; e un dì saprete Che a questo posto più mestier coraggio Mi fu, che un giorno di battaglia in campo. Perché, se il rege, come suol talvolta, Visitando le mura, or or qui meco Svarto trovasse a parlamento, Svarto, Un di color, ch'ei traditori, e Carlo Noma Fedeli... oh! di guardarsi indietro Non è più tempo: egli è destin, che pera Un di noi due; far deggio in modo, o Veglio, Ch'io quel non sia. |
255 260 265 270 275 280 285 290 295 300 305 310 315 |
SCENA QUARTA
Guntigi, Svarto, Amri.
SVARTO | Guntigi! | |
GUNTIGI |
Svarto ! (ad Amri)
Alcuno |
320 |
AMRI | Alcun. | |
GUNTIGI | Qui intorno veglia. (Amri parte) |
|
SCENA QUINTA
Guntigi, Svarto.
SVARTO | Guntigi,
io vengo, e il capo mio commetto |
|
GUNTIGI |
E tu n'hai pegno; entrambi |
|
SVARTO |
E un premio immenso Trarne, sta in te. Vuoi tu fermar la sorte D'un popolo e la tua? |
325 |
GUNTIGI | Quando quel Franco Prigion condotto entro Pavia, mi chiese Di segreto parlar, messo di Carlo Mi si scoverse, e in nome suo mi disse Che l'ira di nemico a volger pronto In real grazia egli era, e in me speranza Molta ponea; che ogni mio danno avria Riparato da re; che tu verresti A trattar meco; io condiscesi: un pegno Chiese da me; tosto de' Franchi al campo Nascosamente il mio figliuol mandai Messo insieme ed ostaggio: e certo ancora Del mio voler non sei? Fermo è del pari Carlo nel suo? |
330 335 |
SVARTO | Dubbiar ne puoi? | |
GUNTIGI |
Ch'io sappia Ciò ch'ei desia, ciò ch'ei promette. Ei prese La mia cittade, e ne fe' dono altrui; Né resta a me che un titol vano. |
340 |
SVARTO |
E giova (gli porge un diploma) sei di Pavia. |
345
|
GUNTIGI |
Da questo istante Io l'ufizio ne assumo; e fiane accorto Dall'opre il signor mio. Gli ordini suoi Nunziami, o Svarto. |
350 |
SVARTO |
Ei vuol Pavia; captivo Vuole in sua mano il re: l'impresa allora Precipita al suo fin. Verona a stento Chiusa ancor tiensi: tranne pochi, ognuno Brama d'uscirne, e dirsi vinto: Adelchi Sol li ritien; ma quando Carlo arrivi, Vincitor di Pavia, di resistenza Chi parlerà? L'altre città che sparse Tengonsi, e speran nell'indugio ancora, Cadon tutte in un dì, membra disciolte D'avulso capo: i re caduti, è tolto Ogni pretesto di vergogna: al duro Ostinato ubbidir manca il comando: Ei regna, e guerra più non v'è. |
355 360 |
GUNTIGI |
Sì, certo: Pavia gli è d'uopo; ed ei l'avrà: domani, Non più tardi l'avrà. Verso la porta Occidental con qualche schiera ei venga: Finga quivi un assalto; io questa opposta Terrò sguernita, e vi porrò sol pochi Miei fidi: accesa ivi la mischia, a questa Ei corra; aperta gli sarà. Ch'io, preso Il re consegni al suo nemico, questo Carlo da me non chieda: io fui vassallo Di Desiderio, in dì felici; e il mio Nome d'inutil macchia io coprirei. Cinto di qua, di là, lo sventurato Sfuggir non può. |
365 370 375 |
SVARTO |
Felice me, che a Carlo Tal nunzio apporterò! Te più felice, Che puoi tanto per lui! Ma dimmi ancora: Che si pensa in Pavia? Quei che il crollante Soglio reggere han fermo, o insiem seco Precipitar, son molti ancora? o all'astro Trionfator di Carlo i guardi alfine Volgonsi e i voti? e agevol fia, siccome L'altra già fu, questa vittoria estrema? |
380 385 |
GUNTIGI | Stanchi e sfidati i più,
sotto il vessillo Stanno sol per costume: a lor consiglia Oggi pensier di abbandonar cui Dio Già da gran tempo abbandonò; ma in capo D'ogni pensier s'affaccia una parola Che gli spaventa: tradimento. Un'altra Più saggia a questi udir farò: salvezza Del regno; e nostri diverran: già il sono. Altri, inconcussi in loro amor, da Carlo Ormai nulla sperando... |
390 |
SVARTO |
Ebben, prometti |
395 |
GUNTIGI |
Inutil rischio ei fia. Lascia perir chi vuol perir: senz'essi Tutto compir si può. |
|
SVARTO |
Guntigi, ascolta. Fedel del Re de' Franchi io qui favello A un suo Fedel, ma Longobardo pure A un Longobardo. I patti suoi, lo credo, Carlo terrà; ma non è forse il meglio Esser cinti d'amici? in una folla Di salvati da noi? |
400 |
GUNTIGI |
Fiducia,
o Svarto, Per fiducia ti rendo. Il dì che Carlo Senza sospetto regnerà, che un brando Non resterà che non gli sia devoto Guardiamci da quel dì! Ma se gli sfugge Un nemico, e respira, e questo novo Regno minaccia non temer che sia Posto in non cal chi glielo diede in mano. |
405 410 |
SVARTO | Saggio tu parli e
schietto. Odi: per noi Sola via di salute era pur quella Su cui corriamo, ma d'inciampi è sparsa E d'insidie: il vedrai. Tristo a chi solo Farla vorrà. Poi che la sorte in questa Ora solenne qui ci unì, ci elesse All'opera compagni ed al periglio Di questa notte, che obbliata mai Da noi non fia, stringiamo un patto, ad ambo Patto di vita. Sulla tua fortuna Io di vegliar prometto; i tuoi nemici Saranno i miei. |
415 420 |
GUNTIGI |
La tua parola, o Svarto, |
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SVARTO | In vita e in morte. | |
GUNTIGI | Pegno la destra. (gli porge la destra: Svarto la stringe)
Al re de' Franchi, amico, |
425 |
SVARTO | Doman! | |
GUNTIGI |
Domani. (entra Amri) È sgombro lo spalto? |
|
AMRI |
È sgombro; e tutto |
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GUNTIGI | (ad Amri, accennando Svarto) Il riconduci. |
|
SVARTO | Addio. |
FINE DELL' ATTO QUARTO
© 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 29 dicembre 1998