Niccolò Machiavelli
Dell'arte della guerra
Libro terzo
COSIMO Poiché
noi mutiamo ragionámento, io voglio che si muti domandatore, perché io non vorrei essere
tenuto presuntuoso; il che sempre ho biasimato negli altri. Però io depongo la dittatura,
e do questa autorità a chi la vuole di questi altri miei amici.
ZANOBI E' ci era gratissimo che
voi seguitassi; pure, poiché voi non volete dite almeno quale di noi dee succedere nel
luogo vostro.
COSIMO Io voglio dare questo
carico al signore.
FABRIZIO Io sono contento
prenderlo, e voglio che noi seguitiamo il costume viniziano: che il più giovane parli
prima, perché, sendo questo esercizio da giovani, mi persuado che i giovani sieno più
atti a ragionarne, come essi sono più pronti a esequirlo.
COSIMO Adunque e' tocca a voi,
Luigi. E come io ho piacere di tale successore, così voi vi sodisfarete di tale
domandatore. Però vi priego torniamo alla materia e non perdiamo più tempo.
FABRIZIO Io son certo che, a
volere dimostrare bene come si ordina uno esercito per far la giornata, sarebbe necessario
narrare come i Greci e i Romani ordinavano le schiere negli loro eserciti. Nondimeno,
potendo voi medesimi leggere e considerare queste cose mediante gli scrittori antichi,
lascerò molti particolari indietro, e solo ne addurrò quelle cose che di loro mi pare
necessario imitare, a volere ne' nostri tempi dare alla milizia nostra qualche parte di
perfezione. Il che farà che in uno tempo io mostrerò come uno esercito si ordini alla
giornata, e come si affronti nelle vere zuffe, e come si possa esercitarlo nelle finte. Il
maggiore disordine che facciano coloro che ordinano uno esercito alla giornata, è dargli
solo una fronte e obligarlo a uno impeto e una fortuna. Il che nasce dallo avere perduto
il modo che tenevano gli antichi a ricevere l'una schiera nell'altra; perché, sanza
questo modo, non si può né sovvenire a' primi, né difendergli, né succedere nella
zuffa in loro scambio; il che da' Romani era ottimamente osservato. Per volere adunque
mostrare questo modo, dico come i Romani avevano tripartita ciascuna legione in astati,
principi e triarii; de'quali, gli astati erano messi nella prima fronte dello esercito con
gli ordini spessi e fermi; dietro a'quali erano i principi ma posti con gli loro ordini
più radi: dopo questi mettevano i triarii, e con tanta radità di ordini che potessono,
bisognando, ricevere tra loro i principi e gli astati. Avevano, oltre a questi, i
funditori e i balestrieri e gli altri armati alla leggiera; i quali non stavano in questi
ordini, ma li collocavano nella testa dello esercito tra li cavagli e i fanti. Questi,
adunque, leggermente armati appiccavano la zuffa; se vincevano, il che occorreva rade
volte, essi seguivano la vittoria; se erano ributtati, si ritiravano per i fianchi dello
esercito o per gli intervalli a tale effetto ordinati, e si riducevano tra' disarmati.
Dopo la partita de' quali venivano alle mani con il nimico gli astati; i quali, se si
vedevano superare, si ritiravano a poco a poco per la radità degli ordini tra' principi
e, insieme con quegli, rinnovavano la zuffa. Se questi ancora erano sforzati, si
ritiravano tutti nella radità degli ordini de' triarii e, tutti insieme, fatto uno
mucchio, ricominciavano la zuffa; e se questi la perdevano, non vi era più rimedio,
perché non vi restava più modo a rifarsi. I cavagli stavano sopra alli canti dello
esercito, posti a similitudine di due alie a uno corpo, e or combattevano con i cavagli,
or sovvenivano i fanti, secondo che il bisogno lo ricercava. Questo modo di rifarsi tre
volte è quasi impossibile a superare, perché bisogna che tre volte la fortuna ti
abbandoni e che il nimico abbia tanta virtù che tre volte ti vinca. I Greci non avevano
con le loro falangi questo modo di rifarsi, e benché in quelle fusse assai capi e di
molti ordini, nondimeno ne facevano un corpo, ovvero una testa. Il modo ch'essi tenevano
in sovvenire l'uno l'altro era, non di ritirarsi l'uno ordine nell'altro, come i Romani,
ma di entrare l'uno uomo nel luogo dell'altro. Il che facevano in questo modo: la loro
falange era ridotta in file; e pognamo che mettessono per fila cinquanta uomini, venendo
poi con la testa sua contro al nimico; di tutte le file, le prime sei potevano combattere
perché le loro lance, le quali chiamavano sarisse, erano sì lunghe che la sesta fila
passava con la punta della sua lancia fuora della prima fila. Combattendo, adunque, se
alcuno della prima o per morte o per ferite cadeva, subito entrava nel luogo suo quello
che era di dietro nella seconda fila, e, nel luogo che rimaneva voto della seconda,
entrava quello che gli era dietro nella terza; e così successive in uno subito le file di
dietro instauravano i difetti di quegli davanti; in modo che le file sempre restavano
intere e niuno luogo era di combattitori vacuo, eccetto che la fila ultima, la quale si
veniva consumando per non avere dietro alle spalle chi la instaurasse; in modo che i danni
che pativano le prime file consumavano le ultime. E le prime restavano sempre intere; e
così queste falangi, per l'ordine loro, si potevano piuttosto consumare che rompere,
perché il corpo grosso le faceva più immobili. Usarono i Romani, nel principio, le
falangi, e instruirono le loro legioni a similitudine di quelle. Di poi non piacque loro
questo ordine, e divisero le legioni in più corpi, cioè in coorti e in manipoli; perché
giudicarono, come poco fa dissi, che quel corpo avesse più vita, che avesse più anime, e
che fusse composto di più parti, in modo che ciascheduna per se stessa si reggesse. I
battaglioni de' Svizzeri usano in questi tempi tutti i modi della falange, così nello
ordinarsi grossi e interi, come nel sovvenire l'uno l'altro; e nel fare la giornata
pongono i battaglioni l'uno a' fianchi dell'altro; e, se li mettono dietro l'uno
all'altro, non hanno modo che il primo, ritirandosi, possa essere ricevuto dal secondo; ma
tengono, per potere sovvenire l'uno l'altro, quest'ordine: che mettono uno battaglione
innanzi e un altro dietro a quello in su la man ritta, tale che, se il primo ha bisogno
d'aiuto, quello si può fare innanzi e soccorrerlo. Il terzo battaglione mettono dietro a
questi, ma discosto un tratto di scoppietto. Questo fanno perché, sendo quegli due
ributtati, questo si possa fare innanzi, e abbiano spazio, e i ributtati e quel che si fa
innanzi, a evitare l'urto l'uno dell'altro; perché una moltitudine grossa non può essere
ricevuta come un corpo piccolo, e però i corpi piccoli e dístinti che erano in una
legione romana si potevano collocare in modo che si potessono tra loro ricevere e l'uno
l'altro con facilità sovvenire. E che questo ordine de' Svizzeri non sia buono quanto lo
antico romano, lo dimostrano molti esempli delle legioni romane quando si azzuffarono con
le falangi greche; e sempre queste furono consumate da quelle, perché la generazione
dell'armi come io dissi dianzi, e questo modo di rifarsi, poté più che la solidità
delle falangi. Avendo, adunque, con questi esempli a ordinare uno esercito, mi è parso
ritenere l'armi e i modi, parte delle falangi greche, parte delle legioni romane; e però
io ho detto di volere in uno battaglione dumila picche, che sono l'armi delle falangi
macedoniche, e tremila scudi con la spada, che sono l'armi de' Romani. Ho diviso il
battaglione in dieci battaglie, come i Romani; la legione in dieci coorti. Ho ordinato i
veliti, cioè l'armi leggieri, per appiccare la zuffa come loro. E perché così, come
l'armi sono mescolate e participano dell'una e dell'altra nazione, ne participino ancora
gli ordini, ho ordinato che ogni battaglia abbia cinque file di picche in fronte e il
restante di scudi, per potere, con la fronte, sostenere i cavagli e entrare facilmente
nelle battaglie de' nimici a piè, avendo nel primo scontro le picche, come il nimico, le
quali voglio mi bastino a sostenerlo, gli scudi, poi, a vincerlo. E se voi noterete la
virtù di questo ordine, voi vedrete queste armi tutte fare interamente l'ufficio loro,
perché le picche sono utili contro a' cavagli, e, quando vengono contro a' fanti fanno
bene l'ufficio loro prima che la zuffa si ristringa; perché, ristretta ch'ella è,
diventano inutili. Donde che i Svizzeri, per fuggire questo inconveniente pongono dopo
ogni tre file di picche una fila d'alabarde; il che fanno per dare spazio alle picche, il
quale non è tanto che basti. Ponendo adunque le nostré picche davanti e gli scudi
dietro, vengono a sostenere i cavagli e, nello appiccare la zuffa, aprono e molestano i
fanti; ma poi che la zuffa è ristretta, e ch'elle diventerebbono inutili, succedono gli
scudi e le spade; i quali possono in ogni strettura maneggiarsi.
LUIGI Noi aspettiamo ora con
disiderio di intendere come voi ordineresti l'esercito a giornata con queste armi e con
questi ordini.
FABRIZIO E io non voglio ora
dimostrarvi altro che questo. Voi avete a intendere come in uno esercito romano ordinario,
il quale chiamavano esercito consolare, non erano più che due legioni di cittadini
romani, che erano secento cavagli e circa undicimila fanti. Avevano di poi altrettanti
fanti e cavagli, che erano loro mandati dagli amici e confederati loro; i quali dividevano
in due parti e chiamavano, l'una, corno destro e, l'altra, corno sinistro; né mai
permettevano che questi fanti ausiliari passassero il numero de' fanti delle legioni loro;
erano bene contenti che fusse più numero quello de' cavagli. Con questo esercito, che era
di ventiduemila fanti e circa dumila cavagli utili, faceva uno consolo ogni fazione e
andava a ogni impresa. Pure, quando bisognava opporsi a maggiori forze, raccozzavano due
consoli con due eserciti. Dovete ancora notare come, per l'ordinario, in tuttatré
l'azioni principali che fanno gli eserciti cioè camminare, alloggiare e combattere,
mettevano le legioni in mezzo perché volevano che quella virtù in la quale più
confidavano, fusse più unita, come nel ragionare di tuttatré queste azioni vi si
mostrerà. Quegli fanti ausiliarii, per la pratica che avevano con i fanti legionari,
erano utili quanto quelli; perché erano disciplinati come loro e però nel simile modo,
nello ordinare la giornata gli ordinavano. Chi adunque sa come i Romani disponevano una
legione nell'esercito a giornata, sa come lo disponevano tutto. Però, avendovi io detto
come essi dividevano una legione in tre schiere, e come l'una schiera riceveva l'altra, vi
vengo ad avere detto come tutto lo esercito in una giornata si ordinava. Volendo io
pertanto ordinare una giornata a similitudine de' Romani, come quegli avevano due legioni,
io prenderò due battaglioni, e, disposti questi, si intenderà la disposizione di tutto
uno esercito; perché nello aggiungere più genti non si arà a fare altro che ingrossare
gli ordini. Io non credo che bisogni che io vi ricordi quanti fanti abbia uno battaglione,
e come egli ha dieci battaglie, e che capi sieno per battaglia, e quali armi abbiano, e
quali sieno le picche e i veliti ordinarii e quali gli estraordinarii; perché poco fa ve
lo dissi distintamente, e vi ricordai lo mandassi alla memoria come cosa necessaria a
volere intendere tutti gli altri ordini; e però io verrò alla dimostrazione dell'ordine
sanza replicare altro. E' mi pare che le dieci battaglie d'uno battaglione si pongano nel
sinistro fianco e, le dieci altre dell'altro, nel destro. Ordininsi quelle del sinistro in
questo modo: pongansi cinque battaglie l'una allato all'altra nella fronte, in modo che
tra l'una e l'altra rimanga uno spazio di quattro braccia che vengano a occupare, per
larghezza, centoquarantuno braccio di terreno e, per la lunghezza, quaranta. Dietro a
queste cinque battaglie ne porrei tre altre, discosto per linea retta dalle prime quaranta
braccia; due delle quali venissero dietro per linea retta alle estreme delle cinque, e
l'altra tenesse lo spazio di mezzo. E così verrebbero queste tre ad occupare per
larghezza e per lunghezza il medesimo spazio che le cinque; ma, dove le cinque hanno tra
l'una e l'altra una distanza di quattro braccia, queste l'arebbero di trentatré. Dopo
queste porrei le due ultime battaglie pure dietro alle tre, per linea retta e distanti, da
quelle tre, quaranta braccia; e porrei ciascuna d'esse dietro alle estreme delle tre, tale
che lo spazio che restasse tra l'una e l'altra sarebbe novantuno braccio. Terrebbero
adunque tutte queste battaglie così ordinate, per larghezza, centoquarantuno braccio e,
per lunghezza, dugento. Le picche estraordinarie distenderei lungo i fianchi di queste
battaglie dal lato sinistro, discosto venti braccia da quelle, faccendone
centoquarantatré file a sette per fila; in modo ch'elle fasciassono con la loro lunghezza
tutto il lato sinistro delle dieci battaglie, nel modo da me detto, ordinate; e ne
avanzerebbe quaranta file per guardare i carriaggi e i disarmati che rimanessono nella
coda dello esercito, distribuendo i capidieci e i centurioni ne'luoghi loro; e degli tre
connestaboli ne metterei uno nella testa, l'altro nel mezzo, il terzo nell'ultima fila, il
quale facesse l'ufficio del tergiduttore, ché così chiamavano gli antichi quello che era
proposto alle spalle dello esercito. Ma, ritornando alla testa dello esercito, dico come
io collocherei appresso alle picche estraordinarie i veliti estraordinarii, che sapete che
sono cinquecento, e darei loro uno spazio di quaranta braccia. A lato a questi, pure in su
la man manca, metterei gli uomini d'arme, e vorrei avessero uno spazio di centocinquanta
braccia. Dopo questi, i cavagli leggieri, a' quali darei il medesimo spazio che alle genti
d'arme. I veliti ordinarii lascerei intorno alle loro battaglie, i quali stessono in
quegli spazi che io pongo tra l'una battaglia e l'altra, che sarebbero come ministri di
quelle, se già egli non mi paresse da metterli sotto le picche estraordinarie; il che
farei, o no, secondo che più a proposito mi tornasse. Il capo generale di tutto il
battaglione metterei in quello spazio che fusse tra 'l primo e il secondo ordine delle
battaglie, ovvero nella testa e in quello spazio che è tra l'ultima battaglia delle prime
cinque e le picche estraordinarie, secondo che più a proposito mi tornasse, con trenta o
quaranta uomini intorno, scelti e che sapessono per prudenza esequire una commissione e
per fortezza sostenere uno impeto; e fusse ancora esso in mezzo del suono e della
bandiera. Questo è l'ordine col quale io disporrei uno battaglione nella parte sinistra,
che sarebbe la disposizione della metà dell'esercito; e terrebbe, per larghezza,
cinquecento undici braccia e, per lunghezza, quanto di sopra si dice, non computando lo
spazio che terrebbe quella parte delle picche estraordinarie che facessono scudo a'
disarmati, che sarebbe circa cento braccia. L'altro battaglione disporrei sopra 'l destro
canto,in quel modo appunto che io ho disposto quello del sinistro, lasciando dall'uno
battaglione all'altro uno spazio di trenta braccia; nella testa del quale spazio porrei
qualche carretta di artiglieria, dietro alle quali stesse il capitano generale di tutto
l'esercito e avesse intorno, con il suono e con la bandiera capitana, dugento uomini
almeno, eletti, a piè la maggior parte, tra' quali ne fusse dieci o più, atti a esequire
ogni comandamento; e fusse in modo a cavallo e armato che potesse essere e a cavallo e a
piè secondo che il bisogno ricercasse. L'artiglierie dell'esercito, bastano dieci cannoni
per la espugnazione delle terre, che non passassero cinquanta libbre di portata; de' quali
in campagna mi servirei più per la difesa degli alloggiamenti che per fare giornata,
l'altra artiglieria tutta fusse piuttosto di dieci che di quindici libbre di portata.
Questa porrei innanzi alla fronte di tutto l'esercito, se già il paese non stesse in modo
che io la potessi collocare per fianco in luogo securo dov'ella non potesse dal nimico
essere urtata. Questa forma di esercito così ordinato può, nel combattere, tenere
l'ordine delle falangi e l'ordine delle legioni romane; perché nella fronte sono picche,
sono tutti i fanti ordinati nelle file, in modo che, appiccandosi col nimico e
sostenendolo, possono ad uso delle falangi ristorare le prime file con quelli di dietro.
Dall'altra parte, se sono urtati in modo che fieno necessitati rompere gli ordini e
ritirarsi, possono entrare negli intervalli delle seconde battaglie che hanno dietro, e
unirsi con quelle, e di nuovo, fatto uno mucchio, sostenere il nimico e combatterlo. E
quando questo non basti, possono nel medesimo modo ritirarsi la seconda volta, e la terza
combattere; sì che in questo ordine, quanto al combattere, ci è da rifarsi e secondo il
modo greco e secondo il romano. Quanto alla fortezza dell'esercito, non si può ordinare
più forte; perché l'uno e l'altro corno è munitissimo e di capi e di armi, né gli
resta debole altro che la parte di dietro de' disarmati; e quella ha ancora fasciati i
fianchi dalle picche estraordinarie. Né può il nimico da alcuna parte assaltarlo che non
lo truovi ordinato; e la parte di dietro non può essere assaltata, perché non può
essere nimico che abbia tante forze che equalmente ti possa assalire da ogni banda;
perché, avendole, tu non ti hai a mettere in campagna seco. Ma quando fusse il terzo più
di te e bene ordinato come te, se si indebolisce per assaltarti in più luoghi, una parte
che tu ne rompa, tutto va male. Da' cavagli, quando fussono più che i tuoi, sei
sicurissimo; perché gli ordini delle picche che ti fasciano, ti difendano da ogni impeto
di quegli, quando bene i tuoi cavagli fussero ributtati. I capi, oltre a questo, sono
disposti in lato che facilmente possono comandare e ubbidire. Gli spazi che sono tra l'una
battaglia e l'altra e tra l'uno ordine e l'altro, non solamente servono a potere ricevere
l'uno l'altro, ma ancora a dare luogo a' mandati che andassono e venissono per ordine del
capitano. E com'io vi dissi prima, i Romani avevano per esercito circa ventiquattromila
uomini, così debbe essere questo, e come il modo del combattere e la forma dell'esercito
gli altri soldati lo prendevano da'le legioni, così quelli soldati che voi aggiugnessi
agli due battaglioni vostri arebbero a prendere la forma e ordine da quelli. Delle quali
cose avendone posto uno esemplo, è facil cosa imitarlo; perché, accrescendo o due altri
battaglioni all'esercito, o tanti soldati degli altri quanti sono quegli, egli non si ha a
fare altro che duplicare gli ordini e, dove si pose dieci battaglie nella sinistra parte,
porvene venti, o ingrossando o distendendo gli ordini secondo che il luogo o il nimico ti
comandasse.
LUIGI Veramente, signore, io
mi immagino in modo questo esercito, che già lo veggo, e ardo d'uno disiderio di vederlo
affrontare. E non vorrei, per cosa del mondo, che voi diventassi Fabio Massimo, faccendo
pensiero di tenere a bada il nimico e differire la giornata, perché io direi peggio di
voi che il popolo romano non diceva di quello.
FABRIZIO Non dubitate. Non
sentite voi l'artiglierie? Le nostre hanno già tratto, ma poco offeso il nimico; e i
veliti estraordinarii escono de' luoghi loro insieme con la cavalleria leggiere, e, più
sparsi e con maggiore furia e maggior grida che possono, assaltano il nimico;
l'artiglieria del quale ha scarico una volta e ha passato sopra la testa de' nostri fanti
sanza fare loro offensione alcuna. E perch'ella non possa trarre la seconda volta, vedete
i veliti e i cavagli nostri che l'hanno già occupata, e che i nimici, per difenderla, si
sono fatti innanzi; tal che quella degli amici e nimici non può più fare l'ufficio suo.
Vedete con quanta virtù combattono i nostri, e con quanta disciplina, per lo esercizio
che ne ha fatto loro fare abito e per la confidenza ch'egli hanno nell'esercito; il quale
vedete che, col suo passo e con le genti d'arme allato, cammina ordinato per appiccarsi
con l'avversario. Vedete l'artiglierie nostre che per dargli luogo e lasciargli lo spazio
iibero, si sono ritirate per quello spazio donde erano usciti i veliti. Vedete il capitano
che gli inanimisce e mostra loro la vittoria certa. Vedete che i veliti ed i cavagli
leggieri si sono allargati e ritornati ne' fianchi dell'esercito, per vedere se possono
per fianco fare alcuna ingiuria alli avversarii. Ecco che si sono affrontati gli eserciti.
Guardate con quanta virtù egli hanno sostenuto lo impeto de nimici, e con quanto
silenzio, e come il capitano comanda agli uomini d'arme che sostengano e non urtino e
dall'ordine delle fanterie non si spicchino. Vedete come i nostri cavagli leggieri sono
iti a urtare una banda di scoppiettieri nimici che volevano ferire per fianco, e come i
cavagli nimici gli hanno soccorsi: tal che, rinvolti tra l'una e l'altra cavalleria, non
possono trarre e ritiransi dietro alle loro battaglie. Vedete con che furia le picche
nostre si affrontano, e come i fanti sono già sì propinqui l'uno all'altro, che le
picche non si possono più maneggiare; di modo che, secondo la disciplina imparata da noi,
le nostre picche si ritirano a poco a poco tra gli scudi. Guardate come, in questo tanto,
una grossa banda d'uomini d'arme, nimici, hanno spinti gli uomini d'arme nostri dalla
parte sinistra. e come i nostri. secondo la disciplina, si sono ritirati sotto le picche
estraordinarie, e, con lo aiuto di quelle avendo rifatto testa, hanno ributtati gli
avversari e morti buona parte di loro. Intanto tutte le picche ordinarie delle prime
battaglie si sono nascose tra gli ordini degli scudi, e lasciata la zuffa agli scudati; i
quali guardate con quanta virtù, sicurtà e ozio ammazzano il nimico. Non vedete voi
quanto, combattendo, gli ordini sono ristretti, che a fatica possono menare le spade?
Guardate con quanta furia i nimici muoiono. Perché, armati con la picca e con la loro
spada, inutile l'una per essere troppo lunga, l'altra per trovare il nimico troppo armato,
in parte cascano fenti o morti, in parte fuggono. Vedetegli fuggire dal destro canto;
fuggono ancora dal sinistro; ecco che la vittoria è nostra. Non abbiamo noi vinto una
giornata felicissimamente? Ma con maggiore felicità si vincerebbe, se mi fusse concesso
il metterla in atto. E vedete che non è bisognato valersi né del secondo né del terzo
ordine; ché gli è bastata la nostra prima fronte a supc,-argli. In questa parte io non
ho che dirvi altro, se non risolvere se alcuna dubitazione vi nasce.
LUIGI Voi avete con tanta
furia vinta questa giornata, che io ne resto tutto ammirato e in tanto stupefatto, che io
non credo potere bene esplicare se alcuno dubbio mi resta nell'animo. Pure, confidandomi
nella vostra prudenza, piglierò animo a dire quello che io intendo. Ditemi prima: perché
non facesti voi trarre le vostre artiglierie più che una volta? E perché subito le
facesti ritirare dentro all'esercito né poi ne facesti menzione? Parvemi ancora che voi
ponessi l'artiglierie del nimico alte e ordinassile a vostro modo, il che può molto bene
essere. Pure, quando egli occorresse, che credo ch'egli occorra spesso, che percuotano le
schiere, che rimedio ne date? E poiché io mi sono cominciato dalle artiglierie, io voglio
fornire tutta questa domanda, per non ne avere a ragionare più. Io ho sentito a molti
spregiare l'armi e gli ordini degli eserciti antichi, arguendo come oggi potrebbono poco,
anzi tutti quanti sarebbero inutili, rispetto al furore delle artiglierie; perché queste
rompono gli ordini e passono l'armi in modo, che pare loro pazzia fare uno ordine che non
si possa tenere, e durare fatica a portare una arme che non ti possa difendere.