Il Dialogo sopra la
nobiltà è stato composto da Parini molto probabilmente nel 1757, quando ormai era
abbastanza matura la sua esperienza di pedagogo nella casa dei nobili Serbelloni e si
colloca nella fase intermedia tra Alcune poesie di Ripano Eupilino e la più
impegnativa attività poetica, che comincia proprio in quegli anni, al di là della
composizione delle Odi, e costituisce il più diretto e perciò illuminante
precedente de Il Giorno o per essere più precisi de Il Mattino e de Il
Mezzogiorno, una attività sollecitata anche dallassiduità con cui partecipava
alle riunioni apparentemente astratte dellAccademia dei Trasformati.
Il tema centrale del Dialogo
fin dalla prima redazione incompleta è ancorato allantagonismo fra il Parini e la
classe nobiliare, dichiarato con polemica asprezza proprio nel personaggio autobiografico
del Poeta, nel quale è con precisione e profonda consapevolezza espressa la
personalità dellautore. Proprio per il suo tema centrale la lettura del Dialogo
è indispensabile per capire le idee espresse nel Giorno e lo spirito che le anima
ed è un documento fondamentale nella poetica pariniana che ci fa comprendere il motivo,
di origine illuministica, delluguaglianza fra gli uomini e dellassurdità
della divisione della società nelle sue due principali classi sociali, che sono la
nobiltà e la plebe. La lettura del Dialogo ci fa capire quanto e come il problema
sociale fosse sentito dal giovane Parini, complesso sentimento che verrà riversato
soprattutto nelle prime due parti, del suo poemetto, Il Giorno, cioè il Mattino
pubblicato nel 1763 e il Mezzogiorno, pubblicato nel 1765.
Lo spirito nuovo che avrebbe dovuto
ispirare la società e illuminare il cammino verso legualitarismo fra le classi
sociali era in Parini tanto più sentito e appassionatamente espresso, perché radicato
nel suo profondo sentire, derivante dalla sua esperienza di uomo e sacerdote dalle umili
origini che per la sua attività di pedagogo era venuto a contatto con la società
aristocratica milanese: vivendo per molte ore in casa dei Duchi Serbelloni aveva potuto
conoscere in prima persona, anche se non proprio sulla propria pelle, lassurdità
della divisione in nobiltà e plebe, divisione che contraddiceva palesemente i principi
stessi del Cristianesimo e della predicazione di Cristo.
Importante nel dialogo la violenza
polemica espressa con un linguaggio crudo e preciso che ricorda quello delle satire in
versi ma che è ancora più efficace. Della crudezza del linguaggio va notato quanto la
materia è macabra e non indulge effetti romantici o preromantici, ma si rifà piuttosto,
come schema generale, ai Dialoghi morali di Luciano di Samosata e Plutarco o del più
recente Fontenelle (1657-1757) che nei Dialoghi dei morti, del 1683, confuta luoghi
comuni filosofici, convinzioni comuni e opinioni correnti.
, scrive Clelia Martignoni, in "Testi nella storia" 2,1318, più che in una originalità che dunque non gli appartiene, sta piuttosto nell'essenzialità quasi teatrale dell'ambientazione, nella stringente logica del ragionamento condotto dagli interlocutori, un nobile cinico e borioso e un poeta spiantato, ma fiero della propria incorrotta umanità, che si sono incontrati dopo la morte perché seppelliti senza troppo riguardi in una fossa comune. Il poeta smusserà man mano, con argomenti incontrovertibili, lalterigia del nobile, che sarà così costretto a riconoscersi suo pari: la sola distinzione possibile tra gli uomini non è dunque quella del censo o della classe sociale, ma quella procurata dai meriti e dalle virtù, costituenti quella vera nobiltà dellanimo che sola può guadagnarci il ricordo e la gratitudine sincera dei posteri.La vera forza del dialogo
Il
Dialogo sopra la nobiltà fu composto come risposta ad esigenze di natura
ideologica, riformistica e morale, vive nella Milano austriaca della metà del secolo. Si
incomincia ad avvertire leco delle discussioni illuministiche che si svolgevano in
Francia e cominciano ad essere espressi i primi dubbi sul valore istituzionale della
nobiltà. Mentre questultima viveva una grande crisi, andava sorgendo una borghesia
agraria e commerciale, si andavano affermando forze innovative che mettevano in
discussione la cultura tradizionale. Parini diede un modesto contributo con il
"Dialogo sopra la nobiltà", in forma contraddittoria perchè non aveva ancora
chiare le implicazioni ideologiche e politiche del problema storico-sociale. Inoltre
linflusso dellabito professionale e della condizione sociale di Parini non gli
permetteva di essere completamente libero nei suoi giudizi.
IIl testo
comparve a stampa per la prima volta ai primi dellOttocento nelledizione Reina
e non venne mai pubblicata in vita dallautore, che ne lasciò due diverse stesure
nessuna delle quali è da considerarsi definitiva. La prima stesura, contenuta nel Codice
Ambrosiano VI,1 fu composta nel 1757 e letta allAccademia dei Trasformati; la
seconda redazione è incompleta e molto probabilmente posteriore (di mano
dellautore) è contenuta nel Codice Ambrosiano VI,2, e contiene delle
annotazione che talvolta tendono ad attenuare in qualche modo le affermazioni contenute
nella redazione completa. Già fin dalla prima stesura completa esso era preceduto da 14
versi, tradotti dal Saggio sopra luomo del poeta inglese Alessandro
Pope, che mancano nella redazione incompleta, che portava il titolo Della nobiltà.
Il Dialogo
sopra la nobiltà si svolge in una tomba fra toni macabri e giocosi fra un nobile, un
personaggio altezzoso e poeta plebeo, morti di recente, che per caso sino stati sepolti
nella medesima tomba. Proprio questa vicinanza diventa loccasione di una polemica
discussione, che si attraverso un vivace scambio di battute durante il quale il poeta
riesce a smorzare la superbia dellinterlocutore mostrandogli linconsistenza
delle sue pretese di superiorità, in particolare rispetto a quelle di sangue. Il tema
della discussione è ovviamente luguaglianza degli uomini e la vanità dei privilegi
nobiliari, che rientrano fra quelle idee che ebbero nel Settecento una così vasta
diffusione da operare un profondo influsso sulla coscienza civile del tempo e preparare il
mondo che noi stiamo vivendo. Il nobile è costretto ad ammettere poco alla volta e a
proprie spese la validità degli argomenti del poeta a sostegno che la nobiltà non ha in
sé una legittima ragion dessere ma è una delle tante manifestazioni della vanità
umana.
La lingua
ILo stile risente del toscano settecentesco tipico delle opere giovanili del Parini. Come spesso accade negli scritti giovanili, lo stile presenta forzature evidenti, soprattutto nella eccessiva accentuazione dei motivi macabri (pensiamo ad esempio allaria che gonfia il corpo del Nobile roso da una miriade di vermi ben pasciuti e grassi, mentre i vermi del corpo del Poeta sono magri come il poeta stesso)
Edizione telematica a cura di: Giuseppe Bonghi, 1999
Revisione, Edizione HTML e impaginazione a cura di: Giuseppe Bonghi, luglio 1999
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Ultimo aggiornamento: 20 luglio, 1999