Giuseppe Bonghi
Introduzione
Rime
di Pietro Bembo
Per questa edizione delle
Rime del Bembo mi sono servito del volume presente nella biblioteca della mia scuola:
"Rime di Pietro Bembo, corrette, illustrate ed
accresciute con le annotazioni di Anton-Federico Seghezzi, e la vita dell'autore
novellamente rifatta sopra quella di Monsig. Lodovico Beccatelli. Edizione seconda - In
Bergamo )( MDCCLIII appresso Pietro Lancellotti - Con Licenza de' Superiori -"
L'editore Lancellotti segue
sostanzialmente l'edizione del 1564 dell'editore "Giolito de' Ferrari" di
Venezia e per l'ultima parte delle Rime (che qui riportiamo con una numerazione che
ricomincia da I (uno), l'edizione veneziana del 1729 dell'editore Francesco Hertzhaufer
curata da Anton-Federigo Seghezzi.
Le Rime del Bembo certamente non
sono un esempio di altissima poesia e non rimandano nemmeno l'odore e il sapore
dell'armonia che emana dal Canzoniere di Petrarca che è stato preso ad esempio sia sul
piano del contenuto, l'amore cortese, che su quello della versificazione e del complesso
linguaggio poetico.
Tuttavia restano un esempio abbastanza
vivo di quella poesia lirica che comincerà a trovare una sua vera dignità solo
nell'Ottocento, quando si sgancerà definitivamente dalla servitù pesante
dell'imitazione, concetto che proprio nella prima metà del Cinquecento aveva trovato i
suoi teorici e i suoi cultori in tutti i campi, dalla poesia alla pittura, dalla scultura
alla politica.
Le Rime del Bembo sono quindi un
documento, che va letto non per trovarvi tesori di poesia, ma quel sapore o insieme di
sensazioni che derivano dal fatto che la vita quotidiana nelle sue varie manifestazioni
viene sempre in qualche modo sublimata e superata da una concezione dell'esistenza che
valorizza alcuni aspetti fino a farli diventare valori e ideali assoluti ai quali ciascuno
deve ispirarsi, ideali che nei decenni seguenti saranno portati fino alle più estreme
conseguenze e che saranno il fondamento del Barocco.
L'imitazione teorizzata dal Bembo,
e comunque seguita largamente dall'Uomo Rinascimentale, non nasce come un concetto freddo
o addirittura pedestre; ma, al contrario, è un modello che deve portare ogni individuo a
raggiungere livelli sempre più alti di perfezione sia artistica che umana nel pieno
rispetto della propria persona e delle persone colle quali viene a contatto
quotidianamente Il Bembo punta sulla "elocuzione, sulla scelta linguistica e
stilistica" che diventa il compito principale dell'artista a differenza di coloro che
scrivono senza finalità artistiche: per questo si batte perché il patrimonio in parte
spento della nostra tradizione linguistica e letteraria riacquisti la sua vitalità e si
imponga all'attenzione in tutta la sua validità.
Il Bembo affermava che l'idea del bello
scrivere era "il frutto gradualmente maturato in molti anni, della sua educazione
letteraria, della lettura e studio degli antichi". Il concetto di imitazione non
aveva una implicazione filosofica, come sostenevano i fautori delle dottrine neoplatoniche
della prima metà del Cinquecento, alle quali pure il Bembo aveva aderito in gioventù, ma
si basava unicamente sul complesso quadro letterario.
Ma nelle Rime proprio l'imitazione
petrarchesca diventa il limite poetico perché è il punto d'arrivo dello scrivere poesia,
mentre avrebbe dovuto essere il punto di partenza che poteva permettere l'espressione di
un mondo interiore e di una esperienza esistenziale particolarmente ricchi, ma riteniamo
particolarmente indebolita proprio dal vivere a corte, fra raffinatezze che davano una
patina di apparenza e falsità alla stessa vita quotidiana.
Il tema fondamentale delle Rime è quello
dell'amore, al di là di alcune canzoni e di qualche sonetto scritti per commemorare la
morte del fratello e di altre persone da lui conosciute. E in qualche modo stava pensando
ad organizzare il suo Canzoniere sul modello petrarchesco, dividendo le Rime d'amore
scritte mentre la sua donna (la Morosina, intorno alla quale ci sono solo frammentarie
notizie, ed altre, come abbiamo esposto nella biografia) dalle Rime scritte in morte della
donna. Ma l'ispirazione delle poesie in morte è troppo monocorde e risente del linguaggio
solito, usato senza originalità, e delle immagini che più o meno tutti usavano in quel
periodo per esprimere le stesse sensazioni di amore e di dolore e che giravano intorno
all'immagine degli occhi della donna che non riscaldano più il cuore del poeta come il
Sole sole spento che non illumina e non riscalda più la terra.
Bibliografia
- 1548. In Vinegia appresso Gabriel Giolito de' Ferrari in 12.
Questa impressione è tratta dall'esemplare corretto di mano dell'Autore, e tra queste
Rime trovansene molte, per lo innanzi non più stampate. Simili a tale ristampa sono
quelle del Sansovino, del Bonfadino, del Vitali, e dello stesso Giolito 1556. 1557. 1558.
e 1562.
- 1564. In Vinegia appresso Gabriel Giolito de' Ferrari in 12. Questa edizione
tratta dall'Originale istesso dell'Autore, siccome la più emendata, e corretta fu da'
Signori Accademici della Crusca citata nel loro famosissimo Vocabolario. Evvi aggiunta una
tavola di tutte le desinenze sotto le lettere vocali insieme co' versi intieri, e la Vita
del BEMBO scritta dal Porcacchi. Vi si leggono pure le Rime degli
Asolani, e quelle che l'Autore medesimo rifiutò.
- 1729. In Venezia presso Francesco Hertzhaufer in fol. In questa magnifica
edizione di tutte l'Opere del Bembo procurata dall'eruditissimo Sig. Anton-Federigo
Seghezzi di buona memoria, le Rime si trovano nel Tomo secondo notabilissimamente
accresciute di Poesie inedite tratte da varj Manoscritti. Vi si leggono oltre a ciò le
Poesie Spagnuole del Bembo copiate da un MS. dell'Ambrogiana di Milano, le Stanze della
Pudicizia di M. Giambattista Lapini composte a contrapposizione di quelle del Bembo; le
osservazioni colla tavola delle desinenze, e varietà de' testi del Cavalier Basile; e per
fine le annotazioni dal medesimo Sig. Seghezzi compilate
- 1745. In Bergamo appresso Pietro Lancellotti in 8. Questa che è l'edizione
presente è riscontrata con ottimi esemplari, e specialmente con quello del Giolito del
1564. citato nel Vocabolario della Crusca. Si sono aggiunte tutte quelle Rime, che si
trovano fino a questo tempo stampate, la Vita ornata di osservazioni, ed altre cose, che
nella prefazione si accennano.
- 1753. In Bergamo appresso Pietro Lancellotti in 8. In questa seconda edizione si
sono levate le poesie latine, e in vece vi si è aggiunta la Vita dell'Autore rifatta
sopra quella di Monsig. Beccatelli dall'Abate Pierantonio Serassi, e le annotazioni di
Anton-Federigo Seghezzi, con altre illustrazioni.
© 1999 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 19 June 1999