Giuseppe Bonghi
Introduzione
a
Gli Innamorati
di
Carlo Goldoni
La commedia, scritta da Goldoni a Bologna nel settembre 1759, di ritorno da Roma, dove aveva trascorso un periodo di tempo privo di soddisfazioni, durante il quale non aveva potuto scrivere nulla, e rappresentata per otto recite al Teatro San Luca di Venezia fra novembre e dicembre; così ne scrive lo stesso Goldoni:
Appena ebbi il tempo di riposarmi un poco, che dovetti mettermi bentosto al lavoro. Giunsi a Venezia il primo dì di settembre, e pe' 4 del seguente mese doveva farsi l'apertura degli spettacoli, per cui non aveva preparata cosa alcuna.
Aveva trovate a Roma piacevoli distrazioni, perchè mi avanzasse tempo da potermi occupare. Per quanto fossi laborioso, amava sempre il piacere; e senza perdere di vista i miei impegni, mi approfittava di quei momenti di libertà, che poteva prendermi. Conosceva in me molta facilità, e lavorava con maggior ardore, quando era sollecitato a finire.
Convien dire ancora, che il tempo, l'esperienza e l'uso mi avessero talmente familiarizzato coll'arte di far Commedie, che immaginati i soggetti e scelti i caratteri, il resto non era più, per me, che un facile giuoco.
Altre volte faceva quattro operazioni prima di giugnere alla costruzione ed alla correzione d'una Commedia.
Prima operazione: il piano colla divisione delle tre parti principali, l'esposizione, il nodo, e lo sviluppo.
Seconda operazione: scompartimento dell'azione in Atti ed in Iscene.
Terza: il dialogo delle Scene più interessanti.
Quarta: il dialogo generale della totalità della Commedia.
Mi era spesse volte accaduto, che arrivando a quest'ultima operazione, aveva cambiato tutto quello che aveva fatto nella seconda e nella terza; perchè le idee si succedono, una scena produce l'altra, una parola trovata a caso somministra un nuovo pensiere; e da là a qualche tempo son pervenuto a ridurre le quattro operazioni ad una sola. Avendo il piano e le tre divisioni in mente, comincio tosto di seguito, Atto primo, Scena prima, e vado sino alla fine, sempre dietro alla massima, che tutte le line vanno a terminare ad un punto fisso, cioè allo sviluppo dell'azione, che è la parte principale per cui sembra che tutte le macchine siano preparate.
Mi son di rado ingannato ne' miei sviluppi: posso dirlo francamente, perchè la cosa non ki sembra nemmen difficile, quando sia stato ben preparato al principio della Commedia, e quando nel decorso del lavoro non si sia mai perduto di vista.
Cominciai dunque e finii in quindici giorni una Commedia in tre Atti in prosa, intitolata gl'Innamorati. Il titolo non prometteva niente di nuovo, perchè poche Commedie si trovano senz'amori; ma non ne conosco alcuna, in cui gl'innamorati siano della tempera di coloro che ho in questa impiegati; e l'amore sarebbe il flagello più formidabile della terra, se rendesse gli amanti tanto furiosi e tanto infelici, quanto lo sono i due soggetti principali della mia Commedia.
Ne conosceva però gli originali: gli aveva veduti a Roma, era stato l'amico ed il confidente di entrambi, era stato testimonio della loro passione, della lor tenerezza, e sovente de' loro eccessi di furore, e de' trasporti loro ridicoli.
Aveva intese più d'una volte le lor querele, le loro grida, le lor disperazioni: fazzoletti stracciati, vetrate buttate in pezzi, coltelli sfoderati. I miei innamorati sono indispettiti, ma non son men veri. Confesso che in questa Commedia vi è più verità e più verisimiglianza; ma dietro alla certezza del fatto, credei poterne tirar un quadro, che facesse ridere gli uni, e recasse spavento agli altri.
In Francia un soggetto tale non sarebbe stato soffribile: in Italia lo trovarono un poco caricato, ed intesi molte persone che conosceva, a vantarsi d'essere state presso a poco nel medesimo caso. Non ebbi dunque torto a dipingere in grande le follie dell'amore in un paese, laddove il clima riscalda i cuori e le teste più che in qualunque altra parte.
(Carlo Goldoni, Memorie del signor Goldoni,
II volume, cap. XXI, pagg. 86 e segg., per Nicolò Bettoni, Padova, MDCCCXI)
La commedia è una
delle più fortunate di Goldoni, cavallo di battaglia di molte grandi attrici
dell'Ottocento (Anna Fiorilli Pellandi, Amalia Bettini, Adelaide Ristori, Eleonora Duse
che l'ha interpretata solo una volta il 23 marzo 1885 al Teatro Valle di Roma. Nel
Novecento significative le messe in scena del 1922, diretta da Dario Niccodemi con
protagonistiVera Vergani e Luigi Cimara, nel 1930 con Andreina Pagnani e Nino Besozzi, nel
1957 con la Compagnia dei Giovani diretta da Mario Ferrero con Annamaria Guarnieri e
Giorgio De Lullo per una tournée in Sudamerica, e infine nel 1972 con la direzione di
Franco Enriquez con Valeria Moriconi e Mariano Rigillo.
La fortuna critica e scenica de Gl'innamorati
non ha impedito, soprattutto negli ultimi vent'anni, che la commedia fosse equivocata fino
a snaturarla e a renderla quasi irriconoscibile. La stessa rivendicazione da parte di
Goldoni di essersi ispirato ad alcuni personaggi reali che aveva conosciuto a Roma e il
suo riferimento a «le follie d'amore in un paese in cui il clima riscalda i cuori e le
menti più che in qualunque luogo» sono stati contestati. Qualche critico ha analizzato
addirittura Gl'innamorati come se fossero un abile travestimento di uno scenario
della Commedia dell'Arte, parlando perfino di un Goldoni «misogino», interpretando
la gelosia di Eugenia, la protagonista, «come una delle nevrosi emblematiche della
sottocultura italiana».
Trattando il tema fondamentale
dell'amore, quindi assai comune nelle compagnie della Commedia dell'Arte, perché
resta comunque il tema fondamentale della vita umana e della vicenda quotidiana
dell'esistenza, Gl'innamorati sono un esempio chiaro di come Goldoni tratti in
maniera personale temi e motivi dell'esistenza e della Commedia dell'Arte e cerca di
sganciarsi perfino dalla struttura di una commedia che prevede un personaggio principale
intorno al quale ruotano tutti gli altri creando una commedia in cui tutti sono
protagonisti e attori della vita perchè il vero protagonista è l'amore, o meglio: le
reazioni degli individui di fronte a questo sentimento così unico e così vario nelle sue
cosneguenze sugli uomini. La commedia si muove sul terreno della realtà e il gran teatro
è il Mondo nel quale si muovono le persone fisiche che dannno origine ai caratteri dei
personaggi; e questo è dimostrato proprio dal realismo, dalla "sottigliezza,
dall'indagine psicologica, dall'occasione stessa in cui nacque".
Il riferimento alla realtà che aveva
avuto sotto gli occhi a Roma è preciso "Ne
conosceva però gli originali: gli aveva veduti a Roma, era stato l'amico ed il confidente
di entrambi, era stato testimonio della loro passione, della lor tenerezza, e sovente de'
loro eccessi di furore, e de' trasporti loro ridicoli. Aveva intese più d'una volte le
lor querele, le loro grida, le lor disperazioni: fazzoletti stracciati, vetrate
buttate in pezzi, coltelli sfoderati. I miei innamorati sono indispettiti, ma non son
men veri. E sono gli stessi personaggi che aveva frequentato quasi
quotidianamente durante il soggiorno romano, da metà dicembre del 1758 al 2 luglio 1759,
nella casa dell'abate Pietro Poloni di via Condotti. Gli innamorati della realtà erano
Maddalena, la figlia dell'abate e il fidanzato Bartolommeo Pinto.
Ma come sempre accade, la realtà non è
che il punto di partenza, perché essa è trasfigurata dall'ainvenzione
drasmmaturgica e dall'analisi psicologica: i personaggi Maddalena e Bartolommeo si
trasformano in due delle più riuscite figure del teatro goldoniano: una memorabile
Eugenia, pari alla locandiera Mirandolina, e Fulgenzio, un personaggio di tono più
dimesso, ma colto perfettamente nella sua vulnerabilità psicologica di maschio geloso e
perciò talvolta violento
fonte: Goldoni, Gl'innamorati, a cura di Giovanni Antonucci, tascabili economici Newton, Newton Compton editori, Roma 1994
Gl'Innamorati
PERSONAGGI
Fabrizio, vecchio, cittadino
Eugenia, nipote di Fabrizio
Flamminia, nipote di Fabrizio, vedova
Fulgenzio, cittadino, amante di Eugenia
Clorinda, cognata di Fulgenzio
Roberto, gentiluomo
Ridolfo, amico di Fabrizio
Lisetta, cameriera in casa Fabrizio
Succianespole, vecchio servitore di Fabrizio
Tognino, servitore di Fulgenzio
La scena si rappresenta in una stanza comune, in casa di Fabrizio, in Milano
L'autore a chi legge
Poche sono quelle commedie, nelle quali non entrino innamorati, e in quasi tutte l'onesto amore è il principale movente della comica azione. Questa Commedia adunque, che ha per titolo gl'Innamorati, dee rappresentar un amore più violento di tutti gli altri. Due persone che si amano fedelmente, perfettamente, dovrebbero esser felici, tanto più ch'io non figuro ostacoli che attraversino le loro brame, ma la pazza gelosia, che nella nostra Italia principalmente è il flagello de' cuori amanti, intorbida il bel sereno, e fa nascere le tempeste anche in mezzo alla calma. Per maggiormente spiegare il carattere de' veri amanti, affascinati dalla passione, convien che sieno leggeri, fantastici e quasi irragionevoli i motivi de' gelosi sospetti, e ciò per rendere vieppiù ridicola una debolezza che inquieta il Mondo, e arriva a far impazzire chi a tempo non sa guardarsene, o moderarla. Darsi de' pugni pel capo, stracciarsi le vesti, minacciare la propria vita sono galanterie di questo gentile amore. Non è da romanzo il coltello, con cui si vuol ferire l'amante invasato da quest'amore. Ne ho veduti degli esempi cogli occhi miei, e se non mi vergognassi, direi da chi li ho veduti. Povera gioventù sconsigliata! Volersi tormentar per amore! Voler che il balsamo si converta in veleno! Pazzie, pazzie. Specchiatevi, o giovani, in questi Innamorati ch'io vi presento; ridete di loro, e non fate che si abbia a rider di voi.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi
E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 24 novembre 1999